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Ho un problema con la musica contemporanea


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Io ti consiglierei innanzitutto la lettura di questo...

 

Il tuo consiglio è di passare da un mondo bidimensionale a uno a tre dimensioni?

Lasciare il modale e aprire il più possibile la mente fino ad arrivare a comprendere (cioè "capire" e "includere") il maggior numero di lati/note (l'atonale)?

 

molto volentieri, ma come?

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Direi che "umorale" è perfetto.

 

Cosa gli si contrappone?

Lo studio, cioè il rapportarsi all'opera in maniera il più possibile oggettiva, leggendone la partitura ed analizzandola, cercando di capire cosa non ci piace dello stile di quel compositore e non per questo cambiando necessariamente il giudizio o la percezione se non attraverso un processo che trascende il mi piace-non mi piace.

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se posso esprimere la mia: tutta la scuola milanese da 50 anni a questa parte è un pò fuori di testa, come anche Stockhausen e Boulez; si può ben capire che non amo alla follia lo strutturalismo, ma quello che io qui cerco di dire è molto più profondo. Quello che voglio dire è che molti compositori scelgono il linguaggio atonale, invece che il linguaggio modale, o il linguaggio tonale, semplicemente perchè non hanno l'inventiva compositiva per farlo. Molti si rifugiano dietro la facilità della serie, nascondendo così la propria pochezza artistica: devo dire che ultimamente ascoltando le "Folk songs" di Berio, mi sono ricreduto, ma è un caso isolato a mio parere. Che io poi ascolti musica atonale scritta con gusto, è sintomo comunque che esistono ancora compositori "vivi" che hanno ancora qualche cosa da comunicare.

 

La mancanza di inventiva - per usare le Sue parole - non è occultabile dietro l'uso della serie o di qualunque altro procedimento compositivo: se il compositore non ha nulla da dire, non dice nulla, sia che componga con la serie o che scriva in do maggiore.

 

Bisogna sforzarsi di comprendere un fatto: oggi tutti i modi di comporre - tonale, modale, politonale, polimodale, seriale, seriale integrale, etc. - sono in se stessi obsoleti, perché formati in culture che li originarono in base a situazioni reali, nei rispettivi tempi (allora) presenti, che oggi reali non sono più. Oggi, chiunque componga in qualunque modo, si serve di linguaggi obsoleti, e chi adopera la serializzazione di tutti i parametri non è meno tradizionale di chi scrive in re minore: è tutta acqua passata. Oggi, quei modi di comporre si offrono come possibilità di ri-utilizzazione a partire da esigenze e da scopi completamente diversi da quelli per i quali furono creati. Lo stesso discorso vale, ovviamente, per le forme.

 

Aderire fideisticamente a un modo di comporre è, oggi, un non senso, oltre che una scelta intrinsecamente autolesionistica fino alla stupidità: se esistono tanti "linguaggi", tutti ugualmente disponibili, e tutti ugualmente "distanti", perché servirsi di uno solo, e rendersi ridicoli tentando di resuscitare vecchie querelles?

 

Bisogna impadronirsi di tutto e de-ideologizzare i modi di comporre, smettendola di credersi nel giusto perché si adopera il sistema tonale o la serie. Vale soltanto quello che si ha da dire, e tocca a ogni compositore operare le scelte più felici per esprimersi.

 

Quanto agli interpreti e agli ascoltatori, che si sviluppino, e che la smettano di piantare paletti e di innalzare steccati e barriere: come esistono i compositori fasulli che tentano (penosamente) di nascondere la loro impotenza dietro le cortine fumogene di linguaggi apparentemente poco accessibili (illusione cretina), esistono anche interpreti e ascoltatori pigri, indolenti e ottusi, che fanno della loro inanità un dogma, e promulgano leggi e sentenze.

 

dralig

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Dimenticavo: le esigenze del comporre differiscono spesso (ma non sempre e quando avviene in maniera intelligente è molto interessante) da quelle dell'intuizione estemporanea, che caratterizza la maggior parte delle esperienze musicali di oggi (ad esempio l'"ispirazione" melodica e l'ingabbiamento nella "forma canzone") . Sono indissolubilmente legate a quanto sopra e a cui va aggiunto un forte senso artigianale, di costruzione (non costruttivismo) e articolazione di un pensiero musicale. E' una differenza fondamentale ampiamente sottovalutata da chi cerca di esprimere le differenze che caratterizano l'esperienza del comporre.

 

 

Ecco questo è un punto centrale nel mio dimenarmi alla ricerca del "senso" che certe composizioni hanno.

