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Insegnare musica per chitarra


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La paidocrazia consumistica che induce autori fradici a pubblicare libri intesi a far divertire i ragazzi è uno degli aspetti più visibilmente deteriori dell'incombente sconfitta della cultura. Non servirà a molto l'aver composto qualcosa che viri decisamente in direzione opposta, ma almeno testimonia la resistenza di qualche vecchio musicista a questo sterminio dell'intelligenza: fanciulli, se volete rincretinire davanti alla televisione, fatelo, ma non cercate l'appoggio e la complicità dei maestri di musica, meno che mai quella dei maestri di chitarra, e se qualcuno di loro vi offre la chitarra-divertimento, offritegli in cambio corda e sapone.

 

Innanzi tutto saluto tutti gli utenti di questo Forum.

 

Io penso che i testi utilizzati siano né più né meno che degli strumenti, e come tali non sono buoni o cattivi a prescindere. Ho visto bravissimi chitarristi che hanno approcciato lo strumento con "La chitarra volante" e altri che dopo anni di Pujol non sanno distinguere melodia da accompagnamento. Credo che la differenza la faccia - che scoperta! - la persona che quei libri li sceglie e li utilizza (e quindi penso che quella della corda e del sapone sia una immagine un tantinello eccessiva, soprattutto se si decide di mettere la vita di una persona nelle mani preadolescenti brufolosi che dovrebbero agire sulla base della semplice scelta di un libro e senza la minima idea del progetto formativo che il loro insegnante potrebbe avere in testa...).

 

Secondo la Sua logica, possono esistere buoni o cattivi docenti (sono loro, infatti, a "fare la differenza"), mentre invece i testi non possono essere né buoni né cattivi. I pianisti che insegnano usando Bartok potrebbero optare per "Il pianoforte sgusciante" senza inconvenienti, tanto la differenza la fanno loro. Credo che, a chi operi seguendo tale logica, convenga usare "La chitarra volante": preciso che non conosco questo libro, ma poiché Lei ne cita il titolo, penso che faccia perfettamente al caso Suo.

 

L'immagine della corda e del sapone è evidentemente retorica, appartiene ai generi letterari in cui si fa uso dell'iperbole senza tema di venir presi alla lettera. Da parte chi scrive, s'immagina che una metafora qual è, ad esempio, "una montagna di bugie" non induca il lettore a supporre che le bugie crescano tra gli abeti e le rocce, o sotto le nevi eterne.

 

dralig

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Bisognerebbe fare un monumento a chi suona fa suonare con intelligenza le canzonette ai ragazzi

 

E' proprio questo a cui mi riferivo: l'accettazione indiscriminata (addirittura il premio) del facile e dell'accessibile.

Abbia pazienza, Signor Gui, ma nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni i ragazzi hanno a che fare con materie affrontate seriamente (letteratura, prosa, matematica, materie scientifiche e tecniche, lingue straniere, informatica) e affatto accostabili al concetto musicale di "canzonetta".

Sarebbe come pensare di poter accettare lezioni su Batman invece che su Manzoni.

 

Proprio ieri, nell'ambito di un corso per chitarra, tra gli altri, mi è stata presentata l'iscrizione di un bambino di 9 anni (!) il cui docente mi aveva anticipato la partecipazione.

Ebbene, il piccolo (quarta elementare), alle mie indicazioni di analisi e timbrica sul brano presentato (un Ricercare di Anonimo) non solo non ha fatto una piega ma ha capito perfettamente tutto trasformando in note, seduta stante, davanti al pubblico, ogni mio suggerimento.

Non si parlava di canzonette ma di incisi tematici. Non si parlava di giocherellare a fare il tamburo sulla chitarra ma di importanza del colore. Non si suonava la monodia di Jingle Bells ma un ricercare a due voci.

40 minuti di lezione, il bambino entusiasta che sorrideva e ha seguito, seduto in prima fila con i pedi a penzoloni, tutte le lezioni seguenti.

 

Poco prima della pausa pranzo non era né traumatizzato né annoiato né necessitava di chissà quale intervento psicologico. E' uscito saltellante dall'aula a giocare con la sorellina più grande.

 

Ma era accompagnato da entrambi i genitori. Questa è la chiave.

Il contesto in cui una personalità musicale si forma.

 

Altro che canzonette.

