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"Quel benedetto giro di do"


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E se non parlassimo di accompagnamento o di classica, ma semplicemente di suonare lo strumento? Questa differenziazione ha sempre creato notevoli problemi, soprattutto in chi inizia un percorso musicale: molti si iscrivono ai corsi pensando di imparare ad accompagnare le canzoni e poi....sta nell'intelligenza dell'insegnante portarli su una strada didatticamente più coerente e interessante, senza per quello negare l'importanza di saper prendere la chitarra e divertirsi con due canzoni. Ma se neanche l'insegnante è in grado di farlo è un problema: mi capita sovente di vedere colleghi stupiti che dopo i concerti si va a bere e si porta la chitarra e si cantano due cose di Battisti e de Andrè...sarebbe bello smetterla con queste storie, pur tenendo sempre in mente la diversità tra i generi e le implicazioni culturali e tecniche che esistono.

Il giro di Do è superato, Sapore di sale non la suona quasi più nessuno, ma l'idea dell'accompagnamento, saper accompagnare, per chi suona la chitarra, è importante, è parte della storia dello strumento.

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Questa differenziazione ha sempre creato notevoli problemi, soprattutto in chi inizia un percorso musicale: molti si iscrivono ai corsi pensando di imparare ad accompagnare le canzoni e poi....sta nell'intelligenza dell'insegnante portarli su una strada didatticamente più coerente e interessante, senza per quello negare l'importanza di saper prendere la chitarra e divertirsi con due canzoni.

 

Trovo che sia un metodo non corretto, Giorgio.

Un allievo che vuole imparare ad accompagnare i capolavori di Ramazzotti deve essere indirizzato da un insegnante che gli insegna a farlo.

Un allievo che vuole imparare a fare musica, invece, deve avere la possibilità di farlo immediatamente, con un approccio diretto e senza fumogeni.


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Ancora una volta, concordo con Gilardino.

 

Improvvisare è una pratica molto importante.

Bisogna darsi da fare...


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Questa differenziazione ha sempre creato notevoli problemi, soprattutto in chi inizia un percorso musicale: molti si iscrivono ai corsi pensando di imparare ad accompagnare le canzoni e poi....sta nell'intelligenza dell'insegnante portarli su una strada didatticamente più coerente e interessante, senza per quello negare l'importanza di saper prendere la chitarra e divertirsi con due canzoni.

 

Trovo che sia un metodo non corretto, Giorgio.

Un allievo che vuole imparare ad accompagnare i capolavori di Ramazzotti deve essere indirizzato da un insegnante che gli insegna a farlo.

Un allievo che vuole imparare a fare musica, invece, deve avere la possibilità di farlo immediatamente, con un approccio diretto e senza fumogeni.

 

Non sempre un ragazzino che inizia la prima media sa cosa significhi "fare musica con un approccio diretto", quindi credo che il metodo di Giorgio sia giustissimo e permetta all'allievo di conoscere meglio il mondo della musica. Più in là, allora è vero che se uno vuole suonare Ramazzotti, è giusto che smetta di studiare la chitarra classica e si cerchi un insegnante all'oratorio...


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Questa differenziazione ha sempre creato notevoli problemi, soprattutto in chi inizia un percorso musicale: molti si iscrivono ai corsi pensando di imparare ad accompagnare le canzoni e poi....sta nell'intelligenza dell'insegnante portarli su una strada didatticamente più coerente e interessante, senza per quello negare l'importanza di saper prendere la chitarra e divertirsi con due canzoni.

 

Trovo che sia un metodo non corretto, Giorgio.

Un allievo che vuole imparare ad accompagnare i capolavori di Ramazzotti deve essere indirizzato da un insegnante che gli insegna a farlo.

Un allievo che vuole imparare a fare musica, invece, deve avere la possibilità di farlo immediatamente, con un approccio diretto e senza fumogeni.

 

Cristiano mi scusi,ma noto sempre che tendiamo a sottolineare musica colta e non...Io mi faccio una domanda,chi decide se un tipo di musica è colta o no?E se Il Dio della Musica( x) avesse deciso che la musica colta è la musica che pratica Ramazzotti con il suoi colleghi? Tutto cio',è un po' come il mistero della vita. . .


