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Inviato
a me l'impiccagione va benissimo

 

Dovresti comunque fargli una lezione su Ian Curtis ed il sound di Manchester negli anni '80.

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Miglior contributo in questa discussione


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@ dralig

 

 

 

Ecco, tenga presente che alle medie ad indirizzo musicale un allievo svogliato, stonato ed aritmico te lo tieni per tre anni. E ci devi fare lezione ogni sacrosanta settimana. Da settembre a giugno. E solo in quella situazione ti rendi conto che forse il Corale con variazioni di Smith-Brindle non è adatto a tutti.

 

Infine, tornando al senso del mio primo intervento, se dice che la tipologia di studente che lei ha in mente è un'altra (anche se a dire il vero faceva esplicito riferimento alle scuole medie), allora perché scagliarsi con tanta veemenza, utilizzando metafore a dir poco raccapriccianti, contro alcuni metodi (non si è ancora capito quali), senza sapere con quali ragazzi hanno a che fare i docenti delle medie?

 

 

Io non so nulla di scuola media, e riferendomi all'insegnamento della chitarra agli alunni della medesima avevo in mente quelli che frequentavano i primi tre anni del conservatorio (con annessa scuola media). Li rammento vivaci, ricettivi e pieni di interesse - anche se, ovviamente, non in tutti loro ardeva la fiamma della musica. So di eccellenti concertisti che insegnano nelle scuole medie (non quelle annesse ai conservatori) e francamente non riesco a immaginarli mentre fanno lezione ai loro studenti adoperando i testi che ho visto io. Anzi, sono certo che ne rifuggono forse in modo ancora più manicheo del mio. E' a loro che ho pensato scrivendo i miei Studi facili, ed è in questa stessa discussione che ho indicato la categoria dei docenti delle scuola medie come depositaria del futuro della musica - in misura molto più influente di quella rappresentata dallo star system.

 

Veniamo ai metodi dei quali io mi ostino a tacere titoli, con Sua manifesta insoddisfazione. Quando ho accettato l'invito a comporre gli Studi facili, mi sono fatto spedire un certo numero di pubblicazioni (non soltanto italiane). Le ho guardate e poi le ho gettate nella spazzatura, e non sento alcun bisogno di rammentare i nomi dei loro autori. Credo sinceramente che siano non soltanto di infima qualità musicale, ma anche prive di fondamenti didattici, perché basate sull'assunto - secondo me fasullo - che i ragazzi rifuggano dall'impegno e dalla fatica necessari per imparare seriamente qualunque disciplina. Io non credo in questo genere di insegnamento, lo trovo ripugnante.

 

 

 

 

Perché tanta violenza verbale nei confronti di professionisti il cui lavoro (partendo spesso - ebbene sì! - anche dalle canzonette) fa in modo che qualche ragazzo si appassioni allo strumento e successivamente magari suoni (e preventivamente acquisti) gli "Studi facili" di A. Gilardino, compri le registrazioni degli "Studi di Virtuosità e Trascendenza", e magari dopo qualche anno li esegua pure pubblicamente in concerto?

 

Lo ripeto, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone che fanno veramente bene e con passione il proprio lavoro. Come si fa a dare giudizi così tranchant solo per via della scelta di un libro? Come è possibile sapere il modo in cui ciascuno utilizza quel preciso strumento didattico?

 

Detto questo, ben vengano i suoi studi, che una volta terminato lo studio certosino e approfondito de La chitarra volante 1, La chitarra volante 2, La chitarra volante-Appendice al metodo e La chitarra volante ensemble sottoporrò volentieri ai migliori tra i miei allievi.

 

 

La mia attenzione nei riguardi del lavoro che gli insegnanti delle scuole medie stanno svolgendo è piena di rispetto e di trepidazione, perché so benissimo - e l'ho scritto a chiare lettere - che da loro dipende la sopravvivenza della musica. Per questa precisa ragione, credo che debbano essere messi a loro disposizione gli strumenti didattici più affinati, e che non debbano essere obbligati a scegliere tra ciò che è mediocre e ciò che è scadente.

 

La violenza verbale è parte strutturale di un genere letterario. Lei crede che, rivolgendo la sua invettiva contro Pisa, il sommo poeta desiderasse effettivamente vederla sommersa sotto le acque dell'Arno? Lei ha pensato per un solo istante che io desideri letteralmente l'impiccagione fisica dei cattivi maestri? Si può citare Leopardi o John Wayne, è sempre esercizio retorico, che in un forum a rischio di noia asfittica dovrebbe risultare persino divertente...

