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Ospite gasgas
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In effetti l'erba del vicino è sempre più verde!

è o sembra? .... ;)

 

Va anche detto che la libera circolazione e riconoscimento dei titoli in Europa per ora è solo sulla carta ed è ben lungi dall'essere una realtà, quindi se vuoi rimanere a lavorare in Italia conviene prendere il titolo in Italia e semmai aggiungere una specializzazione all'estero.

 

Puro buon senso!


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Cercherei soluzioni all'estero.

Siamo in Europa o no?

 

In effetti l'erba del vicino è sempre più verde!

è o sembra? .... ;)

 

Va anche detto che la libera circolazione e riconoscimento dei titoli in Europa per ora è solo sulla carta ed è ben lungi dall'essere una realtà, quindi se vuoi rimanere a lavorare in Italia conviene prendere il titolo in Italia e semmai aggiungere una specializzazione all'estero.

 

Potrei persino essere d'accordo ma arrivo da una esperienza di attività personale nella quale il "diploma" di conservatorio è servito in percentuali irrisorie per non parlare della frequenza (mi hanno incastrato durante l'ultimo anno dietro la minaccia di non poter sostenere l'esame).

Riformulo, Frédéric: A seconda di che cosa si intende fare, cercherei soluzioni all'estero.


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Inviato
Cercherei soluzioni all'estero.

Siamo in Europa o no?

 

In effetti l'erba del vicino è sempre più verde!

è o sembra? .... ;)

 

Va anche detto che la libera circolazione e riconoscimento dei titoli in Europa per ora è solo sulla carta ed è ben lungi dall'essere una realtà, quindi se vuoi rimanere a lavorare in Italia conviene prendere il titolo in Italia e semmai aggiungere una specializzazione all'estero.

 

“[...] Bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile”.

Chissà cosa penserebbe oggi Benedetti-Michelangeli guardando tutto questo?

È giusto mettere da parte la propria formazione musicale perché poi non si sa se il pezzo di carta verrà riconosciuto in Italia?

È giusto rimanere in un ambiente che per molti motivi, (primi tra tutti la burocrazia bieca e arrogante, i corsi di psicopedagogia della quarta corda e la cintura nera di solfeggi e canti corali vari) mette i bastoni tra le ruote a chi ha come obiettivo principale la propria formazione musicale?

È giusto assoggettarsi ad un sistema di cui non condividiamo né modi né obiettivi solo perché poi ci rilascia un pezzo di carta per entrare a nostra volta in un sistema che non amiamo ma che a quel punto non avremo modo di cambiare?

 

Tutte le domande non sono da vedersi in tono polemico: io ho scelto di andarmene, sono felice delle mie scelte, ed è stato il mio caro e insostituibile insegnante qui in Italia a consigliarmi o spingermi a farlo, quindi la cosa è avvenuta con molta serenità.

Solo che ogni scelta comporta dei pensieri e delle perplessità.

Quelle sopra sono le mie domande, quelle che mi sono posto per qualche mese in passato, e mi chiedo se delle volte le risposte che mi sono dato non siano troppo idealistiche e fuori da un contesto al contrario sempre più pratico.

Questo per dire che rispetto e delle volte ammiro chi per esempio riesce a frequentare corsi, sapendo di perdere tempo, solo perché “si deve fare”, mentre nel frattempo io ho sempre preferito studiare con lo strumento, o frequentare il corso di composizione, o leggere nuova musica.

 

Ormai penso spesso alle parole di un mio collega qui in Italia dette in buona fede e in totale amicizia, perché amici siamo, che una volta in cui parlavamo dei miei programmi all'estero, del fatto che frequentavo una classe di sole otto persone, che le lezioni funzionavano in altro modo ecc e parlando poi del fatto che una nostra ex collega di corso in Italia, famosa in conservatorio per non esser capace di fare non dico una nota giusta, ma neanche un secondo di musica mentre suona mi disse: “vedi, quella t'è passata avanti”. Lo disse alludendo ovviamente al titolo e al concludersi di un percorso che le avrebbe permesso, finalmente (!) di smettere di studiare.

È ovvio che in un contesto del genere, con una mentalità del genere, non solo il consiglio che darei è quello di rimanere in Italia, ma anche quello di studiare il meno possibile, visto che poi si intende smettere appena ottenuto il pezzo di carta.

Io non ne capisco, e non capisco neanche come si possa studiare pensando che lo si sta facendo per dovere, che poi tutto finirà, (manco fosse il servizio di leva); non capisco il senso di approcciarsi all'arte alla maniera di un banchiere in cerca di guadagni e posto fisso, ma tant'è che dovrà pur esserci; del resto, sempre per alludere ad una citazione, questa volta di Marchesi, e un poco più terra terra: “[...] milioni di mosche non possono sbagliare.”

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