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Étude Nr. 1, Heitor Villa-Lobos /3


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Salve a tutti,
vorrei chiedere a voi esperti ed eminenti maestri qualche consiglio circa l'interpretazione di questo studio. Per lungo tempo l'ho sempre suonato tenendo a mente sempre due accenti per ogni accordo (quello del basso e quello della "risalita"). Quindi, per esemplificare, sull'accordo di MIm gli accenti risultano sul mi basso e sul si in 2°corda.
Da un po' di tempo invece mi sto cimentando in un'interpretazione diversa: accentare la prima e la terza nota di ogni quartina, ottenendo l'effetto di scandire perfettamente le note dell'arpeggio.
Ad esempio, nell'accordo MIm si otterrà questo (le note accentate sono in maiuscolo): MI mi SI sol MI si SOL mi SI mi SOL si MI sol SI mi.
Mi chiedevo se tale tipo di approccio possa essere ritenuto valido, magari anche davanti ad una commissione d'esame.
Grazie!

Andrea

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Se cerchi bene nel forum se ne è già discusso...

Chi cerca trova!

 

:)

 

Appena ho un attimo di tempo cerco il 3D e ti posto il link,

 

Marco

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Ogni esecuzione è buona se l'esecutore la sa giustificare in modo intelligente. Nel tuo caso direi solo che accentare tutte queste note rende il brano un pò pesantuccio. Nella mia idea, che fotunatamente non è solo mia, lo studio rappresenta più un movimento di "risacca", un viaggio di andata e ritorno verso la prima corda e il basso, con la relativa apertura sonora. Se poi sfrutti la ripetizione con un piccolo effetto forte -1 volta- mp -2 volta-......

ciao!

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Secondo me, più che aggiungere degli accenti, bisognerebbe cercare di toglierli... Dal punto di vista tecnico, si tratta di un lungo arpeggio che trova quiete solo nelle ultime due battute e che, per la mano destra, si ripete quasi sempre uguale, veloce e molto leggero... Molto bella l'immagine suggerita dal m° Signorile del moto di risacca. Se inaggiunta alla dinamica nelle ripetizioni (f-mp) aggiungi un'evoluzione timbrica lungo tutto lo studio sfruttando tutta la gamma della chitarra, dal manico al ponticello, riesci ad ottenere un'ampia varietà sonora pur mantenendo uguale il peso relativo di ogni nota e più o meno costante il rapporto dinamico tra le due ripetizioni di ogni battuta.

Buono studio...

 

Ermanno

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Secondo me, più che aggiungere degli accenti, bisognerebbe cercare di toglierli... Dal punto di vista tecnico, si tratta di un lungo arpeggio che trova quiete solo nelle ultime due battute e che, per la mano destra, si ripete quasi sempre uguale, veloce e molto leggero... Molto bella l'immagine suggerita dal m° Signorile del moto di risacca. Se inaggiunta alla dinamica nelle ripetizioni (f-mp) aggiungi un'evoluzione timbrica lungo tutto lo studio sfruttando tutta la gamma della chitarra, dal manico al ponticello, riesci ad ottenere un'ampia varietà sonora pur mantenendo uguale il peso relativo di ogni nota e più o meno costante il rapporto dinamico tra le due ripetizioni di ogni battuta.

Buono studio...

 

Ermanno

 

Abbiamo al riguardo alcune riflessioni da fare, suggerite sia dalle fonti scritte che dalla storia. Nel primo manoscritto del 1928, HVL non scrisse le ripetizioni di ogni battuta. Le aggiunse nel manoscritto destinato alla pubblicazione nel 1953. E' da escludere che un musicista della sua tempra pensasse solamente di allungare il vino del pezzo con l'acqua della ripetizione pedissequa. Infatti - qui entra la lezione della storia - nel 1943, quando Abel Carlevaro va per la prima volta in Brasile a suonare e incontra di nuovo HVL (che aveva conosciuto tre anni prima a Montetevideo), il compositore lo invita a cena insieme al pianista Tomas Teran, e dopo cena costui esegue al piano gli Studi di HVL secondo la lezione del compositore. Carlevaro rievoca esplicitamente l'episodio, e cita proprio l'esecuzione di Teran con la ripetizione a eco di ogni battuta.

Allora si capisce che cosa intendeva ottenere HVL: praticamente, la trasformazione di ogni battuta di 4/4 in una coppia di battute raggruppate, o meglio in una lunga battuta di 8/4. Infatti, se si marca il basso sulla prima esecuzione di ogni battuta e poi, alla ripetizione, si evita accuratamente ogni accento sul primo tempo, si allega la ripetizione alla battuta precedente come un prolungamento, e si ottiene un bellissimo arco esteso di 8/4. All'inizio della nuova battuta, sull'entrata del basso che segna il cambio armonico, si colloca un accento a sbalzo (anche senza sf, dato che la battuta precedente in eco termina piano). Questo è quello che aveva in mente HVL. Tutte le altre accentazioni sono in qualche modo delle forzature e delle ricerche di effetto.

 

dralig

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Si, ho ascoltato la registrazione di Carlevaro ed è bellissima...con questa sorta di effetto "onda". Ma il tipo di approccio di cui parlavo io non esclude assolutamente la possibilità dell'ultilizzo di questo "effetto risacca". Posso, senza alcun problema, suonare forte la prima battuta e piano la seconda comunque scandendo le note dell'arpeggio. Capisco che forse spiegato così, a parole, e per di più scritte, risulti di difficile comprensione. Magari appena ne ho la possibilità faccio una piccola registrazione esemplificativa.

Questa idea, comunque, non è farina del mio sacco, ma lo presa in prestito dal M° Bandini che ne parlava in un suo masterclass qui a Cagliari.

 

Andrea

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