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Musica "sgrammaticata"?


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Se posso esprimere un mio parere, questa discussione riguarda molti aspetti e difficilmente è possibile arrivare ad una soluzione completa del problema senza considerarli attentamente.

 

 

Nella mia esperienza personale ho sempre frequentato molta gente, tanti musicisti ma anche persone "normali", di ogni livello sociale e culturale e ho sempre sofferto la difficoltà che anche un mondo colto, fatto di laureati e professionisti vive oggi nei confronti della musica classica, in particolare della chitarra. Nel tentativo di offrire un ponte di comunicazione con tante persone come queste, ho suonato e in un caso anche registrato alcune di queste musiche, e i nomi possiamo farli, da Domeniconi, York, Starcevic, Ugoletti, Towner, Bellinati, fino a Colonna, Mirto, Signorile, Fabbri, Morel e Piazzolla. E' musica sgrammaticata? Seguendo una logica tradizionale forse sì e ne sono perfettamente consapevole. D'altronde ritengo anche che una parte della letteratura americana abbia perso in certi casi le regole della migliore grammatica per andare incontro a sensazioni immediate, punti di vista diversi che forse il linguaggio tradizionale difficilmente avrebbe potuto esprimere.

 

Se il risultato di questa offerta è quello di allargare l'interesse della gente comune verso la chitarra, come a me capita personalmente, grazie a questi approcci più semplificati nel linguaggio che fanno sì che tanta gente inesperta o impreparata, si avvicini con attenzione anche al repertorio che suono abitualmente in concerto (Castelnuovo-Tedesco, Turina, Giuliani, Regondi, Tansman ma anche Berio, Donatoni, Giacometti e così via) allora credo che la scelta sia stata positiva. Altrimenti è meglio lasciare perdere.

 

 

Grazie Giulio per la tua risposta. La mia domanda manifestava la difficoltà di comprendere, in termini di valore musicale, la coerenza tra scelte di repertorio apparentemente aliene. Hai spiegato che la tua è stata una scelta strategica, e mi sembra di non aver nulla da aggiungere, se non l'augurio che i tuoi auspici si realizzino.

 

dralig

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Queste domande sottendono un punto fondamentale che è quello che maggiormente mi sta a cuore.

CHI stabilisce il valore musicale o l'essenza sgrammaticata di una composizione?

CHI stabilisce i filtri valutativi?

CHI stabilisce che cosa deve o non deve suonare e registrare il suddetto "interprete di fama internazionale"?

CHI??????

 

I critici?

I compositori che pensano di essere migliori di qualcunaltro e quindi si sentono in dovere di far rimarcare la loro superiorità?

Quelli che hanno capito cos'è veramente l'ARTE?

 

 

Chi stabilisce tutto ciò? La risposta è semplice: chiunque, compreso Lei.

 

Il giudizio di valore sull'opera d'arte si forma attraverso un processo al quale concorrono, a diversi livelli, tutti coloro che hanno interesse a comprendere. Nessuno può stabilire individualmente e definitivamente il valore di un'opera, ma chiunque abbia onesta intenzione di manifestare il suo giudizio o la sua opinione è intitolato a farlo: la somma dei giudizi espressi nel tempo porta a una stabilizzazione del giudizio - quella che ci fa percepire in modo ormai indiscutibile il valore dell'opera dei maestri (risparmio elenchi) e che non riconosce, invece, il valore di autori ormai dimenticati.

 

I filtri valutativi sono quelli messi a disposizione dei lettori (nel caso della musica: lettori-ascoltatori), purché li sappiano adoperare. Oggi, sono pressoché unanimemente riconosciute, dagli studiosi, l'analisi storico-estetica e l'analisi musicale, considerate strumenti imprescindibili per comprendere i testi, riconoscere nei medesimi i risultati del genio, dell'ingegno, del talento, della tecnica, etc.

 

Ovviamente, qualunque ascoltatore ha il pieno diritto di manifestare la propria opinione riguardo al valore di un'opera: tuttavia, il sacrosanto mi piace-non mi piace non può incidere, nella formazione di un giudizio equilibrato, nella stessa misura in incide, nei riguardi delle medesima opera, lo studio analitico svolto da uno specialista. Se così non fosse, la musica di Webern sarebbe oggi considerata meno valida di "Yesterday". E per fortuna le cose non stanno così.

