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Scusami Fabio, ma non sono assolutamente d'accordo. Lo dico perchè questo programma insulta 10 anni di studi di composizione, e l'attività e l'artigianato di un compositore. Non si lavora così, scusami.

 

Francesco

 

e di che! mica ti devi scusare. La mia non è una difesa spada tratta del sistema. Cerco solo di spiegare a cosa serve e a ben contestualizzarlo all'interno della disciplina compositiva (visto che un software ideato da compositori per compositori). Per il resto, di come lavoro io magari lo giudicherai dai risultati. Ma cosa esattamente non hai capito (hai quotato un blocco notevole)?

 

Ho capito (per quello che si può capire da una discussione) di cosa si parla, ho detto che non sono assolutamente d'accordo sull'utilizzo del software per quel che mi riguarda può averlo inventato anche John Williams (il compositore), ma non cambia la mia posizione, mi spiego: ho compreso che il programma in questione entra in ballo nel momento in cui inizia lo sviluppo, ma non cambia la sostanza, o sviluppo o esposizione del materiale che sia, il lavoro non è il proprio, e soprattutto non reputi il lavoro di sviluppo un lavoro creativo? Io invece credo che sia un lavoro creativo quanto la creazione del materiale, certo più tecnico, ma creativo. Per fare una analogia, è come se un liutaio si affidasse a macchine sofisticatissime per creare chitarre che suonano bene, a macchine che facciano il lavoro al posto suo; certo, il materiale lo ha scelto lui, avrà avuto l'occhio attento e avrà scelto il legno con la venatura più bella, più stagionato, ma il risultato del lavoro non sarà il suo, non sarà frutto del suo artigianato, e questo per me è distuggere il lavoro di un liutaio. Il software citato mina allo stesso modo il lavoro di un compositore. Questo è il mio pensiero.

 

Francesco

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HAL, se fosse programmato a dovere

 

[CUT]

 

dietro alle "intuizioni" di una tale potenza di calcolo.

 

Fabio, maledizione, hai stuzzicato (e non poco) la mia curiosità. Con tutta la roba che ho da fare adesso mi toccherà leggere la tua musica.

 

ecco

mi spiace deluderti, ma contrariamente a quanto sostenuto da altri nel 3d cestinato :roll: , nella mia musica per chitarra c'è ben poco di composizione assistita

 

Non è questo che mi interessa.

L'argomento in sé non mi attrae ma mi affascina (e non poco ) il modo in cui tu l'affronti.

Insomma, per dirla tutta, una freschezza e intelligenza del genere non può non produrre qualcosa di interessante.


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è come se un liutaio si affidasse a macchine sofisticatissime per creare chitarre che suonano bene, a macchine che facciano il lavoro al posto suo; certo, il materiale lo ha scelto lui, avrà avuto l'occhio attento e avrà scelto il legno con la venatura più bella, più stagionato, ma il risultato del lavoro non sarà il suo, non sarà frutto del suo artigianato, e questo per me è distuggere il lavoro di un liutaio.

 

Non mi sembra un esempio calzante.

Come dire che la macchina digitale ha distrutto il lavoro dei fotografi e il passaggio dal vinile dei compact disc ha distrutto il lavoro di fonici e studi di registrazione.

Se vogliamo proprio dirla tutta, i liutai oggi usano macchinari che 90 anni fa non esistevano. E 90 anni fa usavano attrezzature e attrezzi che Giovanni Battista Guadagnini si sognava e via discorrendo.

A me pare che qui non si stia distruggendo nulla, ma si stia costruendo.


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Inviato

 

Non mi sembra un esempio calzante.

Come dire che la macchina digitale ha distrutto il lavoro dei fotografi e il passaggio dal vinile dei compact disc ha distrutto il lavoro di fonici e studi di registrazione.

Se vogliamo proprio dirla tutta, i liutai oggi usano macchinari che 90 anni fa non esistevano. E 90 anni fa usavano attrezzature e attrezzi che Giovanni Battista Guadagnini si sognava e via discorrendo.

