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"Quel benedetto giro di do"


Ospite King
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Cari amici e amiche, mi è arrivato a casa l'ultimo numero di "seicorde" e così ho pensato di discutere con voi l'editoriale del direttore Filippo Michelangeli:

 

Quel benedetto giro di Do

 

È il sogno proibito di ogni dilettante, mentre è considerato dai chitarristi classici un sottoprodotto musicale. E così, quando si rende necessario accompagnare una canzonetta di moda, il professionista rivela all’improvviso tutta la sua inadeguatezza. Una lacuna che i nuovi piani di studio dovrebbero colmare

 

Che cosa significa saper suonare la chitarra? Per chi frequenta un Conservatorio o un regolare piano di studi presso una scuola di musica vuole dire soprattutto raggiungere gli obiettivi previsti dai programmi di studi. Nel vecchio ordinamento – al quale oggi vengono affiancate le lauree di primo livello e quella specialistica – sono previsti una serie di esercizi, scale, studi, brani di autori di varie epoche e di livello progressivo di difficoltà.

Manca completamente quello che chiunque si aspetta da una persona che dice di suonare la chitarra: sapere accompagnare una canzone.

Per un musicista classico la sola locuzione “chitarra d’accompagnamento” è rigettata. “Accompagnare” rimanda ad una formazione da dilettante, riduttiva rispetto alla complessità dei rigorosi studi della musica colta.

E così, alla prima occasione in cui è necessario accompagnare una canzonetta alla moda il chitarrista classico prende coscienza all’improvviso della sua inadeguatezza. Inutilmente cerca di attingere ai vaghi insegnamenti del proprio maestro, giacché anche il suo professore a suo tempo ha ricevuto la stessa formazione che oggi a sua volta dispensa. E in quella formazione la tecnica dell’accompagnamento è totalmente assente.

Il “giro di Do”, sogno proibito di ogni amatore che si avvicina per la prima volta alle sei corde, è considerato un sottoprodotto della cultura musicale. E non importa se esso rappresenta la prima e più elementare tappa per la crescita di una sensibilità armonica nel musicista.

Nella ancora provvisoria riscrittura dei nuovi piani di studi dei Conservatori le tecniche dell’accompagnamento dovrebbero entrare una volta per tutte. Ma senza atteggiamenti snobistici verso una modalità che il dilettante affina in tanti anni di allenamento e che non si improvvisa in poche ore di lezione.

“Maestro accompagnatore” è una qualifica già utilizzata dai pianisti – e si parla di fior di professionisti – che accompagnano i cantanti d’opera. Perché non potrebbe valere anche per i chitarristi?

Il chitarrista classico dovrebbe avere un recipiente di competenze più capiente di quello di un semplice appassionato. Non è giusto che si privi di una prassi esecutiva così divertente e facilmente spendibile sul mercato.

Un canto di Natale, una delicata ninna-nanna per fare addormentare un bambino, un semplice stornello popolare a volte nascondono una ricercatezza armonica superiore a tanti accademici studi del repertorio ottocentesco.

Si narra che persino Franz Gruber, il geniale compositore di Stille Nacht, trovando la mattina i mantici dell’organo rosicchiati dai topi, accompagnò la celebre melodia natalizia accompagnandosi con una chitarra.

