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Ermanno Brignolo

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Risposte pubblicato da Ermanno Brignolo

  1. Per esperienza, il microfono ha un effetto migliore se lo si posiziona in direzione della porzione di tavola armonica che ha le vibrazioni maggiori, vale a dire la pancia della chitarra, poco sotto il ponte, inclinato di 20-40 gradi.

    Il problema che segnali dovrebbe essere leggermente attenuato in questo modo, ma probabilmente non scomparirà del tutto, ed il motivo è che in quella "zona" qualcosa va in risonanza: che sia la chitarra, il microfono o la stanza poco importa: hai un problema di frequenze che si risolve abbastanza facilmente con un equalizzazione. Il suggerimento che ti posso dare per tenere il picco sotto controllo è di accendere una della bande, impostare la campana estremamente stretta e tirarla su vicino al massimo. Con la campana mi questo modo, spostati lungo le frequenze finché trovi l'area incriminata (te ne accorgerai, perché in corrispondenza di quel valore sentirai un suonaccio orrendo e il meter schizzerà dritto sul rosso stabile). A questo punto, abbassa il guadagno di questa frequenza finché non darà più fastidio (potresti aver bisogno di forzare un po' la mano: occhio a non snaturare il suono) e da ultimo allarga di nuovo la campana per avere una transizione più morbida intorno a quella frequenza.

    Se tu avessi un tecnico del suono, questo sarebbe fatto in ingresso, ma alla fine dei conti puoi anche operare in post-produzione dopo aver registrato e otterrai comunque dei buoni risultati.

    Buon lavoro.

  2. 6 hours ago, Maazito said:

    Io ho provato la soluzione USB (con un centinaio di euro te la cavi)  con uno Shure MV5,  e recentemente un Bumblebee  .. e quella analogica con una scheda Focusrite Scarlett (con una coppia di Rode). I video li registro con OBS dal mio Macbook Air (al quale e' possibile aggiungere anche svariati filtri audio). Niente di professionale naturalmente ... ma la qualita' e' accettabile e non fa per niente male alla tasca.

    Michele

    Alla fine, provare diverse soluzioni rimane la strada migliore da seguire per avvicinarsi al proprio obiettivo.

    l’unico appunto che mi permetto di fare è sull’uso del termine “analogico”. Nell’uso di una Scarlett non c’è quasi nulla di analogico: a fine cavo, il segnale viene convertito in digitale e tale rimane fino al nostro ascolto. Con un microfono USB, la conversione avviene qualche centimetro prima, ma il procedimento è lo stesso.

  3. Un suono basso e di cattiva qualità può dipendere da numerosi fattori: certo, l’hardware utilizzato gioca un ruolo importante, ma anche strumenti di ultima generazione se impostato male possono portare allo stesso risultato.

    detto questo, e dando per assunto che siano stati testati gli strumenti per determinare quali funzionano e quali no/poco, il mio suggerimento è questo:

    1. Per registrarsi in fase di studio, lo Zoom Q8 è più che adeguato. L’ho usato per due o tre anni e ne posso parlare solo bene.  Personalmente, a me non dispiace neppure l’idea di collegare un microfono allo smartphone (ad esempio, i Vlogger kit di Røde). Si spende meno e il risultato è più maneggevole e qualitativamente uguale.

    2. Personalmente non mi piace l’idea di attaccare uno o due microfoni di alta qualità a uno Zoom: con tutto il rispetto, la qualità della catena audio di un Q8, per quanto pregevole, manca di alcuni parametri fondamentali per lo sfruttamento di un microfono di alto livello, fosse anche “solo” un Røde NT-1 (le virgolette sono d’obbligo: Røde fa dei microfoni spettacolari). Se si tratta di andare sul professionale, allora occorre puntare a una schedina con circuiti di alto livello. Presonus, ad esempio, raggiunge livelli impressionanti a prezzi decisamente accessibili, e in quella fascia di prezzo è a mio parere imbattibile.

