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Riporto una frase estratta dal libro "Il matematico impertinente" di Piergiorgio Odifreddi.

 

In musica il silenzio è fondamentale: ogni spartito contiene delle pause, di cui ci sono otto tipi diversi, e il famoso bussare del destino della Quinta Sinfonia di Beethoven incomincia appunto con una: accentata, come ogni nota agli inizi di una battuta! A volte non c'è altro come nella "composizione" 4'33 di John Cage : 273 secondi di silenzio, che richiamano esplicitamente la temperatura dello zero assoluto. Altre volte c'è poco di più, come nella Sinfonia monotona di Yves Klein, che consiste di un unico lungo suono continuo seguito da un lungo silenzio.

 

Il silenzio in musica quindi: uno spunto interessante che mi ha fatto riflettere. Spesso quando ascolto o studio musica - in maniera superficiale evidentemente - mi soffermo solo sulla sequenza delle note e non bado al valore "pesante" delle pause riducendole solo al ruolo di figure musicali.

Invece i silenzi musicali pesano e pesano eccome.

 

Qual'è la vostra opinione in merito ? Quale ruolo gioca il "silenzio" nel vostro modo di suonare e di comporre ?

 

Taltomar


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Mi pare che ci siano diversi tipi di silenzio nella musica.

 

Per fare solo alcuni esempi a noi vicini: la pausa di croma all'inizio (e simili) del Fandanguillo di Turina la vivo come una sorta di slancio che precede le note suonate, ma è già dentro il ritmo (ricordo che Segovia notava che tanti chitarristi non rispettano il tempo in questo pezzo).

 

Nella Tarantella di Castelnuovo Tedesco la pausa o il respiro scritto può sottolineare ironicamente il piccolo straniamento dato dal cambio improvviso di tonalità, e va vissuto con la complicità di un effetto "teatrale" condiviso col compositore.

 

In tanta musica polifonica il gioco di silenzio e suono obbedisce al gioco polifonico (in un duetto di Carulli, ad esempio, è facile e divertente vivere il silenzio in questo modo; assai più arduo riprodurre questo in una fantasia solistica di Fuenllana o Narvaez!).

 

Un esempio ancora diverso sono le lunghe pause che Gilberto Cappelli mette alla fine dei suoi pezzi: qui hanno la funzione di "obbligare" esecutore e pubblico ad una sorta di memoria di quanto è appena successo, senza che l'applauso (o altra reazione!) venga a rompere quel momento "magico" - che peraltro può verificarsi anche alla fine di un pezzo in cui la pausa non sia esplicitamente scritta.

 

L'idea di Cage è ancora diversa: lui sosteneva che in realtà il silenzio non esiste (come minimo anche nella camera anecoica si sente il cuore e la pressione sanguigna, diceva) e allora i silenzi che scriveva erano provocazioni a rendersi conto del fatto che in realtà tutto quel che succede è importante, tutti i suoni ed i rumori hanno un loro valore. A mio parere era un modo provocatorio di richiamare l'attenzione su un fatto reale. (c'è anche un libro di Cage, Silenzio, edito da Feltrinelli).

Si potrebbe,credo, andare avanti.

 

Ma c'è un altro silenzio su cui vorrei richiamare l'attenzione: quello di chi

ascolta intanto che qualcun altro suona.

La musica che facciamo richiede e suscita questo silenzio; e mi pare significativo che in una cultura che odia e fugge il silenzio, come una specie di horror vacui, la musica bella aiuti a capirne il profondo valore (come mi piace far notare ai ragazzi quando suono nelle scuole), silenzio non come un disciplinare "non parlare" ma come lo stupore davanti a qualcosa che accade.

 

"Il Tuo ricordo mi riempie di silenzio" diceva Laurentius eremita...

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