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La paidocrazia consumistica che induce autori fradici a pubblicare libri intesi a far divertire i ragazzi è uno degli aspetti più visibilmente deteriori dell'incombente sconfitta della cultura. Non servirà a molto l'aver composto qualcosa che viri decisamente in direzione opposta, ma almeno testimonia la resistenza di qualche vecchio musicista a questo sterminio dell'intelligenza: fanciulli, se volete rincretinire davanti alla televisione, fatelo, ma non cercate l'appoggio e la complicità dei maestri di musica, meno che mai quella dei maestri di chitarra, e se qualcuno di loro vi offre la chitarra-divertimento, offritegli in cambio corda e sapone.

 

 

 

dralig

 

Per offrire ai lettori di questo forum la possibilità di rendersi consapevoli del progetto che ho attuato negli "Studi facili" e per evitare ulteriori e inutili discussioni, riproduco qui il testo dell'introduzione.

 

 

-------------

 

Questi Studi facili per chitarra sono stati composti per offrire un apporto agli insegnanti e ai loro scolari. Ce n’è bisogno? La letteratura didattica della chitarra è ricca, e non si avverte alcuna necessità di nuovi metodi. Tuttavia, mentre il repertorio di studi composti dai maestri dell’Ottocento e del Novecento tradizionalista (da Sor, Aguado, Carulli e Giuliani fino a Pujol e a Castelnuovo-Tedesco) e destinato agli studenti dei primi corsi è ampio e soddisfacente, non si dà uguale ricchezza negli studi introduttivi alla musica moderna, e pochissime sono, in questo campo, le opere universalmente riconosciute. Esiste quindi un vuoto da colmare, e questa raccolta punta a occuparne una parte, aggiungendosi, con una fisionomia stilistica propria, alle opere didattiche scritte dai grandi maestri del passato.

Gli insegnanti che attuano i loro programmi didattici curando fin dall’inizio non soltanto l’apprendimento della tecnica, ma anche la formazione musicale degli allievi, troveranno qui brani che, trattando aspetti ben individuati del lessico della chitarra, collocano ogni procedimento tecnico in un discorso musicale compiuto, vincolando la diteggiatura a precise finalità di ritmo, di espressione, di fraseggio, di colore. Il primo e fondamentale obiettivo al quale ho mirato è dunque la simbiosi tra tecnica e musica: l’allievo deve imparare a subordinare sempre ogni suo gesto meccanico a un risultato estetico, e io ritengo che non esista motivo ragionevole per non stimolarlo a lavorare in questa direzione fin dai suoi primi contatti con lo strumento.

È ovvio che, per realizzare un progetto didattico di autentico valore formativo in diretta relazione con il repertorio del Novecento, una raccolta di studi non si deve porre l’obiettivo di intrattenere l’allievo con epidermici – quanto inutili - divertimenti: il lato “facile” di queste piccole composizioni sta nel fatto che, dal punto di vista tecnico, esse sono abbordabili da chi si trova nella fase iniziale della sua formazione, a patto che sia capace di riflettere sugli aspetti musicali (e, a questo riguardo, la funzione dell'insegnante è fondamentale e decisiva) e disposto a spendere un impegno non minore di quello che, nelle fasi successive della sua crescita, gli verrà richiesto dalle opere maggiori del repertorio. Già sento levarsi il critico lamento di coloro che protesteranno per la difficoltà di alcuni di questi piccoli brani: ebbene, credo che si tratti di una manifestazione tipica della pigrizia che affligge insegnanti e allievi accomodati nella convinzione che sia loro dovuto il piacere di suonare in stato di inerzia mentale. Io ritengo invece che il potenziale di molti scolari sia assai superiore a quello che certi autori di volumi didattici sembrano presumere, e con questi studi mi propongo di invitare al lavoro chi voglia seriamente accostarsi al repertorio del Novecento, indicandogli una via che lancia sì alcune sfide, ma che offre anche le relative, e proporzionate, ricompense.

La diversità di questi studi, rispetto a quelli classici o tradizionali, si manifesta in diversi aspetti: innanzi- tutto nella scrittura, che evita di iterare i modelli ottocenteschi, e poi, ad esempio, nella rinuncia a un vincolo tonale (abbandonato a favore della modalità o di altri ambienti armonici), nelle asimmetrie nel periodare musicale, nei frequenti cambi di metrica, nell’uso delle parti incrociate, tutte situazioni alle quali è bene abituare gli studenti al più presto.