    3. Microfonaggio. Nel caso ci fossero delle incertezze, i microfoni devono essere posizionati a dovere, altrimenti - come dicevo - anche un U87 suona male. Per una ripresa ravvicinata (ideale in ambienti poco o nulla trattati), posiziona il microfono ad almeno 40cm dalla cassa, sotto al ponte, direzionato verso la cassa armonica con un angolo di non più di 30° Rispetto alla perpendicolare. Fatto questo, imposta il guadagno in ingresso in modo che il segnale non raggiunga mai i livelli di picco (0dB e oltre) nemmeno nei punti più energetici. La ripresa ravvicinata farà in modo che anche i suoni deboli siano percettibili. Se invece la ripresa deve avvenire da lontano (1-3 metri), occorre un ambiente che consenta l’identificazione della natura del suono senza essere sovrastato o sporcato da rumori di fondo. Se questo è possibile, ripetere l’impostazione del guadagno d’ingresso (che questa volta avrà un livello maggiore) sempre evitando di andare in picco.

    4. Post produzione - se il suono è basso, viene voglia di alzarlo schiaffando un bel compressore a posteriori nel sequencer. Orrore!!! I compressori sono una bella invenzione ma stanno falcidiando la discografia per chitarra con apparizioni spesso imbarazzanti. Se dovessi arrivare a questo perché desideri pubblicare un video/registrazione, ci sarà un intero nuovo topic da creare.

     

    non so se ho risposto appropriatamente: nel caso, chiedi pure.

  4. On 12/15/2020 at 7:10 AM, frankpp said:

    Ragazzi qualcuno di voi utilizza microfoni da attaccare è una scheda audio oppure registratori? Ho l'abitudine di registrarmi ogni tanto anche solo per divertimento o per vedere cosa si può migliorare sentendo ciò che sono da un'altra prospettiva. Fino ad adesso ho utilizzato un task home di R05 ma ormai ha fatto il suo tempo. Ho provato a registrare la chitarra utilizzando sia il microfono del cellulare che  un microfono attaccato alla scheda audio ma con scarsi risultati in quanto il suono risulta di scarsa qualità o con il volume basso. avete consigli ?

    Frankpp, ci possono essere innumerevoli soluzioni per ottenere il miglioramento che desidera. Prima di procedere con elenchi smisurati di marche e modelli, le chiedo di scrivere qui di quali strumenti dispone. Ad esempio, che microfono e scheda audio usa? Quale software ha utilizzato?

    Attendo i suoi dettagli per poterle rispondere nel dettaglio.

  5. 3 hours ago, Aldebaran94 said:

    Dove sono le nozioni vere e proprie, con le spiegazioni di fisica a mo'di vettore [...]?

    Se bene interpreto il significato di "spiegazioni di fisica a mo' di vettore", credo siano quasi del tutto inutili, soprattutto per un principiante.
    Un approccio di tipo ingegneristico, come quello che lei auspica, adottato all'inizio del percorso di studio finisce spesso per avere un'applicabilità piuttosto scarsa e si traduce in ritrovamenti quasi dogmatici, magari addobbati di equazioni dall'aspetto arcano e dalla non sempre impeccabile formulazione (leggevo, alcuni anni fa, un trattato in cui si sostiene com convinzione che l'energia sia una forza!).
    In soldoni - opinione personale di un chitarrista e ingegnere - conoscere le componenti vettoriali delle forze in gioco, le frecce, i ritorni elastici e il malloppo di "ciarpame" correlato, per un musicista non fa nessuna differenza: è, nella migliore delle ipotesi, nozionismo da ostentazione, anche quando ci si addentrasse nei sistemi di equazioni differenziali che esprimono la vibrazione dell'intero sistema elastico (equazioni che sono - senza voler mancare di rispetto a nessuno - quasi sempre molto al di sopra della preparazione del musicista medio).

    Se ritiene che avere delle immagini le sia utile, le consiglio il trattato di tecnica chitarristica di Gilardino, edito da Bèrben: un utile complemento ai metodi e raccolte di studi che, come lei lamenta, non contengono le indicazioni di natura tecnico-meccanica che lei cerca.

