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Cristiano Porqueddu

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  1. Che la necessità di suonare più forte sia inconscia è tutto da dimostrare. Non lo è stato e non lo è (e voglio sperare che non lo sarà) né per moltissimi fior fior di chitarristi né per chi ha compreso che una delle peculiarità del timbro dello strumento non sta nella quantità ma nella sua unicità nella definizione e nella personalizzazione. Come può il volume di un suono aiutare nella percezione della sua qualità? Il volume è importantissimo, ci mancherebbe altro, ma da come lo si descrive sembra l'aggettivo unico del suono dello strumento. E' uno dei parametri dello studio della dinamica che ogni buon musicista deve conoscere e impiegare con intelligenza, nonché - più banalmente - quello che serve per far si che il suono venga percepito a una determinata distanza. Un po' come dire che un pittore - per avere impatto - deve obbligatoriamente dipingere su tele di 3 metri per 2. Può essere magistrale ed inarrivabile (e avere più impatto, visto che stiamo usando questo termine militare) anche con acquerelli da 40x30 cm Un impatto diverso su chi? Tre note fatte (bene) su una chitarra classica acustica ed una chitarra elettrica non hanno impatti più o meno incisivi ma appartengono a due piani completamente diversi. Il primo di questi è posto su una dimensione di intangibilità, tra l'essere e il non essere tra il suono appena ottenuto e il silenzio. Ad un certo livello, meno che minima. Mente, mani, strumento e infine corde. Dal come ci si trova nel suonarla e dal come rispondono alla richiesta di escursione timbrica.
  2. Realizzare questo che descrive e avere la capacità di farlo diversamente ogni volta che si vuole è a mio avviso uno degli obiettivi principali di un interprete.
  3. Legga meglio: mi chiedo che cosa ci sia da domandarsi. A che pro? Credo che con una lettura anche superficiale del thread siano chiare le posizioni. Mi piacerebbe, invece, leggere interventi di altri colleghi. Buona giornata
  4. Mi appare una cosa talmente ovvia, Nicola, che mi chiedo che cosa vi sia da domandarsi in merito.
  5. Chiedo scusa. Ho effettivamente risposto di fretta e non ho colto il riferimento "E i motivi per cui si ingigantisce sono ancora ahimé oscuri a questo topic." Colpa del quoting. Intendevo dire che a me è chiarissimo il finto "dilemma" di questo topic. Non deve darmi ragione: a lei non serve e me non ha mai interessato. Non si sprechi in cose inutili e in inutili perdite di tempo.
  6. A me invece sono invece chiarissimi. Ma non c'è nulla di nuovo.
  7. No. Io stesso, talvolta e a seconda delle circostanze mi sento più o meno in forma. Ho detto, invece, che attraverso uno studio serio e metodico moltissimi di questi problemi vengono risolti. Infatti "moltissimi" non è "tutti". E questo lei lo sapeva anche prima. Qui si mena il can per l'aia.
  8. Ma neanche per sogno. Il suo punto di vista nasce da un concetto esclusivamente soggettivo e parte da un presupposto per il quale lo studio della musica debba obbligatoriamente portare al palcoscenico. La sicurezza di un interprete non è un obiettivo (è forse questo che non è chiaro) ma è un mezzo per cercare di raggiungere dei risultati validi e accettabili nell'esplicazione del verbo e gesto musicale. E, mi perdoni, sostenere che un interprete che sale sul palcoscenico davanti al pubblico senza avvertire ansia o tremori è al capolinea, Luca, mi creda, è altamente discutibile.
  9. No. Io stesso, talvolta e a seconda delle circostanze mi sento più o meno in forma. Ho detto, invece, che attraverso uno studio serio e metodico moltissimi di questi problemi vengono risolti. Ecco, si ricreda. Ha evidentemente frainteso.
