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Come eseguire lo "staccato"?


Ospite darkdragon
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Ospite darkdragon

Salve a tutti

Chiedo consiglio e delucidazioni su come eseguire tecnicamente lo "staccato" perchè ho alcuni dubbi.

E' meglio stoppare la corda con la mano destra oppure sollevare leggermente il dito della mano sinistra che preme sul tasto della nota da "staccare" (quando non si tratta di corde libere, naturalmente)

 

Perdonate la banalità, ma non vorrei fare degli errori che poi mi porterò dietro a vita...

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Salve a tutti

Chiedo consiglio e delucidazioni su come eseguire tecnicamente lo "staccato" perchè ho alcuni dubbi.

E' meglio stoppare la corda con la mano destra oppure sollevare leggermente il dito della mano sinistra che preme sul tasto della nota da "staccare" (quando non si tratta di corde libere, naturalmente)

 

Perdonate la banalità, ma non vorrei fare degli errori che poi mi porterò dietro a vita...

 

Tra le due possibilità che hai individuato, personalmente preferisco utilizzare maggiormente la mano destra, salvo casi particolari in cui la sinistra può tornare utile come ad esempio un dito in falso barrè per smorzare eventuali risonanze. Sollevare le dita della sinistra si rischia comunque di "sporcare" e o mettere vibrazioni in atto, ad esempio la risonanza della corda a vuoto che seppur minima finisce per "sporcare" o creare armonici indotti...

La mano destra ti permette una maggiore articolazione e controllo della durata dei suoni, come sai lo staccato presenta una serie di variabili che vanno applicate nei vari contesti musicali.

 

 

con simpatia

 

m

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Salve a tutti

Chiedo consiglio e delucidazioni su come eseguire tecnicamente lo "staccato" perchè ho alcuni dubbi.

E' meglio stoppare la corda con la mano destra oppure sollevare leggermente il dito della mano sinistra che preme sul tasto della nota da "staccare" (quando non si tratta di corde libere, naturalmente)

 

Dipende dal tipo di staccato e dalla circostanza.

A volte è utile l'interruzione della vibrazione con la mano destra altre volte con la mano sinistra.

Nell'Omaggio a Prokof'ev di Angelo Gilardino (Studio n.12) gli staccati degli accordi nella sezione centrale devono essere ottenuti sollevando le dita dalla cordiera.

Nella Sonatina III op.71 di Mauro Giuliani uso lo staccato nella pronuncia di alcune note del tema dell'ultimo tempo. In questo caso preferisco ottenere l'effetto con mano destra.

Il suggerimento che posso darti è quello di non mettere tutto dentro una griglia di possibilità ma di lasciare davanti a te una tela bianca da riempire con le tue capacità; capacità che devono essere tutti i giorni perfezionate con l'ausilio di esercizi di tecnica adeguati.

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Si, probabilmente si, ma ad esempio se è un do maggiore in funzione di dominante, staccare risulterebbe controproducente all'effetto di tensione verso il Fa, quindi in quel caso terrei la posizione. Comunque, lo staccato lo eseguo "come capita", in base alla velocità di esecuzione. Non esiste alcuna differenza a livello di suono, se lo si sa controllare ovviamente: la sinistra in una nota da staccare non deve mai premere esageratamente sulla tastiera, così come bisognerebbe evitare di fermare la corda con la destra usando l'unghia del dito e non il polpastrello. Ma in definitiva svolgono la stessa funzione, e sono entrambi validi.

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volevo chiedere ai chitarristi: di fronte ad esempio ad un arpeggio di do maggiore, classico, quartina di sedicesimi, in prima posizione; ambito musica classica, Giuliani tipo. Come lo eseguite?

DO MI SOL do

la posizione, arrivati al do, la tenete ancora?

l'articolazione DO (stacco), MI (stacco), SOL (stacco? con mano destra) do (stacco)...non offrirebbe secondo voi una prospettiva sonora migliore al senso di moto dell'arpeggio?

 

Non tale da dedicargli tempo di studio, Fabio.

Se l'attacco e lo svincolo sono ben definiti la prospettiva sonora di cui parli non viene intaccata dalle vibrazioni che si accavallano.

 

Se proprio dovesse essere necessario preferirei trovare una diteggiatura della mano sinistra che impedisca alle note di vibrare l'una sull'altra.

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viceversa penso che sia sottovalutatissima la possibilità di smorzare le risonanze (qwuindi se vogliamo, di staccare anche) con la mano destra...credo sarà una delle sfide più interessanti del futuro virtuoso (con conseguenze inevitabili sul repertorio antico e contemporaneo)...

