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Andrea Falesi

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  1. Andrea Falesi

    Ottave alterate

    Una domanda sciocca: le corde sono a posto? Hai provato a cambiarle? non si sa mai...
  2. Mi rendo conto che è una domanda con dei problemi psicotici ma in effetti è proprio così: l'utilizzo dell'errore come tecnica espressiva. Uno "sbagliando" in partitura tipo "friggendo" oppure "sulla barretta" o "suonando male" o "suonando malissimo" o, in alternativa, lasciare la scelta all'interprete.
  3. una domanda un pò strana: siete a conoscenza di un qualche compositore che abbia previsto in partitura l'errore dell'interprete come fenomeno espressivo? Errore che non sarebbe più tale in quanto espressamente richiesto, ma questo è altro discorso. Mai più peperoni la sera... Andrea
  4. L'improvvisazione non deve sostituire la composizione o esserne un'alternativa. Inoltre non tutta l'improvvisazione è lasciata al caso, segue comunque degli schemi precisi; a parte quella definita comunemente "improvvisazione libera", altre forme si sviluppano tenendo conto di progressioni armoniche, scale e modi proprio come la composizione. Una cosa è "il caso" ma nell'ambito di una precisa tecnica che tenga conto di strutture ben precise, un conto è "a casaccio" cioè come-viene-viene. Molti dei testi di Bach che studiamo ancora oggi sono una delle possibili varianti della sua visione e spesso non sono stati neanche redatti da lui stesso. Mi pare semmai che la musica nei modi in cui è scritta oggi lasci pochissimo spazio all'improvvisazione rispetto a quella di 300 anni fa (qui dovremmo sentire i compositori, siamo fortunati possiamo farlo, con Bach è più dura). Che la composizione e l'improvvisazione possano coesistere (magari non simultaneamente) lo dimostra inequivocabilmente la storia della musica.
  5. Su questo sono d'accordo totalmente, come credo anche (basandomi sulle cronache del tempo) che non solo l'interpretazione, ma anche la stessa tecnica esecutiva abbia fatto passi da gigante dai bei vecchi tempi andati. Il livello professionale si è alzato molto ed è normale che qualcosa si sia dovuto "sacrificare". Rimango però del parere che alcuni (pochi, molti, moltissimi?) interpreti anche non professionisti, nelle loro camerette si trincerino dietro una partitura e a lei si affidino in e per tutto rinunciando all'estro e all'invenzione tipici dell'improvvisazione che fanno parte anch'essi della tradizione musicale occidentale. Ma di certo questa non è una limitazione se loro non la considerano tale. Va da sé che il professionista che è riuscito a raggiungere capacità interpretative elevatissime non si preoccupi di improvvisare o meno; semplicemente ha già tutto quello di cui ha bisogno. Il discorso semmai vale per i "comuni mortali". Accompagnare è un termine bellissimo in molte accezioni al di fuori del musicale; in musica piace meno, specialmente ai solisti in quanto sembra porli in secondo piano. Come tutte le cose va saputo fare e farlo al meglio non è semplice. Lo sanno bene alcuni pianisti. E lo sanno bene molti diplomati che per sbarcare il lunario la sera suonano il liscio.
  6. Non intervengo sull'argomento dignità delle varie "musiche" (posso solo dire che esistono brani bene o malamente composti in qualsiasi ambito, sia classico o leggero) ma solo per ricordare che molti grandi musicisti e interpreti del passato (penso a Beethoven, Mozart per fare un esempio banalissimo) erano famosi e apprezzatissimi quasi più per le loro improvvisazioni (spesso si allestivano veri e propri duelli di virtuosismo) che non per le loro composizioni, in special modo di musica da camera che non veniva eseguita quasi mai in pubblico. Questa capacità e soprattutto questo valore si è progressivamente perduto (divenendo terreno fertile per altre tipologie di musicisti, jazzisti in primis) in rapporto proporzionale al numero di interpreti. Ci sono oggi un numero elevatissimo di diplomati, e non parlo di chitarristi ma più in generale, che hanno come obiettivo quello di "interpretare" un brano che nel 99 per cento dei casi è stato scritto da altri e molto spesso in un periodo storico lontano. Questa ricerca dell'interpretazione (difficilissima e sacrosanta) dal secolo scorso in poi ha totalizzato le attenzioni dell'esecutore togliendo spazio all'improvvisazione (e purtroppo a mio modo di vedere anche limitandone l'orizzonte, ma del resto quante cose si può riuscire a fare realmente bene e approfonditamente?) e creando le convinzioni (e convenzioni) odierne per cui improvvisare su un brano di Bach oggi è una bestemmia mentre ai suoi tempi era più che normale. E di rimando, eseguire un brano di musica coeva ai tempi di Beethoven era la regola oggi (nell'ambito così detto classico) è l'eccezione. Abbiamo perso di vista qualcosa?