  10. Vero, Giorgio, ma hai stuzzicato un argomento di interesse. Ti ringrazio per questo.
  11. Ed io vorrei ricordare che il soggetto del mio post non era un diplomando ma un interprete che trema sul palcoscenico. Una serie di presupposizioni che in pratica non trovano riscontro visto che, da quel che si evince dal post originario, l'interprete trema. Beh, adesso non esageriamo. Risposte? Ma no. Ho un mucchio di domande, semmai. Più di quante possa immaginare. E visto l'atteggiamento credo che lei, tutto sommato, non abbia alcuna voglia di ricevere suggerimenti. Tuttavia, la mia versione (che scaturisce dalla mia personale esperienza che non è dipinta in un quadretto dai toni pastello dove le cose filano lisce e hanno un lieto fine) è questa: l'emotività - termine in questa discussione usato con accezione negativa in riferimento al tremore delle mani, al battito cardiaco più frequente e alla respirazione alta ma che a mio modo di vedere è il fondamento stesso dell'interpretazione - è sovente conseguenza di inesperienza e impreparazione (includendo in questa metodo di studio precario o inesistente, approccio superficiale e via discorrendo). Non ho mai incontrato un interprete preparato (del primo anno, diplomando o concertista in attività) che al momento della sua esibizione tremasse; invece, ho notato quest'ansia prima di esecuzioni di programmi costruiti superficialmente, privi di basi tecnico-meccaniche, ricchi di inutili e plateali gesti, farciti da facce sofferenti. Ecco. E' questo genere di atteggiamento a cui mi riferisco: lei non ha intenzione di ascoltare (leggere, nel nostro caso) ma solo di catturare alcuni concetti, decontestualizzarli e manipolarli a suo uso e consumo. Ma in certi ambienti non funziona, sa? Non ho mai detto una idiozia simile. L'utente Lulù, dalla sua giovane età, ha dato una visione matura del modo di agire (rilegga i post di questo thread) non in base a quello che si vorrebbe fare ma a quello che si sa fare. Il mio consiglio sarebbe quello di costruire nel rispetto dei propri tempi fisiologici l'esecuzione, perfezionarla e renderla sicura: terminata la fase di memorizzazione (gomiti sul tavolo, testa tra le mani, pagina di musica e niente chitarra) farei effettuare un determinato numero di prove davanti al solo docente oppure davanti a un microfono oppure ancora (meglio) davanti alla videocamera. Prendere nota di ciò che accade riascoltandosi. Perfezionare, limare e correggere. Raggiunta la sicurezza nell'esecuzione tentare una prova in ambiti familiari o amichevoli dunque (e solo se le cose vanno come devono andare) prova in pubblico. Continua a non sembrarmi affatto 'spaventoso'. Liberandolo da labirinti mentali propri di chi cerca scuse per non avere studiato abbastanza, nei modi corretti o con (ahimé) insegnanti non validi. Il modo concreto è tenere il proprio fondoschiena sulla sedia e passare giornate, settimane e mesi lavorando seriamente. Prima si fa pace con questo concetto e prima ci si renderà conto che l'esecuzione in pubblico non è altro che una faccenda secondaria, importante, sì, ma dove non si fa altro che esteriorizzare il frutto della propria ricerca. Mi perdoni: dove? Lei ha una fantasia invidiabile ma nonostante i voli pindarici di parole e i tentativi di spostare l'attenzione su altri argomenti ciò che avverto è un tentativo di appiattimento dei pareri: tutti d'accordo, tutti felici e contenti e pacche sulle spalle. No, guardi, preferirei piuttosto dedicarmi a cose più interessanti. Io accetto che lei abbia il suo parere in merito ma lei non si fa una ragione che io ne abbia un altro che, descritto con toni che non le aggradano (me ne dispiaccio ma non posso farci nulla. Conosce la storia della rana e dello scorpione?), le appare come 'perentorio' solo perché, mi sembra di capire, ho per quello che mi riguarda le idee più chiare delle sue in merito. Sì. Aspettare che i tempi siano maturi. Cosa la conturba di questa affermazione?
  12. Occorrerà cambiar mestiere, Roberto. Che dici?
  13. Attento. Ci si potrebbe spaventare davanti a questo genere di suggerimenti. Per non parlare delle città che visiti delle quali conoscerai sempre e soltanto Aeroporti, Terminal e Stazioni Ferroviarie (salvo poi mischiarle in un unico minestrone): quando si prende un aereo per Pisa per poi raggiungere Firenze e durante si vedono solo Treni e Aeroplani la questione diventa oltremodo seccante!
