Angelo Gilardino Inviato 10 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 10 Dicembre 2006 Mi sembra che la discussione sia uscita dal suo tema principale. Bene, mi associo a questo sviluppo. Mi sembra che la risposta di dralig a ciccio_matera sia molto condivisibile ma anche dimentichi che esiste un problema della ricettività del pubblicoe del suo grado di cultura, il che può influenzare chi suona e chi scrive (talvolta). Luigi A. Non ho affatto dimenticato il pubblico, l'ho semplicemente abbandonato. 25 anni fa ho appeso la chitarra al chiodo e ho smesso di suonare in pubblico perché ho constatato che, tra la musica che mi importava di fare e quella che il pubblico voleva e si aspettava, c'era un divario che io non ero disposto a colmare, cambiando repertorio e modo di suonare: non volevo e non avrei potuto. Così, dopo il 31 maggio 1981 (data del mio ultimo concerto), mi misi a disposizione di datori di lavoro che non mi avrebbero assunto come musicista, ma come redattore di giornale o come detective (un lavoro che non mi sarebbe dispiaciuto). A quel punto, mi sentii veramente libero di fare musica come volevo, cioè di mettermi a comporre, perché - a dire il vero - era anche l'attività di concertista in sé a risultarmi aliena. Avrei fatto come Ives, che di giorno lavorava in un ufficio e la sera a casa sua componeva. Fu il direttore del conservatorio di Alessandria a farmi cambiare idea, convicendomi a intraprendere la carriera didattica nel suo conservatorio, dove entrai quello stesso anno e da dove non mi mossi per 23 anni di seguito. Componendo, non ho mai minimamente pensato al pubblico e agli ascoltatori e, per la verità, nemmeno ai concertisti: non mi aspettavo nulla da nessuno, e se la mia musica fosse risultata inascoltabile, avrei continuato a scriverla esattamente come ho fatto. Non è andata così, la mia musica in genere è bene accolta nelle sale da concerto, piace anche agli ascoltatori non istruiti, e la lista dei miei interpreti (per stare solo ai chitarristi) conta ormai le centinaia. Tutto questo mi fa piacere, ma non ha mai influenzato il mio lavoro nella sua sostanza. Ho scritto quello che volevo e sentivo di dover scrivere senz'altra mira che quella di realizzare quello che avevo in mente. E' importante, tutto ciò. Io credo che un concertista debba tenere in conto le aspettative del pubblico, un compositore no (a meno che accetti di scrivere artigianalmente un pezzo per un committente e per una determinata circostanza: occasionalmente, si può fare e l'ho fatto anch'io, ma non è questo il punto). Il concertista lavoro tra la gente, il compositore lavora in casa sua, il concertista non può aspettare il riconoscimento postumo, deve ottenerlo presto, altrimenti la sua vita artistica non ha senso. Il compositore può essere riconosciuto anche cent'anni dopo la sua morte - risparmio gli esempi - , e questa non è una piccola differenza. Non per nulla gli applausi e i denari vanno assai più ai virtuosi che ai compositori. E' giusto? Diciamo che l'ingiustizia funziona così. dralig
Alfredo Franco Inviato 10 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 84 Content Count: 1188 Reputation: 77 Joined: 03/12/2005 Status: Offline Device: Windows Inviato 10 Dicembre 2006 La vera arte, espressione di sentimenti e passioni, raggiunge l'anima di chi guarda (e/o ascolta) quando esprime la vita del suo tempo e nel suo tempo, con le opportune e coerenti soluzioni formali. Per questo può apparire altrettanto ricca di suggestioni un'opera di secoli fa come la composizione di più recente creazione ed entrambe possono e riescono a far vibrare, anche oggi e nel tempo che verrà, le stesse "corde" interiori. Probabilmente Picasso non si sarebbe stupito dei "disegni cubisti" cinquecenteschi di Luca Cambiaso. Butterfly Vedi, io credo che Mozart, in alcune sue composizioni, sia la dimostrazione più evidente dell'incomprensibilità della musica. Una serie dodecafonica di Schoenberg e il suo sviluppo, mi risultano molto più comprensibili di certe melodie mozartiane che, se lette sul pentagramma mi fanno dubitare di ogni tentativo di classificazione storica o stilistica...non mi basterebbe una quantità di volumi di analisi musicale equivalente al peso dell'enciclopedia britannica per spiegarne il senso ultimo. Ma devo anche dire che da piccolo mi appropriavo frequentemente dei dischi mozartiani che i miei genitori tentavano di nascondere negli armadi per salvarli dalle mie manine inesperte nel maneggiare il giradischi.
Manu Inviato 10 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 6 Content Count: 207 Reputation: 0 Joined: 25/09/2006 Status: Offline Autore Inviato 10 Dicembre 2006 Componendo, non ho mai minimamente pensato al pubblico e agli ascoltatori e, per la verità, nemmeno ai concertisti: non mi aspettavo nulla da nessuno, e se la mia musica fosse risultata inascoltabile, avrei continuato a scriverla esattamente come ho fatto In effetti credo che questo sia un'atteggiamento che dovrebbe essere la conditio sine qua non per un compositore non sotto un profilo etico ma razionale.Ecco credo che la composizione sia una cosa che sebbene sia sottoposta a canoni oggettivi debba rispecchiare un lavoro soggetivo. A mio parere ogni compositore ha un'approccio del tutto personale ed insostituibile.Voglio dire:una determinata opera è frutto del genio del compositore che lascia all'interno di essa la sua impronta.Nessuno al di fuori di Mozart poteva comporre il reqiem in quel modo o nessuno all'infuori di Bethoveen poteva comporre la quinta sinfonia. Peraltro concepisco la musica come un supremo mezzo di espressione privo del quale perde senso.
Angelo Gilardino Inviato 10 Dicembre 2006 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 10 Dicembre 2006 Peraltro concepisco la musica come un supremo mezzo di espressione privo del quale perde senso. "Hélas, La Palice est mort Il est mort devant Pavie Hélas s'il n'était pas mort Il serait encore en vie." dralig
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