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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

La musica non è solo intrattenimento


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Riccardo Muti su "La Repubblica" di stamane:

 

L'ITALIA ha abbandonato la musica al suo destino, come se fosse un fenomeno obsoleto, mentre nel resto del mondo, compresi i Paesi emergenti a cominciare dalla Cina, c'è rispetto e interesse per la cultura occidentale. La denuncia viene dal maestro Riccardo Muti.

 

"L'Italia ha abdicato alla sua storia culturale e musicale in particolare, a causa di una concezione generale della cultura che non riguarda solo i politici di oggi, ma è una storia lunga nel tempo", dice il grande direttore d'orchestra italiano in un'intervista all'agenzia Adnkronos.

 

"Noi italiani -aggiunge- abbiamo dimenticato che la musica non è solo intrattenimento, ma è una necessità dello spirito. Questo è grave perchè significa spezzare delle radici importanti della nostra storia".

 

Muti punta il dito contro alcune "trasmissioni televisive dove la musica e soprattutto l'opera lirica, vengono presentate come cose obsolete. Così si respingono i giovani invece di interessarli". Al contrario, racconta, "in Cina, dove sono appena stato per dirigere l'orchestra di Shanghai, stanno puntando molto sulla musica occidentale, preparando i giovani musicisti i quali studiano nei conservatori occidentali e poi tornano in Cina per suonare nelle loro orchestre. I cinesi costruiscono nuove sale da concerto e scommettono culturalmente su quello che noi italiani invece stiamo esaurendo. In Italia abbiamo perso la capacità di sentire il 'bello', quel 'bello' che per secoli abbiamo dato al mondo e che adesso non sentiamo più".

 

dralig

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Ospite darkdragon

E' tutto tristemente vero.

L'istituto musicale che frequentavo aveva numerosi iscritti di nazionalità extracomunitaria (in gran parte coreani)

Ho conosciuto anche una pianista che dal Giappone è venuta qui in Italia a studiare, con l'intento poi di tornarsene da quelle parti.

 

Se posso aggiungere: pare che anche i Paesi Arabi abbiano un certo interesse per la musica occidentale.

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Riccardo Muti su "La Repubblica" di stamane:

 

L'ITALIA ha abbandonato la musica al suo destino, come se fosse un fenomeno obsoleto, mentre nel resto del mondo, compresi i Paesi emergenti a cominciare dalla Cina, c'è rispetto e interesse per la cultura occidentale. La denuncia viene dal maestro Riccardo Muti.

 

"L'Italia ha abdicato alla sua storia culturale e musicale in particolare, a causa di una concezione generale della cultura che non riguarda solo i politici di oggi, ma è una storia lunga nel tempo", dice il grande direttore d'orchestra italiano in un'intervista all'agenzia Adnkronos.

 

"Noi italiani -aggiunge- abbiamo dimenticato che la musica non è solo intrattenimento, ma è una necessità dello spirito. Questo è grave perchè significa spezzare delle radici importanti della nostra storia".

 

Muti punta il dito contro alcune "trasmissioni televisive dove la musica e soprattutto l'opera lirica, vengono presentate come cose obsolete. Così si respingono i giovani invece di interessarli". Al contrario, racconta, "in Cina, dove sono appena stato per dirigere l'orchestra di Shanghai, stanno puntando molto sulla musica occidentale, preparando i giovani musicisti i quali studiano nei conservatori occidentali e poi tornano in Cina per suonare nelle loro orchestre. I cinesi costruiscono nuove sale da concerto e scommettono culturalmente su quello che noi italiani invece stiamo esaurendo. In Italia abbiamo perso la capacità di sentire il 'bello', quel 'bello' che per secoli abbiamo dato al mondo e che adesso non sentiamo più".

 

dralig

 

[sarcasm mode on]

Questo Muti, fissato con Beethoven e Donizetti, con Shubert e Verdi e che dirige orchestrine di provincia spero che prima o poi si decida a fare una bella trascrizione per orchestra sinfonica e marimba solista de "Il pescatore" di Fabrizio de André. Magari accontenta il pubblico.

