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Corso di Chitarra Classica - 7 Anni (+1 di specializzazione)


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Raccolgo anch'io l'invito a fare osservazioni sul programma di Nuoro, premettendo che sono stato contento di leggerlo ed è sempre interessante vedere che un collega si "gioca" in scelte personali.

 

Una osservazione preliminare è che probabilmente il percorso settennale di preparazione a biennio e triennio diventa così più impegnativo, strumentalmente, della maggior parte se non della totalità degli stessi bienni e trienni. In generale io sarei per un percorso meno impegnativo e più graduale all’inizio – ma se i risultati dimostrassero il contrario sarei lieto di ricredermi - ma che permetta piuttosto a chi finisce gli studi di affacciarsi sul mercato del lavoro un po’ più attrezzato professionalmente, almeno per iniziare a muoversi. In questo senso la differenza tra un diplomato in conservatorio ed un laureato nelle tradizionali discipline universitarie è notevolissima. Un laureato col massimo dei voti, o anche meno, in fisica o ingegneria, è abbastanza pronto almeno ad iniziare a lavorare, e di fatto capita che lo faccia. Un diplomato, anche con lode, in conservatorio, no, a meno che non abbia fatto nel frattempo molto più di quel che gli è chiesto dal conservatorio per diplomarsi anche benissimo (50 minuti di musica imparati in due anni…).

 

Ci sono molte cose che mi piacciono nel programma di Nuoro, come ad esempio gli approfondimenti di singoli autori, che io però accompagnerei anche alla trattazione generale (manualistica), specie in un corso che parte dalla base.

Passo però subito ad alcune delle cose che io farei diversamente, scusandomi se nella fretta ho letto o capito male io.

 

 

- Manca, probabilmente per un refuso tipografico, qualche indicazione di autore: studi Op. 50, 24 Preludios, ecc.

- Mi pare più logico fissare un programma di esame di passaggio da un corso all’altro piuttosto che un programma di studio univoco. Comunque, nell’ottica del “programma di studio” (e non d’esame) mi pare che in genere il numero di studi classici affrontati sia molto ridotto, e che in alcune scelte “obbligatorie” siano a volte più da percorso sperimentale (assolutamente lecito, per carità) che ordinario. Se si deve “obbligare” io obbligherei a conoscere Paganini più che Legnani, ad esempio, o non metterei sullo stesso piano De Falla, Berkeley e Bogdanovich. E l’Archivio Segovia della Schott va conosciuto almeno quanto quello – beninteso, grazie che è venuto alla luce! - della Bérben.

- Non capisco perché far precedere l’apprendimento degli Studi di Villa- Lobos (addirittura al terzo anno) rispetto a quello dei Preludi. Magari farei invece in modo che arrivati al settimo anno se ne conoscesse (degli Studi) almeno la metà.

- Amplierei la possibilità di studiare brani trascritti. Mi pare molto più formativo studiare una bella trascrizione di un grande autore che un pezzo originale di valore minore.

- Da sempre amo molto Barrios; lo trovo tanto geniale e ispirato quanto, però, limitato nel senso della formazione compositiva generale. E’ importantissimo conoscerlo, ma non ne farei un pilastro del repertorio, non lo sarebbe se avesse scritto per violino o pianoforte invece che per chitarra. E’ uno di quegli autori per i quali l’inquadramento storico e stilistico è di fondamentale importanza, per evitare sia di misconoscerne il valore, sia di enfatizzarlo eccessivamente.

 

- Suite intera di Bach: spesso qui la trascrizione obbliga a stravolgimenti notevoli dell’originale. Quella delle suites “ per liuto” è una pia illusione messa nei programmi ministeriali per farci assomigliare agli altri strumenti: sarebbe bello avere quattro suites di Bach che si potessero suonare sulla chitarra rispettandone il testo, ma la storia è andata diversamente; sarei più per proporre quei singoli brani che funzionano senza mutliazioni eccessive.