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nei giornali di Natale tra i vari ospiti a casa, c'era anche un ragazzo che suona la chit. elettrica e avendo visto le chitarre mi ha chiesto se poteva provarle. Poi mi ha chiesto di fargli un accompagnamento "blues" così lui avrebbe improvvisato qualcosa. E la cosa mi ha trovata completamente disarmata. Non sapevo che fare. Poi ho suonicchiato (molto male) il più classico dei giri blues (Mi, La7, SI7) e lui ha picchiettato le sue "acrobazie" pentatoniche. Devo dire che ho trovato tutto questo abbastanza noioso. Certo lui fa il suo figurone tra gli amici improvvisando e accompagnando canzoni rock, blues o quant'altro ma tutto questo, mi sembra, rispetto al suonare o studiare la "chitarra classica" una cosa del tutto differente. è proprio un differente approccio alla musica, credo. Forse sì, ho quell'atteggiamento snobistico descritto nell'articolo; forse da un musicista, specie se chitarrista, ci si aspetta anche che sappia accompagnare una semplice canzone o improvvisare una qualche melodia, ma io credo che siano due cose del tutto differente. E non credo che perché abbia competenze maggiori dello strimpellatore occasionale, il chitarrista classico debba impegnarsi anche nell'apprendere qualche rudimento di accompagnamento. Almeno per me, questo non mi sembra necessario semplicemente perché è noioso. Ho provato diverse volte a imparare qualche intro o riff di canzoni rock, per esempio, e devo dire che, rispetto a degli studi anche non troppo difficili, sono decisamente elementari (anche se orecchiabili e spendibili sul "mercato") e che per l'appunto dopo un po', se non si è troppo appassionati a questo genere musicale, annoiano anche nell'apprenderli.

Sono curiosa di leggere, però, altre osservazioni (e magari ricredermi).

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Non credo si tratti, come mi pare abbia accennato Kaba, di imparare ad accompagnare. Cosa che già di per sé può essere interessante: la chitarra d'accompagnamento può essere molto bella e complessa, dipende da come la si fa.

Però mi sembra che la questione stia nell'improvvisare un accompagnamento. Il che presuppone un minimo di conoscenze di armonia e tanta pratica. Io non ne sono capace: se la canzone che mi si chiede di accompagnare gira su T, SD, D o spd è un conto (e comunque solitamente suono l'accordo, tutt'al più condito da qualche ridicola nota di passaggio, nulla più), ma se va oltre mi fermo. Per assurdo, ero più bravo quando avevo 15 anni e passavo i pomeriggi a tirare giù le canzoni ad orecchio, piuttosto che oggi.

Invidio molto quelli che riescono ad improvvisare un accompagnamento per una canzone mai sentita prima: credo che questa tecnica dovrebbe far parte del bagaglio culturale del musicista.

Ciao

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Auspicabile quanto sostiene Michelangeli. Indipendentemente dal fatto che trattasi di musica dalla "ricercatezza armonica superiore a tanti accademici studi" (sarebbe un modo sbagliato per sostenere una giusta causa). Accompagnamento, improvvisazione e chitarre (acustica, elettrica...ecc) dovrebbero di fatto essere complementari alla classica nell'insegnamento di base...gli studi superiori sono un altro discorso.

 

Giusto Fabio, sono daccordo. Aggiungo però, non vorrei creare tensione in questo mio intervento, che noi allievi/studenti di chitarra siamo un bel pò pigri: come si fa a non saper inprovvisare su una scala maggiore o minore dopo aver studiato scale, arpeggi (penso ai 120 di Mauro Giuliani) e soprattutto armonia in conservatorio? Sappiamo suonare la chitarra "scordata", penso semplicemente alla sesta in re, possiamo modificare totalmente l'accordatura della chitarra e creare armonie divertenti spostando appena appena le dita sulla tastiera, e si fa fatica a fare una canzone di Celentano? Il mio concetto è semplicemente che con una formazione classica occorre ben poco per suonare bene un giro di do, non credete?

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No.

Io non lo credo; la formazione classica centra molto poco con il saper suonare una canzone ad orecchio, la riprova di tutto ciò è che quando ho dovuto registrare un cd di canzoni ho scritto le parti per una pianista ed un violoncellista.

Entrambi diplomati e concertisti non sapevano assolutamente cosa fare.

La cosa buffa è che magari provavano Debussy o Prokofiev e poi non riuscivano a seguire intuitivamente gli accordi di una canzone.

 

Nella formazione classica all'italiana manca la pratica con i generi meno nobili, cosa che non succede nei college americani, il problema è tutto qui.

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No.