 

 

 

Signor Signorile, lei - con il suo buonismo e la sua faciloneria malamente trasformati in benevolenza nei confronti dei ragazzi - è tra i principali artefici della barbarie in cui viviamo oggigiorno.

 

Dopo aver inscenato il Suo raccapriccio per la mia violenza verbale, in quale categoria letteraria colloca questo Suo affondo? Quella dell'idillio? Mi permetta una rispettosa constatazione: Lei è davvero un bel tipo. Non mi dica adesso che il Suo non è un nom de plume, adottato con ironia evocativa dei bei tempi delle graticole...

 

dralig

Ospite Nicola Mazzon
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@ fernando

 

Non è più banale, è povero didatticamente, in Carulli & compagnia bella non esiste pezzo in cui non si possono spiegare funzioni armoniche, melodiche, soluzioni interpretative....Cammello stanco...che offre? Una melodia mi fa mi re# mi...con una cadenzina in la minore per una facciata intera, beh a pensarci bene è più banale.

 

Verissimo, per contro "Cammello stanco" almeno una melodia ce l'ha (alcuni pezzettini di Carulli di difficoltà equivalente paiono purtroppo essere sprovvisti di questo optional). È basata su tre accordi (effettivamente poca roba a confronto delle ardite modulazioni carulliane...), come altrimenti non può essere, dato che la precisa scelta didattica dell'autore è quella di cominciare con i bassi a vuoto. Al suo interno c'è una scala, bicordi, cambi di corda col pollice, una melodia da eseguire su due corde stando ben attenti alla diteggiatura della destra. E tutto in tre righe.

 

Altro che banale: "Cammello stanco" è il parto musicalmente stomachevole della mente di un dannato genio.

 

 

Può citarmi uno studio di Carulli privo di melodia?

Non commento la sua risposta, me la segno, ha dell'eccezionale.

 

Mi permetto solo di dire che, così presentata, non sembra una professione l'insegnamento alle medie, ma un martirio.


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A me pare che qui si usino i termini "utile" e "inutile" con un po' troppa disinvoltura...

 

non aggiungo altro.


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Inviato

Lavoriamo tutti per la Musica. “La chitarra volante” risulta essere un metodo iniziale molto efficace . E’ tuttavia preferibile utilizzare contemporaneamente più metodi e raccolte di studi legati alla tradizione ottocentesca, per offrire ai nostri studenti una conoscenza a più ampio raggio.

Esistono, solo per citarne alcuni, diversi compositori che hanno scritto studi facili dove il linguaggio utilizzato non è sempre “immediato”, da S. Rak a N. Koshkin da C. Domeniconi a C. Carfagna e non ultimo L. Brouwer. Adesso abbiamo gli studi composti da A. Gilardino e sono sinceramente curioso di leggerli, studiarli e farli studiare ai miei alunni più dotati.

Sono molto validi, inoltre, gli studi di G. Signorile e F. Taranto

Non dobbiamo però dimenticare Il contesto in cui operiamo noi docenti delle SMIM. Io e mia moglie (anch’essa docente di chitarra) abbiamo lavorato in SMIM dove le famiglie seguono i figli e cercano di dare una formazione generale importante, ma anche in altre dove il massimo dell'ascolto sono le canzoni popolari di basso livello, dove i genitori non seguono i figli e i ragazzi passano interi pomeriggi per strada, se va bene dietro ad un pallone. Bisogna contestualizzare e non generalizzare. Ci siamo ritrovati ad insegnare dai semplici accordi al GuitarCosmos.

Sicuramente è più difficile fare appassionare alla chitarra classica e “disciplinare” questi giovani che si accostano al nostro strumento con l’idea di suonare le canzoni e che non hanno la minima idea del mondo a cui vanno incontro ( l’80% dell’utenza a voler essere ottimisti), e non lo si può fare se non con un linguaggio accessibile che poi gradualmente si andrà complicando.

domenico


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Lavoriamo tutti per la Musica. “La chitarra volante” risulta essere un metodo iniziale molto efficace . E’ tuttavia preferibile utilizzare contemporaneamente più metodi e raccolte di studi legati alla tradizione ottocentesca, per offrire ai nostri studenti una conoscenza a più ampio raggio.

