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Mi chiedevo fino a che punto un musicista può scegliere la musica che suona liberamente

E se non è compresa? Leggendo quello che è successo a Stravinsky e ad altri geni del passato è difficile fidarsi del proprio istinto...


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Mi chiedevo fino a che punto un musicista può scegliere la musica che suona liberamente

E se non è compresa? 

 

Non mi piace farlo ma voglio rispondere con una domanda: a te, l'arte che ami oggi, è piaciuta dal primo istante?


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Mi chiedevo fino a che punto un musicista può scegliere la musica che suona liberamente

E se non è compresa? Leggendo quello che è successo a Stravinsky e ad altri geni del passato è difficile fidarsi del proprio istinto...

 

Stravinskij non era un concertista, ma un compositore, e - nonostante alcune reazioni negative del pubblico all'inizio della sua carriera - fu glorificato in vita e se la passò piuttosto bene.

La musica è un fenomeno che, per manifestarsi in pieno, abbisogna dei compositori, degli interpreti e degli ascoltatori. I compositori e gli interpreti devono studiare per tutta la vita, seguitando ad affinarsi. Gli ascoltatori no?

dralig


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Mi chiedevo fino a che punto un musicista può scegliere la musica che suona liberamente

E se non è compresa?

Mi sento di fare due considerazioni su questo punto.

La prima si rivolge alla scelta del pubblico, quella che tanti oggi amano chiamare target. Come un attore Shakespeariano non può sperare di farsi applaudire recitando in lingua originale di fronte a un pubblico che non conosce la lingua, così un interprete dovrà necessariamente rivolgersi a un uditorio che possa comprendere il linguaggio specifico, o che abbia intenzione di farlo. Piaccia o no, la musica non è per tutti, e prima o poi dovremo iniziare a fare i conti con questo aspetto. (Preciso: essa è rivolta a tutti, ma il livello di accettazione e comprensione del messaggio varia, e molto, da persona a persona)

La seconda, invece, va all'interprete. In ambiti internazionali - penso a un consesso di scienziati, ad esempio - trovano lavoro persone che sono in grado di decifrare un linguaggio sconosciuto ai loro clienti e tradurlo in tempo reale in modo da consentire a quegli stessi clienti di capire a fondo il messaggio. Queste figure si chiamano anche loro interpreti, e sono vincolati da un codice etico che precisa regole ferree per evitare di distorcere i messaggi originali e tradurre al meglio. L'interprete musicista non ha un ruolo diverso: egli deve tradurre in modo limpido e trasparente un messaggio (spartito) che ai suoi clienti (pubblico) non è comprensibile.

Per concludere su questo esempio, lei immagini di essere un traduttore simultaneo dal russo all'italiano, invitato a lavorare in una conferenza di fisici teorici sulle possibili soluzioni numeriche delle equazioni di Maxwell applicate ai campi variabili. Lei, se è competente in materia, opererà una traduzione impeccabile, e qusto è l'unico strumento su cui ha controllo. Se il pubblico, però, sarà composto da filosofi kantiani che non hanno idea di cosa sia un campo magnetico, la sua traduzione potrà anche essere la migliore della galassia, ma il suo messaggio non sarà compreso da nessuno. Viceversa, se lei non sarà in grado di far capire a un pubblico di fisici teorici le argomentazioni del relatore russo, la colpa sarà soltanto sua.


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l'istinto è per me molto importante per un musicista.

 

ma non solo...per un musicista direi per ogni essere vivente...

 

coltivare il proprio istinto chitarristico non è certo facile specialmente dopo essersi assoggettati ad anni ed anni di studio accademico.

 

 cerco di ritrovare il mio istinto musicale, sempre più spesso con l'avanzare dell'età e dell'esperienza, attraverso la pratica della chitarra senza alcun spartito e senza alcuna mediazione,

 

spesso cerco il silenzio.

 

nel silenzio ritrovo le cose che veramente mi piacciono e ricordo meglio quelle che mi hanno fatto vibrare in passato.

 

quindi sono pronto per suonare la chitarra per qualcuno...

 

saluti e buona chitarra a tutti

 

Davide Bortolai

 

 


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Mi permette di dare il mio contributo dal punto di vista di compositore:

 

concordo sul fatto che la musica sia rivolta a tutti, ma non tutti possono capire determinati linguaggi, anche se ritengo che se ci fosse più DIVULGAZIONE

un maggior numero di persone potrebbero avvicinarsi a linguaggi a loro sconosciuti.