Io non lo credo; la formazione classica centra molto poco con il saper suonare una canzone ad orecchio, la riprova di tutto ciò è che quando ho dovuto registrare un cd di canzoni ho scritto le parti per una pianista ed un violoncellista.

Entrambi diplomati e concertisti non sapevano assolutamente cosa fare.

La cosa buffa è che magari provavano Debussy o Prokofiev e poi non riuscivano a seguire intuitivamente gli accordi di una canzone.

 

Nella formazione classica all'italiana manca la pratica con i generi meno nobili, cosa che non succede nei college americani, il problema è tutto qui.

 

Di questa lacuna è responsabile la formazione degli strumentisti in conservatorio. Studiano un po' di armonia teorica, fondata sull'armonizzazione del basso , e lo fanno unicamente sulla carta. Accompagnare una melodia - specialmente improvvisando - è una pratica più complessa, e nessuno la insegna agli strumentisti che studiano in conservatorio. E' appannaggio dei compositori.

 

dralig

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No.

Io non lo credo; la formazione classica centra molto poco con il saper suonare una canzone ad orecchio, la riprova di tutto ciò è che quando ho dovuto registrare un cd di canzoni ho scritto le parti per una pianista ed un violoncellista.

Entrambi diplomati e concertisti non sapevano assolutamente cosa fare.

La cosa buffa è che magari provavano Debussy o Prokofiev e poi non riuscivano a seguire intuitivamente gli accordi di una canzone.

 

Nella formazione classica all'italiana manca la pratica con i generi meno nobili, cosa che non succede nei college americani, il problema è tutto qui.

 

E va bhe! Ma un musicista classico non riesce, durante il periodo di formazione, in un certo senso ad "arrangiarsi"? La nostra formazione non deficita in nozioni che possano permetterci di trovare degli accordi... Penso che in questo siamo daccordo. Io quando facevo gli esercizi di armonia mi divertivo a "trasciverli" per chitarra: i miei amici dicevano che scrivevo canzoni...

 

E' vero che nella formazione italiana, a difefrenza dei college americani, manca una formazione ai generi meno nobili, però ciò che impariamo è notevolmente tanto rispetto a chi studia solo improvvisazione: e ritorno a dire che nel periodo della formazione in conservatorio studiamo arpeggi, scale e armonia...

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Io credo che in conservatorio manchi del tutto, sullo strumento, un approccio "creativo".

Non vedo perché piccole nozioni di improvvisazione e composizione non possano già essere date dai primi anni, senza grosse pretese, certo, ma almeno si fornisce un approcio più completo e aperto alla musica.

Nel barocco c'erano numerosi metodi che si basavano sull'accompagnamento accordale dei brani cantati, l'attenzione per l'armonia applicata alla chitarra mi pare fosse materia di trattazione dei maestri dell'800 ed anche di quelli contemporanei.

Anche perchè poi si fomenta nel ragazzo questa sorta di manicheismo in termini di "dignità" tra la musica da loro studiata e tutto il resto....che diviene per forza di cose "strimpellamento" (vedi post di kaba).

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Io credo che in conservatorio manchi del tutto, sullo strumento, un approccio "creativo".

Non vedo perché piccole nozioni di improvvisazione e composizione non possano già essere date dai primi anni, senza grosse pretese, certo, ma almeno si fornisce un approcio più completo e aperto alla musica.

Nel barocco c'erano numerosi metodi che si basavano sull'accompagnamento accordale dei brani cantati, l'attenzione per l'armonia applicata alla chitarra mi pare fosse materia di trattazione dei maestri dell'800 ed anche di quelli contemporanei.

Anche perchè poi si fomenta nel ragazzo questa sorta di manicheismo in termini di "dignità" tra la musica da loro studiata e tutto il resto....che diviene per forza di cose "strimpellamento" (vedi post di kaba).

 

Già, è vero. Mi trovi daccordo...