Il mio comporre (uso questo termine nella sola accezione di "mettere insieme" perché risulterebbe eccessivo in qualsiasi altro) è proprio frutto della più bieca invenzione melodica o ritmica (spesso in egual misura) e si piega a questa sola esigenza invece di seguire un bisogno diverso.

Io parto con uno stato d'animo e cerco di materializzarlo e trasportarlo nella musica. Non una musica prettamente descrittiva o perlomeno vorrei evitare che lo fosse, ma sento la pochezza del costrutto e il bisogno allora diviene di progredire verso altro.

Quasi tutti quelli che hanno ascoltato musiche da me composte hanno espresso lo stesso implacabile giudizio, che per me suona (è il caso di dirlo) come un fallimento completo e inappellabile: sembra la musica di un film. Ditemi, c'è forse di peggio?

 

Questa esigenza che spinge a scegliere una nota invece di un'altra come si può carpire?

Se è perciò illusorio tentare di iscriverli in un periodo "X" per comprenderne le motivazioni e le scelte estetico/formali, dovrò iniziare con lo studiare le biografie dei singoli compositori?

 

Bene, un lavoraccio dunque.

Oppure?

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Concordo con Gilardino.

 

La musica ha finito di evolversi.

Non ci saranno mai più rivoluzionari come Debussy e Beethoven.

Tutto ciò che si scrive oggi impiega tecniche già utilizzate nel passato.

 

Ecco perchè non condivido assolutamente le idee di quelli che Gilardino definisce "marxisti": non fanno musica nuova, fanno quello che già faceva Boulez cinquant'anni fa.

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Il giudizio del Maestro Gilardino, credo sia un punto fermo, condivisibile.

Innanzi tutto chiedo a Fabio di calmarsi un attimo, dato che io qui non salgo in cattedra (daltr'onde, come potrei?), ma esprimo solamente un mio giudizio estetico. Ho analizzato in una lezione con il mio docente di composizione i primi 4 KlavierStucke di Stochausen, e alla fine di questa analisi ho tratto le mie conclusioni, dettate più che altro da evidenti discordanze in partenza (come ad esempio la serializzazione delle altezze). Detto questo, mi sembra ingenuo pensare che oggi scrivere in musica tonale, significhi scrivere con la forma canzone; non c'è bisogno di studiare composizione per farlo, e mi sembra anche lesivo della mia intelligenza che tu abbia pensato questo, quindi non so come prenderla; esulando da ciò, io credo che il Maestro Gilardino abbia ragione, infatti io non ho precluso nessuna strada nella formazione del mio modo di comporre (per il saggio di fine anno, sto scrivendo un brano seriale, sto studiando con l'aiuto del mio maestro: "pensare la musica oggi" e "note di apprendistato", entrambi di Boulez), ma ciò non vuol dire che io non possa esprimere un giudizio personale sulle conclusioni a cui si arriva; e, non secondario, dire che "La musica infatti, in occidente, nasce dalla scrittura" è un attimino inesatto...la musica in occidente in realtà non è mai nata, è stata importata. Con questo, ribadendo il mio pensiero, riaffermo nel caso non fossi stato chiaro nell'esprimermi, che io non sono contro la musica seriale o seriale-integrale, le ho ascoltate, le sto studiando, ma le conclusioni a cui si arriva non mi trovano d'accordo. Non scriverei mai musica con una 5ina in una 7imina e subito dopo una pausa di semibreve, con le note del gruppo irregolare che vanno dal Do1 al Do5 e con la prima nota in "ppp" e l'ultima in "fff".

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Il giudizio del Maestro Gilardino, credo sia un punto fermo, condivisibile.

Innanzi tutto chiedo a Fabio di calmarsi un attimo, dato che io qui non salgo in cattedra (daltr'onde, come potrei?), ma esprimo solamente un mio giudizio estetico. Ho analizzato in una lezione con il mio docente di composizione i primi 4 KlavierStucke di Stochausen, e alla fine di questa analisi ho tratto le mie conclusioni, dettate più che altro da evidenti discordanze in partenza (come ad esempio la serializzazione delle altezze). Detto questo, mi sembra ingenuo pensare che oggi scrivere in musica tonale, significhi scrivere con la forma canzone; non c'è bisogno di studiare composizione per farlo, e mi sembra anche lesivo della mia intelligenza che tu abbia pensato questo, quindi non so come prenderla; esulando da ciò, io credo che il Maestro Gilardino abbia ragione, infatti io non ho precluso nessuna strada nella formazione del mio modo di comporre (per il saggio di fine anno, sto scrivendo un brano seriale, sto studiando con l'aiuto del mio maestro: "pensare la musica oggi" e "note di apprendistato", entrambi di Boulez), ma ciò non vuol dire che io non possa esprimere un giudizio personale sulle conclusioni a cui si arriva; e, non secondario, dire che "La musica infatti, in occidente, nasce dalla scrittura" è un attimino inesatto...la musica in occidente in realtà non è mai nata, è stata importata. Con questo, ribadendo il mio pensiero, riaffermo nel caso non fossi stato chiaro nell'esprimermi, che io non sono contro la musica seriale o seriale-integrale, le ho ascoltate, le sto studiando, ma le conclusioni a cui si arriva non mi trovano d'accordo. Non scriverei mai musica con una 5ina in una 7imina le cui note sono tutte di valori molto piccoli e subito dopo una pausa di semibreve, con le note del gruppo irregolare che vanno dal Do1 al Do5 e che passano dal "ppp" all'"fff".

