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Alfredo Franco

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Risposte pubblicato da Alfredo Franco

  1. Io non riporrei tutta questa fede nelle chitarristiche magnifiche sorti progressive.

     

    A fronte delle tonnellate di nuova musica di cui tu parli, io vedo programmi stantii, che tendono a riprodursi per clonazione riproponendo i soliti quattro nomi da cartellone; in alternativa, ad un gradino di molto inferiore, per infilare la novità si risponde con la piaga crossover.

     

    Le musiche valide intanto aspettano...

     

    Per quanto riguarda il repertorio del passato io avverto un problema di coscienza stilistica nel saper riconoscere cosa si sta suonando in relazione alla società che ha visto fiorire la musica di Tizio, Caio e Sempronio.

     

    Faccio un esempio: finchè ci saranno interpreti che ritengono due chitarristi-compositori come Coste e Tarrega, uguali nelle qualità compositive e nello sviluppo del linguaggio strumentale, c'è ben poco da essere felici.

  2.  

    Tabula rasa, certo che no, ma tra il dire: voglio scrivere un concerto, e il sapere esattamente, prima di incominciare, come questo concerto dev'essere, per filo e per segno (come Schoenberg sembra sostenere), il salto è enorme. Si fissa un'idea e poi si prende una strada: le scoperte del come fare riveleranno anche che cosa si sta facendo. Pretendere di saperlo prima è un'utopia, anche un po' sciocca, se vogliamo: se così fosse, comporre equivarrebbe a un puro lavoro di notazione di idee musicali già cognite. E allora, perché mai si faticherebbe tanto, si accumulerebbero appunti, redazioni provvisorie, correzioni, etc. ?

     

    dralig

     

    Per carità, lungi da me l'idea peregrina dell'illuminazione folgorante come metro che può guidare tutte le fasi del processo compositivo.

     

    Oltretutto, nel mio specifico, mi riferivo a forme molto più contenute di quelle riconducibili al concerto, forma che al momento non mi sento in grado di maneggiare.

     

    Mi riferivo semplicemente ad un qualcosa, ad una ipotetica forma, che a priori, anche se in modo non perfettamente chiaro, può aiutare a cercare la strada.

  3. Se si parla di intuizione/illuminazione dal punto di vista della forma, la cosa può anche essere plausibile.

    Personalmente, non mi metto mai a scrivere davanti ad una tabula rasa formale e anzi, è proprio il desiderio strutturale, forse non la consapevolezza piena, a guidarmi lungo la strada.

     

    L'azione del trovare, poi, guardando il materiale prodotto, la strada convincente, avviene in una fase successiva che è veicolo di modificazioni anche profonde.

     

    Perchè è il senso di insoddisfazione, di compiutezza latente, a rideterminare ciò che ho scritto e quindi il suo nuovo montaggio in funzione di un risultato più soddisfacente.

  4.  

    Era anche un compositore dotato, come lo Studio inciso da Falk ben dimostra. Esso lascia tuttavia percepire un aspetto strutturale della chitarra russa, un aspetto che, dal punto di vista compositivo, può risultare problematico: quello della tendenziale staticità armonica. E' un aspetto che si osserva nel repertorio dello strumento di diverse epoche, da Sychra a Pavlov-Azancheev, e anche un compositore dalla fantasia sbrigliata qual era il romantico Sarenko in un certo modo lo manifesta.

     

    ...

     

    Forse sto pensando ad alta voce, ma immaginando che magari un giorno qualche compositore che legge questo forum voglia scrivere per questo strumento davvero affascinante, mi è sembrato utile metterlo sull'avviso:

    l'Ottocento russo è affascinante, ma per scrivere oggi per chitarra russa bisogna trovare altre vie.

     

    dralig

     

    Dici che a causa della sua accordatura si rischia di restare intrappolati in un facile modalismo di maniera, da scartare in favore di qualcosa di più recondito nello strumento?

  5. No, Alfredo. Il repertorio dei prossimi CD è chiaro da molto tempo.

    Sono vittima della mia morbosa curiosità e ricerca di repertorio originale per chitarra.

    Mi piace leggere musica e per chitarra ce n'è tanta.

     

     

    ok, viaggi sulla lunga distanza.

     

    morbosa non mi sembra un termine confacente: ci fossero orde di chitarristi attenti ad indagare la letteratura chitarristica che si va formando vivremmo nel migliore dei mondi possibili...giusto per rimembrare Voltaire...in questi tempi mi sembra d'uopo.