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Una osservazione preliminare è che probabilmente il percorso settennale di preparazione a biennio e triennio diventa così più impegnativo, strumentalmente, della maggior parte se non della totalità degli stessi bienni e trienni. In generale io sarei per un percorso meno impegnativo e più graduale all’inizio – ma se i risultati dimostrassero il contrario sarei lieto di ricredermi - ma che permetta piuttosto a chi finisce gli studi di affacciarsi sul mercato del lavoro un po’ più attrezzato professionalmente, almeno per iniziare a muoversi.

 

Ti riferisci ai programmi dei primi due o tre anni soltanto?

 

 

Ci sono molte cose che mi piacciono nel programma di Nuoro, come ad esempio gli approfondimenti di singoli autori, che io però accompagnerei anche alla trattazione generale (manualistica), specie in un corso che parte dalla base.

 

Cosa intendi per trattazione generale? Una inquadramento nel contesto storico?

 

Manca, probabilmente per un refuso tipografico, qualche indicazione di autore: studi Op. 50, 24 Preludios, ecc.

 

No, Piero, li ho indicati nei primi anni o ti riferisci alla possibilità di scelta di più autori?

 

 

Mi pare più logico fissare un programma di esame di passaggio da un corso all’altro piuttosto che un programma di studio univoco.

 

Eh, magari. Ma quelle sono scelte che devono essere effettuate "dall'alto".

E' un ottimo suggerimento e mi piacerebbe poterlo utilizzare ma gli esami di passaggio, mi insegni, devono essere regolamentati a livello amministrativo.

 

Comunque, nell’ottica del “programma di studio” (e non d’esame) mi pare che in genere il numero di studi classici affrontati sia molto ridotto, e che in alcune scelte “obbligatorie” siano a volte più da percorso sperimentale (assolutamente lecito, per carità) che ordinario. Se si deve “obbligare” io obbligherei a conoscere Paganini più che Legnani, ad esempio, o non metterei sullo stesso piano De Falla, Berkeley e Bogdanovich.

 

Rifletterò su questi appunti.

Ho dei dubbi solo su un dettaglio: no trovi che Legnani sia didatticamente più interessante di Paganini?

 

Non capisco perché far precedere l’apprendimento degli Studi di Villa- Lobos (addirittura al terzo anno) rispetto a quello dei Preludi.

 

Le Etudes sono delle sperimentazioni tecniche e sonore (in senso puramente digitale e idiomatico) più ardite dei Preludes. Ho riscontrato spesso una grande semplicità nella comprensione musicale dei preludi e ho per questo preferito incominciare dalla parte musicale più complessa e tecnicamente meno impegnativa.

 

Magari farei invece in modo che arrivati al settimo anno se ne conoscesse (degli Studi) almeno la metà.

 

E' una opzione interessante. Mi piacerebbe però venisse valutata da caso in caso.

 

 

Amplierei la possibilità di studiare brani trascritti. Mi pare molto più formativo studiare una bella trascrizione di un grande autore che un pezzo originale di valore minore.

 

Qui non sono d'accordo, Piero.

Preferisco lavorare su Lagrima di Francisco Tarrega che sulla trascrizione di Iberia di Isaac Albeniz. E' una questione di risultato sonoro e di approccio. Il nostro repertorio è ricco e se c'è da scegliere invece di concertarsi su Asturias penso sia meglio conoscere Estudio sin Luz.

 

Da sempre amo molto Barrios; lo trovo tanto geniale e ispirato quanto, però, limitato nel senso della formazione compositiva generale. E’ importantissimo conoscerlo, ma non ne farei un pilastro del repertorio, non lo sarebbe se avesse scritto per violino o pianoforte invece che per chitarra. E’ uno di quegli autori per i quali l’inquadramento storico e stilistico è di fondamentale importanza, per evitare sia di misconoscerne il valore, sia di enfatizzarlo eccessivamente.

 

Anche su questo punto avrei da ridire ma prima voglio rifletterci un po'.

