Ospite Bernardo Gui Inviato 17 Settembre 2012 Inviato 17 Settembre 2012 Salve Bernardo, beh da parte mia è un po' deludente invece che mi si facciano domande e poi, all'arrivo di una risposta (lunga sì, ma per cercare di essere il più esaustivo possibile su quelle che sono solo e solamente le mie idee) mi si rimproveri sulle sue dimensioni Le dimensioni non contano. Ma, in ogni caso, io non ho criticato la lingua astrusa di quei libri Non mi riferivo alla lingua. Mi riferivo all'esigenza stessa di giustificare una operazione artistica con le parole. Al prevalere quindi, sulla componente "artigianale", del concetto, che deve essere esplicitato con un metalinguaggio (attenzione! parolone!) per essere capito. È la stessa identica tendenza culturale che porta gli artisti a esporre orinatoi nei musei, a scrivere pezzi per chitarra e nocchini, e riassemblare una sonata dei primi dell'Ottocento aggiungendoci qualche frase. allora niente risposta del sabato... Ci credo, oggi è martedì, che pretendeva?
Ospite Pierluigi Potalivo Inviato 17 Settembre 2012 Inviato 17 Settembre 2012 Se l'artigiano lavora senza concetti si spara il martello su dito. Ma in ogni caso, se lei vuole ostinatamente credere alla tesi di una una operazione meditata meticolosamente prima (col proposito famoso dell'inganno dei sempliciotti, negando la componente ispirativa pura e semplice o artigianale) e poi realizzata con un semplice e freddo taglia e cuci, allora così sia. Lei non è un sempliciotto e non si fa fregare, allora. Va bene così, Bernardo. A risentirci qui sul forum per qualche altra discussione. Un saluto, Pierluigi
Ospite Nicola Mazzon Inviato 17 Settembre 2012 Inviato 17 Settembre 2012 Allora, tutti abbiamo studiato, e molto; siamo passati attraverso quei tomi di indicibile noia (Ciriaco, Pedron, De Ninno, Surian, e poi giù con le varie 'Fenomenologie della prassi interpretativa' etc); tomi che anche lei si sarà sorbito, sguerciandosi gli occhi, colmo di aspettative verso i doni dell'Ontologia. I quali, nel suo caso come nel mio, non sono arrivati. Mi spiace che siano stati indicibilmente noiosi. Dubito che un paio di libri di solfeggi parlati e un libro di storia della musica rendano possibile per lo studente il saper scrivere o rielaborare con senno e cognizione di causa. Deve sapere che, tecnicamente, si definisce rielaborazione 'l'immissione di elementi originali in un'opera altrui'. So che già questa definizione le fa l'effetto del fumo negli occhi, ma una rielaborazione è questo nella tecnica. E questa ne è la prova.
Ospite Pierluigi Potalivo Inviato 17 Settembre 2012 Inviato 17 Settembre 2012 Ok, un saluto anche a te Fernando. A risentirci. Pierluigi
Giorgio Signorile Inviato 18 Settembre 2012 Group: Membri Topic Count: 70 Content Count: 612 Reputation: 41 Joined: 10/02/2007 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 18 Settembre 2012 bà, cosa devo leggere....i forum hanno bisogno di vittime sacrificali ogni tanto e Potalivo funziona benissimo in questo contesto. Io sono sempre dell'idea che il musicista ha (anche) bisogno del pubblico per essere tale, se non si ha qualcuno davanti con cui "parlare" musicalmente è dura, e mi piacerebbe chiedere a Pierluigi quali sono le reazioni della gente che va ai suoi concerti. Devo essere onesto, ciò che suoni mi lascia un pò non so, forse indifferente, cioè nel senso che non mi scalda, trovo tutto un pò macchinoso, freddo, come aggiungere sale a una minestra che ha solo acqua e una carotina dentro, non serve mi sembra, ma è la prima sensazione. Scusa delle osservazioni, io vivo molto la Musica per "sensazione" innanzitutto, e poi per tutto il resto...ciao
Ospite Pierluigi Potalivo Inviato 18 Settembre 2012 Inviato 18 Settembre 2012 Ciao Giorgio, sono d'accordo sulla sensazione. Tolta lei, cosa rimane dei suoni? Tutto l'impianto delle varie forme etc, ma esse sono formule, certo utili se si costruisce un palazzo come una fuga, ma con i suoni è tutto diverso no? Servono appunto per 'scaldarsi'. Mi dispiace che il rondò ti lasci indifferente, ma è, appunto, la legge della sensazione...se arriva bene, sennò non possiamo farci niente (è sens'azione, come diceva Carmelo Bene...). Non sono d'accorso, però, sul fatto che una musica debba servire a qualcosa, se non appunto al solo muovere l'anima. Ciao! Pierluigi