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Il giudizio del Maestro Gilardino, credo sia un punto fermo, condivisibile.

Innanzi tutto chiedo a Fabio di calmarsi un attimo, dato che io qui non salgo in cattedra (daltr'onde, come potrei?), ma esprimo solamente un mio giudizio estetico. Ho analizzato in una lezione con il mio docente di composizione i primi 4 KlavierStucke di Stochausen, e alla fine di questa analisi ho tratto le mie conclusioni, dettate più che altro da evidenti discordanze in partenza (come ad esempio la serializzazione delle altezze). Detto questo, mi sembra ingenuo pensare che oggi scrivere in musica tonale, significhi scrivere con la forma canzone; non c'è bisogno di studiare composizione per farlo, e mi sembra anche lesivo della mia intelligenza che tu abbia pensato questo, quindi non so come prenderla; esulando da ciò, io credo che il Maestro Gilardino abbia ragione, infatti io non ho precluso nessuna strada nella formazione del mio modo di comporre (per il saggio di fine anno, sto scrivendo un brano seriale, sto studiando con l'aiuto del mio maestro: "pensare la musica oggi" e "note di apprendistato", entrambi di Boulez), ma ciò non vuol dire che io non possa esprimere un giudizio personale sulle conclusioni a cui si arriva; e, non secondario, dire che "La musica infatti, in occidente, nasce dalla scrittura" è un attimino inesatto...la musica in occidente in realtà non è mai nata, è stata importata. Con questo, ribadendo il mio pensiero, riaffermo nel caso non fossi stato chiaro nell'esprimermi, che io non sono contro la musica seriale o seriale-integrale, le ho ascoltate, le sto studiando, ma le conclusioni a cui si arriva non mi trovano d'accordo. Non scriverei mai musica con una 5ina in una 7imina le cui note sono tutte di valori molto piccoli e subito dopo una pausa di semibreve, con le note del gruppo irregolare che vanno dal Do1 al Do5 e che passano dal "ppp" all'"fff".

 

Agli allievi, e ai giovani musicisti in specie, non bisogna trasmettere delle conclusioni, dei giudizi già fatti, ma il metodo per pervenire responsabilmente (cioè con cognizione di causa) alla formazione di giudizi personali. Quello che Lei conclude dopo che ha capito un pezzo attraverso la lettura analitica è sacrosanto, e nessuno ha il diritto di contestarlo - a meno che, nel manifestarsi, Lei non riveli di aver commesso errori di metodo (non ho il minimo indizio che ciò sia avvenuto). Non mi sembra nemmeno, d'altronde, che Fabio abbia assunto posizioni inibitorie nei riguardi della Sua libertà di opinione.

 

Se assistiamo a dibattiti accesi e tutt'altro che sopiti riguardo l'arte moderna in generale, non è a causa del fatto che ci siano, da una parte i giudici consapevoli e dall'altra quelli improvvisati e faciloni, ma al fatto, ben più significativo, che lo studio serio non conduce a conclusioni univoche e concordi. Questo tipo di dibattito è salutare, vitale, direi necessario.

 

dralig

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questa è l'ultima risposta O.T., promesso ;)

 

Mi pare che Andrea abbia chiesto di fornirgli degli strumenti per la comprensione della musica "contemporanea", non una nostra opinione...c'è una bella differenza...ma è un esempio lampante, Andrea, di come l'ostacolo più grande per avvicinarsi a certo novecento riguardi anche e non solo, alcune compentenze.

 

in questo momento implicitamente mi stai dando dell'ignorante (ovviamente in materia), senza avere nessun dato per giudicare. Questa per me è superficialità. Comunque non concordo sulla necessità di conoscere, un linguaggio che non parla da se non è utile. Andrea, Le consiglio di ascoltare molta, molta musica atonale, di qualsiasi genere e forma: questo glieLo dico per esperienza personale.

