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Scelta personale destini e morte


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e io mi domanderei il perchè gettarsi a capofitto, se poi non c'è nulla dietro ciò che accade: ma evidentemente sono un romantico nato due secoli più tardi.

 

L'esatto opposto. Ci si getta a capofitto nelle cose in cui si crede e quando si arriva all'obiettivo prefisso, ci si rende conto che nessuno altro l'ha voluto così intensamente.

Pensare invece che il raggiungimento di un qualsivoglia obiettivo sia già impostato ("non sei tu che decidi dove vanno le tue gambe") mi fa inorridire. Un po' come dire che qualsiasi cosa si faccia, per qualsiasi ideale si combatta, per tutti gli obiettivi per cui si è lavorato alla fine non si ha capacità di scelta.

No, grazie: non fa per me.

 

e anche qui sei parziale: io ho detto che della tua vita decidi che farne, ti viene dato libero arbitrio, ma non decidi tu che da un giorno all'altro la tua vita cambi, senza che lo vuoi, senza preavviso, distruggendo tutti gli schemi, le illusioni, i sogni, e allora ci sono due posizioni: o dannarti la vita odiando il mondo per l'ingiusto male, oppure cercare dei segni nella realtà che male non sono. Solo questo, non ho detto altro.

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Certo, dalle Sue parole si capisce che il vero problema (o per meglio dire, lavoro) è quello della ricerca, che poi la vita può far accadere incontri, circostanze che possono portare ad intravedere una meta. Ma Leopardi nel "Sopra il ritratto di una bella donna, scolpito sul monumento sepolcrale della medesima", è proprio l'emblema dell'essere umano in quanto tale e in quanto, in questo, differentemente dagli altri esseri viventi, ha sigillato nel suo cuore l'anelito al suo Creatore: "il nostro cuore è inquieto finchè non riposi in Te" diceva S.Agostino.

 

Ben diverso è il riposo di Sant'Agostino dall'anelito del Leopardi: il santo di Ippona trova Dio, il Leopardi - proprio nella poesia che Lei ha citato - si stupisce di come l'uomo possa sentire in sé - dinanzi allo spettacolo della bellezza - un palpito e un'aspirazione che poi trovano, alla fine della loro strada, soltanto il nulla. Nessuno, potendo, si negherebbe alla fede, a meno di essere stolto: il fatto è che essa non sorge a comando o per effetto di volizione. E' un dono misterioso e irrazionale, a volte subitaneo e persino violento: la fede che invase Saulo sulla via di Damasco era stata cercata e voluta? L'illuminazione che stravolge l'Innominato è risultato di una volontà di trovare Dio?

 

Il senso del mio intervento, Francesco, non era quello di scindere arte e religione - e come potrei, dopo aver composto "Lecons de Ténèbres"? -, ma, per un atto di lealtà culturale, alla quale tutti dobbiamo essere esortati, di tanto in tanto, far osservare come la ricerca della bellezza e la nobiltà del pensiero possano svilupparsi anche là dove non vi è la luce della fede. "Scrittore grande, anche se non illuminato dalla fede": questo il giudizio che il più autorevole critico cattolico diede di Ernest Hemingway all'indomani della sua morte. E null'altro che questo io intendevo, là dove il Suo messaggio sembrava voler dire che, senza fede, nulla abbia senso. Siamo giusti, e impariamo anche dalle grandi anime che non sono state toccate dalla Rivelazione. Leggiamo Bernanos e Mauriac, ma anche Sartre e Camus: le loro lezioni sono ugualmente alte e splendenti.

 

dralig

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Però caro cristiano, vedo che hai badato bene di non rispondere alla totalità del mio messaggio, ma a dei pezzi, ed io perchè ci tengo che il mio messaggio passi per quello che è, non "a pezzettini",

 

Si chiama quoting e che ci veda qualcosa di male, tu, frequentatore di Forum mi sembra davvero strano.

 

La visione della realtà che intravedo nei tuoi messaggi è una visione scientista,

 

La mia è una visione basata sulla ragione, ciccio_matera, non me ne volere. Apprendo delle informazioni e le uso per comprendere meglio quello che mi circonda. Più che scientista è cognitiva.

Da bambino, tra il primo anno di età (ho camminato da solo a 9 mesi) e la metà del quarto ho disintegrato lanciandole contro i mobili di casa, contro il pavimento, contro i muri per la gioia di mia madre 18 sveglie (quelle meccaniche, sai, a corda anche in cima a mobili alti il doppio della mia statura) per il gusto di capire come fosse possibile che quelle dannate lancette girassero in tondo all'infinito. Doveva esserci un motivo.

Non mi è mai piaciuto osservare senza avere una spiegazione tangibile e nel corso della mia vita ho sempre dato un significato alle mie azioni e a tutto quello che mi circonda.