 

Ecco, mi pare che Lei abbia colto il nocciolo della questione. Vediamo ora di mettere a fuoco un aspetto - secondo me fondamentale - della discussione. I maestri della prima metà dell'Ottocento che scrissero musica per chitarra con finalità didattiche adoperavano il linguaggio musicale della loro epoca. Aguado e Sor, Carulli e Carcassi, erano sì chitarristi, ma anche musicisti ben integrati nei rispettivi ambienti musicali: conoscevano la musica dei grandi compositori del tempo, spesso la bordeggiavano nelle loro composizioni, non di rado - in qualità di concertisti - condividevano la scena con i maggiori virtuosi del momento. La loro musica è specchio fedele della loro appartenenza a un quadro storico - non solo musicale, ma anche sociale, culturale e politico - in cui agivano, se non come figure di spicco, certo come dignitosi comprimari: Sor ricevette in Russia l'incarico di scrivere la marcia funebre per le esequie dello zar, Giuliani cenava con Beethoven... Vediamo, nelle loro opere, chiari riflessi di questa loro identificazione con il mondo musicale circostante: Giuliani compone sì le Arie nello stile italiano, ma - da buon viennese d'adozione - scrive eccellenti Lieder (con testi in lingua tedesca) in cui si riflette tutta la sua condizione di epigono dei maestri austro-tedeschi. Carulli, che se la passa bene a Parigi, non scrive Lieder, ma Ariette, bilanciando il suo impeto partenopeo e la sua ben imparata partecipazione alla vita musicale parigina - magari colta solo nei suoi aspetti più superficiali, ma comunque squisitamente francese. E potremmo continuare a lungo nella constatazione che, tra i pezzetti didattici per chitarra di questi Maestri e la grande musica del loro tempo, c'è un legame di affinità e di continuità e - quale che sia il giudizio di qualità che si vuole emettere su autori e opere (io ad esempio colloco gli Studi di Sor tra la musica strumentale di ottima lega scritta nella prima metà dell'Ottocento, indipendentemente dal fatto che si tratti di musica per chitarra) - un punto è incontrovertibile: dove si faceva musica ai più alti livelli, là c'erano anche dei chitarristi, e la loro musica dimostra questa loro condizione.

 

Nel Novecento sono accaduti molti fatti anche in ambito musicale, e inevitabilmente i linguaggi si sono frantumati. Resta però il fatto che, anche in tanta pluralità di linguaggi, la musica del Novecento ha caratteri ben riconoscibili: anche nei lavori dei Maestri che non hanno rinnegato la tonalità si denota a prima lettura la distanza dalla musica dell'Ottocento.

 

La domanda successiva sorge inevitabile: nelle opere didattiche per chitarra del Novecento c'è un nesso autentico, diretto, riconoscibile con la musica strumentale coeva? Quali sono gli autori che hanno forgiato pezzi propedeutici ai vari linguaggi novecenteschi? Gli Studi della Escuela razonada hanno uno sbocco diretto anche solo nel repertorio di Segovia? Gli Appunti di Castelnuovo-Tedesco introducono gli studenti ad altro che non sia la musica per chitarra dello stesso autore? E badi che ho citato lavori degnissimi! Per trovare - in un'opera didattica del Novecento - qualche freccia puntata verso il repertorio dobbiamo sfogliare il Guitarcosmos di Smith Brindle, mentre gli Studies di Dodgson si manifestano in un ordine di problematicità tipico dei lavori orditi con sapienza musicale, ma da menti che non sanno governare la scrittura chitarristica dall'interno.

 

Leo Brouwer indica risolutamente, con i suoi Etudes Simples, la strada della settorialità. Non crede - è evidente - che una raccolta di Studi possa abbracciare una vasta pluralità di linguaggi, ne sceglie uno, e in quello sviluppa la sua forma. E' un buon esempio. Ma ovviamente lascia deliberatamente scoperte molte aree.

 

Io non credo che si possa scrivere un'opera didattica valida senza riferirsi a un repertorio. E' una questione elementare di forma musicale, di modo di scrivere (metrica, ritmo, armonia, contrappunto, etc.). Non vedo come sia possibile concepire una raccolta di Studi che, scritta agli albori del secolo XXI, adoperi sostanzialmente la scrittura chitarristica degli Studi di Matteo Carcassi, che insista nell'uso di armonie tonali già superate dagli autori di musica strumentale della seconda metà dell'Ottocento (figurarsi il Novecento!), che rimanga legata al vincolo più semplicisticamente melodico - e che, per giunta, denunci i limiti di una tecnica compositiva imparaticcia e - posso dirlo senza animosità? - dilettantistica. Mi si dirà che questo genere di musica serve per agganciare l'interesse di scolari del tutto privi di alfabetizzazione musicale, con la riserva di farli evolvere in seguito. Io rispondo che anche nel più semplice esercizio con cinque note in posizione fissa deve essere presente la mano del compositore vero, che sa manovrare il discorso musicale, e che fin dal primo contatto con la musica gli scolari hanno diritto di vedersi offrire il frutto dell'opera dell'ingegno e della sapienza, non quelli della faciloneria e del dilettantismo. Gli scolarsi sono ignoranti? Se così è, sono anche innocenti, e all'innocenza si deve dire la verità, non le bugie.