 

La balla enorme che ti è sopra stata propinata è frutto dell'ignoranza perchè è molto più semplice constatare esattamente il contrario, cioè che la miseria dell'"arte" musicale oggi si misura istante per istante nel paesaggio sonoro della modernità, con i dettami di superficie della tonalità, in special modo in certa musica di massa.

 

tralasciando l'esplicita affermazione che sopra era implicita, credo che parli in maniera sbagliata quando chiami "arte" musicale il mondo musicale di massa. La tonalità (ma io ho parlato anche di modalità) è ben altro, e lo sappiamo bene: Beethoven non è De Gregori.

 

In ogni caso è un gioco sporco perchè dovrebber parere ovvio che non è una tecnica a fare la differenza, tonale modale o postseriale, ma la qualità del risultato.

 

Sono d'accordo, daltr'onde chi non lo sarebbe.

 

In mancanza di strumenti per giudicare la natura di questa qualità, ieri epigoni di razza tacciavano di ignoranza chi fuggiva dall'oritcello dell dodici note, oggi, con lo stesso spirito reazionario (nella sua accezione peggiore), si fa esattamente il contrario.

La serialità ha invece esaurito la sua funzione, da almeno una ventina d'anni. Diffida quindi Andrea, sempre, da chi non sa distinguere le esperienze odierne da quelle di cinquant'anni fa, anche se non le conosci, informati sempre sul dato biografico. Generalmente i compositori non sono dei cretini.

 

Eccolo qui. Io posso usare tutti i linguaggi, per esprimere quello che provo, nella mia composizione, e tra tutti scelgo quello che mi serve per esprimere meglio il concetto. Non mi precludo nulla, anzi. Credo che uno debba essere padrone di tutti i linguaggi per poi scegliere. Non puoi dire che la serialità ha esaurito la sua funzione 20 anni fa, perchè non è così.

 

Ti consiglierei innanzitutto un piccolo grande sforzo: pensare al linguaggio musicale occidentale, come ad un linguaggio in continua evoluzione. L'esperienza "colta" musicale occidentale, dagli albori, è una esperienza integrale, non solo prettamente sensoriale ed emotiva, acustica, ma anche speculativa, sia che la speculazione riguardi il materiale musicale, sia riguardi questioni extramusicali. E'una esperienza umana completa, emotiva e razionale che spesso, nel bene e nel male, ha confuso (e non sempre nel senso negativo come oggi si lascia intendere) le esigenze dell'occhio con quelle dell'orecchio. La musica infatti, in occidente, nasce dalla scrittura, che di per se, sancisce una fondamentale differenza con tutte le altre esperienze musicali mondiali di tradizione orale e fondate quasi esclusivamente sul suono. Questa è la forma mentis con la quale dovresti poi affrontare la storia musicale. E'uno sforzo che devi compiere se vuoi avvicinarti al novecento musicale (e non solo, ma è un altro lungo discorso). Non è detto successivamente che deve essere la tua in quanto musicista, ma per comprendere è necessaria e riguarda tanto la musica quanto le altre arti.

Quindi, forma mentis.

 

non è così Fabio, la musica è un'arte emancipata da pochi secoli: fino al 300 essa non era un'arte, ma una scienza, che faceva parte del Quadrivium; essa non nasce dalla scrittura, e la sua evoluzione dipende dall'evoluzione delle altre arti, dalla danza e dalla letteratura, ma anche dal contesto sociale, tant'è che la musica si adegua alle correnti artistiche con mezzo secolo di ritardo.

 

Secondo: cerca il più possibile di vivere l'esperienza musicale odierna. Non affidarti esclusivamente all'ascolto casalingo, ma cerca di frequentare dei musicisti (meglio se non chitarristi, notoriamente pessimi frequentatori del novecento, se non di quello di cui non si sta parlando e i quali sottovalutano ampiamente la figura del compositore di musica tout court)...e fatti, se riesci, coinvolgere nella dialettica incontro-scontro, con delle lezioni da un compositore...quello è un banco di prova, così come sei stato messo di fronte alla grandezza di Bartok, non avrai problemi a comprendere aspetti ad esempio di un Francesconi (un Compositore vivente).

Infine confrontati tu stesso con la scrittura musicale. E' il modo migliore per comprendere le tue esigenze per spesso rapportarle a quelle, già condivise, di altri compositori. Cosa vuoi dalla musica? Come inizi un pezzo? Come lo continui? Perchè ad uncerto punto privilegi una strada anziche un altra? Perchè lo fai con quelle note e non con altre?

La partitura è la biografia di un compositore. E'tutto li.

 

Giusto, condivido pienamente.

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dralig

 

come sempre Lei centra il punto. La stimo molto, soprattutto per i giudizi che Lei dà. Anche se Fabio credo abbia un pò calcato la mano.

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