Ospite Bernardo Gui Inviato 18 Settembre 2012 Inviato 18 Settembre 2012 Allora, non è ancora sabato ma ho già risposto, che bravo vero? Cercherò di fare il serio. Le anticipo che meglio di così non posso fare. Cito alcune parti della sua risposta, lo so che non è carino, ma in questo modo proverò ad andare meglio al punto. Innanzi tutto, le questioni di principio. Nessuno qui, credo, ha mai messo in dubbio che il Signor Potalivo creda fermamente in quello che ha fatto, per cui l'onestà intellettuale dello stesso è illibata. Io metto in dubbio proprio il senso dell'operazione. Poi ognuno è libero di suonare quello che vuole (tra l'altro lei lo fa anche bene, secondo la mia personale opinione), e poco se ne cura il sottoscritto. Solo che quando si cerca di dare giustificazioni roboanti tirando in ballo devozioni e Spiriti, sento un impulso irrefrenabile a spendere due parole a riguardo. "Ciascuno ha diritto alle proprie reazioni". Non l'ho scritta io questa frase. Altra precisazione. Il pezzo di Clementi era solo un esempio, un contributo come un altro alla discussione. Lì comunque il lavoro era diverso: non si modificava un solo pezzo, ma si prendevano piccoli segmenti per crearne uno totalmente nuovo (anche in quel caso, preferisco comunque ascoltare Galilei). "Ma lei poi aggiunge – e siamo al 'senso' - che, quand'anche si trovi un nuovo significato dalla mescolanza, si priverebbe l'opera del senso complessivo che l'ordine preciso delle sue componenti originali le dava. Ora finalmente si capisce il rimprovero sulla forma del suo post precedente, che mancherebbe nella rielaborazione. Lei dice questo perché vede nell'immobilità del significato di un'opera un valore assoluto: ma ignora, o si rifiuta di concepire, che lo stesso significato può essere veicolato anche con una forma diversa. Bernardo, questo è ciò che una rielaborazione dovrebbe proporsi di fare. Cosa crede che sia una 'fantasia su frammenti di x o y'? Quello è il suo spirito, e stiamo per avvicinarci al centro del discorso." No, io dicevo che livello microscopico e macroscopico sono legati con un doppio filo, soprattutto nella musica, che è arte astratta (mentre in Guernica la figura del cavallo denota pur sempre un cavallo). Ed è precisamente questo che si impara studiando un po' di armonia, di analisi e storia della musica. In tutti gli esempi illustri di rielaborazione che mi vengono in mente, l'unica cosa che rimane al suo posto è proprio la forma del pezzo. Non so, prendiamo i Quadri di Mussorgskij e la Ciaccona. Ravel si è divertito a colorarli timbricamente, quei Quadri, mentre Busoni ha aggiunto note e voci alla versione originale. Chissà se ritenessero di far emergere in quel modo l'essenza autentica, il vero "spirito" dei brani che hanno riarrangiato. Per quanto mi riguarda no, ascoltando i Quadri per orchestra e la Ciaccona per violino siamo di fronte a prodotti diversi da quelli originali, perché non possiamo stabilire che cosa avessero in mente Mussorgskij e Bach quando li hanno composti (dovrebbe dar da pensare il fatto che Musorgkij fosse perfettamente in grado di scrivere per orchestra e Bach per tastiera). Ma il vero punto è che Ravel e Busoni tutto hanno toccato tranne la forma di quei brani, ossia la relazione tra singolo evento sonoro o gruppo di eventi e il progetto complessivo del pezzo. Perché? Proprio la parola 'spirito', infatti, ci porta pian piano al cuore di tutta la faccenda, che risiede nella questione spirito-materia/forma. Quando io dicevo 'non c'è forma nello spirito', per fugare ogni possibile dubbio, non mi riferivo allo 'spirito del tempo', allo 'spirito con cui Giuliani componeva'. Mi riferisco allo Spirito (maiuscolo), che nelle cose della musica, come in tutte le espressioni umane, non ha – per definizione – materia. Essa è contenuta in potenza nello Spirito. In quel 'mondo infinito di intuizioni' di cui parlo è contenuta tutta la musica, ma non ha ancora, appunto, forma. Quando lei ha un'idea musicale, come si manifesta? da dove viene? Si manifesta nel suo pensiero (nella sua anima), da regioni ignote, evidentemente – altrimenti tutti giù a scrivere 'Tristani', 'none sinfonie' etc... Essa ha forma? Beh, ancora no. Le cose della vita mi hanno portato ad essere ateo, materialista e molto pragmatico. Inoltre Hegel mi è sempre stato sugli zebedei. Per cui quando mi si parla di Spirito (addirittura con la