 

Chi stabilisce che cosa debba suonare un interprete? Non può essere che l'interprete stesso. Il quale, dal momento in cui rende pubbliche le sue interpretazioni registrate, sa benissimo di essere esposto alla critica e di dover rispondere delle sue scelte. Nella fattispecie, indirettamente interrogato dallo scrivente sulla coerenza delle sue scelte di repertorio, l'eccellente chitarrista Giulio Tampalini ha risposto, con l'abituale sua gentilezza: la sua risposta è utilissima a tutti coloro che possono aver condiviso le motivazioni della mia domanda, e - perché no? - anche a chi poteva averla considerata non necessaria. Colui che - di sua iniziativa - tentasse di dissuadere un interprete dalle sue scelte di repertorio rivelerebbe in modo lampante di essere uno stolto.

 

 

I critici - quelli preparati e dotati di buona penna - sono certamente parte importante nella formazione del giudizio riguardante l'opera. Il diritto di scrivere quello che pensano è conferito loro dai committenti (giornali, riviste e altri mezzi di informazione) che li invitano a scrivere e li retribiscono. Come i compositori e gli interpreti, anche i critici possono essere eccellenti, mediocri, scadenti: in questo mondo, il grano e la gramigna crescono nello stesso campo, e pare che questa mescolanza non dispiaccia all'onnipotente. Chi non è d'accordo, farà bene a rassegnarsi: al momento, quella dei critici non sembra una specie in via d'estinzione.

 

Risulta problematico appurare come Lei faccia a sapere che esistono "compositori che pensano di essere migliori di qualcunaltro e quindi si sentono in dovere di far rimarcare la loro superiorità?": Lei legge nel loro pensiero? Si sono confessati con Lei? Se tali compositori sono realmente validi, di certo confidano nel giudizio della storia. Se sgomitano per farsi notare, sono delle mezze tacche timorose del rischio di passare inosservate. Se pensano di poter migliorare il giudizio sulla loro opera tentando di sminuire quella altrui, sono degli imbecilli, ed è da escludere che la loro opera possa avere il benché minimo valore.

 

Come ogni altra persona attiva in campo musicale, anche i compositori hanno le loro opinioni e godono del diritto di esprimerle. È comunque da escludere che, quando Stravinsky diceva: "Chissà perché ogni volta che ascolto un brano che non mi piace alla fine risulta essere di Villa-Lobos", intendesse innalzare la sua reputazione a spese di un collega meno celebrato di lui. O che - ancora peggio - intendesse ferirlo sul piano personale. Segovia affermò pubblicamente che la musica di Boulez era totalmente inutile. Questo non creò alcun sentimento di inimicizia tra i due gentiluomini.

 

 

Perchè sentendo parlare di filtri di valore e di giudizio su cosa si dovrebbe o meno fare per non essere posti alla gogna del giudizio (di chi poi? mah...) mi viene da pensare a una cosa molto brutta che si chiama CENSURA.

O, in una certa forma, razzismo.

 

 

Prima di rispondere animosamente a dei messaggi, bisognerebbe leggerli e, se possibile, capire il loro significato.

Riassumiamo i fatti: io ho scritto - su commissione di una rivista musicale italiana, il mensile "Suonare" - un articolo su un CD in cui Giulio Tampalini - in collaborazione con altri interpreti - ha registrato tre dei massimi lavori di Mario Castelnuovo-Tedesco. In una breve digressione, ho manifestato la mia sorpresa per il fatto che un interprete di tale categoria indulga a registrare anche musiche scadenti. Non ho menzionato né autori né opere in particolare, per la semplice ragione che, quando ascoltai la registrazione, mi limitai a poche misure, e solo di alcune tracce: mi bastarono per rendermi conto che si trattava di compositori della domenica. Non mi curai nemmeno di appurare "che cosa fosse di chi": non ritenni che ne valesse la pena. Di sicuro, non si trattava di Paolo Ugoletti - compositore che ha tutta la mia stima - né di Astor Piazzolla.

