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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Seicorde n.131, Aprile-Giugno 2017


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È in edicola il numero 131 di Seicorde, rivista per chitarra.

Sommario:

GLI ARTICOLI

Mario Castelnuovo-Tedesco
Un fiorentino a Beverly Hills
di Angelo Gilardino

Intervista con Marco Caiazza
Il poeta della chitarra
di Filippo Michelangeli

LE RUBRICHE

Editoriale
Quando la chitarra era proletaria
di Filippo Michelangeli

Osservatorio
Personaggi e avvenimenti del trimestre

Biblioteca di "Seicorde"
Manuel María Ponce: Due canzoni messicane
di Angelo Gilardino

Recensioni cd
di Ermanno Brignolo

Recensioni musiche
di Franco Cavallone

Corsi & concorsi
Guida al cd allegato: Marco Caiazza
di Angelo Gilardino

Seicorde131.jpg

In allegato il CD "I Maestri della Chitarra - Marco Caiazza"

Seicorde131 CD.jpg

La tracklist del CD:

Seicorde131 CD TL.jpg

L'editoriale di Filippo Michelangeli:

Quando la chitarra era proletaria

Simbolo della produzione cantautorale più impegnata, strumento prediletto nei cortei popolari le sei corde hanno compiuto il miracolo di aiutare le classi sociali più deboli ad avvicinarsi alla musica classica. Oggi le cose sono cambiate ma ha conservato il ruolo di confidente di ogni giovane che voglia imparare a suonarla

C'è stato un tempo non lontano, più o meno negli anni Settanta, in cui la chitarra in Italia era percepita come strumento del popolo, del mondo dei salariati, del proletariato insomma. In contrapposizione con il pianoforte, ma anche del violino, che erano status symbol delle famiglie agiate o della piccola borghesia che cercava di accreditarsi e consolidare il raggiungimento dell'agognato livello sociale.
La chitarra del proletariato era quella folk, icona della produzione cantautorale che l'aveva scelta come strumento di accompagnamento della voce. Le signorine di buona famiglia si cimentavano con gli 88 tasti, rigorosamente fogli d'album dell'Ottocento, non certo Bach o Bartók, mentre le figlie del popolo accavallavano le gambe e scioglievano un arpeggio o una serie di accordi cantandoci sopra.
La chitarra elettrica richiedeva l'amplificazione e, soprattutto, era a vocazione rock, un genere che non è mai stato percepito vicino all'impegno civile. E poi, una Stratocaster è sempre stata dannatamente cara. E il prezzo, si sa, fa la differenza.
E la "classica"? La chitarra classica ha goduto per anni di un'ambiguità che l'ha trasformata in un ponte ideale tra la borghesia illuminata e le classi sociali dei lavoratori.
Oggi parlare di "lotta di classe" fa sorridere. Ma 40 anni fa c'erano persino partiti politici che venivano percepiti come espressione diretta, e spesso esclusiva, delle diverse realtà sociali del Paese. 
La "classica" è riuscita dove gli altri strumenti avevano fallito: far avvicinare il mondo operaio alla musica colta. Nelle aspettative e nelle ambizioni di un metalmeccanico, 8 ore in fabbrica con la tuta blu a rompersi la schiena alla catena di montaggio, non c'era l'idea di far studiare pianoforte ai figli. Ma la chitarra sì. Poi toccava al maestro riuscire a traghettare l'interesse del pargolo verso le opere di Sor, Giuliani, Tárrega e Villa-Lobos. Ricordo di aver avuto allievi che mi raccontavano scene familiari di vera, quasi drammatica, penuria economica. E che la prospettiva di diplomarsi e diventare "maestro" , magari nella scuola pubblica, era percepita dai genitori come un svolta positiva e insperata. 
Sono certo che molti di voi leggendo queste righe ritroveranno la loro giovinezza o quella dei loro allievi. Perché così sono davvero andate le cose e ricordo che uscì persino un fortunato volumetto di Marco Cavedon dal titolo Compagna chitarra dove veniva offerto un compendio minimo di tecnica strumentale, storia del repertorio e liuteria. 
Oggi le cose sono molto cambiate. La chitarra è nei piani di studi dei Conservatori, nei libri di storia della musica è assimilata agli altri strumenti. Tuttavia quella vena anticonformista e blandamente proletaria non l'ha ancora persa. E io trovo che sia la sua ricchezza, perché le ha fatto conservare il ruolo di confidente, ispiratrice e compagna di ogni giovane che voglia imparare a suonarla.    

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Nella cover della rivista compare la giovane e valente chitarrista italiana @CarlottaDalia che ha vinto il Primo Premio al Concorso "Rospigliosi" di Lamporecchio.

Mi piace sottolineare che quando partecipò per la prima volta aveva sei anni, ero in giuria e la segnalai come probabile vincitrice assoluta. Come andò a finire preferisco non ricordarlo ma a distanza di molti anni eccola lì, premiata.

Cosa deve fare un concorso se non identificare un musicista quando ancora non è affermato?

 

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