Ho dato il massimo rilievo alle dinamiche e alle articolazioni, che sono parte strutturale (e non accessoria) di ogni singolo brano. Non vedo infatti ostacoli al proposito di rendere subito familiari i concetti e le pratiche del legato, dello staccato, dei diversi accenti, del crescendo e del diminuendo, del laissez vibrer, etc.

Un’altra peculiarità di questa raccolta di studi è la concezione aperta e totale della tastiera: non trovo alcuna motivazione valida per continuare a dividerne lo studio in “posizioni”, e ho quindi scritto brani

che spesso si estendono lungo le corde senza barriere, esplorando anche aree fisiche e timbriche evitate negli studi tradizionali e superando la paura del temuto registro sovracuto (hic sunt leones) – che, se affrontato con impostazione e pratica adeguate, non è affatto più difficile degli altri registri. Credo che lo scolaro debba abituarsi subito a governare tutto lo spazio musicale del suo strumento, e che il cambio di posizione sia una tecnica da imparare senza indugi e dilazioni.

Mentre ho cercato di tracciare un itinerario logico nella progressione degli studi, non ho inteso disporli in un definito ordine di difficoltà. Credo invece che ogni didatta possa attingere liberamente a questa raccolta riordinando la successione dei brani in relazione al criterio con cui sta guidando la formazione di ogni singolo allievo. Si osservi inoltre che la scelta delle tecniche con le quali realizzare le articolazioni, le dinamiche, gli accenti e gli altri effetti indicati nel testo musicale è interamente lasciata ai docenti, senza vincoli e senza preclusioni per nessuna scuola. Essendo indispensabile l’osservanza di tutti i parametri rappresentati nella notazione, è del tutto pacifico il fatto che alla loro corretta realizzazione si può pervenire attraverso differenti approcci alla tecnica della chitarra. A questo riguardo, mi è sembrato necessario annotare solo la diteggiatura della mano sinistra, in quanto fattore strutturale della composi- zione: da essa infatti risulta inequivocabilmente come ogni studio sia stato pensato e costruito, e come sia dunque necessario rispettare la distribuzione del tessuto polifonico e armonico sulle corde e lungo la tastiera. La realizzazione fisica del suono – affidata alla mano destra – è invece possibile con diverse diteggiature, ciascuna delle quali può offrire risultati diversamente soddisfacenti (sarà spesso il caso di sperimentarne più di una) e, per non condizionare le scelte dei maestri, ho preferito lasciar loro il compito di escogitare le soluzioni più consone alle loro metodologie.

Invito, infine, a prestare attenzione a titoli e sottotitoli, che risulteranno utili a orientare lo studio nella giusta direzione.

Dopo la prima stesura della raccolta, ho sottoposto il testo alla lettura di alcuni didatti: Fabio Ardino, Gianluca Barbero, Luigi Biscaldi, Francesco Diodovich, Filippo Michelangeli, Claudio Maccari, Alberto Mesirca, Lorenzo Micheli, Giovanni Podera, Cristiano Porqueddu, Frédéric Zigante. Li ringrazio sentitamente per le loro osservazioni e i loro suggerimenti.

Angelo Gilardino

Vercelli, 29 giugno 2011

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Ospite Bernardo Gui
Secondo la Sua logica, possono esistere buoni o cattivi docenti (sono loro, infatti, a "fare la differenza"), mentre invece i testi non possono essere né buoni né cattivi. I pianisti che insegnano usando Bartok potrebbero optare per "Il pianoforte sgusciante" senza inconvenienti, tanto la differenza la fanno loro. Credo che, a chi operi seguendo tale logica, convenga usare "La chitarra volante": preciso che non conosco questo libro, ma poiché Lei ne cita il titolo, penso che faccia perfettamente al caso Suo.

 

Secondo la Mia logica, ribadisco quello che ho già scritto. E rincaro: i pianisti che insegnano sempre e comunque, a prescindere da chi hanno di fronte, usando Microcosmos rischiano di avere molti più inconvenienti di chi usa con intelligenza "Il pianoforte sgusciante". I testi possono essere di qualità musicale diversa (e questo l'ho già scritto nel mio precedente messaggio), ma questo non significa necessariamente che i migliori siano i più adatti per ogni allievo.

