Manu Inviato 8 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 6 Content Count: 207 Reputation: 0 Joined: 25/09/2006 Status: Offline Inviato 8 Dicembre 2006 Sta di fatto che quel trio sembra scritto non nel primo novecento, ma direi dopodomani. Lo sa Alfredo Franco ho la medesima sensazione anch'io. A proposito credo che la netta classificazione di un modo di comporre e di fare musica legato ad una determinata epoca non possa essere attuabile. Voglio dire:credo che sia un pò troppo azzardato tracciare dei parametri ''oggettivi'' per ogni singola epoca. Credo che per altro influiscano molto su di un'opera il sostrato culturale e le situazione che si trova a vivere il corrispettivo compositore.Per esempio se uno mette a confronto il trio di Ravel composto nel 1914 con il choro di H.Villa-Lobos composto intorno al 1921(certo il paragone è un pò azzardato) nota che questi due pezzi non hanno niente a che vedere,almeno credo. Credo inoltre che è errato ,come in altri campi della cultura,soffermarsi a compartimenti stanti sui periodi musicali ivece di studiarne l'evoluzione.
Alfredo Franco Inviato 8 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 84 Content Count: 1188 Reputation: 77 Joined: 03/12/2005 Status: Offline Device: Windows Inviato 8 Dicembre 2006 Si, è vero. Classificare l'arte in base al tempo è una stupidaggine. Fermo restando che ogni tempo ha il suo (o i suoi) stile, è evidente che le forme di espressione artistica lo rappresentano solo in parte e sono invece a volte sorprendentemente atemporali. Chi dice, ad esempio, che il Quintetto in sol minore di Mozart è un lavoro di fine '700, non solo dice qualcosa di banale, dimostra anche di non essere in grado di trascendere il dato sensibile attraverso la musica.
Ospite Attademo Inviato 8 Dicembre 2006 Inviato 8 Dicembre 2006 Mi sembra che la discussione sia uscita dal suo tema principale. Bene, mi associo a questo sviluppo. Mi sembra che la risposta di dralig a ciccio_matera sia molto condivisibile ma anche dimentichi che esiste un problema della ricettività del pubblicoe del suo grado di cultura, il che può influenzare chi suona e chi scrive (talvolta). Comunque, la mi opinione a proposito è che il pubblico ha il diritto di essere nesciente rispotto alla musica che ascolta (cioè, non è che bisogna leggere un libro di estetica prima di andare ad ascoltare n concerto). Quello che invece è secondo me obbligatorio è l'attenzione e l'apertura a quello che si ascolta (possiamo dire curiosità, voglia di sapere, di scoprire ecc.) Questo atteggiamento permette al musicista e alla musica che suona di mettersi in relazione con chi ascolta anche se questi non ha una coscienza di cosa sta ascoltando: il compito e il merito del buon musicista è comprendere (lui sì) molto bene quello che suona e avere un pensiero chiaro e di formalizzare "strumentalmente" in modo ugualmente chiaro. Ovviamente un musicista non si può però permmettere la leggerezza di mettersi nella posizione dell'ascoltatore qualunque, ma deve conoscere e capire la storia. Il che è difficile, e forse le persone che hanno qualche anno in più forse lo sanno meglio. Luigi A.
Butterfly Inviato 8 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 227 Content Count: 1196 Reputation: 0 Joined: 31/01/2006 Status: Offline Inviato 8 Dicembre 2006 Fermo restando che ogni tempo ha il suo (o i suoi) stile, è evidente che le forme di espressione artistica lo rappresentano solo in parte e sono invece a volte sorprendentemente atemporali. Luca Cambiaso, 1527-1585 (disegni c.d. "cubisti") Bozzetto per episodio biblico Bozzetto per Deposizione (mi spiace di non trovare in questo momento un'immagine più grande) Rielaborazione grafica del bozzetto di Luca Cambiaso per la Deposizione: Butterfly
Manu Inviato 9 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 6 Content Count: 207 Reputation: 0 Joined: 25/09/2006 Status: Offline Autore Inviato 9 Dicembre 2006 Ovviamente un musicista non si può però permettere la leggerezza di mettersi nella posizione dell'ascoltatore qualunque, ma deve conoscere e capire la storia. Sinceramente credo che sia importante conoscerla in rapporto all' eventuale presa visione del contesto storico del compositore. Inoltre credo che possa essere utile anche la letteratura,la filosofia e la storia dell'arte. Certo mi rendo conto che un'esecutore professionista ha ben altro da fare che mettersi a studiare queste materie o ad approfondirle. Tuttavia reputo che, nel caso in cui decidesse di fare ciò spinto dalla sete di conoscenza,ne uscirebbe ''rinvigorito'' culturalmente e in grado di interpretare ciò che suona con uno spirito critico ben più raffinato.