A me pare che qui non si stia distruggendo nulla, ma si stia costruendo.

 

 

Quello che intendo non è la macchina che aiuta il liutaio a costruire una tavola perfetta al millimetro, oppure che analizzi lo spettro delle onde che fuoriescono dallo strumento che aiutano il liutaio a studiare e migliorare il proprio progetto. Qui si parla di vera e propria sostituzione del lavoro, cioè non è un aiuto, è un sostituto dell'artista, è come se la macchina facesse materialmente la chitarra. Tornando a noi, che poi tra le varie possibilità di sviluppo che il calcolatore pone al compositore, egli scelga tra le tante ipotesi che fuoriescono dal calcolo, quella che gli è più congeniale, poco cambia la questione. Non è frutto del lavoro delle proprie mani. Questo intendo.

 

Non c'è problema per la pubblicazione.

Anch'io non trovo calzante l'esempio di Francesco, che però, proprio nel suo non calzare, per me è esemplare! ;)

Direi che vige un sostanziale sospetto (spesso indispensabile v. il music maker citato da Ermanno) nei confronti della tecnologia anche se questa è comunemente utilizzata negli ambiti che si vorrebbero portare come esempi contrari. Qui sta l'ambiguo fascino di questi strumenti! Per molti, compositori compresi, è difficile riconoscere dove si situi il limite della tecnica.

Gli strumenti del liutaio sono manufatti tecnologici tanto quanto le macchine ottiche dei pittori rinascimentali, i sistemi di Computer Aided Design degli architetti e il vincolo delle quinte parallele per il compositore.

Nel compositore però, ancor di più che nelle altre arti, è più forte che mai il mito dell'ineffabile. Cioè: la diffidenza verso ciò che può essere detto è pari a quella per ciò che può esser computato e/o simulato. Perchè? Perchè è nella natura della materia musicale (asemantica) che si alimenta il sospetto verso tutto ciò che potrebbe fornirci indizi circa la nostra natura di "macchine". E quindi verso le nostre azioni in qualche modo ricoducibili ad una tecnica. E' la naturale paura di avere a che fare con un qualcosa di molto più "semplice" di ciò che in realtà vorremmo essere.

Quindi noi siamo macchine? L'ineffabile e il trascendente estetico sono definitivamente tramontati insieme alla novecentesca morte di Dio?

Io non credo (morte di Dio a parte). Credo che sia possibile dare ancora una testimonianza di trascendenza creativa, senza scomodare la metafisica, ma solo attraverso un utilizzo critico della più alta manifestazione di mimesi del pensiero nella storia dell'umanità: l'utilizzo dei linguaggi di programmazione.

E' necessario prendere il toro dalle corna e andare alle origini del problema computazionale per accorgersi che il limite del concetto di tecnica in ambito compositivo è molto più flessibile di quel che si crede a causa della pregiudiziale, ottocentesca, dell'ineffabile. Da lì è possibile ricostruire e reinterpretare la propria prassi.

Il 3d cestinato si intitolava "Un algoritmo cambierà il futuro della musica". No. La prospettiva è esattamente quella inversa. Ho talmente fede nell'esperienza estetica che so, grazie alla coscienza di causa del problema "tecnico" nel mio tempo, di poter contribuire attraverso di essa al cambiamento della definizione algoritmica e ribadire l'importanza del lavoro dell'uomo, sull'uomo.

In parte questo sta già avvenendo. Ma anche nella storia, come ho solamente accennato nella parte della tesi da te riportata, abbiamo già avuto esempi che vanno in questa direzione ed hanno cambiato tanto la storia della scienza quanto quella delle arti.