 

Ma credo che, prima di proseguire la discussione, dovrei forse chiederle quando è stata l'ultima volta - se le è mai capitato - di fare lezione a una classe di undicenni tendenzialmente svogliati, stonati ed aritmici, che non hanno la minima idea di che cosa significhi suonare uno strumento musicale e, nel fortunato caso in cui abbiano sentito nominare Bach, pensano che fosse un componente di un gruppo prog anni '70 tipo, che so, gli Emerson Bach & Palmer.

 

Dato che non conosce La chitarra volante (fatto solo di canzonette, tanto per capirsi), che è il più venduto e famoso, potrei sapere allora a quali altri testi per le scuole medie a indirizzo musicale fa riferimento? Se le pare scortese fare dei nomi, può perlomeno darmi un indizio? Un aiutino? Giusto per capire se stiamo parlando esattamente della stessa cosa, altrimenti qui si fa filosofia, che è tanto bella ma poco utile a intendersi.

 

L'immagine della corda e del sapone è evidentemente retorica, appartiene ai generi letterari in cui si fa uso dell'iperbole senza tema di venir presi alla lettera. Da parte chi scrive, s'immagina che una metafora qual è, ad esempio, "una montagna di bugie" non induca il lettore a supporre che le bugie crescano tra gli abeti e le rocce, o sotto le nevi eterne.

 

La ringrazio per la precisazione (avrei travisato sicuramente). Io invece ritengo veramente che tutti i dodicenni siano invasi dall'acne e che sia necessario spendere denaro pubblico per erigere statue in favore dei docenti di chitarra delle scuole medie a indirizzo musicale.

 

 

 

______________________

 

 

E' proprio questo a cui mi riferivo: l'accettazione indiscriminata

(addirittura il premio) del facile e dell'accessibile.

Abbia pazienza, Signor Gui, ma nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni i ragazzi hanno a che fare con materie affrontate seriamente (letteratura, prosa, matematica, materie scientifiche e tecniche, lingue straniere, informatica) e affatto accostabili al concetto musicale di "canzonetta".

 

Con la lieve differenza che quando arrivano in prima media leggono e fanno matematica da cinque anni, mentre l'unica cosa a cui associano la parola "accordo" è la stretta di mano.

 

Sarebbe come pensare di poter accettare lezioni su Batman invece che su Manzoni.

 

Fare lezione su Manzoni ad un undicenne che fino a quel momento avesse letto solamente Batman sarebbe un totale fallimento pedagogico. Oltre che una pura idiozia. Ogni insegnante dotato di un minimo di senno partirebbe da Batman e porterebbe gradualmente il ragazzino a Manzoni.

 

Ovviamente se non si ha a che fare con bambini evidentemente sopra la media, tipo quelli che a scuola fanno due anni in uno o che a nove riescono a gestire un contrappunto rinascimentale senza alcuno sforzo. Ma non è per loro che si scrivono i libri di antologia, né quelli di scienze, né tantomeno quelli di chitarra.

 

Ma era accompagnato da entrambi i genitori. Questa è la chiave.

Il contesto in cui una personalità musicale si forma.

 

Perfettamente d'accordo. Diciamo: questa è una delle chiavi. Ma se i genitori non ci sono o non sono in grado, che facciamo, rifiutiamo di fargli lezione?

 

Infine, la domanda delle domande, "Cammello stanco" sarà tanto più banale di un valzer in Do di Carulli? Ai posteri l'ardua sentenza.

 

E poi: ma che avrà di così terribile Jingle Bells se la si usa per far suonare quello stramaledettissimo punto di valore a un ragazzino che ha preso in mano la chitarra da due mesi?

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Ospite Nicola Mazzon

 

Infine, la domanda delle domande, "Cammello stanco" sarà tanto più banale di un valzer in Do di Carulli? Ai posteri l'ardua sentenza.

 

Non è più banale, è povero didatticamente, in Carulli & compagnia bella non esiste pezzo in cui non si possono spiegare funzioni armoniche, melodiche, soluzioni interpretative....

Cammello stanco...che offre? Una melodia mi fa mi re# mi...con una cadenzina in la minore per una facciata intera, beh a pensarci bene è più banale.

