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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Cosa si pensa prima di suonare in pubblico?


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Ce chi affronta queste situazioni con spavalderia e si lascia galvanizzare da esse ed altri che invece le subiscono.

Proviamo a fare un'indagine tra gli abitanti del forum?

Sotto a chi tocca! :D

 

Non sono un concertista come quelli che scrivono qui su questo splendo forum ma nella mia poca esperienza vi dico che....... me la faccio sotto!!!! :oops:

A Lagonegro ad Agosto ho sentito un concerto di un certo Porqueddu che invece mi ha lasciato esterrefatto da questo punto di vista.

;)

Mi piacerebbe che Tampalini, lo stesso Porqueddu, Saggese, Zigante, Gilardino e tutti coloro che sono stati e sono concertisti in attività ci spiegassero come si raggiunge quella tranquillità....... per me è per il momento impossibile anche solo da capire! :cry:

 

Se il suonare in pubblico è un atto dimostrativo di capacità e di poteri speciali e punta all'affermazione della propria persona è inevitabile che sia accompagnato dalla paura: infatti, l'evenienza di non poter dimostrare in una determinata occasione la propria eccellenza è realistica, e qualora si verifichi dà luogo a un sentimento di sconfitta e di frustrazione.

 

E' chiaro che tutto ciò è insensato. Bisogna quindi formare in sé una capacità di comprensione della musica come fenomeno che trascende l'importanza delle persone che la fanno (compositori, interpreti, ascoltatori) e disporsi all'esecuzione con animo ripulito dalla vanità. Solo questo atteggiamento rende sereni e capaci di accettare le variabili che possono dar luogo a oscillazioni nel rendimento.

 

Uso dire che chi ha paura di suonare in pubblico fa bene ad averla, e che probabilmente non ne ha abbastanza: con questo intendo dire che un atteggiamento radicalmente sbagliato nel far musica non può non far male, e che non serve lottare contro la paura. Chi ce l'ha, cerca qualcosa che la musica non può dare.

 

Chi fa musica, non ha paura.

 

dralig

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Chi fa musica, non ha paura.

 

Bella frase M° Gilardino! Potrebbe essere usata benissimo come slogan del forum... Tu Cristiano che ne dici?

 

8)

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Giustissimo.

 

Non bisogna dimostrare niente a nessuno, bisogna far musica.

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Ospite Nicola Mazzon

E' vero, si cerca di dare il meglio perchè deve piacere prima a noi come suoniamo, e se poi, ad una persona non piace quel che facciamo, ha le gambe per uscire dalla sala.

 

F

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maestro Gilardino ciò che lei ha enunciato è una bella teoria ma personalmente non credo che possa avere un effettivo risvolto pratico.Condivido pienamente che la musica non può essere un mezzo di ostentazione per coloro che la praticano.ma credetemi io che sicuramente non ho niente da ostentare e che concepisco la musica come una continua ricerca l'emozione ce l'ho sempre certo però come lei dice non ho la paura ossessionante di poter sbagliare.

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maestro Gilardino ciò che lei ha enunciato è una bella teoria ma personalmente non credo che possa avere un effettivo risvolto pratico.Condivido pienamente che la musica non può essere un mezzo di ostentazione per coloro che la praticano.ma credetemi io che sicuramente non ho niente da ostentare e che concepisco la musica come una continua ricerca l'emozione ce l'ho sempre certo però come lei dice non ho la paura ossessionante di poter sbagliare.

 

Io ho suonato in pubblico per 23 anni, e non enuncio belle teorie: parlo di ciò che ho fatto, carne e sangue. Quello che Lei personalmente crede o non crede non ha alcun peso su quello che io ho già appurato e sperimentato, sia attraverso la mia vita di artista che grazie alla mia attività didattica. Nessuno dei miei allievi divenuti concertisti ha mai sofferto di panico, perché ha imparato da me a far musica, non a esibirsi in pubblico. La paura è conseguenza dell'esibizionismo. Ripeto, chi fa musica non ha alcun timore di suonare in pubblico. E chi ha timore di suonare in pubblico dovrebbe rinunciare a farlo. Ne ha molte buone ragioni.

