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La chitarra e la tradizione sinfonica


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Io credo che bisognerebbe uscire un po dalla consuetudine che l'interprete propone sempre e solo ciò che desidera altrimenti non se ne fa nulla.

 

Prassi estremamente frequente dove l'impiegato di turno cerca di dettare le regole del repertorio da eseguire e persino in modo presuntuoso come a dire "questa è una mia idea" o "questo repertorio non l'hai mai sentito" (completamente giustificati poi eventuali sbadigli nell'elencazione delle solite tiritère musicali)

Un'ottusità che nasconde impreparazione e pigrizia mascherati da "scelta di repertorio" o "preferenze musicali" (sempre le stesse da generazioni) invece del tutto inesistenti.

 

L'interprete propone (sempre la stessa roba)?

Il direttore artistico dispone.

O non dispone e chiama un altro interprete.

 

Semplice no?

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Personalmente preferirei suonare il repertorio trito e ritrito (che peraltro ancora non riesco nemmeno a suonare :oops: ) piuttosto che continuare a fare l'impiegato.

 

Battute insensate a parte, credo che ci sia un problema generale intorno allo spettacolo.

 

Seguendo radio rai tre ho spesso ascoltato discussioni sui programmi dei teatri o dei grandi festival, in cui i curatori sostengono di essere costretti a mettere sempre dei grandi classici, con poi qualche cosa di meno conosciuto intorno (cosa fatta principalmente per far quadrare il budget).

 

Che bella cosa la cultura per azioni

 

P.S. Certo anche rai 3... grande attenzione alla chitarra classica. :lol:

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Leggevo su Seicorde che Leo Brouwer dichiara che purtroppo la tradizione della musica sinfonica considera ancora la chitarra una strumento popolare dal momento che si procede ancora a ragionare in maniera "etichettata" tipo: la Nona di Beethoven, l'Incompiuta di Schubert, etc....

Ora, so che un argomento del genere è stato già affrontato migliaia di volte, ma volevo sottoporre una riflessione: non sarebbe il caso da parte dei compositori di scrivere più musica di questo genere con al centro la chitarra?

 

In ogni caso, non credo che si possa accusare Leo Brouwer di non aver collocato il nostro (e il suo) strumento al centro della sua attività compositiva (mai banale o stereotipata)...

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