Vai al contenuto
Novità discografiche:

Messaggi raccomandati


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  17
  • Content Count:  124
  • Reputation:   0
  • Joined:  15/02/2006
  • Status:  Offline

Inviato

Salve a tutti, vorrei aprire una discussione sul metodo di studio e di approccio ad un brano musicale, ed avere i vostri consigli, suggerimenti e tutto ciò che per la vostra esperienza avete trovato essere fondamentale e prezioso.

 

Se questa domanda vi può sembrare strana e vi va di darmi una mano devo prima spiegarvi da dove nasce...

Sono "nato" come chitarrista autodidatta, animato solo da tanta passione (anche troppa...) e, per varie vicissitudini, non sono mai riuscito a trovare un'insegnante o ad intraprendere la via del conservatorio. La musica l'ho imparata da un violinista di vecchia scuola. Seppur molto precoce (primo concertino solista a 12 anni) la mancanza di una guida chitarristica mi ha lasciato un gran vuoto, quando le basi mancano tutto è molto più difficile. A 18 anni (circa) non ho più potuto suonare, poi a 27 anni piano piano ho ripreso, l'oggi per me è un nuovo inizio. Da 2 anni sono seguito da Lorenzo Micheli, frequentando da prima lezioni private e poi l'accademia. Questo percorso è più di perfezionamento che di vero e proprio studio passo passo, e seppur Lorenzo si dice molto soddisfatto e le nostre lezioni passano discutendo ed analizzando i brani, la mancanza delle basi si fa a volte sentire ancora. Ecco che mi sono rimboccato le maniche e mi sono scervellato da prima sulla tecnica, di cui ora finalmente comincio ad esserne soddisfatto, e poi (ma diciamo parallelamente) sullo studio. Grazie a varie persone (chitarristi di buon cuore) ho cominciato a scoprire la filosofica verità che più si impara e più si scopre quanto c'è da imparare. Detto tutto ciò e chiusa la puntata di SuperQuark dedicata al lupo della steppa torno al post originario.

 

Ecco il frutto delle mie elucubrazioni, se vi va integrate o proponete il vostro metodo.

 

- Ascolto del brano

- ricerca delle partiture, delle varie edizioni e se esiste dell'originale

- collocamento storico, conoscenza dell'autore

- scomposizione del brano nelle sue varie voci, e anche studio separato di queste, così da avere già un'idea anche di timbrica, dinamiche ecc.

- pirma lettura (con lo strumento) e annotazione delle diteggiatura, basata sia sullo studio delle voci sia sulla risoluzione tecnica.

- Non essendo un bravo lettore a prima vista (poca pratica) i brani di struttura difficile sono solito scomporli in blocchi, imparare il primo blocco prima di passare al secondo.

- Tecnica: riuscire a suonare il tutto come si vuole con il minor sforzo possibile.

- Interpretazione personale: quel fraseggio che senti dentro di te e a cui davvero non puoi non dare retta.

 

A voi la palla.

  • Risposte 24
  • Creato
  • Ultima Risposta

Miglior contributo in questa discussione

Miglior contributo in questa discussione


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  17
  • Content Count:  124
  • Reputation:   0
  • Joined:  15/02/2006
  • Status:  Offline

Inviato

Grazie per la risposta.

In realtà ho dimenticato di dire che, se per motivi personali non ho potuto continuare (o intraprendere) lo studio pratico sullo strumento, l'ascolto e lo sviluppo di un ben definito carattere musicale è una cosa di cui non pecco. Quando non si può lavorare fisicamente si lavora intellettualmente, ed è ciò che quasi involontariamente ho fatto da sempre. Lo "studio silenzioso" credo che sia parte integrante e fondamentale del processo di apprendimento, mi capita spessissimo di studiare tutto il giorno una cosa e non vederne la fine, poi stacco la mente continua ad elaborare i dati ed a pensare a rifare quel passaggio centinaia di volte. Poi la mattina ti svegli tocchi lo strumento ed ecco che arriva il risultato.

Ciò di cui vorrei discutere è l'approccio vero e proprio dello studio di un pezzo.


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  17
  • Content Count:  124
  • Reputation:   0
  • Joined:  15/02/2006
  • Status:  Offline

Inviato

Per farla breve, quando decidi di imparare un pezzo come ti comporti? Lo metti sullo spartito e impari le note e basta? O segui un metodo di ricerca e approfondimento?


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  12
  • Content Count:  270
  • Reputation:   0
  • Joined:  20/11/2005
  • Status:  Offline

Inviato
Per farla breve, quando decidi di imparare un pezzo come ti comporti? Lo metti sullo spartito e impari le note e basta? O segui un metodo di ricerca e approfondimento?