 

Qui entra in ballo la concezione dell'arte che ogni artista ha, e pur non condividendo quasi per nulla quello che dici, fa parte del tuo essere e quindi non sta a me giudicarlo; Però io credo che tu stia saltando un passaggio, che credo sia il punto della questione...perchè scrivere musica? domandiamoci, perchè io (nel mio piccolo), tu e tutti i compositori scrivono musica? Perchè sbattere la testa su un tessuto contrappuntistico? Ne vale la pena? E se si, per cosa? La conquista dell'autonomia dell'arte e dell'eloquenza della musica sono arrivate con l' "Affektenlehre" dal '500 (ma con Ficino anche nel '400), e io non le lascio così facilmente, non ci sto a declassare quello che è l'arte di cui cerco di occuparmi, studiare a fondo, più che posso. Nessuno mai mi toglierà la consapevolezza del grande "compito" verso la mia umanità di scrivere musica, e la mia musica sarà frutto del mio lavoro, non di altri, macchine incluse. Non lascerò che l'ideologia prenda il sopravvento sulla bellezza, questo mai.

 

Francesco


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ma a sto programma se gli metti dentro un pezzo di Fabbri poi viene fuori una cosa alla Selvafiorita? :D vado a provare....


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Tu ribadisci l'importanza della teoria degli affetti nell'ambito del tuo lavoro. E' giusto e importante che tu segua questa strada. Ma è necessario comprendere che quando qualcuno esprime opinioni circa la propria prospettiva poetica, sia tu, io o altri, siamo già dentro l'ideologia. Che cos'è l'ideologia se non la messa al centro della propria vita di un'idea, ideale, politico, religioso, poetico? Se non volessi fare dell'ideologia non faresti il musicista ma, magari l'esteta, o lo storico dell'arte.

La tua idea di bellezza è quindi ideologica tanto quanto la mia. Noi siamo tutti produttori di ideologie (quando facciamo i musicisti). Possiamo scegliere di saperlo, illuderci di non saperlo o esserne pienamente consapevoli.

Io ho ribadito la mia idea sul perchè scrivere musica parlando di importanza del lavoro dell'uomo sull'uomo (cosa tra l'altro che potrebbe anche non prescindere dal considerare una drammatica interpretazione oggi dell' affektenlehre ficiniana! why not?) ma nella piena consapevolezza del problema della techné oggi. Perchè il lavoro artigianale del compositore non prescinde mai da un pensier critico sulla sua techné. Neanche negli scritti di Ficino, che è il primo moderno a considerare gli affetti razionalmente deducendone l'azione dalla connessione tra musica mundana (la musica delle sfere governata da proporzioni numeriche) e concezioni magiche e astrologiche.

 

Sarei tentato di essere d'accordo, e sostanzialmente cedo a tale tentazione, però...Ecco, se per ideologia intendiamo il risultato dell'osservazione a posteriori di ciò che si è fatto in ambito creativo, si, anche nel rilasciare una banale intervista nella quale banalmente si parla della propria musica, si fa dell'ideologia. Io faccio come so di dover fare, senza saperne esattamente il perché (il "come" è stravinskianamente determinante, imprescindibile, il "perché" è ampiamente facoltativo, derogatorio, inessenziale); poi, osservo quello che ho fatto e ne traggo un modello teorico utile, si, ma a chi? A me, per capire quello che (cavolo) ho fatto (sono il primo a dover capire, e il fatto di aver fatto una certa cosa non è affatto una garanzia di poterla capire, la maggioranza dei geni della storia della musica erano dei bestioni che non capivano un'acca di quel che facevano, anche se lo facevano da padreterni, e bene fece Toscanini a zittire Ravel dicendogli: lei non capisce niente della sua musica), e per farne il mirino per il prossimo bersaglio. Fin qui, ideologizzo, e non ci trovo nulla di male. Dal momento in cui mi si presenta ben altra tentazione - quella di dire: si fa così, si dovrebbe fare così, è fondamentale fare così, è un peccato non fare così, etc., allora incomincia il versante della discesa ideologica, la sua degenerazione. Ammiro Stalin, che voleva un determinato tipo di musica per i suoi sporchi fini: aveva capito il potere e l'importanza della musica, e sapeva come servirsene; anche se era un criminale, era più molto stimabile degli ignoranti che tagliano il Fus pensando che la musica non serva a niente). Non ammiro per niente i compositori che quella musica hanno scritto. E detesto tutti coloro che si rivolgono ai musicisti dicendo loro come fare.