kokis80 Inviato 9 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 11 Content Count: 116 Reputation: 0 Joined: 15/12/2005 Status: Offline Inviato 9 Dicembre 2006 Si, è vero. Classificare l'arte in base al tempo è una stupidaggine. Fermo restando che ogni tempo ha il suo (o i suoi) stile, è evidente che le forme di espressione artistica lo rappresentano solo in parte e sono invece a volte sorprendentemente atemporali. Chi dice, ad esempio, che il Quintetto in sol minore di Mozart è un lavoro di fine '700, non solo dice qualcosa di banale, dimostra anche di non essere in grado di trascendere il dato sensibile attraverso la musica. Perché in che epoca è stato scritto? Le stupidagini sono altre, siamo seri. E' ovviamente molto complesso riuscire a comprendere ciò che è molto lontano da noi: concordo sul fatto che l'arte in generale non sia qualcosa di riducibile ad una certa configuarazione storica empiricamente determinata, né tantomeno deducibile, ma che non sia necessario comprendere, ad esempio, il suscitato quintetto a partire dal sua effettiva collocazione mi sembra vagamente peregrino. A volte "banale" è sinonimo di vero. Personalmente ho pochi dubbi sul fatto che tale quintetto sia del '700 e non credo che questo intacchi la mia capacità di "trascendere il dato sensibile attraverso la musica", anche perché, se vogliamo intendere questa espressione in senso schopenaueriano (in realtà non me ne vengono in mente molti altri o di molto diversi) non capisco che relazione abbia questo con il riconoscere un'esistenza nel mondo dell'apparenza a tale quintetto: credo che sia un passo fondamentale anziché una falsa partenza. Il punto sta nel paradosso, non nella liquidazione e nell'annulamento di questo. Tornando alla questione di partenza: se per confini oggettivi si intende confini esatti, misurabili in senso "matematico" (con determinazione di anno, ora, mese, giorno, secondo), non vorrei spaventarvi, ma questi non esistono A parte la battuta, mi sembra proprio di qualunque impresa umana la perfettibilità, l'errore, un certo grado di sottodeterminazione e di incoerenza: accettare i limiti della ragione non significa renderla inefficace e rifugiarsi nell'arbitro brutalmente soggettivo. La premessa mi sembra poco comprensibile: definire limiti "oggettivi" alle epoche musicali dovrebbe significare ritrovare isomorfia assoluta fra gli appartenenti a tali epoche? Be', la premessa credo che si ponga in modo autoevidente come impossibile da realizzare e probabilmente insensata. Ripeto, se per oggettivo si intende qualcosa di vicino ad esatto, indiscutibile, a priori, irrivedibile, forse è meglio guardare al mondo degli angeli. E' ovvio che, riguardo a tali periodizzazioni, si tratta di approssimazioni dettate da interpretazioni del reale. Il dialogo con il proprio tempo é qualcosa che necessariamente avviene, sia esso in negativo che in positivo (l'esempio di Strauss, definito spesso l'inattuale credo che intuitivamente possa far capire ciò a cui mi riferisco).
Alfredo Franco Inviato 9 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 84 Content Count: 1188 Reputation: 77 Joined: 03/12/2005 Status: Offline Device: Windows Inviato 9 Dicembre 2006 Forse stiamo parlando di due aspetti differenti che riguardano lo stesso problema. E' un fatto appurato che parte del pubblico rifiuti o accetti di ascoltare le composizioni in base alla loro collocazione temporale, sulla musica contemporanea il rifiuto è a priori, scatta automaticamente l'equivalenza contemporaneo-difficile. Ho citato il quintetto mozartiano come esempio della stupidità di un simile ragionamento, io non ho nessuna certezza che sia stato scritto alla fine del '700 se non per la sua datazione che però, a mio modo di sentire quel quintetto diventa un dato marginale.
