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Inviato

Nell’ordinamento italiano il diritto allo studio trova il suo fondamento nei commi 3 e 4 dell’art. 34 della Costituzione, il quale garantisce ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi. Il diritto allo studio ha ad oggetto il percorso scolastico successivo all’obbligo. In altre parole, trattasi dei canali di formazione non obbligatori che il cittadino ha libertà di intraprendere e di concludere e che lo Stato deve garantire attraverso l’erogazione di borse di studio a coloro che si dimostrano capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici.

 

La realtà, purtroppo, talvolta stride con la formulazione garantista dell’articolo menzionato.

 

Sebbene titolare del diritto allo studio sia lo studente, questi è considerato dalla legge in modo differente: a seconda delle diverse figure di studente, sono accordate diverse opportunità. Tutto ciò non è certo aprioristicamente in contrasto con l’articolo 34, ove si tratti di favorire i più meritevoli.

 

Orbene, venendo alla figura di studente, si ha:

 

- lo studente a tempo pieno, colui che dedica il suo tempo esclusivamente allo studio;

 

- lo studente non frequentante, colui che si reca in sede universitaria per sostenere l’esame ma non frequenta le lezioni, spesso per fondamentali esigenze di lavoro che lo costringono a dividere la sua vita tra lo studio e il lavoro;

 

- infine, lo studente in corso e lo studente fuori corso, a seconda che sia o meno “in tempo” con il piano di studi.

 

Il discrimine fra le diverse figure è la serietà con cui l’individuo sceglie di affrontare il proprio percorso di studio, serietà che a nostro avviso non necessariamente è compromessa dalla non frequenza dei corsi, purché le ragioni siano meritevoli (lavoro, esigenze familiari ecc…). Del resto anche lo Statuto dei lavoratori, all’articolo 10, tutela il diritto allo studio, segno della coscienza del legislatore del fatto che non tutti possono dedicarsi unicamente alla frequenza di un corso di studi.

 

Veniamo dunque all’ultima tipologia di studente, quella più controversa: il candidato privatista.

 

 

Chi è? Colui che studia privatamente, sostenendo poi gli esami in una scuola pubblica. Si hanno candidati privatisti che si preparano per il conseguimento della licenza media o del diploma di Stato. Ciò che cattura la nostra attenzione è una categoria particolare: il candidato privatista dei conservatori. Secondo alcuni non è uno studente. Eppure studia, lavora si prepara, divide la sua vita -alla pari degli studenti non frequentanti delle Università italiane- tra il lavoro e lo studio dello strumento, oppure con la frequenza di corsi presso un’altra facoltà. Ciò nonostante, questa categoria di meritevoli (si pensi che lo studio di uno strumento musicale richiede un impegno ed un esercizio giornaliero di diverse ore) è stata esclusa dalla riforma dei conservatori.

 

La Legge 508/1999 di riforma dei Conservatori di musica e delle Accademie, ha elevato tali Istituzioni al livello universitario. Come per tutte le riforme intervenute nelle università italiane, i maggiori problemi hanno interessato l’armonizzazione della disciplina e dell’offerta formativa del nuovo ordinamento con il vecchio. Ciò ha giustamente comportato e comporta la compresenza di queste due categorie di percorsi di studio fino ad esaurimento del vecchio ordinamento.

 

Purtroppo il sistema, in pieno vigore dal 2011, ha lasciato fuori circa tremila persone: i candidati privatisti appunto.

 

Per loro non c’è via di armonizzazione. Dal vigore del nuovo ordinamento in poi questi candidati non potranno più sostenere esami secondo il pregresso regime. Mentre gli studenti del vecchio ordinamento potranno proseguire il loro percorso secondo l’offerta formativa precedente alla riforma, il candidato privatista sarà escluso da questa possibilità, a meno che non intenda iscriversi al nuovo ordinamento con la conseguenza di esami in più da sostenere, percorsi di studio da rivedere, etc. Ciò significa che la maggior parte dei candidati privatisti si vedrà costretta a rinunciare al proprio percorso di studio, oppure obbligata ad allungarlo. Si pensi al caso dello studente a cui manchi solo il diploma finale, il quale, per conseguire un titolo di studio, si vedrebbe costretto ad iscriversi alla laurea di primo o secondo livello (a seconda dei casi) e dunque a studiare almeno per altri 2 anni, se non addirittura 5 (nel caso non si venisse ammessi al biennio ma solo al triennio) dovendo, tra l’altro, risostenere tutti gli esami già superati. Ma perché? Il candidato privatista è forse meno studente degli studenti? In regola con il pagamento delle tasse al momento dell’iscrizione agli esami, nel chiuso della sua cameretta ha passato ore a solfeggiare al muro o a fare serenate allo specchio… Non è stato forse studente? No. È stato solo un candidato, di cui i conservatori sembrano essersi dimenticati. Quest’anno, i candidati privatisti non potranno più sostenere esami al fianco dei loro colleghi del vecchio ordinamento, corso questo tuttora vigente e consentito -senza limiti temporali- esclusivamente agli studenti interni.

