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L'edizione Suvini Zerboni è quella che rispetta di più l'originale. Ho usato quella per la registrazione ed è quella di riferimento per le mie interpretazioni in pubblico.

 

Veramente Ruggero Chiesa nella sua edizione modifica la scrittura originale di Paganini realizzando sistematicamente la polifonia non indicata dall'autore: lo afferma Chiesa stesso nella prefazione.

 

Nella sua edizione Chanterelle invece Giuseppe Gazzelloni ripropone anche la grafia originale di Paganini lasciando al gusto dell'nterprete il compito della realizzazione polifonica.

 

Comunque si tratta di due ottime edizioni che per di più offrono una riproduzione chiara e completa del manoscritto paganiniano.

 

Realizzare una polifonia (adoperiamo qui il termine in senso lato, non riferendoci a uno stile di composizione che Paganini ignora) in modo esplicito non è operazione semplice. Il principio di espandere le voci in tutta la loro durata materialmente possibile - principio che sembra informare la maggior parte di questo genere di ri-scritture - è un po' grossolano, e può condurre a risultati infausti. Credo che sia indispensabile conoscere a fondo lo stile: nelle partiture dei maggiori compositori dell'epoca (ma già anche in precedenza), ad esempio, la durata dei bassi non era fissata in base a un criterio di disponibilità, ma veniva opportunamente scandita e interrotta da pause molto significative ai fini del fraseggio. In molte realizzazioni vedo invece patate (semibrevi e minime)...

 

dralig

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Innanzitutto voglio ringraziarvi, sopratutto il "riflessivo" dralig (che con questo nick la sua "riflessione" prende anche forma, anzi nome), siete sempre preziosi e disponibili.

 

Ne approfitto:

Ho sentito varie interpretazioni, la maggior parte delle volte eseguite a velocità davvero sostenute. Certo parliamo di paganini che è un virtuoso, ma non solo ed (in attesa di reperire le indicazioni "originali") essendo una sonata, dopo aver riflettuto sulle parole di dralig, mi viene da pensare che la strada più interessante e giusta sarebbe sacrificare un pò di virtuosismo che comunque abbonda in moltissime parti del pezzo nelle quali ci si può sfogare e, invece della caccia alla polifonia inesistente, fraseggiare molto. Cosa ne pensate?

Insomma mi sembra davvero uno spreco leggere questo pezzo come un pezzo virtuoso e (quasi) basta, io ci leggo moltissime frasi bellissime che stuzzicano le dita, moltissime scale dove si può giocare con meno rigore e melodie da sviluppare con intensità maggiore.


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Innanzitutto voglio ringraziarvi, sopratutto il "riflessivo" dralig (che con questo nick la sua "riflessione" prende anche forma, anzi nome), siete sempre preziosi e disponibili.

 

Ne approfitto:

Ho sentito varie interpretazioni, la maggior parte delle volte eseguite a velocità davvero sostenute. Certo parliamo di paganini che è un virtuoso, ma non solo ed (in attesa di reperire le indicazioni "originali") essendo una sonata, dopo aver riflettuto sulle parole di dralig, mi viene da pensare che la strada più interessante e giusta sarebbe sacrificare un pò di virtuosismo che comunque abbonda in moltissime parti del pezzo nelle quali ci si può sfogare e, invece della caccia alla polifonia inesistente, fraseggiare molto. Cosa ne pensate?

Insomma mi sembra davvero uno spreco leggere questo pezzo come un pezzo virtuoso e (quasi) basta, io ci leggo moltissime frasi bellissime che stuzzicano le dita, moltissime scale dove si può giocare con meno rigore e melodie da sviluppare con intensità maggiore.

 

Bisogna guardare una composizione per quello che è (fase cognitiva) e poi farne quel che si può e si vuole (fase intepretativa e creativa). Se manca una delle due fasi, il risultato è debole. Paganini scrisse Sonate in varie forme, ma un aspetto è costante: nelle sue Sonate rifulge lo stile italiano, sia esso ancora legato allo stile galante (molte delle 37 Sonate), o sia già propriamente uno stile classico. Questo vuol dire, a farla breve, che i temi sono anche delle melodie: tant'è vero che, di sviluppo, non c'è poi nemmeno l'ombra (come si fa a sviluppare una melodia?). E nelle melodie lo strumento evoca la voce umana: quindi deve cantare seguendo la logica del respiro e cercando di rendere l'espressione il più possibile affine a quella del canto vocale. Poi, ci sono le fasi propriamente strumentali (in Paganini, le scale e le note doppie). E lì, bisogna saperci fare con la tecnica. Ad esempio, io credo che Paganini suonasse le note doppie con la chitarra adoperando una tecnica violinistica, cioè muovendo il braccio sinistro con pressione uniforme, senza varianti, semplicemente scivolando lungo le corde, e coordinando la velocità dello scivolamento in modo da prendere con le dita della mano destra le note esattamente nel tempuscolo in cui le dita della mano sinistra si trovano nel punto giusto vicino alle barrette. Non è una tecnica per tutti, ma chi l'ha imparata ha ottenuto risultati specifici che rendono evidente, nel suono, come Paganini aveva forgiato quei passi.

 

dralig


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L'edizione Suvini Zerboni è quella che rispetta di più l'originale. Ho usato quella per la registrazione ed è quella di riferimento per le mie interpretazioni in pubblico.

 

Veramente Ruggero Chiesa nella sua edizione modifica la scrittura originale di Paganini realizzando sistematicamente la polifonia non indicata dall'autore: lo afferma Chiesa stesso nella prefazione.

