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La musica di Piazzolla e Julian Bream


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Inizio Supermod edit
Questa discussione è stata creata dividendo il thread
http://www.cristianoporqueddu.it/forumchitarraclassica/viewtopic.php?t=6545 "Attribuzioni di Repertorio"
Giulio
Fine Supermod edit

 

Mi riferisco a questo:

...in cui tolse lo spartito di una trascrizione di Piazzolla dal leggio di una chitarrista di chiara fama!! rispondendoLe che voleva ascoltare possibilmente della musica!..ecco! io sono rimasto al 1994...

 


Presa cosi l'affermazione di J. Bream può essere giustamente distorta..ma Lui intendeva fare lezione su brani del repertorio che probabilmente confacevano alla sua visione...tra cui Bach, Takemitsu, Berkeley, ecc.. quando la chitarrista propose di suonare una trascrizione di Piazzolla (neanche una delle Cinco piezas originali per chitarra ) Lui disse..serenamente...<<possiamo fare="" altro?..questo="" lo="" fai="" come="" ti="" piace="" e="" pare,="" non="" c'è="" molto="" da...dire="">>......consideriamo che eravamo nel 1994 e forse consideriamo chi era ed è Julian Bream..e cosa ha rappresentato per il repertorio della chitarra..non mi sembra cosi scandaloso non Le pare?

p.s. posso permettermi di chiederLe quali sono i suoi gusti in materia di repertorio per chitarra "classica"?
anche io ascolto in macchina Elisa..quando faccio mille km di seguito..oltre ai quartettidi Bartók....ma non la suono in concerto...

 

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Presa cosi l'affermazione di J. Bream può essere giustamente distorta..ma Lui intendeva fare lezione su brani del repertorio che probabilmente confacevano alla sua visione...tra cui Bach, Takemitsu, Berkeley, ecc.. quando la chitarrista propose di suonare una trascrizione di Piazzolla (neanche una delle Cinco piezas originali per chitarra ) Lui disse..serenamente...<>......consideriamo che eravamo nel 1994 e forse consideriamo chi era ed è Julian Bream..e cosa ha rappresentato per il repertorio della chitarra..non mi sembra cosi scandaloso non Le pare?

 

Due osservazioni sull'episodio Bream/Piazzolla:

 

1) occorre tenere conto che si trattava di una lezione. Julian Bream non è così snob da ritenere che non si possa suonare un pezzo di Piazzolla tanto è verò che lui stesso lo ha fatto negli USA. Ma quando uno ha l'opportunità di fare una lezione con Bream, a cosa dovrebbe pensare? Alla figura da virtuoso che farà davanti a tutti i partecipanti al corso o al fatto che ha l'opportunità rara di studiare magari il Nocturnal di Britten con chi questo pezzo l'ha visto nascere? Bream non è certo uno specialista in musica latino americana e tanto meno in musica di confine tra il classico e il commerciale. Che senso ha suonare chiedere a Bream una lezione su Piazzolla?

 

2) Si può anche fare lezione su un pezzo che non appartiene al mondo musicale del maestro, se si arriva però alla lezione con una partitura che metta in grado il docente di esprimere un parere professionalmente serio. Diverse trascrizioni per chitarra sola di pezzi di Piazzolla non hanno questi requisiti. Di fatto queste trascrizioni sono delle pesanti riduzioni rispetto a quello che Piazzolla ha concepito e rimane impossibile capire qual'è il pensiero dell'autore con la sola partitura a disposizione. L'unica soluzione è andare ad ascoltare i dischi di Piazzolla stesso. Ma perchè mai un Julian Bream dovrebbe essere preparato sull'argomento? Per poter fare una master class ad un'allieva un pò svampita?

 

Nel 2001 andai a Londra ad ascoltare il concerto d'addio alle scene di Julian Bream. Una rivista chiese a diversi chitarristi noti presenti in sala di scrivere un breve pensiero sul concerto. Io scrissi questo:

"Vorrei, come Julian Bream, arrivare anch’io a 68 anni mantenendo intatta, nonostante la lunga carriera e le vicissitudini personali, la voglia di studiare nuovi brani e di fare partecipi delle nuove scoperte tutti i miei ascoltatori, sollecitando in loro una curiosità troppo spesso lasciata a riposo. Le prime della Sonatina di Cyril Scott e dell’Hommage à Claude Debussy di George Migot sono state un dono prezioso ed indimenticabile, degno della ricorrenza dei 50 anni dal debutto a Wigmore Hall.

Julian Bream ha consentito per due ore a coloro che, come me, credono in una chitarra diversa da quella corriva delle odierne piazzollate-koyumbabe, di continuare a credere che l'eroica chitarra degli anni ‘60 e ‘70 che si emancipava orgogliosamente dai dettami tarrego-segoviani mantenga immutata nel tempo la propria ragion d’essere."