Con il 'nulla' che tu (forse un po' ingenuamente) ti sei preso la libertà di definire la mia percezione - che invece è molto più viva del bersi senza porre domande una serie di storie continuamente modificate nei secoli scritti in un libro di circa duemila anni fa - non solo dimostri superficialità ma un latente rifiuto alla comprensione della semplicità della nostra esistenza. Fa paura la morte, ma non si dovrebbe temere. Fa parte del nostro percorso che nulla ha di misterioso.

Il resto è una forma di egoismo, centrismo esasperato come se tutto il resto non avesse valore. Animali, piante, microbi, virus batteri sono tutte forme di vita che hanno gli stessi identici obiettivi della nostra specie.

Nasciamo, ci riproduciamo e moriamo: quando tutto è così semplice, invece di sbraitare e uccidere (perchè si uccide, per la religione) alla ricerca della 'vita eterna' sarebbe bene far sì che quella che viviamo, l'unica che abbiamo, possa essere condotta nel migliore dei modi, magari essere utile a coloro che ci circondano facendo del bene.

 

Immagina la classica scena di Dott. House: Lui dice la patologia, e questo a lui basta, non c'è nulla da cercare, fossi un paziente in quella situazione, reagirei in maniera non molto elegante. Questo è quello che voglio dire, essere scientisti porta a guardare parzialmente la realtà che si ha difronte.

 

Non vedo come un telefilm possa in qualche modo corroborare la tua tesi.

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io ho detto che della tua vita decidi che farne, ti viene dato libero arbitrio, ma non decidi tu che da un giorno all'altro la tua vita cambi, senza che lo vuoi, senza preavviso, distruggendo tutti gli schemi, le illusioni, i sogni, e allora ci sono due posizioni: o dannarti la vita odiando il mondo per l'ingiusto male, oppure cercare dei segni nella realtà che male non sono. Solo questo, non ho detto altro.

 

Hai usato, rivolgendoti al sottoscritto, queste parole:

Che tu sia nato non l'hai deciso tu, che il tuo cuore continui a battere non lo decidi tu, che le tue gambe ti trasportino o che le tue mani continuino a suonare non lo decidi tu, che il tuo cervello continui a funzionare non lo decidi tu.

Hai persino citato il termine 'destino', definendolo un percorso già tracciato (un'altra forma di presunzione, qualcuno che si è preso la briga di tracciare le vite di miliardi di esseri umani giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Come siamo importanti: tutto gira intorno a noi, vero?). Al che ho risposto che le mie gambe vanno dove decido io e che non mi sento sovrastato da nessuna forza misteriosa che orienta le mie azioni se non il mio buon senso che, perdonami, arriva dall'educazione e dall'ambiente che frequento non certo da qualche venditore ambulante coperto di retorica e gioielli.

 

Adesso, ma forse mi sbaglio, cerchi di rivoltare la frittata.

 

Ho detto io per primo che un guaio di salute (morte inclusa) potrebbe bloccare tutti i miei sogni e progetti ma non vedo come si possa 'dannarsi la vita odiando il mondo' per questo. Io non mi dannerò la vita per un progetto andato in fumo e non cercherò spiegazioni dei miei fallimenti attribuendoli a un disegno superiore anche se una malattia, un problema o qualcosa che io non posso controllare bloccherà il procedere dei miei giorni.

 

Farò tutto quello che è possibile fare per strizzare i miei giorni, per far si che alla fine di questi non abbia il ricordo neppure di uno solo gettato al vento.

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[...] Animali, piante, microbi, virus sono tutte forme di vita [...]

 

In realtà i virus non sono forme di vita secondo la classificazione biologica, in quanto, tipicamente, non muoiono, né si riproducono se non mediante alterazione del codice genetico dell'organismo cui si attaccano... :)

 

EB

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Ha perfettamente ragione Ermanno. E' un lapsus, intendevo dire batteri.

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[...] Animali, piante, microbi, virus sono tutte forme di vita [...]

 

In realtà i virus non sono forme di vita secondo la classificazione biologica, in quanto, tipicamente, non muoiono, né si riproducono se non mediante alterazione del codice genetico dell'organismo cui si attaccano... :)

 

EB

 

Non pretendo di rivelarti nulla, ma saprai (e non mi sembra alieno al contenuto della discussione) come questa realtà risponda alla descrizione che, del male, dà la teologia classica: il male è un non-ente, non esiste di per sé, si manifesta soltanto come attentato al bene, o suo parassita, allo scopo di annichilirlo o comunque di sottrargli forza e vita. Concezione che troviamo ben manifesta anche nella letteratura: colui che si presenta in quel di Palestrina al nostro collega Adrian Leverkuhn, il grande compositore, offrendogli collaborazione per scrivere l'opera fuori dal tempo, è vestito da lenone (Thomas Mann, Doctor Faustus), si percepisce che egli vive a carico delle persone le cui anime riesce a comperare; e le terrificanti pagine manniane non sono che un ampliamento, una riscrittura, del colloquio tra Ivan Karamazov e il misterioso visitatore, anch'egli manifestamente parassitario. Il grande Fiodor aveva fatto un'immagine del pensiero dei padri della chiesa.