Giorgio Signorile ha scritto il primo messaggio di questa discussione assumendo di essere lui l'autore - o uno degli autori - oggetto della mia disapprovazione. Si è detto ferito. Ho cercato di spiegare che non stimare il lavoro di un collega e amico non significa venir meno nel rispetto della sua persona. La mia spiegazione verrà accettata? Me lo auguro. Altrimenti, pazienza.

 

Da lì, inferire che in questa discussione possano allignare propositi come la censura o il razzismo, mi sembra ridicolo.

 

Sarebbe opportuno e meno offensivo fargli una telefonata, chiederglielo e saziare la propria sete di verità, se proprio preme così tanto.

No?

 

 

No, assolutamente no. Magari nel Suo mondo "sarebbe opportuno", nel mio, invece, un passo del genere sarebbe molto scorretto. Io non mi permetterei mai di sindacare le scelte di repertorio di un concertista, e di chiedergliene conto, con un'iniziativa a livello personale. Solo perché il CD in oggetto è espressione pubblica di un personaggio pubblico qual è Tampalini, io posso sentirmi in diritto di rivolgermi a lui con una domanda: formulata pubblicamente, a viso aperto, e a disposizione di chiunque possa avere interesse alla discussione.

 

 

 

Piazzolla è musicaccia?

 

Assolutamente no! E' un compositore la cui musica detesto, ma la cui statura artistica non mi sognerei mai di negare - tanto che, quando volle che io mi occupassi della pubblicazione delle sue "Cinco Piezas", misi doverosamente da parte ogni mia riserva e lavorai come se avessi dovuto preparare l'edizione di un concerto di Tansman. Piazzolla aveva nel suo bagaglio lezioni come quelle di Alberto Ginastera e di Nadia Boulanger, e il suo dittico intitolato "Fuga y misterio" è scritto con arte.

 

Bene, andatevi a vedere il video di Ughi che suona Oblivion.

Ughi che suona Piazzolla????????

Noooooooo, davvero?

Si.

 

E lo suona veramente male

 

Non è questo un giudizio di valore, e molto risoluto? Lei, che ha domandato "chi stabilisce il valore musicale di una composizione" (lo stesso ovviamente vale per un'interpretazione), "chi stabilisce i filtri valutativi", etc., dimostra di essere un "chi" molto convinto, provvisto di "criteri valutativi" molto ben definiti, tali da permetterLe di concludere che il grande violinista suona Piazzolla "veramente male". I criteri valutativi esistono solo quando li applica Lei, il giudice "chi" è legittimato a emettere sentenze solo quando si identifica con la Sua persona? Oppure esistono e funzionano anche quando le conclusioni a cui conducono non risultano conformi al Suo pensiero?

 

dralig

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per me Giochi Proibiti è un brano bellissimo: il lo suono volentieri e alla gente piace. Se poi qualcuno mi dice che non capisco niente gli rispondo che non capisce niente lui.

 

A costo di incorrere nelle ire dei superintenditori, dirò che io la penso come Regondi. Posso però assicurare che piaceva ascoltarlo a musicisti come Vlad, Gervasio, Porrino, Bucchi , Petrassi e chi più ne ha più ne metta.

Del resto, come definirlo "sgrammaticato"?

 

Scusa Carlo, ma a chi mai è venuto in mente di definire lo Studio di Rubira - poi divenuto noto come "Romance anonimo" e poi ancora come "Jeux Interdits", "Forbidden games", "Giochi proibiti", "sgrammaticato"? Io partecipo da anni alla discussione in corso sul forum spagnolo riguardante l'origine del brano ma, pur avendo letto al riguardo migliaia di messaggi, non mi è mai capitato di sentir dire che è un pezzo scritto male. Tanto che Paco Herrera ha potuto persino ventilare l'ipotesi - documentalmente non sostenibile - che sia opera del gran maestro della grammatica musicale applicata alla chitarra, don Fernando Sor.

 

dralig

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Non voglio sostenere che questi generi accolgano sempre grande arte, vorrei solo rammentare al maestro

Gilardino, nella mia immensa ignoranza, alcuni fenomeni di "musica sgrammaticata", il più famoso di

tutti: "The Beatles". Eppure non avevano studiato composizione.