L'ascolto come pratica di apprendimento a volte può essere dannosissimo. In realtà, quel che più conta, è trovare dentro di sé tutti gli strumenti necessari per venire a capo di un brano (e stai sicuro che se cerchi bene prima o poi troverai qualcosa).

 

Ascoltando "troppo" Segovia e Bream si finisce per impregnarsi del loro mondo e difficilmente si riesce a vedere le cose dal proprio punto di vista. Il desiderio di emulazione è troppo forte e ci costringe a fare delle scelte interpretative e di repertorio spesso contrastanti con il proprio io. Quindi l'ascolto, è si importante, ma solo come raffronto alle proprie idee e deve essere fatto sempre nella fase finale di studio.

 

Inoltre non esiste, in linea di massima, un'interpretazione migliore di un'altra, ma tanti modi diversi di vedere una stessa cosa, tutti validi. La differenza sta principalmente in chi riesce a cogliere il significato autentico e profondo del pensiero del compositore. Per il resto, ognuno deve esprimere il proprio mondo, bello o brutto che sia, senza preoccuparsi troppo di assomigliare per forza a qualche grande interprete.

 

Ricordo i miei anni giovanili a Siena. Durante una lezione, Ghiglia mi disse ad alta voce "smettila di suonare come Alirio! (..Diaz!)". Io naturalmente caddi dalle nuvole perché mai avrei immaginato di poter assomigliare a qualcuno. Da allora mi sono sempre sforzato di trovare una mia strada.


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  17
  • Content Count:  124
  • Reputation:   0
  • Joined:  15/02/2006
  • Status:  Offline

Inviato

Si sono perfettamente d'accordo, infatti è proprio per questo che mi sono posto il problema di come affrontare un brano con metodo ed intelligenza. La consapevolezza di ciò che si suona dovrebbe essere cosa normale ed invece mettendo un pò il naso nel mondo chitarristico ho notato che non è poi così comune come sembra purtroppo.

E poi assumere il ruolo di "emulo" è quanto di più auto-limitativo ci possa essere.


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  12
  • Content Count:  270
  • Reputation:   0
  • Joined:  20/11/2005
  • Status:  Offline

Inviato

non ti posso aiutare non essendo interprete

vero è che ascoltando i "grandi" della chitarra si corre il rischio dell'emulazione ma

ti assicuro che se i grandi che cerchi di imitare si chiamano pianisti violinisti e direttori d'orchestra allora, nella tua via, le cose della chitarra ti appariranno come mai hanno suonato prima

Che noia questi paragoni con gli altri strumentisti...

se Lipatti o Michelangeli avessero suonato la chitarra, sarebbero stati né più né meno come Segovia o Bream!


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  87
  • Content Count:  2241
  • Reputation:   100
  • Joined:  24/11/2005
  • Status:  Offline
  • Device:  Macintosh

Inviato

se Lipatti o Michelangeli avessero suonato la chitarra, sarebbero stati né più né meno come Segovia o Bream!

 

In realtà, credo che sia molto arduo immaginare un grande interprete al di fuori dello specifico strumento con il quale si è manifestato. Lipatti e Michelangeli - e potremmo aggiungere una mezza dozzina di altri artisti di quella caratura - li conosciamo sotto specie pianistiche, come figurarsi un loro suono violinistico, o chitarristico, o una loro voce? Proprio perché mi sento di riconoscere il loro sound pianistico tra mille altri, avendone colto la cifra irripetibile, non riesco a "sentirlo" diversamente da come in effetti era e, grazie alle incisioni, almeno in parte continua a essere. Il concerto di Grieg suonato da Lipatti, e quello di Ravel suonato da Michelangeli, sono monumenti della storia del pianoforte.

 

dralig


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  6
  • Content Count:  30
  • Reputation:   13
  • Joined:  03/10/2006
  • Status:  Offline
  • Device:  Android

Inviato

Di solito, dopo aver scelto il pezzo, nelle prime settimane il mio rapporto con esso è principalmente fisico. Tra l'altro avendo suonato parecchia musica da camera ho capacità di lettura a prima vista e questo mi aiuta inizialmente. Poi lo lascio per dedicarmi per lo più allo studio silenzioso e lo riprendo dopo solo per verificare le nuove idee (diteggiature, fraseggi) che mi sono venute. Suono adesso solo incisi, frasi, comunque piccoli "pezzi" finché non sono convinto delle mie scelte interpretative. Infine lo ricostruisco nell'insieme e lo suono solo a memoria nella completezza o finché riesco ad andare avanti. Cerco di capire i motivi delle mie lacune (se memoria o concentrazione). Nello scriverti avevo in mente l'ultimo brano studiato quest'estate, la English Suite di Duarte. Ciao


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  12
  • Content Count:  270
  • Reputation:   0
  • Joined:  20/11/2005
  • Status:  Offline

Inviato

 

Che noia questi paragoni con gli altri strumentisti...