 

Per comprendere la portata del problema, si pensi ad uno studente che abita in provincia che per problemi di collegamento con la città ed esigenze di lavoro è impossibilitato a rispettare la frequenza dei corsi. Durante la vigenza del vecchio ordinamento, l’impedimento era risolto dalla possibilità di sostenere l’esame da privatista. Attualmente, per lo studente “di provincia” l’alternativa è secca: lasciare la provincia, cambiare lavoro ed iscriversi al nuovo ordinamento, oppure abbandonare l’idea di diplomarsi. Tale sacrificio non è parimenti richiesto allo studente interno iscritto al vecchio ordinamento: costui potrà continuare a sostenere esami secondo il pregresso regime fino al conseguimento del diploma o, se lo vorrà, potrà iscriversi al nuovo ordinamento.

 

In entrambi i casi la questione riguarda la possibilità di scegliere, concessa agli studenti interni del vecchio ordinamento, negata ai candidati privatisti.

 

Eppure, se si cerca nella legge, non si trova un articolo che vieti esplicitamente ai privatisti di sostenere gli esami secondo il vecchio ordinamento.

 

La soluzione potrebbe forse passare per una decisione da parte delle Istituzioni, che chiarisca il futuro di quanti hanno usufruito fino ad ora delle possibilità del vecchio ordinamento, ma che ora si trovano in una strada sbarrata.

 

Fonte: http://www.aduc.it/articolo/esodati+diritto+allo+studio+candidati+privatisti_20300.php

Ospite Bernardo Gui
Inviato

Nel complesso posso anche essere d'accordo sulla disparità di trattamento tra interni e privatisti in questa fase di transizione, ma dentro questo articolo c'è un paio di fregnacce grandi come una casa:

 

Eppure studia, lavora si prepara, divide la sua vita -alla pari degli studenti non frequentanti delle Università italiane- tra il lavoro e lo studio dello strumento, oppure con la frequenza di corsi presso un’altra facoltà.

 

No. Primo: lo studente non frequentante è ben diverso dal privatista: lo studente non frequentante è iscritto all'Università nella quale sostiene gli esami, il privatista no.

 

Secondo: forse all'autrice - che probabilmente possiede una laurea in giurisprudenza - non è ben chiaro, ma lo status di studente non frequentate è possibile solo in quei corsi di laurea in cui non esiste obbligo di frequenza (come a giurisprudenza). Avete mai visto un non frequentante iscritto a medicina o ad architettura?

 

Ed è proprio questo il punto: esattamente come per medicina e architettura, lo status di non frequentante nel nuovo ordinamento dei Conservatori non è possibile perché nel nuovo ordinamento dei Conservatori vige l'obbligo di frequenza.

 

Quindi mi sembra veramente fuorviante assimilare gli studenti non frequentanti delle Università ai privatisti del Conservatorio.

 

Per comprendere la portata del problema, si pensi ad uno studente che abita in provincia che per problemi di collegamento con la città ed esigenze di lavoro è impossibilitato a rispettare la frequenza dei corsi. Durante la vigenza del vecchio ordinamento, l’impedimento era risolto dalla possibilità di sostenere l’esame da privatista. Attualmente, per lo studente “di provincia” l’alternativa è secca: lasciare la provincia, cambiare lavoro ed iscriversi al nuovo ordinamento, oppure abbandonare l’idea di diplomarsi. Tale sacrificio non è parimenti richiesto allo studente interno iscritto al vecchio ordinamento: costui potrà continuare a sostenere esami secondo il pregresso regime fino al conseguimento del diploma o, se lo vorrà, potrà iscriversi al nuovo ordinamento.

 

Sì ma va aggiunto il lieve dettaglio che uno studente interno iscritto al vecchio ordinamento in Conservatorio ci deve andare a fare lezione ogni santa settimana...

Ospite Nicola Mazzon
Inviato

Per medicina è ovvio, non si dispone di un obitorio se si pensa di proseguire gli studi da privatista ;)

Per quanto riguarda la musica...beh...cosa ha da offrire un conservatorio rispetto a dei docenti che esercitano lezioni privatamente?

Io sono riuscito a diplomarmi lavorando tutti i giorni fino alle nove di sera e facendo lezione di domenica mattina, e con estrema convinzione posso dire di non aver studiato meno degli studenti interni, anche perchè da privatista ci vuole un attimo per prendere un 6 o essere mandato a casa. E sottolineo che non avrei mai potuto permettermi di seguire dei corsi in conservatorio, sia per scomodità che motivi economici.

Con questo non voglio accendere polemiche e nemmeno senrirmi dire "bravo", ci tenevo solamente a portare una testimonianza per far capire che la modalità dei corsi "privati" in certi aspetti (sopratutto quegli artistici) sono a volte indispensabili.


