Luca P Inviato 29 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 4 Content Count: 59 Reputation: 4 Joined: 19/11/2008 Status: Offline Inviato 29 Maggio 2010 Dal mio punto di vista suggerire una esecuzione in pubblico ad un interprete non pronto per farlo è un grosso e grossolano errore e non fa altro che allontanare dalla possibilità di trarre piacere dall'esibirsi. Vorrei ricordare che il soggetto della questione era un diplomando. Si presuppone quindi che la preparazione (tecnica e musicale, si intende) già ci fosse. Si presuppone che in una situazione per lui tranquilla non ci fossero problemi. In pratica che non avesse impedimenti meccanici, ma solo psicologici. Quindi, visto che invece Lei non si infervora mai, potrebbe suggerirmi come trattare un musicista che ha il solo problema di essere troppo emotivo (in senso negativo)? Dalla sicurezza con cui scrive pare che abbia le risposte allora penso sia saggio da parte sua condividerle. Lei consiglierebbe ad un bravo musicista di rimanersene a casa solo perché ha la pecca di non sapersi controllare in pubblico? Mentra magari privilegerebbe colui che ha semplicemente nervi d'acciaio e null'altro? Non lo so, sto chiedendo. Lei è anche un didatta: come pensa di aiutare una persona che ha i problemi ormai arcidescritti? Secondo lei non esiste un modo concreto per superarli che non sia sedersi e aspettare (come da lei affermato nel suo esordio)? Aspettare cosa? la visione di padre pio? non mi pare che lei fosse credente e neppure io lo sono, quindi a lei la risposta. Io a darne una un po' più articolata ci ho provato. Non va bene? Allora ci provi lei. Dia il suo contributo. Non glielo chiedo con spocchia, sono realmente interessato alla risposta, davvero. E, se non intende alimentare battibecchi, potrebbe anche evitarsi affermazioni del tipo "ah, quello che fa affermazioni perentorie sono io ma guarda lì: le fai pure tu". Spesso (non in questo caso) sono d'accordo con le sue argomentazioni. Ma il "modo di proporsi", talvolta, non è dei più morbidi. Alchè arriva la solita giustificazione in cui Lei si erge in veste di paladino di "quelli che dicono le cose come le pensano". Ottimo, condivido. Ma allora non si senta subito piccato se qualcuno le fa notare che si possono dire (scrivere) le stesse cose anche con toni meno perentori/assolutistici. Se si ha quest'ansia di suonare in pubblico la cosa migliore da fare - [highlight=yellow]l'unica[/highlight] - è quella di non suonare in pubblico e aspettare che i tempi per farlo siano maturi. Ma lasciamo perdere tutto questo. Attendo davvero la risposta al quesito posto in alto. Perché penso sia utile a qualsiasi didatta, presente e futuro. Grazie
Angelo Gilardino Inviato 29 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 29 Maggio 2010 Nulla si compie scrivendo un brano musicale Nulla si compie ascoltando un brano musicale Nulla si compie suonando un brano musicale John Cage - Silence Occorrerà cambiar mestiere, Roberto. Che dici? La visione di John Cage è profondamente - e mirabilmente - influenzata dalla filosofia zen. Ricordo la frase con la quale il compositore americano esordì nella sua prima lezione ai Ferienkurse di Darmstadt, dove vigeva il dogma strutturalista (immaginiamo la reazione dei chierichetti stockhauseniani): "La musica è una successione di suoni e di silenzi, ad esempio il fruscio del vento tra le foglie degli alberi". In altre parole, un'esortazione a diventare attenti e sensibili alla bellezza del mondo, abbandonando le smanie di dominio e di imposizione dell'intelletto umano. La sua opera riflette fedelmente questo recupero dell'innocenza di fronte allo spettacolo del mondo. Tradotto in termini didattici: la musica esiste comunque, che voi siate capaci di riconoscerla in ciò che vi circonda o che siate sordi; se componete, se suonate, non crediate di inventare nulla, state semplicemente captando la sovrana e misteriosa bellezza dell'esistente, e quelli che ne date sono solo dei riflessi: è sciocco e meschino impiantare su questa realtà la pretesa dell'io; se ascoltate, cercate di mettere da parte le vostre aspettative e le vostre esigenze, siate acuti, perspicui, liberi, aperti, e valorizzate tutto ciò che il suono porta con sé, inclusa la profonda tensione del silenzio. Di sicuro, chi perviene a tale conoscenza non sa che cosa sia il panico, l'ansia, le smanie da palcoscenico. La sua lezione è altissima, e io mi inchino dinanzi a tanta maestria. Come diceva Krishnamurti, non serve a nulla eccellere in qualcosa e comportarsi da stupidi in ogni altro campo: occorre essere sapienti in tutta la sfera dell'esistenza. dralig dralig