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hai scritto una cosa bella nella sua semplicità e chiarezza. Ricordo un episodio analogo a quello che da origine a questo topic, quando a lezione con Davezac un alunno portò una povera trascrizione di Bach su una fotocopia sgualcita e triste: ci fu una lezione di etica innanzitutto e poi di analisi più utile di una ramanzina...

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hai scritto una cosa bella nella sua semplicità e chiarezza. Ricordo un episodio analogo a quello che da origine a questo topic, quando a lezione con Davezac un alunno portò una povera trascrizione di Bach su una fotocopia sgualcita e triste: ci fu una lezione di etica innanzitutto e poi di analisi più utile di una ramanzina...

 

 

ma... era Bach ;)

anche se la fotocopia era sgualcita...(le note no)...

 

 

m

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E' un po' OT, però questo è il lato del discorso che più mi interessa.

Non è pericoloso e fuorviante, in ultima analisi fascistoide, pensare che ci sia una chitarra giusta ed una sbagliata? Un programma giusto ed uno sbagliato?

 

g

 

Per molti queste sono questioni morte e sepolte.

E' con queste affermazioni che si ricostruiscono continuamente muri che la "new musicology" (non quella all'amatriciana) ha abbattuto da anni. E' necessario andare oltre questa passione italiota per la guerra civile.

Un celebre musicologo scrisse:

 

"Il discorso sulla sociologia critica dell'arte (e il vizio di dare del "fascista" a chiunque si azzardi ad esprimere giudizi di valore e su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ndr) deriva dalla convinzione, diffusasi attorno al Sessantotto, secondo la quale ogni affermazione in merito alla superiorità di una pratica artistica o culturale rispetto a un'altra non è che il contrappunto estetico di un'accettazione reazionaria della gerarchia sociale".

 

Esistono esperienze musicali che sono più profonde rispetto ad altre ma non sono disposto a farne questione di genere e/o di contrapposizione musica popolare/colta. C'è di mezzo l'esperienza di vita dei singoli e non può questa diventare lo specchietto per le allodole di semplicistiche contrapposizioni politiche e presunte gerarchie sociali.

 

Oggi non ha più senso istituire o difendere categorie musicali (o artistiche), e tali distinzioni permangono soprattutto nella catalogazione della "merce" musicale da parte dei venditori (con ottime ragioni organizzative).

Penso che non abbia più validità applicativa la dicotomia bello-brutto. Mantiene invece senso la distinzione tra autentico e fasullo, ove per autentico si intenda il frutto dell'invenzione, della ricerca, dell'apporto dell'ingegno creativo e della capacità di elaborare forme con padronanza del discorso musicale; e per fasullo ciò che è invece il frutto inutile della ripetizione e della sciacquatura di cose dette prima e assai meglio da altri, della convenzione banale, privo del benché minimo sprazzo di invenzione e di originalità e magari, per soprammercato, "assemblato" nell'evidente incapacità di costruire una forma. In questo senso, nel repertorio della chitarra "classica", l'autentico e il fasullo sono rappresentati con un'evidenza superiore a quella riscontrabile, per esempio, nel repertorio del pianoforte, dove il fasullo contemporaneo esiste, ma perlomeno in una confezione merceologicamente accurata: nella musica per chitarra no, il fasullo è genuino, biologico, il faudrait le dire, à la Cambronne.

 

dralig

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Presa cosi l'affermazione di J. Bream può essere giustamente distorta..ma Lui intendeva fare lezione su brani del repertorio che probabilmente confacevano alla sua visione...tra cui Bach, Takemitsu, Berkeley, ecc.. quando la chitarrista propose di suonare una trascrizione di Piazzolla (neanche una delle Cinco piezas originali per chitarra ) Lui disse..serenamente...<>......consideriamo che eravamo nel 1994 e forse consideriamo chi era ed è Julian Bream..e cosa ha rappresentato per il repertorio della chitarra..non mi sembra cosi scandaloso non Le pare?

 

p.s. posso permettermi di chiederLe quali sono i suoi gusti in materia di repertorio per chitarra "classica"?

anche io ascolto in macchina Elisa..quando faccio mille km di seguito..oltre ai quartettidi Bartók....ma non la suono in concerto...

 

 

No no :D

Vista così è più che ragionevole..

Però l'aneddoto è stato elevato a modello di comportamento.

 

I miei gusti in materia di chitarra classica...

Io mi sono appena diplomato (alla mia veneranda età...), quindi esco ora dal percorso dei brani inerenti il percorso di studi.

Detto ciò in questi anni di studio (ma anche ascolto di brani che non ho ancora suonato..) ho amato particolarmente Villa Lobos su tutti, Bach (anche se suonarlo è stato un incubo..), Brouwer, Piazzolla, Dyens.

Recentemente ho scoperto la figura di Ralph Towner. Questi sono autori che amo in toto, all'elenco andrebbero poi aggiunti infiniti brani "sciolti"...