 

dralig


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Io credo di aver capito (e se mi sbaglio mi scuso) che Fabio consenta l'utilizzo del cosiddetto mezzo multimediale quale compendio per spingersi in avanti. Non mi sembra infatti se egli nella sua opera creativa, ma anche di stesura (con sviluppi, annessi econnessi) "lasci fare" agli algoritmi, ma esclami - parafrasando un celebre compositore- "Il catalogo è questo!"; ciò perchè siamo giunti nel 2010. Il cosiddetto sviluppo automatico - credo - rientri ancora una volta nel contesto della filosofia che accetta il presente, senza lamenti o nostalgie per quelle conoscenze - anche le più difficili - che Ciccio Matera dimostra di ben conoscere. A proposito, chiedo se è servita l'intuizione di Fibonacci, ma anche di quella famosa e rudimantale "griglia" che Bach (mica Tortora) a volte utilizzò?. Anni orsono un mio caro amico - preside della Sissa di Trieste - cercò di convincermi che è del tutto inutile far studiare le addizzioni o sottrazioni ai bambini, mentre sarebbe del tutto utile insegnar loro ad utilizzare le (allora) piccole calcolatrici che da poco erano entrate nell'uso comune. E' ovvio che lì non si crea ma il mio chiodo fisso - cioè ragionare secondo le carte che quel preciso momento cuturale o storico - mi indicano (e quindi decido)di appoggioare una apertura, per me assolutamente la piùmoderna. oltre a ciò, Romitelli aveva già fatto di più, ed oggi quelle indagini sul suono più o meno nascosto, sono definite oggi arte.

Giorgio Tortora


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Capisco Maestro. Ma in parte è comprensibile non crede? Tutti gli artisti si credono un po demiurghi del mondo, salvo prendersi, spesso, sonore mazzate dal mondo stesso. Anche lei, quando indirizza il lettore a considerare Castiglioni "più" compositore di Nono secondo me ha questa tentazione. Perchè io capisco cosa vuole dire, e corentemente a quello che per lei è la figura del compositore, potrei anche concordare. Ma nel modo di concepire e organizzare un suono, diciamo pure un sound, Nono non è secondo a nessun artigiano, salvo premettere che Nono frequenta un artigianato del tutto differente da quello di Castiglioni. Perchè avviene questo? Perchè probabilmente non concordiamo sulle conquiste musicali della musica del dopoguerra che lei magari pensa come sconfitte.

Comunque, si. In generale anch'io non sopporto coloro che mi dicono cosa fare, ma soprattutto, ci tengo a dirlo, non ho mai fatto qualcosa nella speranza di compiacere qualcuno.

 

Io si. E quel qualcuno sono soltanto io. Inoltre, ammetto che quando vengo a sapere che la mia musica spiace a certi tipi, ne traggo compiacimento (dal venirlo a sapere).

 

D'accordo su tutto il resto. Credo di aver sviluppato un apparato immunitario ipertrofico nei confronti della storia della musica del Novecento. La trovo scandalosa. Non credo che, nella storia dell'umanità, il talento abbia mai ricevuto una punizione più cattiva. Pur senza essere uno storico - se non per alcuni marginali contributi al ruscello della storiografia chitarristica del secolo scorso - mi sforzo di suggerire ai giovani - ché in loro vanno riposte le speranze residue - di studiarla senza impararla, tanto da poterla vedere diversamente da come la leggono.

 

Comunque, ho netta la percezione di essere un uomo della generazione precedente la Sua, e guardo con rispetto a quello che accade. Non fingo di partecipare, ma osservo con impegno.