maiuscola!) non capisco mai di cosa si stia parlando di preciso, e, come è stato fatto inevitabilmente notare, sento nell'aere odor di supercazzola. Verklärte Nacht è uno nella stesura, ma la sua anima, il suo cuore pulsante, quella cosa che si è presentata ad Arnold come urgenza di essere espressa, in una parola il suo senso, è infinito e viene dall'infinito, come infinite sono le forme che avrebbe potuto avere – è questo che intendo per 'Spirito di una sonata'. Che cosa vuole dire questa frase? Dico sul serio, quando si va sul mistico non capisco più niente. Provo ad interpretare (anche l'esegesi mi tocca fare! apprezzi per lo meno lo sforzo), riduco in termini meno metafisici il tutto e cerco di rispondere. Se non ho capito male, per "Spirito" intende il motivo, la ragione dell'urgenza espressiva che ha mosso un compositore nello scrivere un'opera. Giusto? Spero di sì. Ora, se noi diciamo di cogliere questo motivo, questa ragione, questo "Spirito" a prescindere da come concretamente quell'opera si presenta, allora sì che avanziamo una pretesa, ingiustificata, di cogliere le cosiddette "intenzioni", di "entrare nella testa dell'artista" (o di "idolatrare le intenzioni", per usare le sue stesse parole). Ossia compiamo esattamente quell'operazione che lei attribuisce alla non ben definita categoria dei "filologi" e che critica e rifiuta (il mio disamore per Hegel non mi ha mai impedito di nutrire una grande simpatia per la dialettica, rigorosamente con la minuscola). In realtà a me non risulta che alcun filologo intelligente abbia mai detto che con la ricerca sulle fonti si riesca a cogliere le reali intenzioni del compositore. Harnoncourt stesso, uno dei padri delle esecuzioni "storicamente informate", nega fin dai suoi primi scritti questa possibilità. E mi pare quantomai azzardato affermare che nell'ultimo secolo ci siamo trovati di fronte ad una "esagerata sottomissione all'analisi e la sopravvalutazione di ciò che può donare in termini artistici", perché tutti i più grandi concertisti e direttori del XX secolo, soprattutto nella seconda metà, hanno basato le loro interpretazioni proprio su quella. Anzi, oserei dire che sia proprio questa la caratteristica dell'interpretazione musicale (quella vera, quella grande) degli ultimi decenni, che pur ci emoziona e ci fa venire la pelle d'oca. In generale, sono solito diffidare di chi arriva un bel giorno - che so, tipo un 16 settembre - e sostanzialmente ti dice che i teorici, i maggiori compositori e i grandi interpreti del recente passato non hanno capito una fava, e che tutta questa questione della forma è fuffa, perché è lo Spirito che conta. "Dire che è gratuito cercare quella vibrazione, quel particolare mondo emotivo (che ogni bel pezzo di musica reca con sé), per farsene attraversare e vedere come si presenta l'incontro tra te e quel mondo, significa privarsi di una gran bella esperienza (glielo posso giurare)." Ecco qui il punto. Il "mondo emotivo" scaturito dal bel pezzo di musica è inevitabilmente ed esclusivamente il nostro, non quello del compositore. Di nuovo: non possiamo pretendere di entrare nella mente del compositore. L'esempio estremo è quello di John Cage, Principe dei Nocchini: raccontava che, quando provò a scrivere un pezzo triste, alla prima si ritrovò di fronte a una platea con le lacrime agli occhi dalle risate. È inutile cercare gli "infiniti possibili" (bella accoppiata di parole, davvero) che potrebbero essere usciti dalla mente del compositore, perché in quanto semplici umani in quella mente non ci è dato scrutare, e non abbiamo materiale per fare illazioni. L'unico materiale che abbiamo davanti è la forma "immobile e coagulata" dello spartito così come lo vediamo. E la possibilità di evocare un mondo emotivo - ripeto, il nostro, non quello di Giuliani - passa necessariamente attraverso di essa, tramite gli strumenti (filologici, analitici e in generale culturali) che noi abbiamo a disposizione per interpretare quella determinata opera, che si presenta in un certo modo e con una forma ben definita. Non siamo collegati telepaticamente con Giuliani per coglierne lo "Spirito", e non possiamo compiere un itinerarium mentis in Maurum. Anche se sarebbe molto bello, perché Giuliani era uno spiritosone molto cool e secondo me se le trombava tutte. PS: cosa c'entra Heidegger con tutto questo discorso?