    A margine, rivedrei la sua esegesi del lavoro di Carlevaro: i Cuadernos costituiscono un testo importantissimo della tecnica chitarristica moderna, e il loro contenuto va appena appena al di là di "una carrellata di note". Forse è il caso di approfondire questo aspetto prima di procedere.

    Buono studio

    • Like 1
  6. Roberto,

    Credo che Cristiano sia anche troppo ottimista nell'asserire che la tua domanda richieda un intero corso. Per quanto mi riguarda (e so di non essere il solo), in ogni scelta che opero si riversa il percorso di una vita. Non si tratta di "giusto o sbagliato", ma di ciò che, in quel momento, rispecchia il nostro pensiero. Personalmente, non conosco un interprete che, a distanza di qualche tempo, ristudiando uno stesso pezzo ne convalidi l'interpretazione elaborata anni prima. Un esempio piuttosto valido, restando nell'ambito della chitarra, sono le registrazioni delle opere di HVL ad opera di Frédéric Zigante.

    Detto questo, in linea di principio, soprattutto se l'opera fa uso di una notazione tradizionale, è buona abitudine partire da un'attenta e meticolosa lettura del testo: ogni segno, tratto, linea, lettera e parola. Sembra niente, ma è già un eccellente inizio.

    • Like 1
  7. Non dimentichiamoci che l'Italia fu l'unico paese in Europa ad ottenere una proroga per l'abolizione della valuta di stato nel passaggio alla moneta unica.

    Tergiversare, procrastinare, dilazionare e rimandare sono specialità italiane da sempre: specialità che, applicate a una burocrazia disarmante, non possono far altro che complicare ulteriormente faccende già di fatto complesse di loro.

     

    Questo, ovviamente, a monte dei criteri di valutazione dell'equipollenza, del contenuto dei corsi, della preparazione eccetera eccetera, faccende sulle quali evito di addentrarmi.

     

    Un caro saluto.

     

    ermanno

    • Like 2
  8. Mi permetto di aggiungere alcuni appunti oltre a quanto già richiesto da Cristiano.

    1. La scrittura metrica è molto poco chiara: sarebbe molto più semplice abbandonare il 4/4 e riscrivere gli esercizi in tempo più idoneo agli scopi preposti. 12/8 per il primo fino al quinto, 9/8 per sesto e settimo e via discorrendo.
    2. A quale scopo suddividere gli esercizi in due tronconi (I-V e VI-X)? Se si intendono come esercizi progressivi, non si può omettere che la difficoltà maggiore per il barré si incontra nei primi 3 tasti, quindi al lato pratico, l'esercizio n.2 è più difficile del n.3
    3. Se il titolo è "Esercizi sul barrè", l'abbreviazione Ex. (Excercise? Exercitium? Example...?) mi sembra un po' forzata. Un copia/incolla della parola esercizio mi sembra una scelta più appropriata e di non difficile attuazione.
    4. Un barrè che copra 4 o 5 corde non è 1/2 barré. Dall'esercizio n.2 al n.9 io toglierei quell'indicazione.
    5. Effettivamente, la tablatura riportante numeri tutti uguali è un utilizzo poco funzionale dello spazio, tanto più che il tasto del barré è già indicato sul pentagramma.
    6. Per rendere efficaci questi esercizi occorrerebbe anche segnalare una velocità di esecuzione, e magari anteporre qualche parola sulla meccanica della presa del barré e sul programma di sviluppo degli esercizi: quali sono gli intenti, a cosa servono le varie tappe, com'è strutturato il percorso e perché.

    EB

  9. le ho trovate interessanti anche per altri elementi oltre a quello per la quale lei me le ha collegate.

     

    La cosa mi rincuora: se l'unico punto di interesse fosse stato quello, a dirla tutta, mi sarei preoccupato, e non poco.