 

dralig


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Mi piace, a proposito di Fibonacci, riportare l'aneddoto di Darmstadt per cui quando Adorno rimproverò al buon Stockhausen di non aver osservato la sequenza corretta (quindi di non aver seguito un approccio algoritmico direi) Stockhausen gli rispose: "her doktor lei cerca un pollo in un quadro astratto". Mi sembra, che in questo contesto, siate un po tutti alla ricerca di polli mentre a me interessa dispiegare la forma nel quadro astratto.

 

Francis Bacon, in un'intervista rilasciata a David Sylvester, spiega la differenza tra l'illustrazione e la pittura individuandola non nel fatto che la seconda debba necessariamentere prescindere dalla raffigurazione di oggetti riconoscibili - il pollo, ad esempio - ma da un altro fatto, capitale: la pittura si serve dell'oggetto e della sua stessa riconoscibilità per rappresentare una sensazione, e per trasmettere quella, non la nozione dell'oggetto.

 

La sensazione è propria del sistema nervoso, e il maestro londinese punta quindi a dare una rappresentazione pittorica degli eventi del suo sistema nervoso, supponendo - direi, nel caso della sua pittura, con piena ragione - che il sistema nervoso altrui possa reagire con una certa intensità all'immagine che egli crea. E' una descrizione affatto materialistica della sua arte, e sostanzialmente la trovo non solo accettabile, ma anche efficace, pur non essendo allineato "filosoficamente" a Bacon. La sua macelleria non trasmette orrore e compassione per le creature macellate, ma la percezione esatta del piacere che l'uomo prova nell'infliggere sofferenza. Il suo Innocenzo X rappresenta l'essenza di un'umanità riconoscibile se appena si voglia andare oltre il maestoso decoro della figura di Velazquez, che però "contiene" in potenza la belva scoperta e pienamente rivelata da Bacon.

 

Tutta la pittura è astratta, anche quella del postelegrafonico che dipinge nel weekend paesaggi con la prospettiva sbagliata. Il fatto è che i suoi quadri non provengono da un'elaborazione di sensazioni, ma da un'osservazione superficiale del mondo, e quindi non trasmettono nulla. Se imparasse le regole della prospettiva, si renderebbe capace di dipingere illustrazioni più aderenti alla comune percezione della realtà, ma continuerebbe a far percepire solo il nulla che è in lui. La debolezza del suo sistema nervoso è il suo limite invalicabile. Perché dipinge, allora? La causa di questa insana decisione è del tutto diversa da quella che spingeva alla pittura Rembrandt, van Gogh o Bacon: in entrambi i casi, si tratta di esigenze personali, ma ciò che esige il postelegrafonico è estraneo alla pittura, mentre ciò che esigeva Bacon era esclusivamente pittorico.

 

Ecco, in pittura - o in musica, è lo stesso - un pollo può essere solo un pollo, e allora non è pittura e non è musica, o essere qualcosa di diverso che si manifesta nell'apparenza di un pollo: solo in questo caso è pittura, o musica.

 

dralig


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Tutti gli artisti si credono un po demiurghi del mondo, salvo prendersi, spesso, sonore mazzate dal mondo stesso. .

 

Colpo basso. Non è lecito utilizzare le sconfitte degli artisti nel mondo per farne un argomento a favore di una propria tesi. Io non farei mai ricorso al giornale dei fallimenti aziendali per sostenere una visione artistica del mondo. Semplicemente, alla partenza riceviamo una tessera con scritti dei numeri della tombola, e con quelli giochiamo: come va l'estrazione, è fuori dal nostro controllo. Lei per caso ha scelto di nascere musicista? Io no, me l'avessero chiesto alla punzonatura avrei risposto male. Però, dal momento che lo sono, intus et in cute, tanto vale giocare bene le mie carte, no? Quali demiurghi, siamo tutti foglie dello stesso albero, e d'autunno le foglie hanno poca voglia di sentirsi ali di albatro...

 

dralig

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