 

Nella sua edizione Chanterelle invece Giuseppe Gazzelloni ripropone anche la grafia originale di Paganini lasciando al gusto dell'nterprete il compito della realizzazione polifonica.

 

Comunque si tratta di due ottime edizioni che per di più offrono una riproduzione chiara e completa del manoscritto paganiniano.

 

Realizzare una polifonia (adoperiamo qui il termine in senso lato, non riferendoci a uno stile di composizione che Paganini ignora) in modo esplicito non è operazione semplice. Il principio di espandere le voci in tutta la loro durata materialmente possibile - principio che sembra informare la maggior parte di questo genere di ri-scritture - è un po' grossolano, e può condurre a risultati infausti. Credo che sia indispensabile conoscere a fondo lo stile: nelle partiture dei maggiori compositori dell'epoca (ma già anche in precedenza), ad esempio, la durata dei bassi non era fissata in base a un criterio di disponibilità, ma veniva opportunamente scandita e interrotta da pause molto significative ai fini del fraseggio. In molte realizzazioni vedo invece patate (semibrevi e minime)...

 

dralig

 

A Cristiano facevo notare, non che il lavoro è ben fatto oppure no, ma che un 'intervento sul testo c'era stato ed era pure dichiarato da Chiesa. Quindi difficile affermare che è l'edizione che "rispetta di più l'originale".

 

Io per altro questa realizzazione, il più delle volte a due voci- hai ragione "polifonia" non è il termine più adatto da scomodare, non la condivido in diversi punti.

Basterebbe dare un'occhiata alle parti di violoncello dei Quartetti di Paganini per rendersi conto che l'articolazione immaginata d'autore nel basso è ben diversa da come la realizza Chiesa. Quindi che le durate indicate da Chiesa siano così "ovvie" non mi sentirei di sottoscriverlo. Mi sentirei piuttosto di dire che a questo inconveniente si può rimediare con una buona conoscenza della prassi esecutiva dell'epoca.


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Ad esempio, io credo che Paganini suonasse le note doppie con la chitarra adoperando una tecnica violinistica, cioè muovendo il braccio sinistro con pressione uniforme, senza varianti, semplicemente scivolando lungo le corde, e coordinando la velocità dello scivolamento in modo da prendere con le dita della mano destra le note esattamente nel tempuscolo in cui le dita della mano sinistra si trovano nel punto giusto vicino alle barrette.

dralig

 

Ho visto un chitarrista (tra l'altro presente sul forum) dal vivo suonare (non ricordo più cosa) con questa tecnica e in effetti mi ha molto impressionato, anche a livello visivo è incredibile da vedere.


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Ad esempio, io credo che Paganini suonasse le note doppie con la chitarra adoperando una tecnica violinistica, cioè muovendo il braccio sinistro con pressione uniforme, senza varianti, semplicemente scivolando lungo le corde, e coordinando la velocità dello scivolamento in modo da prendere con le dita della mano destra le note esattamente nel tempuscolo in cui le dita della mano sinistra si trovano nel punto giusto vicino alle barrette.

dralig

 

Ho visto un chitarrista (tra l'altro presente sul forum) dal vivo suonare (non ricordo più cosa) con questa tecnica e in effetti mi ha molto impressionato, anche a livello visivo è incredibile da vedere.

 

Il primo ad attuarla - in modo del tutto spontaneo, tra l'altro: nessuno gliel'aveva insegnata - fu, ch'io sappia, Luigi Biscaldi. La applicò come niente fosse al famoso Studio in la maggiore di Sor sulle terze, e poi da lì, ai passi a note doppie dei Concerti di Giuliani. Io ho poi trasmesso questa tecnica ad altri giovani virtuosi, sempre precisando che non era farina del mio sacco. Naturalmente, è possibilissimo che altri ci siano arrivati con il loro intuito: la scoperta dell'America da parte di CC è una convenzione degli storiografi, si sa benissimo che prima di lui il nuovo mondo l'avevano già visitato altri...

 

dralig


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... si sa benissimo che prima di lui il nuovo mondo l'avevano già visitato altri...

dralig

...e se non erro sempre della tua scuola.

Ricordo un "tal" Lorenzo Natalini, oggi ottimo liutaio, applicarla allo stesso studio di Sor, per non parlare di un componente di un duo, sempre della tua schiera, che la adottava, in forma esemplificata ma di fatto equivalente, nella Tarantella di P.Petit. :D

LM


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Ad esempio, io credo che Paganini suonasse le note doppie con la chitarra adoperando una tecnica violinistica, cioè muovendo il braccio sinistro con pressione uniforme, senza varianti, semplicemente scivolando lungo le corde, e coordinando la velocità dello scivolamento in modo da prendere con le dita della mano destra le note esattamente nel tempuscolo in cui le dita della mano sinistra si trovano nel punto giusto vicino alle barrette.

 

E' una tecnica che raramente trova applicazione in altri brani ma è senza dubbio la soluzione ideale per i passaggi in questione.

Un esempio su tutti la penultima variazione del Terzo Tempo. E' molto meglio utilizzare questa tecnica per rendere il movimento musicale più fluido eliminando completamente le legature chitarristiche.


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Certo è che riguarda una coordinazione che per la tecnica tradizionale è nuova e va studiata come tale. Riprendendo questa suonata ne approfitterò.

Ora ho grazie a tutti voi le idee più chiare, studiare un pezzo in maniera approfondita, tenendo conto ti tutti gli aspetti possibili anche e sopratutto delle parti "in ombra", è una cosa che trovo entusiasmante, mi fa sempre sentire come un bambino il giorno di natale! Si sa ogni persona ha le sue piccole perversioni :lol::lol:


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potete spiegarmi questa tecnica?

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