 

dralig

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Pur trattandosi di un OT trovo la discussione stimolante. Personalmente trovo condivisibili diverse affermazioni sia di Cristiano che di Ciccio-matera.

C'è un equivoco, secondo me, che non rende fluida la discussione: il "credere" non è riservato ai "credenti". Chiunque è costretto dalla necessità dell'agire e della vita a "credere" in qualcosa di più o meno ampio, di più o meno circoscritto. Ciò in cui crediamo è la nostra Verità.

L'equivoco nasce quindi nel momento in cui un "credente" che parla con un "non-credente", pensa di trovarsi di fronte ad una persona "vuota", a cui manca qualcosa. In realtà si tratta semplicemente di una differenza di vedute, tra una persona che ritiene di avere una risposta ad alcune domande ed un'altra che non ritiene credibile o necessaria una determinata risposta ad un quesito "non-stringente".

D'altra parte chi "rifiuta" certe risposte preconfezionate della religione "ufficiale", tende spesso per reazione a chiudersi all'argomento religioso come se l'unico modo per affrontarlo fosse quello "ufficiale".

Manca forse quell'ambiente ideale in cui coltivare la propria religiosità, che non deve essere per forza qualcosa che rientra in schemi dogmatici. Non tutti poi hanno la stessa predisposizione alla religiosità, ma credo che sarebbe utile affrontare il tema con maggiore consapevolezza.

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Però caro cristiano, vedo che hai badato bene di non rispondere alla totalità del mio messaggio, ma a dei pezzi, ed io perchè ci tengo che il mio messaggio passi per quello che è, non "a pezzettini", mi ripeto: La visione della realtà che intravedo nei tuoi messaggi è una visione scientista, cioè che l'ultimo metodo di affronto del reale infondo è quello che io so e che conosco, non quello che c'è dietro, cioè: non il perchè materiale, fisico, chimico, legato all'incombenza delle leggi naturali, ma il perchè che fa parte della natura umana, il "perchè" per cui non basta all'uomo sapere quando è malato al cuore, da che tipo di malattia è affetto. Immagina la classica scena di Dott. House: Lui dice la patologia, e questo a lui basta, non c'è nulla da cercare, fossi un paziente in quella situazione, reagirei in maniera non molto elegante. Questo è quello che voglio dire, essere scientisti porta a guardare parzialmente la realtà che si ha difronte.

 

 

 

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

Perduto in mezzo a un polveroso prato.

 

Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l'ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

 

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

 

Eugenio Montale

 

 

Preferisco sempre un po' di dubbio a certe folgoranti certezze che fanno vedere tutto in un un'unica chiave di interpretazione.

Scriveva Charles De Foucauld: "Bisogna passare attraverso il deserto e soggiornarvi per ricevere la grazia di

Dio". Ma non si dovesse mai attraversarlo, quel deserto...

 

 

 

Butterfly

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L'equivoco nasce quindi nel momento in cui un "credente" che parla con un "non-credente", pensa di trovarsi di fronte ad una persona "vuota", a cui manca qualcosa.

 

La cosa trovo sia alquanto triste perchè è un modo di vedere la realtà che ci circonda come facente parte di qualcosa che non ci appartiene di cui non siamo fautori.

 

Non ci si rende conto che dovrebbe essere la sensibilità e il gusto del rispetto, l'unica religione valida.

Non ci si rende conto che i sogni e gli obiettivi non maturano su basi imposte ma sul nostro vivere, sulla nostra esperienza, sul nostro intelletto.

Non ho mai sentito il bisogno di uccidere, di rubare, di mancare di rispetto a padre e madre e questo nonostante abbia compreso da me l'importanza di questi valori molto prima della consapevolezza dell'esistenza dei comandamenti.

Non ho bisogno di essere comandato per sentire che differenza c'è tra bene e male e non ho bisogno di credere in nessuna vita ultraterrena per paura di diventare cibo per i vermi.

Ho bisogno di rendere i giorni della mia vita speciali. Non belli, brutti, allegri o tristi. Speciali, nei quali si scopre qualcosa di nuovo.

Ho bisogno di parlare con persone, di migliorare, di costruire. E di sbagliare.

Ho bisogno di conoscere e obiettare, di incuriosirmi e di apprezzare cose e persone che mi circondano. Di mostrare ai miei figli che non si impara a voler bene al prossimo perchè qualcuno ce lo ordina, ma perchè farlo ci rende migliori.

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