Lulù Inviato 29 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 7 Content Count: 45 Reputation: 0 Joined: 07/05/2010 Status: Offline Inviato 29 Maggio 2010 Nulla si compie scrivendo un brano musicale Nulla si compie ascoltando un brano musicale Nulla si compie suonando un brano musicale John Cage - Silence Occorrerà cambiar mestiere, Roberto. Che dici? La visione di John Cage è profondamente - e mirabilmente - influenzata dalla filosofia zen. Ricordo la frase con la quale il compositore americano esordì nella sua prima lezione ai Ferienkurse di Darmstadt, dove vigeva il dogma strutturalista (immaginiamo la reazione dei chierichetti stockhauseniani): "La musica è una successione di suoni e di silenzi, ad esempio il fruscio del vento tra le foglie degli alberi". In altre parole, un'esortazione a diventare attenti e sensibili alla bellezza del mondo, abbandonando le smanie di dominio e di imposizione dell'intelletto umano. La sua opera riflette fedelmente questo recupero dell'innocenza di fronte allo spettacolo del mondo. Tradotto in termini didattici: la musica esiste comunque, che voi siate capaci di riconoscerla in ciò che vi circonda o che siate sordi; se componete, se suonate, non crediate di inventare nulla, state semplicemente captando la sovrana e misteriosa bellezza dell'esistente, e quelli che ne date sono solo dei riflessi: è sciocco e meschino impiantare su questa realtà la pretesa dell'io; se ascoltate, cercate di mettere da parte le vostre aspettative e le vostre esigenze, siate acuti, perspicui, liberi, aperti, e valorizzate tutto ciò che il suono porta con sé, inclusa la profonda tensione del silenzio. Di sicuro, chi perviene a tale conoscenza non sa che cosa sia il panico, l'ansia, le smanie da palcoscenico. La sua lezione è altissima, e io mi inchino dinanzi a tanta maestria. Come diceva Krishnamurti, non serve a nulla eccellere in qualcosa e comportarsi da stupidi in ogni altro campo: occorre essere sapienti in tutta la sfera dell'esistenza. dralig dralig Questo mi piace tanto
Cristiano Porqueddu Inviato 30 Maggio 2010 Group: Ammministratori Topic Count: 865 Content Count: 3653 Reputation: 227 Joined: 14/11/2005 Status: Offline Device: Windows Inviato 30 Maggio 2010 Vorrei ricordare che il soggetto della questione era un diplomando. Ed io vorrei ricordare che il soggetto del mio post non era un diplomando ma un interprete che trema sul palcoscenico. Si presuppone quindi che la preparazione (tecnica e musicale, si intende) già ci fosse. Si presuppone che in una situazione per lui tranquilla Una serie di presupposizioni che in pratica non trovano riscontro visto che, da quel che si evince dal post originario, l'interprete trema. Quindi, visto che invece Lei non si infervora mai Beh, adesso non esageriamo. potrebbe suggerirmi come trattare un musicista che ha il solo problema di essere troppo emotivo (in senso negativo)? Dalla sicurezza con cui scrive pare che abbia le risposte allora penso sia saggio da parte sua condividerle. Risposte? Ma no. Ho un mucchio di domande, semmai. Più di quante possa immaginare. E visto l'atteggiamento credo che lei, tutto sommato, non abbia alcuna voglia di ricevere suggerimenti. Tuttavia, la mia versione (che scaturisce dalla mia personale esperienza che non è dipinta in un quadretto dai toni pastello dove le cose filano lisce e hanno un lieto fine) è questa: l'emotività - termine in questa discussione usato con accezione negativa in riferimento al tremore delle mani, al battito cardiaco più frequente e alla respirazione alta ma che a mio modo di vedere è il fondamento stesso dell'interpretazione - è sovente conseguenza di inesperienza e impreparazione (includendo in questa metodo di studio precario o inesistente, approccio superficiale e via discorrendo). Non ho mai incontrato un interprete preparato (del primo anno, diplomando o concertista in