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rispolverando il mio amato Schoenberg per alcune mie "meditazioni" sulla musica ho ritrovato queste righe e che mi hanno ricordato alcuni post apparsi su questo forum sull'argomento del come si compone un brano..(o si dovrebbe)..

in questo caso è Hindemith a..parlare:

 

"Tutti conosciamo l'impressione provocata dall'abbagliante guizzo di un fulmine nella notte. Per il tempo di un secondo vediamo un ampio paesaggio, non solo nelle sue linee generali, ma anche nei minimi dettagli [...] Le composizioni debbono essere concepite nello stesso modo. Se non si è in grado, nel guizzo di un singolo momento, di vedere una composizione nella sua assoluta totalità, con ogni dettaglio pertinente al suo posto, non si è realmente creatori. [il vero creatore] non solo avrà il dono di vedere-illuminato nel'occhio della mente da qualcosa di simile al guizzo di un fulmine-una forma musicale completa (anche se la successiva realizzazione in un'esecuzione potrebbe richiedere tre ore o più); egli avrà l'energia, la costanza e l'abilità di dar vita a questa intuizione formale, cosicchè, perfino dopo mesi di lavoro, nessuno dei suoi dettagli sarà andato perduto e non sarà rientrato nel suo quadro foto-mentale. [...] Durante l'elaborazione dei suoi materiali egli avrà sempre davanti all'occhio della sua mente l'intero progetto. Durante la stesura di sequenze melodiche o armoniche egli non deve selezionarle arbitrariamente, deve soltanto completare ciò che è richiesto dalla totalità che ha concepito. Questa è la vera ragione del litigio, apparentemente pi che filisteo, di Beethoven con il suo materiale: un desiderio non di migliorare o di cambiare ogni Einfall (idea) ma di adattarla alle inalterabili necessità di una totalità predeterminata. [...]

(Paul Hindemith, A composer's World, pp. 70-72)

 

carino..vero?

 

m


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mica tanto...anche se sicuramente è una concezione della forma che servì ad Hindemith (con alcune lungaggini) per creare i suoi capolavori...

ogni compositore ha necessità di punti fermi...mi chiedo quali siano le "inalterabili necessità di una totalità predeterminata" se non vincoli estetico-"spirituali" opinabilissimi...dal mio punto di vista è una affermazione azzardata...la totalità della forma non è mai predeterminata, se non nelle sue linee generali (e non sempre)...le strategie locali, microformali rispondono a diverse esigenze, e spesso queste contrastano (a volte necessariamente) con la prospettiva macroformale...

ripeto, che Hindemith spesso "costringa" entro una intuizione a priori, gran parte dei suoi lavori, lo si sente...

 

Non deve per forza essere l'unica verità, ovvio, ci mancherebbe ma mi piace l'idea metaforica che questa possa avvenire davvero, quasi come "seguire" un qualcosa che sia già implicito in partenza, nella sua totalità.

Un pò come nell'interpretazione, una "libertà" creativa che si muove entro quei binari stilistici e che con la musica (arte del tempo) si creano attimo per attimo non potendo poi più modificare...nell'esecuzione)

 

era solo una lettura "ritrovata".. e comunque a me piace Hindemith

stavo speculando sulla "Grundgestalt" di Schonberg e ho ri-trovato queste pagine...(nel testo d David Epstein Al di là di Orfeo)..

e poi io sono un idealista-sognatore (anche se non è di moda) quindi mi piace l'idea... :)

 

con simpatia

m


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mica tanto...anche se sicuramente è una concezione della forma che servì ad Hindemith (con alcune lungaggini) per creare i suoi capolavori...

ogni compositore ha necessità di punti fermi...mi chiedo quali siano le "inalterabili necessità di una totalità predeterminata" se non vincoli estetico-"spirituali" opinabilissimi...dal mio punto di vista è una affermazione azzardata...la totalità della forma non è mai predeterminata, se non nelle sue linee generali (e non sempre)...le strategie locali, microformali rispondono a diverse esigenze, e spesso queste contrastano (a volte necessariamente) con la prospettiva macroformale...

ripeto, che Hindemith spesso "costringa" entro una intuizione a priori, gran parte dei suoi lavori, lo si sente...

 

Non deve per forza essere l'unica verità, ovvio, ci mancherebbe ma mi piace l'idea metaforica che questa possa avvenire davvero, quasi come "seguire" un qualcosa che sia già implicito in partenza, nella sua totalità.