 

 

Suite intera di Bach: spesso qui la trascrizione obbliga a stravolgimenti notevoli dell’originale. Quella delle suites “ per liuto” è una pia illusione messa nei programmi ministeriali per farci assomigliare agli altri strumenti: sarebbe bello avere quattro suites di Bach che si potessero suonare sulla chitarra rispettandone il testo, ma la storia è andata diversamente; sarei più per proporre quei singoli brani che funzionano senza mutliazioni eccessive.

 

Sarebbe ancora meglio che Bach venisse suonato sul liuto o sul violino per quello che penso.

L'ho introdotto solo perché è richiesto da quasi tutti i programmi di accesso (I e/o II Livello) o avrei orientato lo studio verso altri obiettivi.


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Ho dei dubbi solo su un dettaglio: no trovi che Legnani sia didatticamente più interessante di Paganini?

Forse tecnicamente, ma musicalmente credo che Paganini abbia da dire la sua e la dica meglio Tra l'altro, in un minore dispendio di energie tecniche permette di realizzare frasi, fraseggi meravigliosi, tutto ciò che occorre ad uno studente per acquisire autonomia nell'interpretazione di un brano. Ciao


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Azz, Paganini è forse il compositore dell'Ottocento che odio di più in assoluto.

L'ho sempre ritenuto una rockstar, come Van Halen può esserlo con la chitarra elettrica...

 

Scarlatti, che usa un armonia semplice quanto quella di Paganini, ha un' invenzione straordinaria, ecco perchè lo reputo, personalmente, uno dei più grandi compositori italiani di sempre...

 

Ecco, io metterei Scarlatti (che suona bene sulla chitarra) al posto di Paganini.

 

Non lapidatemi, ma non mi va proprio giù...


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Azz, Paganini è forse il compositore dell'Ottocento che odio di più in assoluto.

L'ho sempre ritenuto una rockstar, come Van Halen può esserlo con la chitarra elettrica...

 

Scarlatti, che usa un armonia semplice quanto quella di Paganini, ha un' invenzione straordinaria, ecco perchè lo reputo, personalmente, uno dei più grandi compositori italiani di sempre...

 

Ecco, io metterei Scarlatti (che suona bene sulla chitarra) al posto di Paganini.

 

Non lapidatemi, ma non mi va proprio giù...

 

Senza contestare l'incontestabile, cioè che il genio di Scarlatti si manifesta pienamente nelle sue Sonate, mentre quello di Paganini viveva soprattutto nel gesto del virtuoso - e nelle sue composizioni ne raccogliamo soltanto una parte - resta il fatto che, in senso strettamente compositivo, i due maestri sono contigui: cioè, sono due grandi strumentalisti (significa: compositori di musica strumentale) che hanno lavorato nella stessa linea "sonatistica" italiana, adoperando mezzi quasi identici.

 

Anch'io - che non sono un "trascrizionista" nato - amo Scarlatti come risulta nel suono della chitarra. E' più bello che nel clavicembalo.

 

dralig


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Infatti io non metto in discussione l'innovazione che Paganini ha portato al violino, di cui sono perfettamente consapevole, ma la sua effettiva invenzione musicale.

Scarlatti possiede un'inventiva e una freschezza musicale straordinaria, e mi stupisco sempre di vedere cosa sia riuscito a tirare fuori da un' impostazione armonica semplicissima, quasi banale...

 

Tuttavia, non sono molto d'accordo con Lei sul fatto che sia più bello sulla chitarra.

Il clavicembalo, visto anche il notevole "rumore" prodotto dai plettri sulle corde, rende il tutto estremamente più brillante e scandito.

A me questo suono piace molto, e penso che, per questa musica molto brillante, sia lo strumento perfetto.

La chitarra viene subito dopo.

 

Mi era piaciuta molto l'esecuzione di Eliot Fisk: quell'attacco duro, molto "unghioso", dava una vitalità sorprendente a queste pagine meravigliose...