attività) che al momento della sua esibizione tremasse; invece, ho notato quest'ansia prima di esecuzioni di programmi costruiti superficialmente, privi di basi tecnico-meccaniche, ricchi di inutili e plateali gesti, farciti da facce sofferenti. Lei consiglierebbe ad un bravo musicista di rimanersene a casa solo perché ha la pecca di non sapersi controllare in pubblico? Mentra magari privilegerebbe colui che ha semplicemente nervi d'acciaio e null'altro? Ecco. E' questo genere di atteggiamento a cui mi riferisco: lei non ha intenzione di ascoltare (leggere, nel nostro caso) ma solo di catturare alcuni concetti, decontestualizzarli e manipolarli a suo uso e consumo. Ma in certi ambienti non funziona, sa? Non ho mai detto una idiozia simile. L'utente Lulù, dalla sua giovane età, ha dato una visione matura del modo di agire (rilegga i post di questo thread) non in base a quello che si vorrebbe fare ma a quello che si sa fare. Il mio consiglio sarebbe quello di costruire nel rispetto dei propri tempi fisiologici l'esecuzione, perfezionarla e renderla sicura: terminata la fase di memorizzazione (gomiti sul tavolo, testa tra le mani, pagina di musica e niente chitarra) farei effettuare un determinato numero di prove davanti al solo docente oppure davanti a un microfono oppure ancora (meglio) davanti alla videocamera. Prendere nota di ciò che accade riascoltandosi. Perfezionare, limare e correggere. Raggiunta la sicurezza nell'esecuzione tentare una prova in ambiti familiari o amichevoli dunque (e solo se le cose vanno come devono andare) prova in pubblico. Continua a non sembrarmi affatto 'spaventoso'. Lei è anche un didatta: come pensa di aiutare una persona che ha i problemi ormai arcidescritti? Liberandolo da labirinti mentali propri di chi cerca scuse per non avere studiato abbastanza, nei modi corretti o con (ahimé) insegnanti non validi. Secondo lei non esiste un modo concreto per superarli che non sia sedersi e aspettare (come da lei affermato nel suo esordio)? Il modo concreto è tenere il proprio fondoschiena sulla sedia e passare giornate, settimane e mesi lavorando seriamente. Prima si fa pace con questo concetto e prima ci si renderà conto che l'esecuzione in pubblico non è altro che una faccenda secondaria, importante, sì, ma dove non si fa altro che esteriorizzare il frutto della propria ricerca. Io a darne una un po' più articolata ci ho provato. Mi perdoni: dove? Ma il "modo di proporsi", talvolta, non è dei più morbidi. Alchè arriva la solita giustificazione in cui Lei si erge in veste di paladino Lei ha una fantasia invidiabile ma nonostante i voli pindarici di parole e i tentativi di spostare l'attenzione su altri argomenti ciò che avverto è un tentativo di appiattimento dei pareri: tutti d'accordo, tutti felici e contenti e pacche sulle spalle. No, guardi, preferirei piuttosto dedicarmi a cose più interessanti. Io accetto che lei abbia il suo parere in merito ma lei non si fa una ragione che io ne abbia un altro che, descritto con toni che non le aggradano (me ne dispiaccio ma non posso farci nulla. Conosce la storia della rana e dello scorpione?), le appare come 'perentorio' solo perché, mi sembra di capire, ho per quello che mi riguarda le idee più chiare delle sue in merito. Se si ha quest'ansia di suonare in pubblico la cosa migliore da fare - [highlight=yellow]l'unica[/highlight] - è quella di non suonare in pubblico e aspettare che i tempi per farlo siano maturi. Sì. Aspettare che i tempi siano maturi. Cosa la conturba di questa affermazione?
Giorgio Signorile Inviato 30 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 70 Content Count: 612 Reputation: 41 Joined: 10/02/2007 Status: Offline Device: Macintosh Autore Inviato 30 Maggio 2010 Bene, da tutto ciò che ho letto vedo che non avete mai avuto contatti ne diretti nè indiretti con betab o sostanze analoghe. Il mio post non voleva sollevare polemiche sul senso ultimo dell'interpretazione strumentale ecc desideravo solo confrontarmi con colleghi che potevano essere incappati in situazioni simili. So che la cosa è delicata e se ne parla poco ufficialmente ma molto in contesti più ristretti. Vedrò di confrontarmi innanzitutto con l'alunno in questione e nel caso vi farò sapere com'è finita l'esperienza, ciao!