Un pò come nell'interpretazione, una "libertà" creativa che si muove entro quei binari stilistici e che con la musica (arte del tempo) si creano attimo per attimo non potendo poi più modificare...nell'esecuzione)

 

era solo una lettura "ritrovata".. e comunque a me piace Hindemith

stavo speculando sulla "Grundgestalt" di Schonberg e ho ri-trovato queste pagine...(nel testo d David Epstein Al di là di Orfeo)..

e poi io sono un idealista-sognatore (anche se non è di moda) quindi mi piace l'idea... :)

 

con simpatia

m

 

Credo che in sostanza stiate dicendo la stessa cosa. Bisogna prendere quello che dice Schoenberg con le pinze. Ossia, egli non afferma - almeno, non mi pare - che l'unità dev'essere già "rivelata" nel momento in cui il compositore si mette all'opera (anche perché, se così fosse, quello del compositore sarebbe tutto sommato un mestiere molto...allegro), ma che deve esistere in una dimensione virtuale che il compositore scopre poco a poco, procedendo nel lavoro. E mi pare che abbia ragione se, come è dato di sperimentare ogni giorno da parte di chi compone, ogni passo che si compie è valutato come positivo o negativo, confermato o cancellato: in riferimento a che cosa? Se non esistesse, sia pure allo stato latente e, per quanto riguarda la mente del compositore, inconscio, un totale virtuale dell'opera, non si potrebbe mai determinare che cosa funzioni e che cosa non funzioni.

 

Comporre assomiglia molto di più allo scoprire che all'inventare, al trovare (qualcosa che dunque c'è già) che al fare dal nulla.

 

L'atto dell'invenzione consiste molto meno nel proseguire lungo una strada che nell'intuire che essa esiste, e che è percorribile. Anche se il proseguire può essere - come nel caso di Beethoven - molto laborioso.

 

Riassumendo, direi: intuire dove dirigersi è atto creativo, arrivare alla meta è atto di scoperta.

 

Andare per strade già battute è meno creativo che imboccarne delle nuove. Anche se il rischio di perdersi per strada è molto elevato.

 

Comunque, chi ha definito "carino" il lavoro del compositore, si merita una flagellazione in pubblico.

 

dralig


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Se si parla di intuizione/illuminazione dal punto di vista della forma, la cosa può anche essere plausibile.

Personalmente, non mi metto mai a scrivere davanti ad una tabula rasa formale e anzi, è proprio il desiderio strutturale, forse non la consapevolezza piena, a guidarmi lungo la strada.

 

L'azione del trovare, poi, guardando il materiale prodotto, la strada convincente, avviene in una fase successiva che è veicolo di modificazioni anche profonde.

 

Perchè è il senso di insoddisfazione, di compiutezza latente, a rideterminare ciò che ho scritto e quindi il suo nuovo montaggio in funzione di un risultato più soddisfacente.


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Se si parla di intuizione/illuminazione dal punto di vista della forma, la cosa può anche essere plausibile.

Personalmente, non mi metto mai a scrivere davanti ad una tabula rasa formale e anzi, è proprio il desiderio strutturale, forse non la consapevolezza piena, a guidarmi lungo la strada.

 

L'azione del trovare, poi, guardando il materiale prodotto, la strada convincente, avviene in una fase successiva che è veicolo di modificazioni anche profonde.

 

Perchè è il senso di insoddisfazione, di compiutezza latente, a rideterminare ciò che ho scritto e quindi il suo nuovo montaggio in funzione di un risultato più soddisfacente.

 

Tabula rasa, certo che no, ma tra il dire: voglio scrivere un concerto, e il sapere esattamente, prima di incominciare, come questo concerto dev'essere, per filo e per segno (come Schoenberg sembra sostenere), il salto è enorme. Si fissa un'idea e poi si prende una strada: le scoperte del come fare riveleranno anche che cosa si sta facendo. Pretendere di saperlo prima è un'utopia, anche un po' sciocca, se vogliamo: se così fosse, comporre equivarrebbe a un puro lavoro di notazione di idee musicali già cognite. E allora, perché mai si faticherebbe tanto, si accumulerebbero appunti, redazioni provvisorie, correzioni, etc. ?