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Auspicabile quanto sostiene Michelangeli. Indipendentemente dal fatto che trattasi di musica dalla "ricercatezza armonica superiore a tanti accademici studi" (sarebbe un modo sbagliato per sostenere una giusta causa). Accompagnamento, improvvisazione e chitarre (acustica, elettrica...ecc) dovrebbero di fatto essere complementari alla classica nell'insegnamento di base...gli studi superiori sono un altro discorso.

 

Giusto Fabio, sono daccordo. Aggiungo però, non vorrei creare tensione in questo mio intervento, che noi allievi/studenti di chitarra siamo un bel pò pigri: come si fa a non saper inprovvisare su una scala maggiore o minore dopo aver studiato scale, arpeggi (penso ai 120 di Mauro Giuliani) e soprattutto armonia in conservatorio? Sappiamo suonare la chitarra "scordata", penso semplicemente alla sesta in re, possiamo modificare totalmente l'accordatura della chitarra e creare armonie divertenti spostando appena appena le dita sulla tastiera, e si fa fatica a fare una canzone di Celentano? Il mio concetto è semplicemente che con una formazione classica occorre ben poco per suonare bene un giro di do, non credete?

 

Signori colleghi e lettori del Forum, perdonate la mia franchezza, ma di che cosa state parlando?

Canzone di Celentano? Giro di do?

Ma mi domando e mi chiedo a che cosa serve questa continua discesa verso il basso a tentare di dare importanza e peso alla ricerca degli accordi delle canzonette che girano per radio?

E perchè tutta questa importanza nel saper 'improvvisare' su una scala diatonica quando l'utililtà di questa tecnica è pari a zero sul repertorio?

 

A mio parere si tenta ancora una volta - con mia grande amarezza - di spostare l'attenzione della materia sul suo lato banale, semplice e popolaresco.

Perchè Michelangeli non concentra la sua attenzione sul fatto che pochi diplomati sanno analizzare con certezza una Sonata?

Perchè Michelangeli non orienta il suo articolo al basso livello tecnico dei neo diplomati raramente in grado di portare a termine un concerto di media difficoltà?

Perchè Michelangeli non punta il dito sul fatto che i chitarristi neo-diplomati conoscono - si fa per dire - una mezza dozzina di concerti per chitarra e orchestra?

 

No, concentriamoci sul giro di Do, sulla capacità di saper individuare a orecchio le canzonette, di saper improvvisare sulle scale. Magari con enormi difficoltà di impostazione, di esecuzione ma (volete mettere?) un'ottima capacità di improvvisazione.

E non mi si venga a dire che l'improvvisazione amplifica la conoscenza dello strumento o della tastiera.

Quando con gli amici da adolescente cantavo in spiaggia nei falò gli accordi delle canzoni li conoscevo tutti. Avevo meno di 14 anni e non avevo bisogno di corsi o specializzazioni post-diploma per capire che il 99% della musica leggera era costruito sulla stessa sequenza di accordi, noiosi e banali (passavo da dio per sapere accompagnare tutto anche le canzoni che non conoscevo).

 

Un diplomato, in qualsiasi strumento, dopo 10 anni (10 anni 10) di studi incapace di costruire un accordo di 6a diminuita o di nona o non in grado di distinguere una cadenza di inganno da una cadenza evitata deve con urgenza cambiare mestiere e dedicarsi ad attività all'aperto.

 

E così, alla prima occasione in cui è necessario accompagnare una canzonetta alla moda il chitarrista classico prende coscienza all’improvviso della sua inadeguatezza. Inutilmente cerca di attingere ai vaghi insegnamenti del proprio maestro, giacché anche il suo professore a suo tempo ha ricevuto la stessa formazione che oggi a sua volta dispensa. E in quella formazione la tecnica dell’accompagnamento è totalmente assente.

 

Sono sicuro che l'amico Filippo ha orientato la stessa domanda anche a pianisti, sassofonisti, violinisti, violisti, clavicembalisti e violoncellisti.

Inadeguatezza per 'accompagnare' Grignani o Gigi d'Alessio?

Formazione tecnica nell'accompagnamento?

 

Scusate, da dove si scende?

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