 

dralig

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senta inanzittutto i toni da lei adoperati mi sembrano un pò eccessivi e sicuramente poco gentili e garbati.lei ha già sperimentato quello che vuole ma non ha nessun diritto di rivolgersi in questo modo.questo è poco ma sicurissimo.inoltre vede tale tipo di reazione è pure iconcepibile io ho detto che secondo me su mestesso non potrebbe funzionare non le ho detto che ha sbagliato o che sono venuto a smentire la sua tesi scientifica dato che nel suo messaggio sembra quasi che l'abbia attaccata!!!!!!!!!!!

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senta inanzittutto i toni da lei adoperati mi sembrano un pò eccessivi e sicuramente poco gentili e garbati.lei ha già sperimentato quello che vuole ma non ha nessun diritto di rivolgersi in questo modo.questo è poco ma sicurissimo.inoltre vede tale tipo di reazione è pure iconcepibile io ho detto che secondo me su mestesso non potrebbe funzionare non le ho detto che ha sbagliato o che sono venuto a smentire la sua tesi scientifica dato che nel suo messaggio sembra quasi che l'abbia attaccata!!!!!!!!!!!

 

Ah no? Lei ha scritto, testualmente:

"maestro Gilardino ciò che lei ha enunciato è una bella teoria ma personalmente non credo che possa avere un effettivo risvolto pratico."

 

In questa proposizione non c'è alcun riferimento al Suo caso personale, è invece estesa impersonalmente a chiunque. In sostanza Lei ha contestato una mia affermazione, definendola una "bella teoria", laddove invece essa è il risultato di una sperimentazione didattica durata 40 anni e ancora in corso: questo è ben altro che un'eccezione al bon ton.

 

dralig

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la maggior parte delle volte (95%) subisco (paura, ansia)... sono molto sensibile ed emotivo, e se pur mentalmente capisco che non c'è assolutamente nulla di cui aver paura.. quando sono davanti al pubblico quasi sempre la paura non mi fa suonare bene e cosa ancora peggiore non mi fa gustare il momento come una cosa bella. Cerco il controllo interiore da sempre e certamente continuerò a lottare perchè un'uomo non si può considerare libero se schiavo delle proprie paure. Quello che ricerco forse è tra le cose più difficili al mondo, ovvero lasciare la porta aperta alle emozini e alla creatività (che mi servono per vivere e per lavorare) la mente sempre attiva, la voglia di spingersi sempre oltre i propri limiti, ma diventare abbastanza forti interiormente da trasformare anche la paura in qualcosa di positivo, senza soccombere ad essa. Mi viene sempre in mente una bellissima perla di saggezza (che avevo già postato tempo addietro mi pare...):

 

"Fortunato il leone che verrà mangiato dall'umano, perchè il leone diventerà umano. E disgraziato è l'umano che verrà mangiato dal leone, poichè il leone diventerà comunque umano."

 

Forse è bene considerare la cosa dal punto di vista artistico. Suonare in pubblico significa rendere gli ascoltatori consapevoli di (e partecipi a) qualcosa che è proprio della musica eseguita e dell'esecutore. Perché ciò avvenga, è necessario che l'identificazione tra l'esecutore e la musica eseguita sia totale: se non lo è, perché mai suonare in pubblico? (ecco con ciò eliminato il primo equivoco: si suona in pubblico se si può). Inoltre, occorre che gli ascoltatori siano disposti ad accogliere la musica e l'arte dell'esecutore (ecco dissipato un secondo equivoco: il chitarrume che va ad ascoltare un concerto di chitarra con il proposito di cogliere il concertista in fallo, o di esserne comunque il giudice inesorabile, non fa parte degli ascoltatori, ma di una casistica di tipo patologico, che chi suona impara a non tenere nella minima considerazione). La musica pensata dal compositore e integrata dall'arte dell'interprete perviene all'ascoltatore attraverso un normale atto di comunicazione, non attraverso un miracolo che può aver luogo oppure no: dov'è dunque l'origine della paura, del panico, del trac? Evidentemente, in cause esterne. Primo, l'esecutore non è affatto identificato con la musica, diciamo che la sa suonare perché l'ha imparata con sforzo e ripetizioni coatte, ma non ne ha fatto cosa propria, non ha una presa diretta sull'opera. Ha paura? Direi che dovrebbe averne molta: la paura è la spia del fatto che sta giocando con carte truccate, e teme di venire scoperto.