 

dralig


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@ Giorgio

Il problema è che tanti insegnanti non sono molto sicuri della loro autorevolezza didattica e pensano di perdere prestigio lavorando su certi repertori semplici per arrivare a fare discorsi più alti dopo un pò di tempo; costa tempo, impegno, determinazione, esperienza, perchè si lavora con tutti i ragazzi, senza eliminare nessuno, perchè da tutti ci si può-deve aspettare qualcosa, sarebbe ben diverso lavorare su pochi scelti che già sanno di aver intrapreso un percorso preciso e determinato.

 

Signor Signorile, lei - con il suo buonismo e la sua faciloneria malamente trasformati in benevolenza nei confronti dei ragazzi - è tra i principali artefici della barbarie in cui viviamo oggigiorno.

 

Però un'ultima sigaretta la si offre anche ad un condannato a morte, e visto che non fumo gradirei, in alternativa, sapere il motivo della sua affermazione. Io parlo solo per esperienza e situazioni vissute, e il mio non è "buonismo" è che sono davvero buono :D, anche con quelli come lei, che non conoscendomi e non palesandosi cerca di offendermi così, tanto per passare il tempo. In quanto ad essere uno dei responsabili della barbarie in cui viviamo bè, la ringrazio ma tutto sto merito non me lo prendo, sono umile, voglio condividerlo con tanti bravi colleghi, un bel gruppo di rovinaragazzi, di cui comunque lei non fa assolutamente parte, stia tranquillo.

Comunque mi faccia sapere, sono davvero curioso di conoscere la sua idea circa la mia metodologia didattica visto che ne parla così bene, e se le serve le spedirò del materiale, programmazione, dispense e qualche mio testo facile in omaggio, stia bene


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Ma che c'entra il sociale con la Musica? Un insegnante di italiano in terza media non è che sceglie Moccia al posto di Pascoli solo perchè la situazione sociale è "difficile"!

 

E' la stessa, identica cosa che mi domando.

Quando si parla di musica, tutti a portare gli allievi dallo psicologo per capire "perché non vuole studiare musica" o (peggio!) "perché non è portato per la musica".


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il sociale c'entra molto con la Musica, perchè suonare, per un ragazzo con difficoltà espressive dovute a problemi famigliari o handicap, è trovare un'altra via di comunicazione con l'esterno, lo aiuta a sentirsi meglio e a sentirsi più protagonista della sua vita. Un insegnante di Italiano non sceglie Moccia, ma può partire dai tanti Moccia per arrivare dove vuole e sa lui, se è un insegnante autorevole. Partire dal quotidiano dello studente per noi che abbiamo la fotuna di un rapporto 1:1 con l'allievo è una cosa da sfruttare a nostro favore. Imponendo scelte da subito molto impegnative è vero, ci farà trovare magari il talento dotato di tutto, famiglia compresa, ma ci fa perdere tanti altri "normali" che avrebbero potuto godere del nostro insegnamento.

Insegnare ad un allievo per volta è fantastico per riuscire a proporre uno studio individualizzato con obiettivi alti e percorsi personali


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Insegnare ad un allievo per volta è fantastico per riuscire a proporre uno studio individualizzato con obiettivi alti e percorsi personali

Percorso personalizzato, questa è la strada che seguo. Siamo insegnanti e dobbiamo segnare dentro, positivamente, l'alunno ma per poterlo fare dobbiamo partire dalla loro persona, capire chi sono e cosa sanno . Solo partendo da questo si può programmare il loro percorso. Lottiamo contro la "massificazione".

"prof. mi può insegnare gli accordi della canzone di checco zalone?" ecco da dove iniziamo il più delle volte ma la mia risposta non è insegnare tali accordi ma sta in una controproposta "t'insegno qualcosa che non sai, te gusta?.

 

domenico

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