salve
vorrei portare una riflessione sul più generico relativismo contemporaneo.
Non voglio assolutamente fare paragoni tra i compositori attuali e quelli del passato, siamo in epoche diverse e la musica stessa ha un ruolo diverso dal punto di vista sociale e culturale. Ma ciò che mi colpisce è sentire giovani musicisti (non mi riferisco alle persone attualmente in discussione) o peggio critici musicali blasonati, osannare fenomeni mediatici spesso passeggeri. Senza togliere merito chiaramente agli artisti in questione, ma quando sento dire di Allevi, musicista valido e persona umile e simpatica, che siamo in presenza del nuovo Mozart o Chopin, mi chiedo se veramente sia tutto al proprio posto. Purtroppo sembra che le persone abbiano perso, o non ne sono mai stati in possesso, del metro per giudicare, nei limiti del possibile, un'opera d'arte. Allora via ai nuovi scrittori di rime baciate che OSANO definirsi poeti, o musicisti che infilano, anche se con maestria, conoscenza tecnica dello strumento ecc, formule musicali collaudate o ricavate dal patrimonio polare, essere definiti GENIALI. Secondo me, senza fare torto a nessuno, dobbiamo recuperare un pò di sano e costruttivo senso critico. Che una composizione per chitarra sia scritta in modo accattivante, strumentalmente e tecnicamente corretta e complessa, in quanto scritta da un profondo conoscitore dello strumento, quindi per dirla in gergo CHE FUNZIONA, non fa della stessa un capolavoro. Io ad esempio, ma è una considerazione tutta mia e provocatoria, trovo la musica di Brower prolissa. Trovo che ha dei momenti ottimi e di gran gusto nei brani di breve durata a carattere popolare, ma quando affronta brani di maggiore durata, secondo me viene a mancare quella genialità nell'elaborazione del materiale tematico, che è la caratteristica di molti grandi compositori (la mggior parte in verità). Quindi apprezzo molto di più Tarrega e LLobbet, nella cui musica si fondone con punte anche ammirabili, cultura popolare, sincera ispirazione, conoscenze musicali e sopratutto conoscenza dei propri limiti compositivi e della natura dello strumento. Non a caso anche importanti compositori del primo novecento che hanno scritto belle pagine per la chitarra, hanno la tendenza a contenere le dimensioni delle loro opere, consci delle possibilità tecniche dello strumento. Questo discorso non deve essere inteso come una sorta di SQUALIFICAZIONE della chitarra, ma va ad aprire la discussione sulla natura profonda ed intrinseca dello strumento, dalla costruzione al repertorio. Avverto un certo senso di rivalsa dei chitarristi nei confrondi delle altre categorie di strumentisti. Un pò a ragione perchè ingiustamente per lungo tempo lo strumento è stato considerato figlio minore, ma non è, secondo me, contraddicendo la sua natura che lo si riabilta (chitarre che suonino sempre più forte, composizioni sempre più lunghe o pretenziose ecc.).
Spero di non aver offeso personalmente, non è mia intenzione.
Saluti a tutti