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Capisco il discorso di Cristiano. L'importante è però non sottovalutare la spinta che porta un ragazzo a iniziare un percorso musicale. Questa spinta può nascere da una canzone di Ramazzotti come da una sonata barocca. L'insegnante preparato sa indirizzare e guidare nel modo giusto, senza frustrare troppo, all'inizio, le idee dell'alunno, ma conducendolo sulla sua strada con progressività e metodo. Per quello quando parlo di didattica innanzitutto parlo di metodologia e obiettivi precisi, fatti conoscere all'alunno, per enderlo partecipe del percorso. Che per ottenere certi risultati si possa passare anche dall'accompagnamento non mi spaventa, se so dove voglio arrivare.


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Il mio insegnate l'anno scorso ha tenuto un corso sulle tecniche di accompagnamento, mi pare per i corsi universitari. Un chitarrista amico del mio prof. sa accompagnare magistralmente: varia continuamente l'armonia del brano, inserendo settime, none e cose simili e cambiando anche il modo di suonare con la mano destra. Questo è notevole e non tutti lo sanno fare, purtroppo.

Comunque accompagnare non vuol dire per forza Ramazzotti, ma può essere anche qualcosa di più...


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Non intervengo sull'argomento dignità delle varie "musiche" (posso solo dire che esistono brani bene o malamente composti in qualsiasi ambito, sia classico o leggero) ma solo per ricordare che molti grandi musicisti e interpreti del passato (penso a Beethoven, Mozart per fare un esempio banalissimo) erano famosi e apprezzatissimi quasi più per le loro improvvisazioni (spesso si allestivano veri e propri duelli di virtuosismo) che non per le loro composizioni, in special modo di musica da camera che non veniva eseguita quasi mai in pubblico.

Questa capacità e soprattutto questo valore si è progressivamente perduto (divenendo terreno fertile per altre tipologie di musicisti, jazzisti in primis) in rapporto proporzionale al numero di interpreti.

Ci sono oggi un numero elevatissimo di diplomati, e non parlo di chitarristi ma più in generale, che hanno come obiettivo quello di "interpretare" un brano che nel 99 per cento dei casi è stato scritto da altri e molto spesso in un periodo storico lontano.

Questa ricerca dell'interpretazione (difficilissima e sacrosanta) dal secolo scorso in poi ha totalizzato le attenzioni dell'esecutore togliendo spazio all'improvvisazione (e purtroppo a mio modo di vedere anche limitandone l'orizzonte, ma del resto quante cose si può riuscire a fare realmente bene e approfonditamente?) e creando le convinzioni (e convenzioni) odierne per cui improvvisare su un brano di Bach oggi è una bestemmia mentre ai suoi tempi era più che normale.

E di rimando, eseguire un brano di musica coeva ai tempi di Beethoven era la regola oggi (nell'ambito così detto classico) è l'eccezione.

Abbiamo perso di vista qualcosa?


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Non intervengo sull'argomento dignità delle varie "musiche" (posso solo dire che esistono brani bene o malamente composti in qualsiasi ambito, sia classico o leggero) ma solo per ricordare che molti grandi musicisti e interpreti del passato (penso a Beethoven, Mozart per fare un esempio banalissimo) erano famosi e apprezzatissimi quasi più per le loro improvvisazioni (spesso si allestivano veri e propri duelli di virtuosismo) che non per le loro composizioni, in special modo di musica da camera che non veniva eseguita quasi mai in pubblico.

Questa capacità e soprattutto questo valore si è progressivamente perduto (divenendo terreno fertile per altre tipologie di musicisti, jazzisti in primis) in rapporto proporzionale al numero di interpreti.

Ci sono oggi un numero elevatissimo di diplomati, e non parlo di chitarristi ma più in generale, che hanno come obiettivo quello di "interpretare" un brano che nel 99 per cento dei casi è stato scritto da altri e molto spesso in un periodo storico lontano.

Questa ricerca dell'interpretazione (difficilissima e sacrosanta) dal secolo scorso in poi ha totalizzato le attenzioni dell'esecutore togliendo spazio all'improvvisazione (e purtroppo a mio modo di vedere anche limitandone l'orizzonte, ma del resto quante cose si può riuscire a fare realmente bene e approfonditamente?) e creando le convinzioni (e convenzioni) odierne per cui improvvisare su un brano di Bach oggi è una bestemmia mentre ai suoi tempi era più che normale.

