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In questa mattinata, se non piovosa almeno plumbea, sto girovagando sul web e, come mi capita in certi casi, leggo qua e là notizie, titoli e discussioni anche di questo forum, tanto per tenermi aggiornato o per lo meno informato quanto al "non tutto ma di tutto".

Orbene, oggi (non so perché) mi è capitato di considerare quanto si sia perduto o dissennatamente sperperato del patrimonio costitiuto  dalla  nostra povera lingua, quella italiana, una volta considerata la più atta a fornire testi da musicare e tale da influenzare le produzioni drammatiche e musicali; penso a Metastasio, a Calzabigi, a Illica e a decine di altri autori.

Oggi è per me sintomatico e persino apprezzabile l'autore che di tanto in tanto titoli un suo scritto (o brano o opera) in lingua diversa dalla nostra, visto che siamo contemporanei a noi stessi e subiamo gli effetti della cosiddetta globalizzazione.

Farne una riserva mentale no, però, specie per la definizione di eventi o cose di corrente amminastrazione. Lo trovo assurdo (non dirò ridicolo), quando ci sono termini più consoni in italiano.

In gioventù, era impensabile -almeno negli anni '50- che noi si acquistasse unj 45 giri nonj cantato in anglo-americano, e poi la storia ci ha dato ragione fino alla comparsa di "canzoni" cantate nella nostra lingua che io ritengo  veri e propri "chefs d'oeuvre" (eccolo là!).

Impensabile era poi chiamare "pellicola" un film o "barra di mescita" un bar; e così via.

Di cosa mi dolgo, dunque?

Orbene, le mie ascendenze ciociare, come quelle di Gaio Mario, San Tom maso, Petrassi e De Sica, per citare i più noti, si ribellano quando leggono (è solo un esempio, per carità) definizioni del tipo "Cassino Guitar Competition" o  "location" del Fiuggi-festival ed altre amenità di questo tipo che fanno sorridere chi conosce leoperose cittadine ed il rude dialetto dei suoi abitanti.  (segue)


Il pensiero è quindi questo: se il dialetto ciociaro è ben vivo, perché la lngua italiana sta per morire (in certe occasioni) se non è addirittura morta?

Il mio argomentare non ha voluto toccare altre situazioni regionali o titolazioni, per non essere tacciato di  disfattismo autarchico, ciò che assolutamente non mi appartiene.

L'esterofilia non produce frutti che negativi (mi viene in mente quel post su quel che pensano di noi in Austria); gli antichi Romani conquistarono il mondo imponendo la propria cultura per il tramite della lingua, come poi avrebbero fat to gli anglofoni.

A noi non devono interessare territori di conquista, ma la salvaguardia dell'espressione si.

Altrimenti ci troveremo schiavi senza speranza, frequentando soltanto nel "sermo familiaris" la nostra maniera di espressionei.

Con una lingua morta, Dio non voglia!


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Inviato

Caro maestro,

 

nel sottoscrivere quanto lei sottolinea, soprattutto nelle sue drammatiche conclusioni che anche io, come lei, scongiuro, ritengo opportuno considerare come spesso il ricorso al lessico estero in sostituzione dell'italiano mascheri una mancanza di contenuti, al punto da essere talvolta utilizzato a sproposito.

Penso a chi cita "memento audere semper" ritenendo che significhi "resta sempre ad ascoltare" (riscontrato meno di una settimana fa, su un social network - l'inglese è d'obbligo); penso a chi parla di "convention" in luogo di "convenzione"; penso a chi parla di "location" volendo indicare un luogo, cioè un'ubicazione.

Ecco, in questi casi, la pochezza del pensiero viene sottolineata dall'utilizzo improprio di un vocabolo ignorato. In buona sostanza, il risultato è quello di Dogberry, che fiero e tronfio del suo epiteto esorta "E voi compari non vi scordate di specificare, a tempo e luogo, che io sarei un somaro!"


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La migliore che ho sentito negli ultimi anni:

 

"Ho preso questa nuova chitarra di liuteria"
"Bene! Che te ne pare?"