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Infatti io non metto in discussione l'innovazione che Paganini ha portato al violino, di cui sono perfettamente consapevole, ma la sua effettiva invenzione musicale.

Scarlatti possiede un'inventiva e una freschezza musicale straordinaria, e mi stupisco sempre di vedere cosa sia riuscito a tirare fuori da un' impostazione armonica semplicissima, quasi banale...

 

Tuttavia, non sono molto d'accordo con Lei sul fatto che sia più bello sulla chitarra.

Il clavicembalo, visto anche il notevole "rumore" prodotto dai plettri sulle corde, rende il tutto estremamente più brillante e scandito.

A me questo suono piace molto, e penso che, per questa musica molto brillante, sia lo strumento perfetto.

La chitarra viene subito dopo.

 

Mi era piaciuta molto l'esecuzione di Eliot Fisk: quell'attacco duro, molto "unghioso", dava una vitalità sorprendente a queste pagine meravigliose...

 

Non vorrei imbarcarmi - e tentare di imbarcarti - in una discussione estetica, ma trovo che, nella misura in cui è lecitamente eseguibile con la chitarra, la musica di Scarlatti si trovi in uno stato di rivelazione molto più felice di quello che le è offerto dal clavicembalo. Proprio per i valori che tu giustamente sottolinei, e che non sono propriamente valori armonici, ma di pura invenzione lineare (se non vogliamo dire melodica), la dizione della chitarra, che permette di "modulare" le intensità e i modi di attacco molto più sensibilmente del clavicembalo, nonché per gli specifici attributi che alla melodia conferisce il vibrato, la chitarra è in grado di profilare le linee con un'infinità di nuances che al clavicembalo sono precluse: questo risulta evidente fin dal primo ascolto di una qualsiasi sonata nelle due versioni.

 

Non è, e non sarà mai, in discussione il primato del clavicembalo nei riguardi della musica di Scarlatti, anche perché la chitarra può eseguire al massimo la settima parte del corpus sonatistico scarlattiano. E' però fuori discussione anche il fatto che Scarlatti aveva assorbito un fortissimo influsso chitarristico, e a mettere in rilievo questo aspetto fu proprio l'interprete scarlattiano principe: il clavicembalista Ralph Kirkpatrick. Quindi, non ti resta che aggiungere, alla tua lodevole conoscenza scarlattiana, anche una buona audizione del miglior Scarlatti chitarristico oggi disponibile in CD. C'è una monografia di Luigi Attademo, e la rivista "Suonare" - che è letta da tutti i musicisti, e dai pianisti in particolare - sta per uscire proprio con un CD di Alberto Mesirca interamente dedicato a Scarlatti. Se una rivista musicale - non chitarristica - si prende una responsabilità del genere, non lo fa senza prima aver sottoposto la registrazione al vaglio di pianisti e clavicembalisti. E io mi sono impegnato a scrivere le note che accompagneranno il CD. Te ne propongo un ascolto molto attento, dopodiché, se vuoi, torneremo sul tema.

 

ag


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Certamente, cercherò di procurarmi il materiale.

 

Grazie per la segnalazione.


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Ecco, quello sì che suonava.


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Ecco, quello sì che suonava.

 

Mesirca è senza ombra di dubbio il miglior esecutore delle trascrizioni per chitarra delle Sonate di Scarlatti che io conosca, però anche Vladimir ha ragione, nel clavicembalo suonano diversamente, molto più snelle e vive. Ho notato questa cosa anche in Bach, specialmente nel Preludio Fuga e Allegro 998 suonato da Gustav Leonhardt.. Nella trascrizione per chitarra suonano molto bene, sono tre brani che adoro (fra le altre cose li porto anche al diploma) però ascoltandoli al clavicembalo di Leonhardt sono ipnotici, specialmente l'Allegro. Scusa l'OT ma stavo ragionando su quanto detto da Vladimir... Torno a ragionare con le mie casse... SeeU

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