  14. Precisamente, Piero. E' la mia stessa identica procedura anche se io mi limito a prove bimestrali. L'importante è non mettere a disagio l'allievo creando una situazione a lui sgradevole, d'ansia e di paura (che sia immotivata lo si scoprirà più avanti). E per raggiungere un risultato in questo contesto, correggimi se sbaglio, non penso si debba suggerire l'ingerimento di sostanze chimiche.
  15. Non dovrebbe spaventarsi. O forse sì, ma sta di fatto che quello che ho descritto è un normale punto di vista. Forse diverso dal solito, politicamente scorretto o opinabile ma un punto di vista. Non è mai stato affermato il contrario di questo. La questione è ben diversa e più seria della solita sequela di frasi fatte circa le funzioni psico-terapeutiche della chitarra. Si parla del fare ciò che si è pronti a fare e invece di tremolare sul palcoscenico dico sempre che è meglio partire attrezzati. Sentirsi un alieno per quale motivo? Sì, suggerirei di non suonare in pubblico finché il lato emotivo non causi eccessivi sbandamenti. Nonostante il suo atteggiamento a me questo pare un comportamento ben più fruttuoso dell'andare allo sbaraglio, anche considerando l'alternativa. Complimenti. Sono questo genere di uscite che stimolano la conversazione. Letta questa gemma di bonton ero tentato dall'agire nel modo più consono ma ho ritenuto opportuno rispondere ugualmente. E come vede nessuno le dice che cerca di 'aggiustarsi'. Prendiamo atto della sua posizione e tutti ne traiamo conclusioni. E non ha nulla di spaventoso. Cosa c'entra questo con la fifa del suonare in pubblico? Lei elenca una serie di affermazioni per me altamente discutibili ma essendo tutte Off Topic non argomenterò in questa sede. Alla faccia del giudizio inequivocabile, eh? Questo è il suo pensiero ed è libero di tenerselo. Dal mio punto di vista suggerire una esecuzione in pubblico ad un interprete non pronto per farlo è un grosso e grossolano errore e non fa altro che allontanare dalla possibilità di trarre piacere dall'esibirsi. Vedo che, sempre alla faccia dei giudizi inequivocabili, ne ha la certezza. E voglio sperare che questi consigli arrivino da una esperienza di insegnamento diretta. Un bel quadretto. Ma, mi dispiace comunicarglielo, da esecuzioni tremolanti ho sempre visto ottenere disagio e allontanamento dalla musica. Mi dispiace deluderla ma molti, per la mia soddisfazione, mettono in discussione le mie attività musicali e quando questo avviene con spirito di costruzione non ne traggo altro che grande giovamento. Io non ho tempo di immedesimarmi. Si immedesimi lei e grazie per l'interessamento a ciò che potrebbe tornarmi utile, ma non occorre si preoccupi di questo. Mi piace dire quello che penso anche se chi legge e/o risponde si 'spaventa'. Soprattutto se si 'spaventa'. In ultima analisi, per contro, le suggerisco una lettura più attenta dei post che commenta con fervore e passione (benvengano sempre). Probabilmente, come è accaduto qui, contengono già ciò che lei riporta nella risposta
  16. Sentire (più precisamente, lèggere) questo da una allieva sedicenne è rincuorante. Non solo è la strada giusta per ottenere dei risultati artisticamente validi ma è - più importante - la strada giusta per vivere senza angosce stupide alla ricerca della "somiglianza a tutti i costi" o, peggio, del "risultato a tutti i costi". Aggiungo: credo che tutti, chi più chi meno, nei primi anni di studio, al momento di dover eseguire pubblicamente il lavoro preparato in mesi o anni di studio solitario soffrano condizioni di non completa tranquillità. A me questo non pare un "problema" né tantomeno una "malattia" per cui occorre ingerire sostanze chimiche. Andiamo! E' normale emozione dello stare al centro dell'attenzione. Succede a chi deve esporre davanti ad una commissione, a chi deve camminare in mezzo a parenti per arrivare all'altare, a chi deve dare esami universitari o interrogazioni importanti, a chi deve parlare a quattr'occhi con il capo dell'azienda per cui lavora, a chi deve leggere una relazione, a chi deve presentare un evento e via discorrendo. Ho visto fin troppo spesso giovani musicisti partecipare a corsi di yoga o training autogeno perché "ho un problema in pubblico". Non ci andare in pubblico, se ti fa star male. Trasformare l'emotività in un "problema" risolvibile con una pillola è davvero qualcosa di pericoloso. Meglio affrontare con i propri mezzi queste prove. Cosa accadrà, altrimenti, quando verrà fuori un vero problema?