 

Non è una sfida del futuro, ma un preciso impegno del presente, che ogni chitarrista capace di far musica deve saper affrontare, e per il quale esiste già da tempo una ben definita tecnica, o serie di tecniche.

 

Ho trattato abbastanza a fondo l'argomento in uno scritto che fu pubblicato 30 anni fa da "Il Fronimo". Ponevo allora la questione principalmente in termini di incompatibilità armonica tra le vibrazioni, sia dei suoni prodotti dall'esecutore, sia delle risonanza per simpatia e, tracciando un quadro abbastanza ricco di casi, ne suggerivo la soluzione con diversi tipi di tecnica, sia della mano destra che della mano sinistra. Insistevo - e insisterei oggi se riscrivessi il saggio - sul fatto che le musiche dell'Ottocento, scritte con e per strumenti dalle vibrazioni molto meno durevoli di quelle degli strumenti moderni, pongono una serie di problemi tali da rendere molto più ingente il lavoro di controllo delle vibrazioni passive da parte di chi suona su strumenti nuovi.

 

E' chiaro che le stesse tecniche si applicano non solo per evitare mescolanze conflittuali di armonie, ma anche dove, non esistendo incompatibilità armonica, l'articolazione e il fraseggio fanno preferire i suoni in successione sostitutiva all'effetto di pedale o laissez vibrer.

 

Per esempio, anche dove il testo espone nel basso note lunghe non separate da pause, è spesso opportuno introdurre una breve pausa sull'ultima parte della nota precedente, per rendere più efficace l'entrata del nuovo basso.

Queste non sono evenienze, né prossime né remote: fanno parte delle lezioni di ogni buon didatta.

 

dralig

 

Per pura curiosità, chi volesse trovare, in una diteggiatura pubblicata, traccia di uso controllato delle vibrazioni per simpatia, veda "Volo d'angeli" di Mario Castelnuovo-Tedesco (edizioni Bèrben, 1967), e troverà, vicino a un "la" sovracuto, l'indicazione "risonanza" (allora come oggi ritenuta enigmatica).

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volevo chiedere ai chitarristi: di fronte ad esempio ad un arpeggio di do maggiore, classico, quartina di sedicesimi, in prima posizione; ambito musica classica, Giuliani tipo. Come lo eseguite?

DO MI SOL do

la posizione, arrivati al do, la tenete ancora?

l'articolazione DO (stacco), MI (stacco), SOL (stacco? con mano destra) do (stacco)...non offrirebbe secondo voi una prospettiva sonora migliore al senso di moto dell'arpeggio?

 

Non tale da dedicargli tempo di studio, Fabio.

Se l'attacco e lo svincolo sono ben definiti la prospettiva sonora di cui parli non viene intaccata dalle vibrazioni che si accavallano.

 

probabile...comunque è un tema che sto cercando di svolgere nella mia scrittura...e penso che necessiti di studio... è un po il negativo del lasciar vibrare...

tempo fa parlavo con un'amica, pianista e mi spiegava tutte le modalità di articolazione della mano sulla tastiera indipendentemente dall'uso dei pedali...credo che, in modo un pò più complesso (data dalla differente funzione delle mani nella chitarra), la chitarra possa svolgere le medesime possibilità di articolazione del suono...sicuramente con la combinazione della

1.tecnica di cui parli (attacco, svincolo e smorzamento), della mano destra e

2.controllo dello smorzamento mano sinistra (probabilmente esistono più modi...nel caso dell'arpeggio di cui sopra, arrivati al do acuto, il sol corda libera potrebbe anche essere smorzato dall'anulare libero della mano sinistra)

allla chitarra e al suo suono aggiungono ulteriori proespettive alle possibili profondità di campo spesso oscurate nel nome di una idiomatica già ampiamente esplorata dal repertorio

 

Messa così ha tutto un altro significato, Fabio!

Il controllo della vibrazione è fondamentale; credevo che la tua fosse una richiesta di natura puramente tecnica.

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La durata dei suoni per un chitarrista è una vera "arte".. anche in una semplice..scala.