Secondo, l'esecutore ha un io smisurato, e si serve della musica per affermarlo: è chiaro che deve aver paura. Paura che gli ascoltatori non lo riconoscano come un superuomo, un genio, un fuoriclasse. Tutto ciò non ha niente che vedere con l'arte, con la musica, con l'essenza stessa del far musica per gli altri: è esibizione, tronfia ostensione di sé. Perché mai chi è affetto da una sindrome del genere non dovrebbe aver paura?

 

Se chi suona fa musica nel senso proprio del termine, cioè "è" la musica (voce del verbo essere), perché mai sulla terra dovrebbe aver paura? Paura di che cosa? Gli ascoltatori presenti hanno qualcosa in più di lui, un battesimo speciale, un salvacondotto già in tasca per l'eternità?

 

Non siate troppo teneri verso coloro che hanno paura di suonare in pubblico. Chi trasmette agli ascoltatori la paura che ha dentro di sè non ha il diritto di far pagare un biglietto per il proprio concerto: la paura, gli ascoltatori ce l'hanno già in proprio, per tanti motivi, e non vanno ad ascoltare un concerto per aggiungerne altra. Vanno per ascoltare musica. Si dia loro musica, non paura. E se si ha paura, invece di fare concerti si stia a casa propria.

 

dralig

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Poiché ho introdotto io il termine paura, e in conseguenza delle cose dette, ritengo di dover aggiungere qualche piccola precisazione.

 

Un'uomo senza paure, è un uomo evidentemente molto sicuro di sé, che non ha alcun dubbio o ansia prima di salire su un palco.

 

Ecco, io cerco accuratamente di evitare di andarli ad ascoltare perché ormai, secondo me, non v'è in loro più alcuno spazio alle emozioni. Costoro hanno raggiunto la loro pace dei sensi, non gioiscono e non soffrono, sono emotivamente impassibili ed un pubblico di cento, mille o diecimila persone, per loro non fa alcuna differenza. Hanno abbattuto la soglia del dolore nel tentativo ossessivo di sconfiggere la più grande delle loro paure, cioè la loro piena consapevolezza di non avere, in fondo, nulla di interessante da dire. Il loro vuoto esistenziale, ce lo comunicano ostentando una sicurezza tanto spavalda quanto effimera. Queste persone sono le più deboli ed insicure fra tutte, perchè rivestono la propria mancanza di idee, di una veste bella e lucente, che assomiglia tanto ad un involucro di una scatola vuota.

 

Personalmente, ritengo di essere un valido musicista soprattutto tra le pareti domestiche e molto meno in pubblico, appunto perché (e qui spiego cosa intendo esattamente per paura) ho timore di non riuscire a realizzare tutto ciò che ho in mente, e che a casa viene alla perfezione (...se volete, è un po' come la scusa dello studente quando dice che a casa il pezzo "viene" e a scuola no!). E' vero! A casa funziona tutto perchè siamo veramente noi stessi (e lo studente lo è ancora di più), e non dobbiamo dimostrarlo a nessuno. Suoniamo davvero per il piacere di suonare, senza costrizioni e giudizi finali. L'ideale, ovviamente, sarebbe quello di riuscire a ricreare l'ambiente domestico anche di fronte a mille persone, ma senza snaturare il proprio io. Il giorno che sarò riuscito a far questo, allora avrò vinto tutte le mie paure.

Dio mi scampi, però, dal diventare un professionista, cioè in uno che passa da una sala da concerto all'altra senza più rendersene conto e senza provare gioia e sofferenza ogni volta che fa un concerto.

Preferisco mille volte le mie paure alla gelida indifferenza di un musicista "professionista".

 

Per Butterfly: avevo capito bene la tua richiesta, non credere. Quello che si prova mentre si suona in concerto (o almeno quello che provo io), al di là di ciò che è stato detto sin'ora sulla paura, è un profondo senso di beatitudine e di gioia. La musica ti riconcilia con la vita. Gli artisti hanno sempre la testa per aria, proprio perchè sono rapiti - non stop - da temi, melodie o interi periodi musicali. Non si può fare a meno di ascoltarli, proprio come le sirene di Ulisse. Se io non fossi sposato, (santa Ester), avrei senza dubbio avuto una vita molto disordinata, perché mi ritengo abbastanza incapace di gestirmi nelle cose quotidiane, proprio per questi continui "smarrimenti". Ecco, queste sono le cose che provo mentre suono, a casa o in concerto. Insieme alla paura di non riuscire a comunicarlo agli altri.

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