  17. Hai già detto tutto con queste parole.
  18. Non me ne volere, Giorgio, è che non riesco a comprendere come sia possibile che una persona che fa qualcosa che ama - data per scontata la preparazione di base - dovrebbe tremare. Non stiamo parlando di allievi 'costretti' a suonare per la gioia di zii/genitori con la videocamera al saggio di fine anno, vero?
  19. Studi sulla concentrazione? Training mentale? Betabloccante? Ma parliamo sempre di musica? Se si ha quest'ansia di suonare in pubblico la cosa migliore da fare - l'unica - è quella di non suonare in pubblico e aspettare che i tempi per farlo siano maturi.
  20. Nell'archivio video della Associazione Musicare esiste una registrazione live di "Garuda" di David Russell. La eseguì qui a Nuoro nel 1994.
  21. Pardon. In effetti questo che hai postato è uno sgabbello ma io intendevo questo: che più correttamente neglli eStore è definito "panchetta".
  22. Cinque quadri di grandi pittori, fra i quali un Modigliani, sono stati rubati stanotte al Museo d'Arte moderna della Citta' di Parigi, che sorge nel XVI arrondissement, al Trocadero. Lo ha riferito la polizia. Le altre opere sono di Picasso, Matisse, Braque e Leger, per un valore complessivo che la polizia stima in 500 milioni di euro. Il furto e' stato scoperto stamattina prima dell'apertura delle porte dell'edificio. I responsabili della sicurezza del museo hanno constatato la rottura di un vetro e subito dopo hanno trovato un lucchetto tagliato. Le telecamere di sorveglianza del Palais de Tokyo, l'edificio in cui si trova il museo, hanno inquadrato un uomo che entra nelle sale attraverso una finestra. Il quadro di Modigliani rubato stanotte e' 'Donna con ventaglio'. Gli altri quadri, secondo quanto si apprende, sono 'Le pigeon aux petits pois' di Pablo Picasso, 'La pastorale' di Henri Matisse, 'L'Olivier pres de l'Estaque' di Georges Braque e 'Natura morta con candelabri' di Fernand Leger. ''E' stupido rubare quadri cosi', si tratta di imbecilli e basta'': lo ha detto Pierre Cornette de Saint-Cyr, commissario delle esposizioni del Palais de Tokyo, l'edificio parigino destinato all'arte contemporanea in cui sorge il Museo d'Arte Moderna della Citta' diParigi che ha subito il furto di stanotte. ''Con quadri del genere non ci si puo' fare niente - ha detto Cornette de Saint-Cyr intervistato dalla tv LCI - tutti sono gia' al corrente, i siti Internet sono gia' pieni di notizie e immagini. Nessuno puo' pensare di vendere questi quadri, per questo dico che e' stupido rubarli. A meno che non si voglia fare un ricatto alle assicurazioni. Ma io sono convinto che li ritroveremo. Con quadri del genere e' cosi', e' successo con L'Urlo di Munch''. Info: http://notizie.it.msn.com/approfondimento/articolo.aspx?cp-documentid=153458118&vv=800
  23. Sì, dal 1996. E' la soluzione ideale. Suggerisco l'acquisto con una seduta non troppo morbida per una maggiore cura della postura.
  24. Accidenti. E dire che ho riportato la notizia da uno dei più importanti blog HiTech.
  25. Mi accodo al suggerimento di fernando. Il lavoro di Hoppstock è pregevole.
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