Poi c'è da dire che ogni concerto può avere finalità diverse che cambiano al cambiare del tipo di pubblico e al contesto in cui sono inserite.

 

Quello che però mi da un po' da pensare è che sempre più spesso l'interprete cerchi un repertorio facile, per tutti e si guarda bene dal proporre musica nuova (e per nuova non intendo per forza difficile) ,se è vero che l'interprete deve comunque poter vivere della sua professione è pur vero che chi studia e ha studiato musica (mio parere) dovrebbe viverla fino in fondo, senza rinunciare ad assecondare il pubblico ma proponendo delle piccole "gocce di novità" in concerto di 1 ora lo spazio per un piccolo brano di musica contemporanea si può sempre trovare


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Gli interpreti scelgono il loro repertorio con motivazioni che riflettono il loro modo di essere, sentire e pensare, il loro sapere, la natura dei loro progetti e, naturalmente, le loro capacità. Credo che si debba accettare e rispettare questa realtà: ognuno -sia egli compositore, interprete, ascoltatore - si forgia il suo destino. Chi suona musichette superficiali e vuote è superficiale e vuoto - non c'è altra spiegazione a questa evidenza. Chi suona musiche dense di valori comprende e apprezza tali valori, ma sa bene che, proponendoli nei suoi programmi e nelle sue registrazioni, opererà una selezione tra il pubblico: alcuni ascoltatori apprezzeranno, altri no. Del resto, anche chi suona musica vuota viene giudicato: non mi risulta che gli esecutori-camerieri che servono acqua e zucchero abbiano ottenuto, o stiano ottenendo, grandi successi. Auspicare che un esecutore lasci spazio, nei suoi programmi, "per un piccolo brano di musica contemporanea" è inutile: se l'interprete nutre un interesse autentico per certa musica, la suonerà senza bisogno di esortazioni; altrimenti, è meglio che non se ne occupi.

 

dralig


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molto condivisibile lo scritto del maestro dralig.

del resto proviene da una persona che vive la realtà di "compositore" attuale.

aggiungerei soltanto l'osservazione che la musica contemporanea è più impegnativa di quella del repertorio storico, si spinge in avanti, ricerca nuovi suoni,  e quindi deve essere proposta al pubblico di oggi con coraggio, impegno e gusto teatrale della performance.

 

guai ad aver paura di proporla solo perchè il pubblico non è preparato.

il pubblico deve essere educato alla nuova musica e ai nuovi suoni altrimenti la musica sparirà come forma artistica.

 

mi permetto a chiosa del mio sintetico intervento un estratto del pensiero del compositore Frank Zappa.

naturalmente si avvale di iperboli estreme e di linguaggio colorito (tipiche del personaggio) , ma rende assai  bene l'idea che sta alla base anche della mia visione artistica:

 

http://davidebortolai.blogfree.net/?t=5135367

 

un caro saluto a tutti e i miei complimenti e un grazie al maestro dralig la cui musica rappresenta qualcosa di veramente nuovo nel panorama musicale contemporaneo.

 

Davide Bortolai

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aggiungerei soltanto l'osservazione che la musica contemporanea è più impegnativa di quella del repertorio storico, si spinge in avanti, ricerca nuovi suoni,  e quindi deve essere proposta al pubblico di oggi con coraggio, impegno e gusto teatrale della performance.

 

guai ad aver paura di proporla solo perchè il pubblico non è preparato.

il pubblico deve essere educato alla nuova musica e ai nuovi suoni altrimenti la musica sparirà come forma artistica.

 

Credo che Lei abbia centrato il bersaglio: l'accettazione della musica "nuova" da parte degli ascoltatori dipende in misura determinante dalla forza, dalla convinzione e dell'autorevolezza con cui gli interpreti sono capaci di proporla. Questo è il punto: non si può far passare il nuovo se si è vecchi dentro, né si può convincere altri di ciò in cui non si crede con tutta la propria anima. Presentarsi in pubblico per "far musica" è partita persa in partenza: bisogna "essere" la musica, in carne e ossa. Può darsi che alcuni ascoltatori non capiscano, ma capiranno che c'è qualcosa da capire.

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