"Ti dirò, ha una bella action."

"Eh?"


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Inviato

Già! squisito ed elegante "inchiostro"...di Illica...e Giacosa!

e con timida, forse accresciuta valenza, se affermato...da un semplice mezzo sangue "austro/francese"...

grazie e buona serata, Maestri!

cfdf


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Ce ne sono di belle, come lasciate intendere entrambi, per poca conoscenza del lessico o per puro amore dello snob ( il latino sine nobilitatem il cui significa fu traslato.

Del resto, la lingua ottocentessca dell'Otto-Novecento afferente la cultura fu il francese ( quas imetà di "Guerra e pace" di Tolstoi è  scritto in tale idioma, ad esempio) mentre la scienza e lecnica hanno poi incoronato l'inglese, meno elegante ma più essenziale e quindi efficace, complice la sua  meno evoluta attitudine sintattica.

Le parole invece sono rimaste neolatine: tra quelle citate, "location" (locus), "convention" ( da convenio), chitarra (cithara), competition (competitor).... Con action poi andiamo  addirittura in Grecia antica (ago=ago latino=fare, agire) e così  via.

E' pur vero che spesso la dicitura straniera è d'obbligo e buffe mi sembrano perciò le forzature 'autarchiche' che appaiono in altre lingue (esempio calzante lo spagnolo "compiutador(a)" o il francese "ordinateur", che fatalmente stanno divendo desueti a favore della generalizzazione in "compiuter", calcolatore elettronico che prese nome anch'esso dal latino computare.

Tutto ciò è divertente ma cela una trappola etica; vi ricordate dell'esame di latino del marchesino Eufemio che, dovendo tradurre "esercito distrutto", si esibì con "exercitus lardi"?

Ebbene, lui si che ebbe il premio!

 

P:S: "action" sarebbe la 'suonabilità' dello strumento e si rifà all'altezza delle corde sulla tastiera. Confesso che anche per me ha costituito un significato ignoto, sino a quando non ci siamo accinti alla compilazione di un "glossario" per la Storia della Chitarra della Carish, di cui stiamo curando ora la nuova edizione.

 

Colgo l'occasione per salutare Carlo Defranceschi e mi piace fargli sapere che, oltre a parecchi latinismi, il dialetto ciociaro conserva fonemi e parole austro-francesi.


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Ce ne sono di belle, come lasciate intendere entrambi, per poca conoscenza del lessico o per puro amore dello snob ( il latino sine nobilitatem il cui significa fu traslato.

Del resto, la lingua ottocentessca dell'Otto-Novecento afferente la cultura fu il francese ( quas imetà di "Guerra e pace" di Tolstoi è  scritto in tale idioma, ad esempio) mentre la scienza e lecnica hanno poi incoronato l'inglese, meno elegante ma più essenziale e quindi efficace, complice la sua  meno evoluta attitudine sintattica.

 

 

 

Come?


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E' così, James; i ceppi linguistici sono tanti, ma  principali rimangono quelli studiati dalla filologia germanica e da  quella romanza.

La prima studia lingue complesse come il tedesco (che ancor oggi conserva i "casi" e i nomi neutri  di latina memoria ), la seconda (area romanza, da "romanice loqui") le lingue neolatine tra cui la nostra.

L'essenzialità della lingua inglese è derivata dai dialetti britannici e dall'influenza latina (non dimentichiamo che il famoso "vallo" di Adriano da "vallum" è divenuto wall, muro) e l'idioma si è frammentarizzato per ragioni etnico-politiche. Cosi' lo scozzese è, specie nella pronuncia, diverso dalla lingua ufficiale, e parimente l'irlamdese etc.

L'eleganza di una lingua non dipende dal suo contenuto ... estetico, ma da un complesso di fattori che sarebbe lungo spiegare; il parere della fillologia è pressoché concorde in merito anche se ad ognuno "piace" maggiormente ciò che ben conosce.