  7. Ecco questo è un punto centrale nel mio dimenarmi alla ricerca del "senso" che certe composizioni hanno. Il mio comporre (uso questo termine nella sola accezione di "mettere insieme" perché risulterebbe eccessivo in qualsiasi altro) è proprio frutto della più bieca invenzione melodica o ritmica (spesso in egual misura) e si piega a questa sola esigenza invece di seguire un bisogno diverso. Io parto con uno stato d'animo e cerco di materializzarlo e trasportarlo nella musica. Non una musica prettamente descrittiva o perlomeno vorrei evitare che lo fosse, ma sento la pochezza del costrutto e il bisogno allora diviene di progredire verso altro. Quasi tutti quelli che hanno ascoltato musiche da me composte hanno espresso lo stesso implacabile giudizio, che per me suona (è il caso di dirlo) come un fallimento completo e inappellabile: sembra la musica di un film. Ditemi, c'è forse di peggio? Questa esigenza che spinge a scegliere una nota invece di un'altra come si può carpire? Se è perciò illusorio tentare di iscriverli in un periodo "X" per comprenderne le motivazioni e le scelte estetico/formali, dovrò iniziare con lo studiare le biografie dei singoli compositori? Bene, un lavoraccio dunque. Oppure?
  8. Il tuo consiglio è di passare da un mondo bidimensionale a uno a tre dimensioni? Lasciare il modale e aprire il più possibile la mente fino ad arrivare a comprendere (cioè "capire" e "includere") il maggior numero di lati/note (l'atonale)? molto volentieri, ma come?
  9. Questo può darsi, basta che tu non intenda come approccio emotivo, quello genericamente inteso del romanticismo che detesto (con misurate e notevoli eccezioni). Più che emotivo, potrei definirlo "umorale". Cosa si contrappone nel tuo validissimo ragionamento alla percezione emotiva?
  10. Semmai Ravel no, Bartok sì... specie i quartetti. Non c'è bisogno di andare indietro di cento anni: lo scoglio contro cui ho cozzato si chiama MaMaMa (Malipiero, Maderna , Manzoni) BeBoBu (Berio, Boulez, Bussotti), e NoNo (lui da solo). Ma anche Petrassi che è molto apprezzato per me è ostico. Come è ostica tutta la musica comunemente definita atonale, pantonale, dodecafonica, cromatica... Delle ultimissime tendenze so poco o nulla essendomi, dopo la cozzata, rifugiato nel passato tranquillizzante dei Wagner e degni predecessori. Ma il mio è un problema che ricorre anche con altre forme d'arte contemporanee (nel senso di odierne, attuali). Il mio è essenzialmente un approccio estetico, quindi è proprio l'approccio che devo cambiare per poter apprezzare certe opere (e non è detto che ci riesca comunque). Quindi chiedevo a chi di voi ha studiato, conservatorio o meno, e ha già fatto questo percorso, di consigliarmi una via da percorrere per comprendere la musica di oggi e capire le esigenze artistiche che hanno portato a crearla. E' una domanda cretina e lo so da me, ma posso continuare a ignorare il problema e cambiare frequenza quando incappo in qualche composizione contemporanea e continuare ad ascoltare il Tristano, o cercare di comprendere quello che voi avete compreso. Spero che da quaggiù le mie richieste riescano ad arrivare fino a voi. Grazie Andrea Se ascolta senza problemi i quartetti di Bartok, non ha limiti di comprensione nei riguardi di nessuna opera del Novecento, e può tranquillamente considerare il Suo rifiuto della musica che non Le va a genio come la manifestazione di un Suo modo di essere. Non c'è nulla di male nel non amare determinati autori, stili, linguaggi, quando si è oltre la soglia della comprensione di quel che dicono. L'unica cosa che mi sembra un po' incongrua in quel che scrive è l'accostamento di Malipiero a Maderna e a Manzoni. Malipiero è un classico della generazione dell'Ottanta, ha scritto musica tutto sommato allineata alla tradizione - principalmente modale - e aveva la musica dodecafonica in gran dispitto. Sarebbe come dire che non le vanno giù Le Marteau sans Maitre le Fontane di Roma. dralig La passione per i quartetti di Bartok (facilitata dall'amore cieco se non sordo per tale formazione per la quale mi