[/sarcasm mode off]

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Questo Muti, fissato con Beethoven e Donizetti, con Shubert e Verdi [...]

[/sarcasm mode off]

 

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Povero fesso!

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E' tutto tristemente vero.

L'istituto musicale che frequentavo aveva numerosi iscritti di nazionalità extracomunitaria (in gran parte coreani)

 

Lavoro per un'azienda coreana. Oltre a contare innumerevoli giovani che vengono in Italia a studiare (specialmente canto), la cultura musicale media dei miei colleghi asiatici è piuttosto alta. Una buona parte di loro ha studiato musica, in modo piuttosto serio (due miei colleghi sono diplomati al Verdi di Milano) anche se poi non ne ha fatto la loro professione. Ed in ogni caso, considerano (quasi) tutti la musica una cosa piuttosto seria. Quando dico ad un italiano che studio musica per passione, questo mi guarda stranito. Il coreano no, affatto. Il coreano guarda stupito l'italiano che vive circondato da cultura, ma neanche se ne accorge. Il coreano mi guarda stranito solo quando gli dico che suono la chitarra... ma questa (forse) è un'altra storia!

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"Noi italiani -aggiunge- abbiamo dimenticato che la musica non è solo intrattenimento, ma è una necessità dello spirito. Questo è grave perchè significa spezzare delle radici importanti della nostra storia".

 

 

E' importante ribadire questo concetto. Perchè, come si è visto, non è solo la "società" a non comprenderlo. E'una deformazione culturale che ormai si sta diffondendo anche nei Conservatori e nelle Università. Riporto, a proposito, anche le parole di Luciano Berio: " Non ho intenzione di occuparmi di musica come rassicurante mercanzia emotiva per l'ascoltatore o come rassicurante bagaglio procedurale per il compositore. Mi piace invece leggereo ascoltare la musica che si interroga, ci interroga e ci invita ad una costruttiva revisione o, addirittura, a una sospensione del nostro rapporto con il passato e a una sua riscoperta sulle tracce di percorsi futuri".

 

Non avevo ancora trent'anni quando, sul "Corriere della Sera", invitato dal direttore Piero Ottone, Pier Paolo Pasolini pubblicava i suoi articoli. Non avevo mai amato - lo confesso - la sua poesia, e nemmeno come romanziere mi sembrava grande, ma quegli scritti mi rivelarono lo scrittore civile e il critico della società, acuto e profetico, che erano in lui: non guardava all'Italia e agli italiani con gli occhi di Marx, ma con quelli di un umanista che assiste alla demolizione dei templi. Mi sfuggiva tuttavia, nella sua completezza, il senso dell'accusa che egli rivolgeva ai dirigenti della politica nazionale: degradazione antropologica del popolo italiano. Oggi, ne abbiamo sotto gli occhi l'agghiacciante evidenza.

 

La musica. Si assisteva, da un lato alla festosa occupazione dei mezzi di comunicazione da parte dei canzonettari, che raccoglievano, nella mente delle masse - il popolo non c'era più - il riconoscimento che il popolo di un secolo prima - e anche in tempi meno lontani - aveva tributato a Verdi e a Puccini, a Mascagni e a Leoncavallo. I tipi come Berio erano intenti a negare alla crassa borghesia il piacere gastronomico dell'ascolto (mercanzia emotiva), a scrivere guide all'ascolto della musica che - lette soltanto dai loro allievi - stabilivano qual era la musica ("e su ogni altro, derisione e silenzio", scriveva Eugenio Montale): "Non è abbastanza contemporaneo", si disse a più di un autore, e Bruno Bettinelli, comportandosi come un capo dei partigiani trent'anni prima, prese il coraggio a due mani e scrisse un articolo esortando i giovani che volevano comporre, a far che?, a studiare composizione, fatica ormai ritenuta superflua.