Butterfly Inviato 9 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 227 Content Count: 1196 Reputation: 0 Joined: 31/01/2006 Status: Offline Inviato 9 Dicembre 2006 Il problema della periodizzazione dell'arte è piuttosto complesso. L'età degli stili è sempre stato un tempo inventato a posteriori dagli storici impegnati nel lavoro interpretativo; perciò i problemi di periodizzazione non sono mai conclusi, ma vengono sempre nuovamente riformulati. Se ci attenessimo ai criteri appresi a scuola: arte antica, paleocristiano, romanico, gotico ecc. fino alla spinosissima distinzione fra arte moderna e arte contemporanea, suggellata da alcune scuole storiografiche dal periodo napoleonico, sfuggirebbero facilmente tutti i fenomeni di transizione e di "contaminazione" fra le epoche, le nazionalità, le etnie. Penso accada anche per la musica. Dove inizia per noi, oggi, l'arte contemporanea? Periodicizzare non è una stupidaggine, caso mai l'equazione "contemporaneo= difficile" si è diffusa nell'immaginario collettivo anche per un non semplice rapporto arte-società nell'ultimo secolo e mezzo e con il progressivo allontanamento dell'arte dalla funzione didattica rispetto ai suoi fruitori. Se nel Trecento gli affreschi delle chiese (per restare in un ambito che mi è più congeniale) avevano anche lo scopo di sopperire all'anafalbetismo che impediva la conoscenza diretta delle narrazioni sacre, attirando le folle, non si può dire che la stessa funzione comunicativa sia stata coltivata dagli artisti in tempi più vicini a noi (del resto lo scopo dell'arte non poteva essere più il medesimo). L'incomunicabilità di certa arte contemporanea e la ricerca di un fascino unicamente estetizzante hanno comunque isolato spesso l'arte (e l'artista) dalla società. In questo senso condivido abbastanza quello che ha scritto Luigi Attademo in questo topic, anche se non ritengo che l'artista debba "piegare" i suoi mezzi espressivi al fine di una maggiore comprensibilità, il cui livello sarebbe invece più auspicabile si innalzasse. La vera arte, espressione di sentimenti e passioni, raggiunge l'anima di chi guarda (e/o ascolta) quando esprime la vita del suo tempo e nel suo tempo, con le opportune e coerenti soluzioni formali. Per questo può apparire altrettanto ricca di suggestioni un'opera di secoli fa come la composizione di più recente creazione ed entrambe possono e riescono a far vibrare, anche oggi e nel tempo che verrà, le stesse "corde" interiori. Probabilmente Picasso non si sarebbe stupito dei "disegni cubisti" cinquecenteschi di Luca Cambiaso. Butterfly P.S.: la suddivisone del topic ha un po' spezzato la discussione...
Manu Inviato 9 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 6 Content Count: 207 Reputation: 0 Joined: 25/09/2006 Status: Offline Autore Inviato 9 Dicembre 2006 volevo dire quello che hai detto nel messaggio precedente Fabio Selvafiorita
Angelo Gilardino Inviato 10 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 10 Dicembre 2006 L'incomunicabilità di certa arte contemporanea e la ricerca di un fascino unicamente estetizzante hanno comunque isolato spesso l'arte (e l'artista) dalla società. In questo senso condivido abbastanza quello che ha scritto Luigi Attademo in questo topic, anche se non ritengo che l'artista debba "piegare" i suoi mezzi espressivi al fine di una maggiore comprensibilità, il cui livello sarebbe invece più auspicabile si innalzasse. .. Attademo ragiona giustamente da interprete: l'interprete espone se stesso in carne e ossa al pubblico, deve comunicare hic et nunc, deve riuscire a stabilire il suo contatto con chi lo ascolta nell'atto stesso del fare arte, non ha un appello postumo dove riscattare il mancato successo della sua arte capovolgendolo nella gloria. Diverso è il caso di un compositore, che - convinto del proprio valore - può accettare (anche se è escluso che gli procuri soddisfazione e contentezza) il rimando del suo riconoscimento a un incerto, e probabilmente postumo, domani. dralig
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