Luca P Inviato 18 Settembre 2012 Group: Membri Topic Count: 4 Content Count: 59 Reputation: 4 Joined: 19/11/2008 Status: Offline Inviato 18 Settembre 2012 Provo ad interpretare (anche l'esegesi mi tocca fare! apprezzi per lo meno lo sforzo) L'esegesi del proto quam quam... Siam seri per favore. Ma seri sul serio.
Angelo Gilardino Inviato 18 Settembre 2012 Group: Membri Topic Count: 87 Content Count: 2241 Reputation: 100 Joined: 24/11/2005 Status: Offline Device: Macintosh Inviato 18 Settembre 2012 Le cose della vita mi hanno portato ad essere ateo, materialista e molto pragmatico. Inoltre Hegel mi è sempre stato sugli zebedei. Per cui quando mi si parla di Spirito (addirittura con la maiuscola!) non capisco mai di cosa si stia parlando di preciso, e, come è stato fatto inevitabilmente notare, sento nell'aere odor di supercazzola. Non credo che Lei abbia bisogno di istruzione sul significato del termine "spirito", ma concordo con Lei sulla vaghezza concettuale che ne sostiene (a fatica) l'impiego nel bel parlare italiota. Senza risalire fino alla terza persona della Santissima Trinità, e limitandoci alle sue manifestazioni terrene, lo spirito si rivela - nelle Scritture - in forma pneumatica (ruah in ebraico, ossia vento, soffio) o in forma ignea, e non è congenito alle persone: scende su di loro, le trasforma, le rende capaci di cose alle quali non erano state istruite: il parlare in lingue, il guarire le malattie, il profetare. Nella visione della Chiesa d'Oriente, la grande festa non è la Pasqua - cioè la Resurrezione - ma la Pentecoste, cioè la discesa dello Spirito sugli Apostoli, di per sé vili e tremebondi. Ne riescono diversi da prima: avevano corpo e anima, cui ora si aggiunge lo Spirito, che è dunque un potere ricevuto gratuitamente, non cercato, non coltivato, non meritato. Johann Sebastian Bach aveva certo familiarità con questa concezione. Lo Spirito dà l'energia che altrimenti l'artefice, con il suo solo essere anima e corpo, non avrebbe. Se considerata secondo tale visione, l'opera d'arte originata dallo Spirito non si manifesta in forme aperte, lasciando parte della sua energia in forma latente. Lo Spirito non postula interpretazioni; possiede, travolge, non lascia margini all'ermeneutica. Dallo Spirito non può essere estratto un altro Spirito. Altrimenti, il "vento paraclito", la "ruah", sarebbero andati a vuoto. Se lo "spirito di una Sonata" non è pienamente, totalmente, esaustivamente manifesto nella Sonata stessa, allora non è uno spirito. Il repertorio di ogni strumento trabocca di composizioni intitolate "Fantasia" alla stragrande maggioranza delle quali manca precisamente fantasia. dralig
Ospite Pierluigi Potalivo Inviato 18 Settembre 2012 Inviato 18 Settembre 2012 Grazie Bernardo, lei ha illustrato benissimo il suo pensiero. Sulle doti amatorie di Mauro beh...chi può metterle in dubbio? Un pugliese bruno e dotato di orecchino che sbarca in terra austriaca, bravo da morire, le fa secche tutte... Grazie per il riconoscimento dell'onestà dei propositi; ha capito che ci tengo e mi fa questo regalo, gradito assai più di ogni complimento – che pure incoraggia. Mi creda, perché le ho provato che parlo senza veli, sul fatto che non mi attribuisco nessuna superiorità circa concetti come devozione e spirito. Questo si sarebbe tanto arrogante da sfociare subito in un bel pernacchione as a feedback. Tutti noi conosciamo bene quel sentimento. Chiunque si dedica alla sua attività con amore e dedizione, le è devoto. Tutto qui, nessun 'odor di sacrestia', davvero! Anzi, la devozione, come la volontà, non ha colore specifico se non quello che gli conferiamo noi. Anche il Führer è stato devoto alla sua causa fino alla morte...