  6. Intanto la composizione si intitola "Ten Short Studies in Kaleidoscope"; si tratta dunque di una composizione formata da 10 studi, uno dei quali dura 7 secondi ed è in relazione agli altri 9.

     

    Quanto alla durata brevissima, è uno dei punti cardine delle poetiche musicali del '900 il riuscire a condensare il pensiero musicale nell'ambito di uno spazio esiguo...sviluppare all'incontrario...togliendo...

     

    Infine, i motivi strettamente meccanici legati alla forma "studio" non vanno ricercati nella sua durata quanto nelle specificità tecniche che il compositore intende indagare in relazione allo strumento.

     

    Spero di esserti stato d'aiuto.

  7. Sulle composizioni sempre più lunghe c'è poco da obiettare: già Sor e Giuliani scrissero, accanto a fogli d'album, lavori di mezz'ora o più dimostrando che la chitarra poteva indagare territori impervi.

     

    D'altronde non si può certo chiedere ad un compositore di limitare il proprio pensiero ad un numero prestabilito di battute, sarebbe il modo ideale per uccidere definitivamente lo strumento.

  8. No.

    Io non lo credo; la formazione classica centra molto poco con il saper suonare una canzone ad orecchio, la riprova di tutto ciò è che quando ho dovuto registrare un cd di canzoni ho scritto le parti per una pianista ed un violoncellista.

    Entrambi diplomati e concertisti non sapevano assolutamente cosa fare.

    La cosa buffa è che magari provavano Debussy o Prokofiev e poi non riuscivano a seguire intuitivamente gli accordi di una canzone.

     

    Nella formazione classica all'italiana manca la pratica con i generi meno nobili, cosa che non succede nei college americani, il problema è tutto qui.

  9. Direi che "umorale" è perfetto.

     

    Cosa gli si contrappone?

    Lo studio, cioè il rapportarsi all'opera in maniera il più possibile oggettiva, leggendone la partitura ed analizzandola, cercando di capire cosa non ci piace dello stile di quel compositore e non per questo cambiando necessariamente il giudizio o la percezione se non attraverso un processo che trascende il mi piace-non mi piace.

  10.  

    Semmai Ravel no, Bartok sì... specie i quartetti.

    Non c'è bisogno di andare indietro di cento anni: lo scoglio contro cui ho cozzato si chiama MaMaMa (Malipiero, Maderna , Manzoni) BeBoBu (Berio, Boulez, Bussotti), e NoNo (lui da solo).

    Ma anche Petrassi che è molto apprezzato per me è ostico.

    Come è ostica tutta la musica comunemente definita atonale, pantonale, dodecafonica, cromatica...

    Delle ultimissime tendenze so poco o nulla essendomi, dopo la cozzata, rifugiato nel passato tranquillizzante dei Wagner e degni predecessori.

     

    Ma il mio è un problema che ricorre anche con altre forme d'arte contemporanee (nel senso di odierne, attuali).

    Il mio è essenzialmente un approccio estetico, quindi è proprio l'approccio che devo cambiare per poter apprezzare certe opere (e non è detto che ci riesca comunque).

    Quindi chiedevo a chi di voi ha studiato, conservatorio o meno, e ha già fatto questo percorso, di consigliarmi una via da percorrere per comprendere la musica di oggi e capire le esigenze artistiche che hanno portato a crearla.

     

    E' una domanda cretina e lo so da me, ma posso continuare a ignorare il problema e cambiare frequenza quando incappo in qualche composizione contemporanea e continuare ad ascoltare il Tristano, o cercare di comprendere quello che voi avete compreso.

    Spero che da quaggiù le mie richieste riescano ad arrivare fino a voi.

    Grazie

    Andrea

     

    Se ascolti con piacere Bartok non mi farei un cruccio del non riuscire ad apprezzare Berio.

     

    C'è molta gente che pur apprezzando la musica classica ha dei seri problemi a seguire i movimenti accordali di Debussy, figuriamoci Bartok, che non è certo un compositore meno ostico, sotto questo aspetto, di Boulez, e che ai più già pare un compositore degno unicamente da colonna sonora di film horror.

     

    Leggendo le tue risposte, mi pare tuttavia di capire che i tuoi "problemi" esulino da una componente di tipo estetico e riguardino invece qualcosa di più profondo e complesso che forse a ha a che fare con la percezione emotiva dell'esperienza artistica.

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