Mi pare allora evidente che Segovia sia riuscito a condensare in una frase anche il "lato oscuro" della propria forza
La visione realistica di cui parli non fu mai di tale profondità estetica da indirizzare (proprio in quanto "buon esecutore" tra gli esecutori) verso la chitarra alcuni dei grandi compositori che in quel periodo stavano rivoluzionando il pensiero musicale ed egli preferì affidare la propria arte (il pregio di Segovia esecutore) al servizio di musica, come dire, inconsistente dal punto di vista storico.
Sapeva di condurre una battaglia, più che estetica, ideologica e questa mi pare sia una constatazione che con il passare degli anni si fa sempre più evidente.
Non ho sotto lo spartito ma mi sembra che Segovia, nella prefazione, elogiasse gli studi di Sor sostenendo che, oltre che utili, sono anche belli (ed io non posso che dargli ragione, almeno per alcuni).
In quanto al rendere bello ciò che è brutto (ed io non userei con tanta leggerezza la parola brutto) citerei un episodio di qualche anno fa. Assieme ad alcuni amici fra cui due violinisti, andiamo a sentire Accardo (che suonava Paganini). I due violinisti: occhi spalancati, bocca aperta, estatici (mancavano solamente la lingua a spenzoloni ed un filo di bava per completare il quadro). I non violinisti (chi pianista, chi chitarrista), mediamente, annoiati. (E non venitemi a dire che per chi non ammira il gesto tecnico paganini non è una palla mortale, indipendentemente da chi lo suona).
Un paio d'anni fa, a Bologna, concerto di musica da camera con una formazione francese + Mario Brunello al violoncello. Brunello riesce a farmi piacere persino Mozart (che io in generale non amo ma che, devo ammettere, non è brutto). Poi il Bis, in onore della formazione da camera. Brunello attacca un pezzo di non so quale compositore napoletano di una difficoltà tecnica (evidente anche per chi, come me, non suona il violoncello) estrema. Il violoncellista della formazione, al suo fianco, lo guarda letteralmente a bocca aperta. Il brano, però, malgrado la difficoltà tecnica, era bellissimo e Brunello era in grado di fare musica trascendendo dalla difficoltà. Sicuramente, però, un altro interprete (non dimentichiamoci che Mario Brunello è considerato forse il miglior violoncellista vivente) non sarebbe riuscito a trascendere dalla difficoltà tecnica, ed allora la musica non sarebbe uscita. Tutto sarebbe rimasto solo una sequenza di difficilissimi bicordi e tricordi, ed il pubblico sarebbe uscito da lì convinto di aver sentito "musica brutta".
Concludendo, mi sembra che non basti un buon interprete per far diventare bella della musica che non lo è, mentre mi sembra che basti un cattivo interprete (o un interprete non in grado tecnicamente di suonare quel brano con facilità) per far sembrare brutta della musica che, in realtà, brutta non è.
Se i chitarristi scegliessero brani che, oltre ad essere belli e comprensibili ad un pubblico normale, evitassero tutti quei brani che, salvo essere dei mostri di tecnica, non possono essere suonati lasciando che la musica esca, forse, nessuno parlerebbe più di musica brutta. Se, nella ricerca del nuovo e del diverso, ci si lancia verso brani che sono rimasti non suonati, ci si dovrebbe domandare perchè siano rimasti non suonati. Forse sono troppo difficili per il pubblico (che di norma non è composto da musicisti e, spesso, è composto da ignoranti, ovviamente nel senso buono del termina), o magari più semplicemente non sono belli.
Ciao, Paolo.