è tutto dire. Niente incensi, dunque. Va benissimo il bel brano di Clementi, ok sulla sua precisazione (quella mia obiezione si riferiva ancora alla nostra fase-pernacchia, ora alle spalle). Gli esempi di rielaborazione che ha citato sono giustamente come lei li descrive, non alterano il senso. Ci sono anche altri esempi però, come Stravinskj/Gesualdo, Sciarrino/Gesualdo stesso, dove si va più nella direzione che è piaciuta a me. Sul macro/micro perfettamente in linea con lei, e come negargli il doppio filo? L'impronta che una musica lascia nella nostra anima (e che è personale per ognuno, anche qui ok) dipende certo dalla forma che essa assume! Altra forma, altro sentire. Ineccepibile. Armonia, analisi, storia della musica, non sono loro le colpevoli in sé - io praticamente adoro Buscaroli - e, fino a un certo punto, mi hanno aiutato a vederci chiaro. Penso sempre che il resto – che nella composizione di una musica è però, me lo lasci credere, quasi tutto – sia 'your pappa' (la sua essenza, se dico 'anima' poi mi si arrabbia e pensa alla superc....la ). Ciò che ci divide, pur sempre in amicizia, è, non certo la laicità in sé, sennò diventerebbe questa un'altra discussione, ma in sostanza...quasi. Mi spiego. Tutto sta nel fatto che io credo a un 'prima' nelle musiche, cosa che turba appunto la 'laicità' di chi crede (legittimamente) nel fatto che 'è quello che vedo'. Ma, “Potalivo ammanta la sua opera di un 'dialogo' con Giuliani”, nella pretesa di catturarne 'le intenzioni' (ricerca che critica nella filologia)...cos'è, è medium? Ma Bernardo, il mio vuole essere un incontro di tipo artistico, immaginativo: certo che quel tanto di Mauro che c'è in noi filtra a sua volta (Nicola direbbe frulla...) attraverso il nostro essere: “dunque non è più il 'puro Giuliani' che millanti”. Certamente, è un gioco il mio, amico Bernardo; ma attenzione: 'il gioco serio dell'arte', per dirla col Domenico del cembalo. E' questo che rimprovero all'analisi e alla scienza applicata alla musica: non l'analisi in sé, che è come la volontà, né buona né cattiva (nel mio saggetto su Mauro la adopero no? in un intero capitolo), ma il concetto che ciò che deve compiersi è, direbbe il filologo, approssimarsi sempre più alle intenzioni dell'autore. Ecco diabolus in musica! – secondo me, ovvio. Può essere, questo, il motivo del sacrifico di una vita – penso a Michelangeli e ai suoi risultati insuperabili. Dunque non nego a quel concetto che si possa, tramite esso, giungere a meraviglie come quelle di Michelangeli. Ma il fatto che questa concezione impone, qui è il cuore della mia insofferenza, solo quella via, e ci toglie quello di più sacro che abbiamo: l'immaginazione, la libertà (non di comporre cialtronerie: quella di Stravinskj, che ci fa rompere la schiena per meritarla). In breve, nessuna mistica 'spiritual-chitarristica', nessuna medianità giulianesca tramite il sottoscritto: sono parodie, Bernardo, contrafacta. Ma, ancora una volta, occhio! Fiorello imita il ministro La Russa: ne fa la parodia; al Bagaglino fanno lo stesso calandosi le braghe: è praticamente farsa. Ma qui si tratta di ben altro parodiare. Su questo non transeat. I miei 'Cinque momenti possibili', la seconda opera contenuta nel CD, sono immaginazioni su episodi mai accaduti nelle vite di Mompou, Turina, Lauro, Sor. Sono contraffazioni 'a programma': sono le mie. Sono verosimili quegli episodi? Ma chissenefrega! Sono veri per me, sono le mie fantasie, è il mio 'gioco serio'. Cosa si è artisti a fare, altrimenti? Composizioni 'originali', 'parzialmente originali', 'arrangiate', davvero la SIAE ci è penetrata nelle ossa fino a questo punto? Nei pezzi coevi di Giuliani, Mayseder e Moscheles ci sono gli stessi temi Bernardo! Dov'è il senso che tanto ti piace? A loro si concede solo perché dovevano comporre per campare? No, erano fratelli, sodali, si divertivano insieme e per questo si passavano le musiche: l'ho fatto anch'io, a distanza, va bene, per (non ti arrabbiare) devozione, come immaginario contatto spirituale (idem, non avercela se uso questa parola). Perché tutto ciò non lo posso immaginare?... Un saluto! Pierluigi
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