 

 

Nessuno - tolto Lei - ha definito "sgrammaticata" la musica dei Beatles. Si limitavano a comporre delle melodie di canzoni e ad abbozzare uno schema armonico. Poi, tutto passava nelle mani di fior di arrangiatori, i cui nomi non sono noti, ma che certamente conoscevano molto bene l'armonia e l'orchestrazione. Non posso dire di più, ma l'orchestrazione di "Eleanor Rigby" fu curata da una mano tutt'altro che sgrammaticata...

 

dralig

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poi non interverrò più ma allora ho capito che se un compositore scrive una cosidetta musica "sgrammaticata" va cazziato alla grande, mentre se un esecutore la esegue lo fa come divulgazione. Il contrario no? :D

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per me Giochi Proibiti è un brano bellissimo: il lo suono volentieri e alla gente piace. Se poi qualcuno mi dice che non capisco niente gli rispondo che non capisce niente lui.

 

A costo di incorrere nelle ire dei superintenditori, dirò che io la penso come Regondi. Posso però assicurare che piaceva ascoltarlo a musicisti come Vlad, Gervasio, Porrino, Bucchi , Petrassi e chi più ne ha più ne metta.

Del resto, come definirlo "sgrammaticato"?

 

Scusa Carlo, ma a chi mai è venuto in mente di definire lo Studio di Rubira - poi divenuto noto come "Romance anonimo" e poi ancora come "Jeux Interdits", "Forbidden games", "Giochi proibiti", "sgrammaticato"? Io partecipo da anni alla discussione in corso sul forum spagnolo riguardante l'origine del brano ma, pur avendo letto al riguardo migliaia di messaggi, non mi è mai capitato di sentir dire che è un pezzo scritto male. Tanto che Paco Herrera ha potuto persino ventilare l'ipotesi - documentalmente non sostenibile - che sia opera del gran maestro della grammatica musicale applicata alla chitarra, don Fernando Sor.

 

dralig

 

Meno che mai a me, Angelo. La mia domanda retorica, in appoggio a Regondi, voleva riportare in tema la discussione ed esprimere un parere ritenuto esecrabile da parte di qualche sapientone improvvisato e soprattutto di ... parrucconi rampanti. Mi sembra di capire, del resto, che anche tu sia del medesimo avviso.

La musica dei ragazzi di Liverpool, almeno come noi la conosciamo, è anch'essa di buona "fattura grammaticale "(immaginiamoci un importante discografico dell'epoca quanti musicisti aveva alle dipendenze e quanto influiva l' indubbio talento della stessa band).

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poi non interverrò più ma allora ho capito che se un compositore scrive una cosidetta musica "sgrammaticata" va cazziato alla grande, mentre se un esecutore la esegue lo fa come divulgazione. Il contrario no? :D

 

Io non ho "cazziato" nessuno, semmai qualcosa. Sono due cose diverse.

 

Faccio il musicista, non m'intendo di "dilvulgazione", per questo non sono in grado di valutare gli aspetti non propriamente musicali dell'operazione intrapresa da Giulio Tampalini. Gli ho augurato e gli auguro di conseguire i risultati che si è prefisso perché tendenzialmente mi piace che gli affari del mio prossimo vadano bene. Anche i tuoi, naturalmente.

 

dralig

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Penso che la buona musica sia difficile a definrsi e già il definirla costituirebbe una sua limitazione. La parlola "sgrammaticata", poi, generalizza un'impoostazione a monte che potrebbe essere una causa. Così ,per un cultore della tonalità sarà sgrammaticato un pezzo condotto in atonalità, come un cultore assoluto della forma rileverà della gravi pecche in un pezzo informale e così via. Credo perciò che occorra conosceere la grammatica della musica (ma anche la sua "sintassi") soprattutto per la consapevolezza di quel che si fa.