illudo di aver scritto anche un quartetto in un movimento) mi è stata trasmessa, inculcata forse potrei dire, dall'allora mio maestro di composizione che adorava queste opere ed è riuscito a trasmettermi parte del suo amore. Ma quello che amo di più in Bartok e quello che ho amato di più anche in Stravinsky (prima di abbandonarlo completamente in una notte senza luna) è l'uso del ritmo e la sua profonda radice popolare. Visto che l'amore per Bartok mi è stato "tramandato" ritenevo che la stessa cosa fosse possibile anche con un repertorio più esteso, dove quello che mi manca è proprio una chiave di lettura, dovuta interamente alla mia ignoranza (colpevole in quanto non ho avuto la pazienza di approfondire, spaventato dalla mancanza di riferimenti ritmici o melodici forse). In breve, certa musica non riesco proprio a capirla, e in questo sono ben oltre "la soglia della comprensione". Malipiero è stato una vittima innocente del mio (stupido) giochino MaMaMa ciccì coccò. Anzi i suoi quartetti sono notevolissimi e Lei ha ragione nel farlo notare. Boulez e Respighi però, per motivi senz'altro diversi, mi sono entrambi distanti. Grazie per ogni possibile aiuto Andrea
  11. Semmai Ravel no, Bartok sì... specie i quartetti. Non c'è bisogno di andare indietro di cento anni: lo scoglio contro cui ho cozzato si chiama MaMaMa (Malipiero, Maderna , Manzoni) BeBoBu (Berio, Boulez, Bussotti), e NoNo (lui da solo). Ma anche Petrassi che è molto apprezzato per me è ostico. Come è ostica tutta la musica comunemente definita atonale, pantonale, dodecafonica, cromatica... Delle ultimissime tendenze so poco o nulla essendomi, dopo la cozzata, rifugiato nel passato tranquillizzante dei Wagner e degni predecessori. Ma il mio è un problema che ricorre anche con altre forme d'arte contemporanee (nel senso di odierne, attuali). Il mio è essenzialmente un approccio estetico, quindi è proprio l'approccio che devo cambiare per poter apprezzare certe opere (e non è detto che ci riesca comunque). Quindi chiedevo a chi di voi ha studiato, conservatorio o meno, e ha già fatto questo percorso, di consigliarmi una via da percorrere per comprendere la musica di oggi e capire le esigenze artistiche che hanno portato a crearla. E' una domanda cretina e lo so da me, ma posso continuare a ignorare il problema e cambiare frequenza quando incappo in qualche composizione contemporanea e continuare ad ascoltare il Tristano, o cercare di comprendere quello che voi avete compreso. Spero che da quaggiù le mie richieste riescano ad arrivare fino a voi. Grazie Andrea
  12. Ecco una vera domanda da principianti! Spesso quando ascolto composizioni di musica contemporanea (di chitarra o meno) la prima reazione è "non mi piace". Ma di certo non si può limitarsi al semplice giudizio estetico. Le mie poche conoscenze di composizione e la mia cultura musicale orientata quasi totalmente alla musica tonale con rari sconfinamenti nell'atonalità non mi permettono di riuscire a cogliere quello che molti interpreti e appassionati invece apprezzano e amano in queste composizioni. Vi chiedo perciò di illustrarmi un percorso che mi porti a comprendere le ragioni del comporre moderno/contemporaneo, un vero "abbecedario per dummies". Esistono delle pubblicazioni in tal senso? Grazie per la vostra pazienza Andrea
  13. Le meccaniche sono delle Rubner di fascia alta, con la caratteristica di avere le chiavette in... avorio di mammuth (sic) che non contribuiscono a tenere accordata la chitarra, ma sono una nota di colore. Più difficile, per me, capirne lo stato di efficienza. Cosa devo guardare esattamente?* Grazie Andrea * (questa domanda partecipa al concorso: "Fai anche tu una domanda stupida!"; primo premio: un mammuth sdentato)
  14. E come fa a mantenere l'accordatura? A me continuano a scordarsi per giorni, nonostante mi applichi con devozione e determinazione allo stretching... (si scriverà così? non lo so ma fa più cosmopolìta) delle corde, ovviamente. Andrea
  15. molto in entrambi i casi ciao e benvenuta. Andrea
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