 

Ed eccoci qui, ad assistere alle invettive del grande violinista contro Allevi. Mica che, da parte di qualcuno, si senta dire: forse, abbiamo commesso degli errori. No, lorsignori non sbagliano mai. Palmiro Togliatti, prima di leggere un discorso in parlamento, lo faceva mondare di ogni virgola fuori posto da un letterato di fiducia: non ne avrebbe avuto bisogno, ma il rispetto che aveva delle istituzioni lo induceva a cercare la perfezione, e nel dare addosso a de Gasperi si preoccupava di scrivere in buon italiano: a lui, nessuno avrebbe osato parlare di Concina, l'autore di "Vola colomba", come di un grande musicista. Sentendosi vicino alla morte, Stalin invocò che gli facessero ascoltare il Concerto in re minore di Mozart suonato dalla Maria Yudina, una pianista che non aveva paura di contrariarlo, e che lui aveva messo a vivere in due stanze di una casa popolare, in fondo a un ballatoio. Non avevano la registrazione, tirarono giù dal letto la Yudina e i professori dell'orchestra di stato e registrarono il concerto. Eccoci qui, con Allevi in Senato: il nuovo Chopin.

 

Siamo a posto, ragazzi. Adesso, a fare in buon peso, arriva la Gelmini, che riformerà la riforma dei Conservatori. Qualcuno dice: speriamo che li chiuda. Gesù, chiedo perdono: quando sento questa bestemmia, e penso ai professori analfabeti che fanno da relatori delle "tesi di laurea", sono tentato di ripeterla.

 

dralig

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  • 3 settimane dopo...

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I giovani di oggi sono circondati dalla violenza della vita moderna: abbandono, abuso, intimidazione. Molti giovani vivono in famiglie distrutte. Alcuni vengono da posti dove le scuole non funzionano per niente. Possono avere insegnanti demotivati e compagni di classe apatici. Oggi ci sono così tante forze negative che agiscono sulla psiche della gioventù, che molti non hanno nemmeno l'autostima per accorgersi delle loro potenzialità.

La musica può cambiare le loro vite in meglio. Ho visto, svolgendo il mio meraviglioso lavoro di insegnante,ragazzi ai quali la musica fornisce la principale ragione per continuare ad esistere. Allevia il male di vivere e rappresenta una fonte di gioia!

Gli insegnanti delle scuole medie ad indirizzo musicale, come quelli dei nuovi licei musicali hanno una grande responsabilità.

Troppa della musica che si fa oggi promuove valori dubbi: gratificazione istantanea, glorificazione dell'ego ecc. Ricordo con grande rimpianto gli anni 70, che mi hanno visto giovane appassionato di musica e di chitarra, non sapevo niente di Sor ,Giuliani e Paganini, non avevo la minima idea della musica del Novecento ma ascoltavo Genesis, King Crimson, Yes.

Non sapevo leggere la musica, ma la voglia di riprodurre quello che sentivo era talmente grande da farmi passare interi pomeriggi ripetendo ad orecchio quello che sentivo, facevo fatica ma la gioia era grande!

La musica non è solo intrattenimento, la musica non dovrebbe essere per pochi! E' un grosso errore non far studiare musica nelle scuole superiori,

e relegarla ai soli 40 licei musicali!

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  • 3 mesi dopo...

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Io sono giovane,e non ho l'esperienza di chi ha scritto fin qua.

Ma il problema di fondo ,a mio parere è che manchi in Italia la culura musicale,nonostante la tradizione di musica popolare(che alla fin fine si identifica nella canzone napoletana),contemporanea e lirica.

Questa mancanza di cultura, o meglio,una cultura errata(musica=canzone)generale si nota senza difficoltà.Basta chiedere a qualcuno se gli piace la musica,provate a sentire che risposte vi vengono date.Sì, il paese del bel canto,ci chiamano.

Ma la musica non si può ridurre lì.

Questa mancanza di cultura musicale deriva,a mio parere dalla mancanza di cultura generale,oggi ridotta a uno scarso nozionismo figlio dell'utilità immediata.

se mi guardo in giro vedo un panorama generale squallido.

 

Saluti

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