 

!

 

ma come mai i chitarristi sono così autoreferenziali?

Non credo che lo siano, o meglio, non come vuoi far credere tu.

In realtà non serve a molto ascoltare gli altri, anche se si chiamano Lipatti o Rubistein.

Non serve perché quello che più conta e ascoltare se stessi.

Ho divorato il concerto di Grieg suonato da Lipatti (la cadenza del primo mov. la conosco praticamente a memoria... l'avrò ascoltata 2000 volte!) al punto che ho rovinato il CD! L'ho fatto però per mera sete di conoscenza e di puro piacere emozionale.

Quando imbraccio la chitarra, però, ascolto solo me stesso e posso assicurarti che risulta difficilissimo dopo aver ascoltato gli altri. Direi quasi impossibile!

I nostri ascolti ci impediscono di metterci in comunicazione con il nostro io più profondo perchè ci sono sempre loro di mezzo. E' un pò come una telefonata disturbata dai rumori.

L'unico consiglio allora che mi sento di dare a Monch è proprio questo... prima vieni tu e poi tutti gli altri. Anche se questi si chiamano Segovia & co.


  • Group:  Membri
  • Topic Count:  38
  • Content Count:  391
  • Reputation:   88
  • Joined:  19/12/2005
  • Status:  Offline
  • Device:  Macintosh

Inviato

 

Che noia questi paragoni con gli altri strumentisti...

 

!

 

ma come mai i chitarristi sono così autoreferenziali?

Non credo che lo siano, o meglio, non come vuoi far credere tu.

In realtà non serve a molto ascoltare gli altri, anche se si chiamano Lipatti o Rubistein.

Non serve perché quello che più conta e ascoltare se stessi.

Ho divorato il concerto di Grieg suonato da Lipatti (la cadenza del primo mov. la conosco praticamente a memoria... l'avrò ascoltata 2000 volte!) al punto che ho rovinato il CD! L'ho fatto però per mera sete di conoscenza e di puro piacere emozionale.

Quando imbraccio la chitarra, però, ascolto solo me stesso e posso assicurarti che risulta difficilissimo dopo aver ascoltato gli altri. Direi quasi impossibile!

I nostri ascolti ci impediscono di metterci in comunicazione con il nostro io più profondo perchè ci sono sempre loro di mezzo. E' un pò come una telefonata disturbata dai rumori.

L'unico consiglio allora che mi sento di dare a Monch è proprio questo... prima vieni tu e poi tutti gli altri. Anche se questi si chiamano Segovia & co.

 

 

Non credo personalmente che "convivere" con ascolti di tale qualità... possa generare danni.. anzi di solito evito il contrario,(nel mio caso) studiare un brano per chitarra di Villa Lobos (per fare un esempio) e ascoltare musica di Villa Lobos tranne che per...chitarra ( o meglio di chitarristi) per poi solo dopo che mi sono fatto una mia idea passo a curiosare cosa fanno gli altri e confronto le mie idee...

intendo che se si ha veramente una personalità originale... non si corrono rischi, e ho trovato e trovo molto gratificante ascoltare interpretazioni di qualità.. musicale.

Del resto, temo sia a volte un pò difficile assimilare "stili corretti" quando spesso, per interpretazione chitarristica, si sfiora ciò che è più corretto definire un "manierismo" così personale da assurgere a... stile interpretativo.. :(

 

Voglio dire in ultima analisi che forse è più facile ascoltare un pianista "sconosciuto" che suona Bach.. senza troppi "errori" stilistici mentre..ahimè non sempre (diciamolo) un chitarrista medio si avvicina al mondo di Bach senza magari pensare di star suonando Paco De Lucia...

capita mi sembra o no?..

senza polemica...e questo un certo ascolto potrebbe evitarlo tranquillamente secondo me, se non si è proprio baciati dalla dea bendata.. che illumina i veri artisti...

 

da piccolo i miei genitori mi dicevano frequenta le persone migliori di te... :) ...

 

mr

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un membro per lasciare un commento

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora
×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.