 

 

E poi: ma che avrà di così terribile Jingle Bells se la si usa per far suonare quello stramaledettissimo punto di valore a un ragazzino che ha preso in mano la chitarra da due mesi?

 

Non ha niente di male Jingle Bells, il male è perdere delle lezioni per farlo imparare (non mi riferico a lei che non conosco), come esempio, un esempio, ci può stare.

 

Se un docente sente di aver acquisito una tale esperienza, come lei fa intendere, non dovrebbe sentire il bisogno di lanciarsi in battaglia contro i profanatori della sua "tradizione", ma una volta fatte intendere le sue ragioni...lasciarli fare. Qual'è la cosa giusta non può dirlo un insegnante, lo dimostreranno gli allievi se un giorno diventeranno i nuovi maestri.

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Ma credo che, prima di proseguire la discussione, dovrei forse chiederle quando è stata l'ultima volta - se le è mai capitato - di fare lezione a una classe di undicenni tendenzialmente svogliati, stonati ed aritmici, che non hanno la minima idea di che cosa significhi suonare uno strumento musicale e, nel fortunato caso in cui abbiano sentito nominare Bach, pensano che fosse un componente di un gruppo prog anni '70 tipo, che so, gli Emerson Bach & Palmer.

 

Io ho incominciato a insegnare in un liceo musicale nel 1965, all'età di 24 anni, e ho terminato nel 2004 in un conservatorio, all'età di 63 anni, e nella mia classe uno studente svogliato, stonato e aritmico non sarebbe durato più di una settimana. Mi sono impegnato a scrivere una raccolta di Studi facili per scolari (e docenti) il cui profilo, tracciato nell'introduzione che ho premesso alla musica, non ha nulla che vedere con quello che Lei descrive. Io ho scritto musica per la formazione di futuri musicisti: mi pareva - se non urgentemente indispensabile - perlomeno utile. Non ho mai pensato di occuparmi di preadolescenti che fanno musica a partire dalla mancanza di voglia di farla, di intonazione e di senso ritmico. Se mi fosse stato proposto a suo tempo, avrei rifiutato, e mi sarei dedicato a un'altra attività, anche non musicale. Quindi, è evidente che stiamo parlando di due diverse tipologie di scolari.

 

 

dralig

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Fare lezione su Manzoni ad un undicenne che fino a quel momento avesse letto solamente Batman sarebbe un totale fallimento pedagogico. Oltre che una pura idiozia. Ogni insegnante dotato di un minimo di senno partirebbe da Batman e porterebbe gradualmente il ragazzino a Manzoni.

 

Ecco. Io direi che è meglio farlo iniziare da Manzoni.

 

 

Ma se i genitori non ci sono o non sono in grado, che facciamo, rifiutiamo di fargli lezione?

 

Convincere un allievo a studiare e a studiare bene è una operazione di una noia e, dal mio punto di vista, di una inutilità disarmanti. Si parla di docenza di musica o di psico-pedagogia?

E perché tutti questi problemi sempre per la materia musica?

 

Infine, la domanda delle domande, "Cammello stanco" sarà tanto più banale di un valzer in Do di Carulli? Ai posteri l'ardua sentenza.

 

Ferdinando Carulli, uno dei maggiori concertisti dell'Ottocento con qualcosa come oltre 300 composizioni a catalogo? Se Lei ha bisogno dei posteri, si accomodi pure.

Ma le assicuro che ci sono molti professionisti che non attendono i posteri per definire la qualità di un prodotto musicale finito.

 

E poi: ma che avrà di così terribile Jingle Bells se la si usa per far suonare quello stramaledettissimo punto di valore a un ragazzino che ha preso in mano la chitarra da due mesi?

 

Niente. E' soltanto inutile.

Dopo due mesi, Alessandro V., 12 anni, mio allievo alla Scuola Civica di Musica di Nuoro conosce tutta la tastiera dello strumento, associa il simbolo sul pentagramma al suono e alla posizione sulla tastiera e sta leggendo Stendardo di Angelo Gilardino, su corde a vuoto.

Frequenta parallelamente il corso di solfeggio e sa cosa è un punto di valore, che di stramaledetto non ha proprio nulla, a meno che non si cerchi di insegnarlo scimmiescamente, con l'imitazione.