     

    Nel primo punto della sua risposta lei, parla di posizionare il dito pollice della MS in modo da formare angolo di 90°, per non sovraccaricare il muscolo adduttore, al fine di ottenere una buona pressione da parte del dito, senza doverlo sforzare. In pratica il pollice deve applicare pressione senza sforzarsi. Ma quindi, sarebbe irregolare e dannoso avere un muscolo abduttore breve del pollice irrigidito (o parzialmente irrigidito) durante la normale pratica di passaggi tecnici impegnativi sullo strumento? E in caso di risposta affermativa, l'irrigidimento del muscolo è conseguenza univoca di un angolo pollice\manico sbagliato, o ci sono altri fattori da tenere in considerazione ?

     

    Attenzione: io suggerisco di posizionare il pollice sinistro in modo da formare un angolo il più possibile prossimo a 90°. Avere il pollice a perpendicolo con il manico (vale a dire, essendo il manico curvo, perpendicolare alla tangente nel punto di appoggio) sarebbe quasi sempre proibitivo, quando non dannoso. Tuttavia la fisica ci insegna che la pressione è uguale alla forza normale agente su una superficie moltiplicata per l'area della siperficie stessa. In formule: p=NxA, dove N è, per l'appunto, la forza normale, vale a dire la proiezione verticale della forza applicata. Applicando un po' di trigonometria a quanto sopra, detto α l'angolo di incidenza del pollice sul manico, F la forza da esso scaricata sul manico, A la superficie del polpastrello e p la pressione esercitata, si ha che p=FAsenα. Quanto più α è prossimo a 90°, tanto più il senα sarà prossimo a 1, quindi tanto maggiore sarà l'efficacia della forza prodotta. Viceversa, quanto più α è prossimo a 0, tanto più senα sarà prossimo a 0, quindi sarà la muscolatura della mano a dover sopperire a quell'inefficienza.

    Vale. ovviamente, il discorso inverso. Quando l'angolo α è prossimo a 0, tocca all'adduttore del pollice stringere la morsa, e per farlo esso produce non solo una forza, ma un momento, pari all'entità della forza per (prodotto vettoriale) il suo braccio, vale a dire la lunghezza del pollice dalla base al punto di contatto. Nuovamente, il braccio della forza è calcolato perpendicolarmente ad essa, e l'angolo di riferimento sarà il complemento a 90° del precedente angolo α. Ergo, quanto più α è prossimo a 90°, tanto più piccolo sarà il momento che l'adduttore deve esercitare.

     

    Ora, questa è la teoria, spiegata in modo molto sommario e sintetico. Noi viviamo in un mondo reale, quindi questa teoria deve essere un poco aggiustata. Non mi è mai capitato di tenere posizioni in cui la muscolatura del pollice fosse completamente scarica, ma è possibile - questo sì - individuare un equilibrio che consenta all'intera mano sinistra di svolgere il suo mestiere con il minor dispendio energetico possibile. Per quanto riguarda il pollice, il punto di minima energia è la posizione perpendicolare al manico, ma se così fosse, le altre dita dovrebbero fare un lavoro immenso per raggiungere le loro posizioni, quindi occorre apportare degli aggiustamenti a riguardo, caricando leggermente l'adduttore per consentire al resto della mano di lavorare come deve.

     

    Spero di essere stato chiaro.

     

    ermanno

  10. Buongiorno Niccolò,

     

    Per quanto mi riguarda, il pollice della MS può avere due funzioni differenti.

     

    1. Nel suo impiego "usuale" contribuisce, in opposizione alle altre dita, a formare una morsa sul manico della chitarra per poter mantenere la corde premute contro le barrette. In questa funzione, esso si deve collocare in modo da poter fornire la massima efficienza, vale a dire la massima forza (o pressione) con il minimo sforzo. Occorrerà dunque trovare il modo per far sì che esso tocchi il manico dello strumento con un angolo quanto più prossimo a 90°, per evitare di caricare eccessivamente il muscolo adduttore. In questo ruolo, il pollice MS ha anche una parte importante nella stabilità della mano durante gli spostamenti: mantenere il pollice fermo in passi accordali che richiedano frequenti portamenti della mano facilita l'individuazione delle posizioni distanti e la presa delle stesse.