Mentre per un pianista l'utilizzo del pedale di risonanza avviene in uno stadio avanzato e con una cosciente utilizzazione nel contesto delle musiche in cui applicarlo per un chitarrista sembrerebbe doveroso avere una sviluppata conoscenza dell'armonia e delle risonanze armoniche e altro già dai primissimi mesi di studio, data la natura dello strumento stesso. Da qui anche la difficoltà e "l'arte" di saper diteggiare un qualsiasi brano nel contesto in cui và calato, per ri-creare quel suono che l'interprete ha individuato... una sola linea melodica anche su una semplice corda può avere (come sapete) tantissime possibilità di risonanze se paragonate ad esempio all'esecuzione di uno strumento monodico come un flauto o un clarinetto..quindi alla fine la scrittura chitarristica credo che sia la vera fonte e difficoltà principale e al tempo stesso una risorsa incredibile che ha dentro di se svariate possibilità, oserei dire maggiori degli altri strumenti. La stessa scrittura di opere come quelle di Carulli, Paganini che se da un lato per chiarezza omettevano la polifonia-armonica implicita e che tocca a noi metter in rilievo con le giuste durate dei suoni dall'altro lato nell'apparente semplice linea melodica dell'enunciazione del Nocturnal di Britten diventa più difficile "non far suonare" tutto ciò che rischia di entrare in vibrazione che non suonare "solo" le note scritte....

non è questo che rende affascinante la scrittura per chitarra? e..un ultima cosa...cosa sono gli studi di virtuosità e trascendenza di A.G. se non un "saggio" delle molteplici possibilità della scrittura per chitarra? oserei dire in molti casi..mancata ad altri compositori..che forse si sono "soffermati" sull'apparente figurazione senza penetrare cosa nascondono quei gioielli al loro interno, una musica che una volta messa in vibrazione..svelano mondi incredibili che l'unico difetto che hanno forse...la loro apparente "visione" regolare trae in inganno a chi non sa andare oltre...

credo che Cristiano sappia bene a cosa mi riferisco se ha affrontato questa opera titanica...e penso anche che ogni chitarrista se davvero vuole conoscere le possibilità del nostro strumento debba "perderci" molto tempo su questi "studi" ad li là di cosa vorrà farne nella sua vita artistica..ma credo che dopo Villa-Lobos e Dodgson...gli studi di A.G. siano l'unica strada per andare oltre....

(libero pensiero ma...fatemi cambiare idea) :D

 

 

con simpatia

m

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marcello, cercherò di farti cambiare idea :)

 

concordo sul ruolo del lavoro di Gilardino, che però interpreto in modo differente considerandolo anche una sorta di sistematica dell'idioma chitarristico. Credo però rappresentino anche una sorta di punto di non ritorno per la scrittura chitarristica, oltre i quali e riconsiderando i quali, si rischia la parodia del linguaggio di Gilardino. Viceversa per andare oltre quel tipo di linguaggio, credo sia necessario esplorare a fondo le sue qualità negative e ritornare molto più semplicemente ad una serrata esplorazione anti-armonica e contrappuntistica dello strumento (con i crismi novencenteschi ovviamente). E'un processo simile alla scultura, o meglio, ti permette di non percepire e concepire sempre il continuum di un suono perfettamente levigato.

 

 

Si Fabio, ma quello che più mi piace/spiace che molti si lasciano "prendere" dalla apparente scrittura regolare, quasi "classica", nel senso delle figurazioni, magari confrontandola con scritture più aleatorie e complesse senza invece penetrare il complesso mondo che contengono le sonorità implicite in questa scrittura, appunto forgiata cosi profondamente nel tessuto chitarristico. Un esempio su tutti, se hai presente lo studio n.43_Regenstimmung, la difficoltà maggiore di questo studio sono le infinite risonanze che mettono in moto ognuna delle note nell'atto di suonarle e il decidere appunto quali tenere e quali smorzare (staccato, per tornare in topic) sono una delle difficoltà maggiori al di là delle posizioni in se, (mi piacerebbe sentire il pensiero di Cristiano al riguardo che immagino sono stati pensieri o tormenti quotidiani per lui per realizzare le sue idee) perchè il fare ciò comporta disegnare continuamene nuove geometrie sonore nel pur apparente quadro di successioni di semicrome, ecco è questo che voglio dire, qualcuno ha osato pensare fosse simile a uno studio di Carcassi...!?! solo soffermandosi alle strutture ritmiche...

certo A.G. ha dato una bella lezione alla scrittura per chitarra poi ovviamente ci sono altri esempi..ma mi chiedo spesso quanti abbiano davvero compreso..questo processo e appunto non si soffermino al solo fatto esteriore...innovazione non è solo scrivere complessità matematetiche..penso che al riguardo Henze..ad esempio abbia dato un'altra grandissima lezione sul "suono" della chitarra nella RWM non trovi? e alla fien con apparenti mezzi semplici...

 

 

con simpatia

m :)

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