E di rimando, eseguire un brano di musica coeva ai tempi di Beethoven era la regola oggi (nell'ambito così detto classico) è l'eccezione.

Abbiamo perso di vista qualcosa?

 

Ci si è mossi - nella musica come in ogni disciplina - verso la focalizzazione di obiettivi e di competenze specifiche, coltivate con studi sempre più approfonditi. L'improvvisazione è una delle aree di competenza musicale che l'interprete-solista nel secolo ventesimo ha abbandonato (salvo rarissimi casi) a favore di uno sviluppo delle capacità interpretative. Anche i compositori si sono allontanati dallo strumentismo, e quindi dall'improvvisazione. Questa non è stata una diserzione o una perdita di capacità, è stato uno spostamento di attenzione per fare sempre meglio il proprio mestiere.

 

Se l'abbandono della pratica improvvisativa viene avvertito individualmente come una perdita, nulla vieta di porvi rimedio, studiando le tecniche e sviluppano quelle facoltà che - comunque in buona misura innate - possono mettere in grado un buon strumentista di improvvisare decentemente. Se Weiss era in grado - come si dice - di improvvisare una fuga sul liuto, nessuno vieta a un chitarrista di oggi di improvvisare un preludio...Non manca, del resto, l'egregio esempio di Dusan Bogdanovic, ottimo compositore e improvvisatore abilissimo, che ha scritto un manuale sull'argomento, e che tiene corsi di improvvisazione.

 

Non mi sembra importante né necessario obbligare gli allievi a imparare l'improvvisazione: lo facciano se lo desiderano.

 

La storia della musica ci fornisce - è vero - esempi di grandi improvvisatori, ma anche esempi contrari, di compositori che non sapevano assolutamente improvvisare, e che tuttavia hanno creato capolavori.

 

Più congruo mi sembrerebbe l'insegnamento della pratica di accompagnatore per i chitarristi: lo strumento li favorisce, e imparare ad accompagnare una melodia in modo non rozzo (con il solito fron fron di accordi ritmati), ma con una certa eleganza, con la capacità di trasportare l'armonia in diversi toni, si integra perfettamente nel loro profilo professionale.

 

dralig


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Ci si è mossi - nella musica come in ogni disciplina - verso la focalizzazione di obiettivi e di competenze specifiche, coltivate con studi sempre più approfonditi. L'improvvisazione è una delle aree di competenza musicale che l'interprete-solista nel secolo ventesimo ha abbandonato (salvo rarissimi casi) a favore di uno sviluppo delle capacità interpretative. Anche i compositori si sono allontanati dallo strumentismo, e quindi dall'improvvisazione. Questa non è stata una diserzione o una perdita di capacità, è stato uno spostamento di attenzione per fare sempre meglio il proprio mestiere.

dralig

 

Su questo sono d'accordo totalmente, come credo anche (basandomi sulle cronache del tempo) che non solo l'interpretazione, ma anche la stessa tecnica esecutiva abbia fatto passi da gigante dai bei vecchi tempi andati.

Il livello professionale si è alzato molto ed è normale che qualcosa si sia dovuto "sacrificare".

Rimango però del parere che alcuni (pochi, molti, moltissimi?) interpreti anche non professionisti, nelle loro camerette si trincerino dietro una partitura e a lei si affidino in e per tutto rinunciando all'estro e all'invenzione tipici dell'improvvisazione che fanno parte anch'essi della tradizione musicale occidentale. Ma di certo questa non è una limitazione se loro non la considerano tale.

Va da sé che il professionista che è riuscito a raggiungere capacità interpretative elevatissime non si preoccupi di improvvisare o meno; semplicemente ha già tutto quello di cui ha bisogno.

Il discorso semmai vale per i "comuni mortali".

 

Accompagnare è un termine bellissimo in molte accezioni al di fuori del musicale; in musica piace meno, specialmente ai solisti in quanto sembra porli in secondo piano.

Come tutte le cose va saputo fare e farlo al meglio non è semplice.

Lo sanno bene alcuni pianisti.

E lo sanno bene molti diplomati che per sbarcare il lunario la sera suonano il liscio.

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