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un breve intervento per ribadire la mia idea, che qui in molti già conoscono. Innanzitutto chiariamoci su qual'è il nostro alunno di riferimento: perchè cambia molto a seconda se fa parte della scuola dell'obbligo SMIM o Conservatorio o istituzione simile.

Nelle medie Musicali soventissimo abbiamo a che fare con ragazzi che scelgono di suonare ma che sanno pochissimo del mondo musicale "colto", arrivano con un gran entusiasmo e con un loro vissuto di ascolti musicali legati alla loro età, da Rihanna all'hip hop alla commerciale ecc. ma hanno scelto di imaparare a suonare e vivere la Musica da protagonisti, e dobbiamo essere felici e fieri della cosa. E dobbiamo ascoltarli e capire quel loro vissuto musicale, ed entrarci pian piano, interessandocene magari a nostra volta e arrivare dove sappiamo noi senza strappi feroci, con disponibilità ma anche molta autorevolezza. E in quel percorso ci può stare di tutto, solo chi non ha mai vissuto la realtà dell'insegnamento in contesti simili può pensare di Jingle Bells che il male sia perdere delle lezioni per farlo imparare (che c'è di male poi in un saggio di Natale non so, anzi a me piace un sacco, è un piccolo obiettivo d'assieme, e si fatica ad arrivarci e ai ragazzi avere piccoli obiettivi concreti serve tantissimo). E via dicendo, qui confondiamo il dito e la luna tanto per andare su metafore sicure ;). Il problema è che tanti insegnanti non sono molto sicuri della loro autorevolezza didattica e pensano di perdere prestigio lavorando su certi repertori semplici per arrivare a fare discorsi più alti dopo un pò di tempo; costa tempo, impegno, determinazione, esperienza, perchè si lavora con tutti i ragazzi, senza eliminare nessuno, perchè da tutti ci si può-deve aspettare qualcosa, sarebbe ben diverso lavorare su pochi scelti che già sanno di aver intrapreso un percorso preciso e determinato.

Tornando al bel lavoro di Angelo Gilardino, sono davvero felice di averlo finalmente tra le mani, sarà un ottimo compagno di viaggio di tanti ragazzi, e mi servirà per approfondire molti importanti discorsi, dalla profondità della lettura all'analisi al fraseggio ecc. Ma io so cosa farmene, so dove applicarlo e a chi, sta a me individuare i soggetti giusti e affidare a loro questo ulteriore aiuto didattico-musicale. Con qualcuno potrò sicuramente partire da questi studi per elaborare un percorso "alto" ma non posso sicuramente pensare di sostituirlo a altri lavori semplici adatti ad una massa di ragazzini che, e me rendo conto con l'esperienza acquisita da anni di lavoro, più di tanto non arriverà a fare. Proprio per rispetto a chi come Angelo ha lavorato con perizia in un settore che non era davvero il suo, quello dell'educazione dei primi anni di studio, e che ringrazio davvero per il contributo prezioso.

Mi piacerebbe anche che non si denigrassero metodi come quello di Paradiso o altri che hanno nella loro semplicità e piacevolezza una chiave di lettura precisa e contribuiscono a divulgare la chitarra in ambienti dove difficilmente sarebbe arrivata, e se ci arriva con una canzoncina è davvero molto meglio di nulla mi sembra

Con simpatia!

Giorgio

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Tornando al bel lavoro di Angelo Gilardino, sono davvero felice di averlo finalmente tra le mani, sarà un ottimo compagno di viaggio di tanti ragazzi, e mi servirà per approfondire molti importanti discorsi, dalla profondità della lettura all'analisi al fraseggio ecc. Ma io so cosa farmene, so dove applicarlo e a chi, sta a me individuare i soggetti giusti e affidare a loro questo ulteriore aiuto didattico-musicale. Con qualcuno potrò sicuramente partire da questi studi per elaborare un percorso "alto" ma non posso sicuramente pensare di sostituirlo a altri lavori semplici adatti ad una massa di ragazzini che, e me rendo conto con l'esperienza acquisita da anni di lavoro, più di tanto non arriverà a fare. Proprio per rispetto a chi come Angelo ha lavorato con perizia in un settore che non era davvero il suo, quello dell'educazione dei primi anni di studio, e che ringrazio davvero per il contributo prezioso.

