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Fantasia-Sonata Op. A=22, Joan Manén


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Non tutto quello che scrive un compositore non chitarrista è eseguibile, quindi si revisiona.

Se quello che ha scritto è eseguibile bisogna suonarlo nota per nota.

 

Segovia ha fatto delle scelte che solo oggi risultano discutibili.

Certamente bisogna conoscere l'originale dell'opera di Manen e scegliere attraverso serie motivazioni, quale versione eseguire.

Oggi non basta più dire "perchè lo faceva Segovia" sarebbe allora meglio suonare la versione originale, almeno abbiamo la certezza che esprime il pensiero di Manen.

 

Per il M° Gilardino.

Sarei curioso di sapere quali sono i principi estetici ed i criteri che Segovia utilizzava nelle sue revisioni.

Grazie della risposta.

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Certamente io non lo penso; nel bellissimo libro di lettere di Segovia a Ponce emerge anche il grande affetto e rispetto di Segovia verso l'amico Ponce, che lui aiutava anche economicamente con grande generosità e sensibilità (ad un certo punto gli scrive qualcosa del tipo: tu sei per me un familiare, e tra familiari ci si aiuta; se hai bisogno di aiuto economico e non me lo dici mi arrabbio).

 

Riguardo ai cambiamenti operati da Segovia sui pezzi scritti per lui ci sono molti fattori che si intrecciano e dei quali bisognerebbe tenere conto: dal fatto che fino ad una certa epoca non era considerato assolutamente disdicevole che l'interprete operasse qualche cambiamento rispetto al testo (nella tradizione operistica questo è tuttora ampiamente in vigore, ed un amico violinista mi ha meravigliato poco fa dicendomi come in una Sonata di un famoso autore moderno è tuttora consuetudine dei violinisti "tagliare" una parte ritenuta prolissa), alla relazione particolarissima che si creava tra Segovia ed i compositori non chitarristi che scrivevano per lui (e che, non va dimenticato, firmavano poi un contratto editoriale per la pubblicazione dei loro pezzi rivisti da Segovia, pezzi che a volte non finivano neanche nel Gitarre Archiv della Schott ma venivano pubblicati dall'editore del compositore - come i pezzi di Castelnuovo - Tedesco pubblicati da Ricordi - e mai mi risulta che abbiano impugnato tali contratti); al fatto normalissimo che un compositore può anche nel tempo cambiare idea, anche più volte ed anche parlandone con l'interprete che ha dato vita concertistica ai suoi pezzi - non necessariamente ogni volta lasciando tracce scritte di questi cambiamenti. A questo proposito cito solo un fatto (ma ne potrei citare tanti) che mi riguarda personalmente.

Qualche anno fa ricevetti un manoscritto di undici pagine di un pezzo da me "commissionato" ad un amico compositore non chitarrista: si trattava di un pezzo che dovevo eseguire in un particolare contesto per cui la durata del brano ricevuto, per quella occasione, mi pareva eccessiva. Chiesi con una certa apprensione al compositore se l'esecuzione del pezzo poteva fermarsi ad un certo punto (verso la metà del manoscritto), che mi pareva adatto. Il compositore mi rispose che non solo questo era possibile, ma che proprio quello era l'originale finale del pezzo, al quale poi, temendo che fosse troppo breve, aveva collegato la seconda parte. Ho poi suonato diverse volte il pezzo in questa versione breve, pensando che prima o poi avrei dovuto farlo anche in quella lunga e "completa". Quando poi è arrivato il momento di pubblicare il pezzo pensavo che il compositore avrebbe voluto che si pubblicasse il manoscritto intero di undici pagine ma la sua indicazione è stata: no, pubblichiamo il pezzo nella forma breve, perché ormai la sua storia concertistica è in questa forma.

 

E così è stato. Ora, siccome di tutto questo che ho raccontato non esiste traccia nel manoscritto originale in mio possesso (anzi, il segno di "fermarsi qui" è scritto con la mia calligrafia), se tra un tot di anni questo manoscritto di undici pagine venisse scoperto e pubblicato sarebbe indubbiamente una cosa interessante, ma non rispetterebbe nè il "vero" pensiero musicale dell'autore, né, tantomeno, la sua volontà - almeno fino ad oggi.

Ma tra cento anni chi lo saprebbe? Potrei benissimo essere accusato di interventi indebiti, di aver addirittura amputato metà del pezzo!

E la mia ormai abbastanza lunga vita di interprete è piena di questi esempi legati alla collaborazione con i compositori.

 

E' vero anche che, in qualche caso che pure ho visto, maldestri interventi editoriali di persone incompetenti hanno un po' rovinato testi che non necessitavano di essere cambiati in quel modo. Mi sembra che la soluzione vada cercata caso per caso con buon senso e buon gusto; certo avere più elementi può aiutare (ma potrebbe anche confondere, come nel caso personale che citavo); nel caso di revisioni segoviane di pezzi scritti per lui e pubblicati con il consenso scritto dei rispettivi autori espresso in un contratto editoriale mi pare che ci siano almeno gli elementi di legittimità che permettono di potere continuare ad attenersi, volendo, anche a quelle edizioni, autorizzate dagli autori fino a prova contraria ed ormai entrate nella storia della interpretazione chitarristica (l'argomento della "storia interpretativa", tirato in ballo dal mio amico compositore nell'esempio citato sopra, mi pare che possa avere una sua legittimità soprattutto in pezzi che vengono suonati ormai da un secolo). Senza nulla togliere alla libera ricerca e senza chiudersi rispetto ai risultati inaspettati che può portare.

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Per il M° Gilardino.

Sarei curioso di sapere quali sono i principi estetici ed i criteri che Segovia utilizzava nelle sue revisioni.

Grazie della risposta.

 

 

Questo è argomento per un saggio di una cinquantina di pagine con molti esempi musicali. Davvero non saprei come trattarlo seriamente in un messaggio destinato ai lettori di un forum-

 

dralig

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Ringrazio il M° Bonaguri della risposta.

Sarebbe davvero interessante il saggio.

Grazie

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