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Inviato
Avete mai visto un non frequentante iscritto a medicina o ad architettura?

Per medicina non so, ma in diverse facoltà in cui vige l'obbligo di frequenza, le presenze non vengono rilevate. So per esperienza che è possibilissimo superare (brillantemente, mi permetto di aggiungere) diversi esami nelle facoltà di ingegneria senza recarsi nemmeno una volta a lezione se non per prendere il programma del corso. Per come vengono gestiti gli insegnamenti in alcune università, la frequenza è una chiassosa e confusa perdita di tempo.

 

Sì ma va aggiunto il lieve dettaglio che uno studente interno iscritto al vecchio ordinamento in Conservatorio ci deve andare a fare lezione ogni santa settimana...

Anche un privatista, solo che non va in conservatorio ma da uno o più insegnanti privati.

Colgo il suo intervento come spunto e mi domando: che cosa spaventa tanto? Che ci siano, fuori dei conservatori, insegnanti in grado di preparare un allievo al diploma in modo altrettanto brillante che un cattedratico di ruolo? Che chi voglia dedicarsi (ahilui) alla professione musicale scelga autonomamente il proprio percorso di studi invece di dover sopportare insegnamenti spesso inutili e mal gestiti? Si crede, con questo, di arginare il problema dell'evasione fiscale legato alle lezioni private che non vengono fatturate?

Prima di poter considerare un conservatorio al pari di un'università sarebbe necessario che si iniziasse a pensare alla musica come a una professione e non come un mero passatempo. Quali prospettive professionali ha, oggi, un quindicenne mediamente talentuoso che intenda iscriversi al conservatorio? Quali aspettative? Quali sbocchi? Perché dovrebbe ipotecare il suo futuro a fronte di un'offerta formativa per molti aspetti carente e di una garanzia professionale ridicola e svilente?

 

EB

Ospite Bernardo Gui
Inviato

@ fernando

 

Io sono riuscito a diplomarmi lavorando tutti i giorni fino alle nove di sera e facendo lezione di domenica mattina, e con estrema convinzione posso dire di non aver studiato meno degli studenti interni, anche perchè da privatista ci vuole un attimo per prendere un 6 o essere mandato a casa. E sottolineo che non avrei mai potuto permettermi di seguire dei corsi in conservatorio, sia per scomodità che motivi economici.

 

Immagini che io sia un operaio con la passione per l'architettura. Se devo lavorare non potrò mai essere in grado di ottenere una laurea, perché sono impossibilitato a seguire le lezioni per le quali vige l'obbligo di frequenza. Ora, dato che i Conservatori sono stati equiparati alle Università, io dico: con che diritto il signor Fernando può conseguire la sua laurea in chitarra da privatista e io non posso conseguire la mia in architettura?

 

(sia chiaro, il mio è solo un esempio, sono felice e non ho nulla in contrario al fatto che si sia diplomato da privatista)

 

Per cui, se vogliamo equiparare i Conservatori alle Università, come fanno in tutto il resto d'Europa, dobbiamo subirne tutti i tipi di conseguenze, tra cui quella dell'impossibilità di conseguire il titolo da privatisti. Questo non toglie che buon senso vorrebbe che si faccia terminare chi ha già dato esami da esterno.

 

A proposito: credo che nel resto d'Europa la questione non sussista, essendo i Conservatori delle Università a tutti gli effetti da anni ormai. Sbaglio?

 

@ Ermanno Brignolo

 

Per medicina non so, ma in diverse facoltà in cui vige l'obbligo di frequenza, le presenze non vengono rilevate. So per esperienza che è possibilissimo superare (brillantemente, mi permetto di aggiungere) diversi esami nelle facoltà di ingegneria senza recarsi nemmeno una volta a lezione se non per prendere il programma del corso. Per come vengono gestiti gli insegnamenti in alcune università, la frequenza è una chiassosa e confusa perdita di tempo.

 

Sì, ma questo non vale per i Conservatori: ad ogni lezione si firma. L'obbligo di frequenza - piaccia o no - è veramente tale.

 

Colgo il suo intervento come spunto e mi domando: che cosa spaventa tanto? Che ci siano, fuori dei conservatori, insegnanti in grado di preparare un allievo al diploma in modo altrettanto brillante che un cattedratico di ruolo? Che chi voglia dedicarsi (ahilui) alla professione musicale scelga autonomamente il proprio percorso di studi invece di dover sopportare insegnamenti spesso inutili e mal gestiti? Si crede, con questo, di arginare il problema dell'evasione fiscale legato alle lezioni private che non vengono fatturate?

 

La normativa che regola gli ordinamenti delle istituzioni di formazione artistica e musicale credo sia stata definita a livello di UE, e penso che la famosa legge del 99 sia il risultato di quelle direttive. Ripeto, se si è deciso di far diventare i Conservatori a tutti gli effetti delle Università, la più ovvia delle conseguenze è la scomparsa dei privatisti.

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