 

dralig


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quando cominciai pochi anni fa a dedicarmi alla composizione ricordo che dovetti un po lottare contro quella che sentivo come una costrizione (che è proprio l'idea di fedeltà all'intuizione prima, se vogliamo di presupposta "coerenza" formale)...ricordo, e accade anche oggi, che al piacere dato dall'intuizione/costruzione di un'idea macroformale corrisponde, allo stesso modo se non di piu in quanto piacevole sopresa, la possibilità (o meglio la necessità) di deviare dal progetto originario...certo è che l'immagine aurale che ho in mente della mia idea musicale trova molta piu soddisfazione nella percezione di queste deviazioni che nelle necessità di una supponente coerenza che ha poco a che vedere con l'esplorazione di nuove possibilità formali...

individuo una linea che va da Schumann a Stravinsky passando per Ives (caso estremo) arrivando a Petrassi...poi, dopo, credo che il concetto di figura mi abbia aiutato molto...

 

Io credo che si potrebbe incominciare anche da prima di Schumann. Questa idea della forma pre-esistente all'atto compositivo, che lo guida e lo sorveglia in tutti i passaggi della scrittura, è secondo me un mito. Non credo che nemmeno Mozart avesse in mente una forma esatta prima di incominciare un lavoro. Una nozione subconscia di un progetto latente, si, è quella che permette al compositore di valutare passo per passo se quello che sta facendo è giusto o no, ma tra questa pre-cognizione e una visione "letterale" della forma compiuta c'è un abisso. L'idea stessa di una forma rivelabile alla mente del compositore prima dell'inizio del lavoro non sta in piedi: comporre sarebbe solo, in tal caso, la compilazione di una serie di moduli, il riempimento di un recipiente. No, tutto questo è irreale. In realtà, si parte da un progetto di massima - certo, se si decide di scrivere un pezzo per chitarra sola ci si orienterà in modo molto diverso da quello che verrebbe richiesto dal progetto di una partitura per orchestra - e, molto distanti dalla cognizione di che cosa debba alla fine risultare, si incomincia ad abbozzare qualche schizzo. Da lì in poi si procede domandandosi continuamente "come" fare, e la domanda "che cosa fare" viene sospinta sullo sfondo. Se si è in grado di rispondere in modo soddisfacente alla domanda "come fare", si procede scoprendo un poco alla volta "che cosa" si sta facendo. E scoprendolo si rivela a se stessi l'esistenza di un progetto virtuale che, all'inizio, è tutt'altro che cognito al compositore (sarebbe troppo comodo...).

 

dralig


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Tabula rasa, certo che no, ma tra il dire: voglio scrivere un concerto, e il sapere esattamente, prima di incominciare, come questo concerto dev'essere, per filo e per segno (come Schoenberg sembra sostenere), il salto è enorme. Si fissa un'idea e poi si prende una strada: le scoperte del come fare riveleranno anche che cosa si sta facendo. Pretendere di saperlo prima è un'utopia, anche un po' sciocca, se vogliamo: se così fosse, comporre equivarrebbe a un puro lavoro di notazione di idee musicali già cognite. E allora, perché mai si faticherebbe tanto, si accumulerebbero appunti, redazioni provvisorie, correzioni, etc. ?

 

dralig

 

Per carità, lungi da me l'idea peregrina dell'illuminazione folgorante come metro che può guidare tutte le fasi del processo compositivo.

 

Oltretutto, nel mio specifico, mi riferivo a forme molto più contenute di quelle riconducibili al concerto, forma che al momento non mi sento in grado di maneggiare.

 

Mi riferivo semplicemente ad un qualcosa, ad una ipotetica forma, che a priori, anche se in modo non perfettamente chiaro, può aiutare a cercare la strada.


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Ma sicuramente esiste un modo "didattico" in cui ci si muove e sappiamo perchè poi, del resto se pensiamo alla "gestione" della Nona Sinfonia di Beethoven durata per oltre 18 anni..beh altro che fulmine metaforico ! alla Hindemith, qui siamo in presenza di un cataclisma...!

è indubbio però che, (per questo mi incuriosiva quella lettura), esiste un processo profondo in ogni compositore che fa muovere le sue idee...io mi sono sempre chiesto ..quando riuscivo (o riesco) a fare qualcosa di decente se non sia frutto di una assimilazione della mia "memoria" e io non ne sia del tutto cosciente... un pò come nelle migliori interpretazioni, si assumono, assorbono dei buoni gesti...musicali..che ne dite? ho detto una assurdità?

penso sempre all'utilità del buon "copiato" di una volta in cui si assorbivano le "buone" maniere...

ovvio poi la "battaglia" di svincolarsi e lottare con la propria arte..(se esiste)..sia scrivendo che suonando..vedasi le "brutte copie"...

mi sa che devo andare in vacanza...troppi libri in questo periodo..

 

con simpatia

 

m

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