Cristiano Porqueddu Inviato 30 Maggio 2010 Group: Ammministratori Topic Count: 865 Content Count: 3653 Reputation: 227 Joined: 14/11/2005 Status: Offline Device: Windows Inviato 30 Maggio 2010 Vero, Giorgio, ma hai stuzzicato un argomento di interesse. Ti ringrazio per questo.
Giorgio Signorile Inviato 30 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 70 Content Count: 612 Reputation: 41 Joined: 10/02/2007 Status: Offline Device: Macintosh Autore Inviato 30 Maggio 2010
Lulù Inviato 30 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 7 Content Count: 45 Reputation: 0 Joined: 07/05/2010 Status: Offline Inviato 30 Maggio 2010 Il modo concreto è tenere il proprio fondoschiena sulla sedia e passare giornate, settimane e mesi lavorando seriamente. Prima si fa pace con questo concetto e prima ci si renderà conto che l'esecuzione in pubblico non è altro che una faccenda secondaria, importante, sì, ma dove non si fa altro che esteriorizzare il frutto della propria ricerca. guarda,Cristiano, magari l'hai scritto di getto,sembra una cosa scontata ma ,almeno per me è profonda. Ti ringrazio,cavolo,mi si è aperta un'altra porta nel cervellino! se vado avanti a leggervi e a studiare va a finire che divento quasi un genio!!!! Per il resto mi sembri parecchio...non mi viene il termine giusto,diciamo ..severo? ...austero? Fai l'interprete,spero che interpreterai nel modo giusto! ciaoo
Luca P Inviato 31 Maggio 2010 Group: Membri Topic Count: 4 Content Count: 59 Reputation: 4 Joined: 19/11/2008 Status: Offline Inviato 31 Maggio 2010 quanto detto Bene. Il messaggio fondante dei suoi discorsi è quindi (mi corregga se non ho capito) che se alla base di un'interpretazione pubblica c'è una solida e consapevole preparazione musicale e tecnica, l'ansia e i suoi sintomi sono inconcepibili. Io invece non penso che questi siano gli unici elementi che possano far/non far scaturire ansie. Penso che le variabili che possono far scaturire ansie in un individuo siano così innumerevoli e soggettive, che ridurle al "ha studiato/non ha studiato" sia riduttivo. E, come mi ha chiesto, le dico perché la sua opinione mi ha spaventato: perché penso (opinione personale, sottolineo) che un didatta debba vedere i propri allievi innanzi tutto come persone. Persone che non vivono di sola musica, che vivono nel mondo reale, nel mondo di oggi, in un contesto (sociale, culturale, ambientale ecc.), in una famiglia, in un sistema di valori (giusti o sbagliati che siano) e la cui quiete possa essere turbata da infinite variabili che di certo non si riducono all'aver studiato in maniera corretta o no. Specie poi se sono adolescenti (un adulto si presuppone abbia maggior controllo delle sue reazioni o, quantomento, ci prova). Penso che approciandosi ai propri allievi non solo come se fossero semplici "esseri studianti", ma come esseri umani, ci si potrebbe rendere conto che la loro insicurezza potrebbe non dipendere necessariamente dal tipo di studio, ma da aspetti nascosti nell'individuo che possono emergere solo con un rapporto più profondo. Penso che etichettare con "studia/non studia" sia estremamente superficiale.
Ospite Nicola Mazzon Inviato 31 Maggio 2010 Inviato 31 Maggio 2010 Mi è capitato di vedere in alcuni allievi una tremenda sicurezza e poi...al primo errorino il terrore cominciava a dilagare nella loro persona... Io condivido il pensiero di Cristiano, però, come dice giustamente Luca P ci sono altri fattori che entrano in gioco...se si parla di adolescenti va bene che tremino e va bene che sbaglino, gli fa solo bene in questo caso e non occorre nemmeno avere la minima preoccupazione (a meno che non si piantino li impalati con gli occhi sbarrati), se sono adulti e magari in carriera forse occorrerebbero delle analisi più profonde.. Il primo fattore anche secondo me è la sicurezza che può mancare a causa dello studio poco proficuo, basti pensare ad una semplice sessione di studio: quando si mette lo strumento in custodia, il nostro umore è ungiudice imparziale... se lo studio è andato bene ci si sente soddisfatti.. è un buon segno, se si ha solamente strimpellato non ci si sente molto con la coscienza apposto no? Se l'uso di farmaci aiuta l'interprete, e poi suona da dio... lo applaudiremo
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