Personalmente, ad esempio, a me piace anche il castigliano, ma non come il provenzale; anche se trovo di interesse "acustico" le lingue ugro-finniche di cui non capisco un'ette.

Questo  intendevo, ma ciascuno può sposare la tesi che vuole, magari argomentando e non  ponendo maliziose particelle interrogative.

Non credo poi che la lingua inglese, se non fosse efficace, avrebbe la diffusione universale che ha.

 

In proposito, mi viene in mente una frase dell'umorista i J.K. Jerome: "la lingua inglese è la più diffusa nel mondo stante l'incapacità di un inglese di imparare un'altra lingua".

Apprezzo molto chi non si prende troppo sul serio.


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Ricambio il saluto con personale privilegio


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Ce ne sono di belle, come lasciate intendere entrambi, per poca conoscenza del lessico o per puro amore dello snob ( il latino sine nobilitate) il cui significa fu traslato.

Del resto, la lingua ottocentessca dell'Otto-Novecento afferente la cultura fu il francese ( quas imetà di "Guerra e pace" di Tolstoi è  scritto in tale idioma, ad esempio) mentre la scienza e lecnica hanno poi incoronato l'inglese, meno elegante ma più essenziale e quindi efficace, complice la sua  meno evoluta attitudine sintattica.

Le parole invece sono rimaste neolatine: tra quelle citate, "location" (locus), "convention" ( da convenio), chitarra (cithara), competition (competitor).... Con action poi andiamo  addirittura in Grecia antica (ago=ago latino=fare, agire) e così  via.

E' pur vero che spesso la dicitura straniera è d'obbligo e buffe mi sembrano perciò le forzature 'autarchiche' che appaiono in altre lingue (esempio calzante lo spagnolo "compiutador(a)" o il francese "ordinateur", che fatalmente stanno divendo desueti a favore della generalizzazione in "compiuter", calcolatore elettronico che prese nome anch'esso dal latino computare.

Tutto ciò è divertente ma cela una trappola etica; vi ricordate dell'esame di latino del marchesino Eufemio che, dovendo tradurre "esercito distrutto", si esibì con "exercitus lardi"?

Ebbene, lui si che ebbe il premio!

 

P:S: "action" sarebbe la 'suonabilità' dello strumento e si rifà all'altezza delle corde sulla tastiera. Confesso che anche per me ha costituito un significato ignoto, sino a quando non ci siamo accinti alla compilazione di un "glossario" per la Storia della Chitarra della Carish, di cui stiamo curando ora la nuova edizione.

 

Colgo l'occasione per salutare Carlo Defranceschi e mi piace fargli sapere che, oltre a parecchi latinismi, il dialetto ciociaro conserva fonemi e parole austro-francesi.

Ricambio e rilancio conj gli nauguri di Natale.

 

 

 

P.S.= ho ripetuto un intervento nel tentativo di correggere un errore: sine nobilitatem = sine nobilitate.

    Mi dispiace!

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Ma non ho alcun argomento, ho imparato a non pontificare, e soprattutto non così su Internet. Voglio solo cercare di capire quello che vuoi dire, in quanto questa è una possibilità. Non ho alcuna affinità per una lingua al di là della circostanza in cui ho semplicemente capita di essere nato. Tuttavia, vedo il rapporto tra etimologia e l'estetica, se si può credere in una vasta categoria quali, come più di arbitrario e al di là giustificazione pratica e comunicabile. In ogni caso, la politica dell'identità trovo infantile. Qui in Canada, questo è il quotidiano non-senso per conto della provincia del Quebec.

Per quanto riguarda la serietà, come si può fare altro che ridere di questo scherzo cosmico dell'esistenza, le finzioni che riteniamo "vita reale"? Spero che la mia capacità limitata con l'italiano non viene interpretato come dispetto. Non che uno ha, ma per favore non assumere ho un grande punto di provare qui, qui sta per me una inutilità innegabile, forse assurdità. Il mio tono è quasi sempre ... Rabelaisiana.

 

Con assoluto rispetto per voi e la vostra musica,
James Beneteau

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