 

Caro Giorgio, mi fa piacere che tu abbia capito una cosa fondamentale: le caratteristiche intrinseche e specifiche di un lavoro artistico scritto a fini didattici costituiscono anche il suo limite. Nello scrivere una raccolta di studi per chitarra per gli allievi dei primi anni bisogna per forza individuare un profilo al quale indirizzare il proprio lavoro, e questo comporta inevitabilmente l'esclusione di altri obiettivi. Io avevo in mente gli scolari del corso inferiore del conservatorio - la sola istituzione che conosco per averci lavorato - ed è quindi a loro che mi sono rivolto. Questi studenti, all'esame di compimento inferiore, portano un Preludio di HVL, o un Preludio di Ponce, o una Canzone Catalana di Llobet o un brano tratto dagli Appunti di Castelnuovo-Tedesco: tutta musica validissima, alla quale occorre però allegare qualcosa di più vicino al repertorio del Novecento, ed è in quest'area che io ho progettato e realizzato la mia raccolta, che parte da lontano e si spinge oltre i confini del linguaggio musicale dei Maestri che ho menzionato. Qualcosa di valido, in questo settore, l'ho riconosciuto negli Estudios Sencillos di Leo Brouwer (in forma compatta e sintetica) e nella collezione intitolata Guitarcosmos di Reginald Smith Brindle (in una forma più diluita e qualitativamente discontinua). La tua risposta è significativa dell'importanza che il ruolo dell'insegnante riveste nella tracciatura del giusto percorso formativo di ciascun allievo, e combacia con quello che ho esplicitato nella mia introduzione. Non mi sono sognato di scrivere una raccolta pervasiva e universale, ma una raccolta mirata...

Mi piacerebbe anche che non si denigrassero metodi come quello di Paradiso o altri che hanno nella loro semplicità e piacevolezza una chiave di lettura precisa e contribuiscono a divulgare la chitarra in ambienti dove difficilmente sarebbe arrivata, e se ci arriva con una canzoncina è davvero molto meglio di nulla mi sembra

Con simpatia!

Giorgio

 

Non conosco il metodo di Paradiso, ma trovo che l'indirizzo perseguito dalla maggioranza degli autori sia quello dell'intrattenimento, non quello dell'istruzione. Non vedo nulla di utile, in tutto ciò, vedo solo il tentativo di ingraziarsi l'attenzione di una clientela adoperando la musica come un articolo ricreativo, che istituisce l'immobilità mentale del cliente-ragazzo (paidocrazia consumistica) come un diritto inviolabile. Detesto la denigrazione - opera di lividi mascalzoni - ma rivendico il diritto artistico e culturale di prendere le distanze da ciò che ritengo fasullo. Un grande critico d'arte ha detto di Francis Bacon: "Dipinge per svergognare l'umanità scadente del nostro tempo". Una buona motivazione, a mio giudizio. Io non intendo svergognare nessuno, ma sento il bisogno di chiamarmi fuori da ciò che reputo vergognoso: il confine tracciato dall'igiene mentale dev'essere netto e categorico.

 

dralig

 

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dralig

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sulla denigrazione non mi riferivo a te, che hai il grandissimo merito che pochi altri possono vantare, la coerenza e la chiarezza relativamente al tuo operato.

Fai benissimo a prendere le distanze da ciò che ti sembra fasullo ed è legittimo ma a volte quel "sembrare" potrebbe magari confondersi con un mondo da te molto lontano socialmente e culturalmente, che può servirsi di certi strumenti per veicolare saperi altrimenti inarrivabili per molti motivi. Ti assicuro che ho visto situazioni girando per l'Italia, non solo al Sud, dove la presenza anche solo di una chitarra intorno alla quale ritrovarsi per fare gruppo è davvero miracolosa nel tirare fuori il bello e il positivo dai ragazzi. Il difficile è trasformare tutto ciò in qualcosa di alto ma è un processo lungo, che passa anche attraverso la semplicità di una proposta didattica magari rivestita da "intrattenimento". Come sempre sta all'intelligenza, alla competenza e all'autorevolezza del docente fare il passo successivo, a prescindere dai testi usati.

Questa discussione mi piace molto, vorrei sentire i pareri di colleghi e amici che lavorano in situazioni analoghe e hanno voglia sempre di sperimentare e andare "oltre"

Giorgio

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