 

g

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Avrei voluto aprire un topic intitolato "Musicisti e chitarristi", ma sono stato preceduto dall'interessante riflessione di Marcello...riflessione che mi trova concorde nei modi e nei contenuti. Cioè, in ultima istanza, nella musica.

 

Non so perchè ma nel mondo chitarristico esiste una schiera di strumentisti maggiormente interessata allo strumento, intendo proprio al "pezzo di legno", piuttosto che alla letteratura che lo rappresenta. La cosa non avviene tra musicisti che suonano altri strumenti...mai sentito una pianista od un violoncellista parlare dello strumento che suonano come se stessero parlando di un feticcio.

Perchè secondo me è proprio questo il punto: il ritenere che lo strumento possieda in sè le qualità dell'oggetto assente (la letteratura) e che ne possa prendere il posto, rappresentandola in toto.

 

E' una visone antitetica alla mia, che ritengo esecrabile, e che credo sia in larga parte responsabile della mancanza della chitarra nelle stagioni delle istituzioni musicali.

Il dato paradossale, in tutto ciò, è che il MUSICISTA che per primo, nel '900, si impegnò a porre fine a questo stato di cose, Segovia, è oggi visto da costoro come il CHITARRISTA.

 

 

Dunque, alla fine, suonare Allevi o Gilardino è la stessa cosa: è musica per chitarra.

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E' evidente in questo contesto, almeno per quel che ho potuto constatare in ormai due anni di frequentazione del forum. Ogni tanto, qualche esponente di questa categoria infatti ci prova a buttarla sul colto/popolare; ma casca veramente male.

Lei dice un'altra cosa importante. L'autentico è il frutto dell'invenzione; e l'invenzione è constatare che oggi, come ieri, la musica si sviluppa nel tempo secondo "processi di trasformazione dei linguaggi che, nella loro essenza, non sono mai cambiati". Detto in modo che può sembrare enfatico: ciò che non cambia è la volontà di comunicare se stessi incontrando la storia. Dov'è allora il falso? Il falso è definire questa Musica relazionandola ad un'ambigua, se non falsa, nozione di tradizione dove il massmedia deve diventare parametro affinchè possa informare il compositore (o l'interprete che si pensa compositore) circa le opere e il linguaggio da produrre.

 

Thomas Mann - versando nell'estetica il problema che Dostoevskij aveva posto in termini etici - pensò di tagliar corto, e fabbricò il suo compositore astorico - non ignaro della tradizione e della storia, ma toccato dalla tentazione faustiana di elevarsi al disopra di esse. Infatti, nella prima argomentazione, colui che lo visita a Palestrina lo mette nell'angolo domandandogli se per caso lui, Adrian, il genio consapevole della sua genialità, voglia assomigliare a...( e lì la sfilza degli "ismi" che il compositore non può tollerare). Il fatto è che, per spiccare il volo, gli è di troppo il peso della sua umanità, che è invece storica: e allora, ecco la scorciatoia, l'abbrivio. Singolare, no?, l'offerta dell'eterno piazzista: "Noi vendiamo tempo", dice ad Adrian il visitatore, offrendo al genio un pezzo di quella "temporalità" dalla quale lui sta cercando follemente di scappare.

 

dralig

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La chitarra è letteralmente esplosa nel novecento. In differenti tradizioni, dal jazz al rock a certo folk. E' un dato di fatto innegabile. Come è innegabile che in queste tradizioni abbiano operato talenti e genietti delle seicorde ed enormi sensibilità musicali. Chi lo nega? Certo non io.

Ciò che è negabile invece è il fasullo, la plastica, la muzak che si vuole imporre ad uno strumento che nulla ha a che fare con queste tradizioni proprio per il fatto che nel novecento la chitarra è testimone di una rivoluzione che mai nella storia l'aveva toccata. L'interesse dei compositori. E la nascita di chitarristi che compositori lo sono sul serio. Che non è questione di un pezzo di carta, ma è questione di sensibilità, incontro e scontro con la storia delle opere musicali. Ecco allora che c'è chi in questa ambiguità di fondo ha visto un business e allora questo strumento diventa il luogo privilegiato per potere ingannare il repertorio, favoleggiare sulle metodologie, scansare l'incontro con i compositori e favoleggiare sul valore e il disastro culturale prodotto da presunte "trasversalità"...

 

Mi ritrovo molto anche nelle parole di Luca Francesconi che riporto nuovamente e che mi paiono chiarissime.

 

 

Sono parole interessanti.

D'altronde, si potrebbe anche argomentare a proposito del concetto di -sound-, relativamente alla chitarra, che nella dimensione di ricerca si siano incrociate strade altrimenti impercorribili. Dunque non nel crossover e quelle balle lì, ma appunto in qualcosa di arcaico...archetipo junghiano va benissimo,...si svela una dimensione nuova e classicamente inedita...ma si può forse oggi scrivere qualcosa facendo finta che tutto ciò non sia esistito e non debba eistere? per me no, è inconcepibile...

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