 

 

Da almeno un secolo il linguaggio musicale - mi riferisco ovviamente soltanto alla musica "colta" occidentale - si è frantumato in tante schegge, al seguito della frammentazione delle culture. La grammatica è stata sostituita dalle grammatiche. Nessun compositore o nessun studioso ha tuttavia mai pensato di valutare la musica scritta all'interno di un certo sistema con la grammatica di un altro. Un docente del tuo conservatorio, Iachino, pubblicò negli anni Cinquanta un manuale per la composizione dodecafonica. Conteneva le regole per maneggiare con cognizione di causa le tecniche del "modo di comporre con dodici suoni". Lo studiai avidamente, perché era la prima opera teorica - scritta in italiano - il cui studio avrebbe permesso di leggere responsabilmente le partiture di Dallapiccola (non poca cosa, per un ragazzo di provincia che stava imparando il mestiere). Notai subito che non appariva, nel trattato, alcun riferimento al sistema tonale. Era considerato storicizzato e acquisito, al pari della sua grammatica. Quando, alcuni anni più tardi, furono pubblicate le "Sechs Musiken" di Hans Erich Apostel, composizione dodecafonica per chitarra scritta da un allievo di Schoenberg, potei analizzarle grazie alla lettura del manuale di Iachino: altrimenti, non ne avrei capito niente. Era quindi ovvio che quell'opera, e più tardi la "Suite fur Gitarre allein" d Ernst Krenek, non potevano - e non dovevano - essere lette alla luce del sistema tonale: sgrammaticato sarebbe stato lo sprovveduto lettore che avesse tentato questa "lettura", non i lavori dei maestri tedeschi.

 

Ogni compositore dotato di talento creativo forgia un proprio stile. Lo stile è la selezione di certe possibilità - di certi gesti, diciamo - tra i molti possibili. Ne consegue una grammatica: è tale in quanto distingue, nel novero del possibile, ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare. Comporre significa mettere insieme, costruire: una nota non è niente, due note sono un rapporto, tre note sono un organismo, una cellula: da lì in poi, o c'è uno stile - e relativa grammatica - o potrà succedere qualunque cosa. Questo intendo per sgrammaticato: l'assenza, in un brano di musica, di una qualsiasi grammatica.

 

 

 

Mai comunque come in questi tempi il "compositore" è stato penalizzato: Siae (o altro) in agguato, imprenditoria settaria o politicizzata (derivante da sovvenzionamenti statali parcellizzati) , grancasse televisive per chi è "nel giro"....Il motto è generalmente quello degli anni Settanta: "bambole, non c'è una lira".

E adesso, pover'uomo?

 

E adesso si campa con quel che c'è. Nel 1947, Castelnuovo-Tedesco rifiutò di tornare in Italia, dove sarebbe stato nominato all'istante direttore di qualsiasi conservatorio a sua scelta, e di assumere il ruolo di patrono della musica conservatrice. Definì la musica italiana "un osso spolpato". Questo non impedì a Ghedini, a Dallapiccola e a Petrassi di scrivere i loro capolavori. Credo che quel che dobbiamo rifiutare sia precisamente il ruolo delle bambole. Se non c'è una lira, ci sostenteremo con i centesimi. Ma dobbiamo scrivere e suonare musica decente: non ci si può tirare indietro.

 

dralig

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Mi fa piacere leggere le parole del maestro Angelo Gilardino (che mi bocciò impietosamente tanti anni a al Concorso di Mondovì... e fece bene....) quando dichiara che Giochi Proibiti è tutt'altro da buttare. Lui che ha scritto brani memorabili per l'intera della storia della chitarra ( e che stupidamente i chitarristi di"grido" Williams, Barrueco, Pierri, Kappel, Bream non suonano forse per....) dimostra quindi che l'imparzialità è ancora un valore. Oggi, a proposito di musica contemporanea, ho ritrovato gli Studi Citarodici" di Oronzo Persano che avevo ricevuto in premio dal compositore al Concorso di Castelfidardo (mi sembra nel 1979). Siccome mi sembra di riscontrare delle similitudini con gli studi del Maestro Gilardino, potrei approfittare per chiedergli se egli ha conosciuto il compositore pugliese, quindi collaborando pur idealmente ad un concetto stilistico oppure mi sto sbagliando per il paragone? grazie

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