Angelo Gilardino Inviato 13 Maggio 2007 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Autore Condividi Inviato 13 Maggio 2007 L'interprete deve saper intervenire allo scopo di esaltare (e non ribaltare) le intenzioni del compositore, ma attraverso scelte, mezzi e criteri appartenenti al suo bagaglio espressivo. è necessario distinguere ciò che vorremmo, da ciò che effettivamente è, nella prassi dell'interpretazione l'interprete fa ciò che è nelle sue possibilità di fare, fossero anche queste possibilità, quelle di stravolgere il testo musicale... più che tra compositore e interprete io virerei questa discussione sul versante del rapporto, più stretto, tra interprete ed analisi musicale l'interpretazione è indubbiamente già di per se, nel 900, la testimonianza più alta dell'analisi musicale viceversa essendo l'interprete libero, anche nel manifestare la propria mediocrità, è labile spesso il confine tra la bellezza della chirurgia analitica musicologica e la noia, risultato dell'ennesima produzione musicale dei soliti classical evergreens Per chi ci legge, è importante innanzitutto comprendere il significato del termine "interpretazione". Normalmente, in campo musicale interpretazione si identifica con esecuzione. L'esecuzione è certo interpretazione, ma esistono altre forme di interpretazione: lo studioso che legge un testo musicale al fine di comprenderlo e di scrivere, su di esso, un saggio o un articolo, senza necessariamente eseguirlo, è sicuramente un interprete. In senso lato, si può interpretare anche componendo: per esempio, Debussy interpreta Rameau, Ravel intepreta Couperin, Britten intepreta Dowland, etc (lungo elenco). L'analisi musicale è una forma di interpretazione in se stessa, ma è anche uno strumento per l'interprete-esecutore. Lo aiuta a fissare più nitidamente e tenacemente gli aspetti di quella che diverrà la sua esecuzione. D'altra parte, anche l'esecuzione che va direttamente al testo attraverso una semplice lettura, e non passa attraverso un'analisi formalizzata, diviene analisi nella misura in cui adotta scelte particolareggiate e non lascia nulla al caso. Mentre, d'altra parte, rimane tuttora problematica la descrizione delle relazioni dimostrabili tra un certo tipo di analisi musicale e l'atto esecutivo. Se, da un lato, chiamare analisi una pedissequa tracciatura del percorso armonico di una composizione, e la scomposizione della sua forma in sezioni, mi sembra un po' anacronistico (ma è quello che tuttora si fa nei conservatori, salvo qualche eccezione), d'altro canto tradurre in qualche indicazione concretamente utile - all'alto dell'esecuzione manuale di un'opera - le conclusioni di certe analisi musicali, mi sembra chimerico. E se, da un lato, ci fa sorridere l'analista naif che chiama sol minore una triade data sul quarto grado della tonalità di re minore, d'altra parte non saprei quale importanza possa rivestire, ai fini interpretativo-esecutivi, la lettura di un saggio sulla klangfarbenmelodie, alla fine del quale non si riesce a capire in alcun modo che cosa sia la klangfarbenmelodie. dralig Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Vladimir Inviato 14 Maggio 2007 Group: Membri Topic Count: 37 Content Count: 621 Reputation: 1 Joined: 19/12/2005 Status: Offline Device: iPhone Condividi Inviato 14 Maggio 2007 Anche Gould disse ad Oskar Morawetz che non capiva la sua musica, dopo un' esecuzione della Fantasia in re minore... Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
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