     

    2. Il pollice MS può avere una partecipazione attiva alla tenuta delle note. Molti passaggi della letteratura sono - non senza buone ragioni - stati ritenuti ineseguibili perché richiedenti dilatazioni troppo ampie. Spesso questo problema può essere risolto appunto con l'uso del pollice che, scavalcando il manico dal basso, può diventare un dito attivo, anche se per brevi lassi di tempo (essendo la sua funzione di puntello necessaria). Un esempio si trova nella mia registrazione della Sonatina "Omaggio a Boccherini", inclusa nel cofanetto "The Andrés Segovia Archive". Nel secondo e terzo movimento, l'uso del pollice descritto sopra consente di mantenere inalterato il dettato del compositore, altrimenti ineseguibile. Spero di non risultare opportunista se riporto i link a Spotify delle mie interpretazioni:

       - Andantino, quasi canzone: https://play.spotify.com/track/7zO7s97EnIuGNvqHx6FRQb

       - Tempo di minuetto: https://play.spotify.com/track/4XPNtYkNCxRSNGCw4zhAqe

     

    Spero di aver fornito una risposta utile alla tua domanda.

     

    ermanno

  11. Rischia di essere un'impresa deprimente, visto che purtroppo vengono suonati sempre i soliti tre, e che concerti di compositori del calibro di Bruno Bettinelli è come se non esistessero.

    Se si vuole fare qualcosa in merito e scrollare la polvere dalle centinaia di partiture per chitarra e orchestra del secolo scorso, da qualche parte bisogna partire: il solo lamentare la mancanza di interpretazioni per altre pagine del repertorio non farà cambiare la situazione.

    Non credo che possa definirsi deprimente questo tipo di impresa. Tutt'altro: avventurarsi lungo un sentiero che per buona parte risulta inesplorato rischia di condurre a piacevolissime sorprese, tra le quali l'opportunità di tracciare una strada e lasciare un segno che nessun altro aveva mai impresso prima.

    • Like 1
  12. Il corpo vibrante è uno. Essendo i diversi elementi incollati tra loro ("vincolati rigidamente", direbbero i miei vecchi libri di scuola), il piano armonico si comporta in tutto e per tutto come un unico corpo vibrante che avrà, nelle giunzioni, delle alterazioni circoscritte della forma. Ovviamente, quello che cambia è il risultato complessivo: le forme assunte dalla tavola risulteranno alterate, come guardare un cerchio attraverso una lente bifocale.

  13. E' un po' come se il legno cambiasse leggermente di spessore (non è proprio così, ma è un'approssimazione che rende l'idea)

     

    L'approssimazione rende l'idea benissimo, e dal punto di vista della modellazione numerica della sezione vibrante ha esattamente lo stesso effetto: una discontinuità eliminabile localizzata in un punto. Complimenti.

  14. Davide, mi permetto di dissentire sul suo suggerimento.

    Il manico della chitarra non è un oggetto rigido (né idealmente né realmente): esso è approssimabile con una molla, la cui posizione a riposo (o freccia) è frutto del controbilanciamento delle corde, che a loro volta sono sei mille. Questa natura è tenuta in considerazione da ogni liutaio a modo proprio.

    Ridurre così pesantemente la tensione delle corde porta a pesanti squilibri nel bilanciamento delle rigidezze degli elementi dello strumento, squilibri che, se protratto nel tempo, possono portare a danni permanenti.

     

    Esistono corde a tensione più bassa: se la tensione è un problema, ci si rivolga verso quella soluzione che riduce la trazione delle corde di pochi N.

    Ha poi idea di quanto le corde, accordate una quarta sotto, sbatacchierebbero e di quanti armonici verrebbero ad essere attenuati? Al di là degli aspetti strutturali, il risultato sarebbe esteticamente inascoltabili.

     

    Questo è solo il mio parere personale, ma non consiglierei mai questo metodo a un mio allievo.

     

    EB

     

     

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    PS: Mi scuso per la profusione di refusi causati da un antipatico correttore automatico che corregge quello che non dovrebbe.

  15. Davide, mi permetto di dissentire sul suo suggerimento.

    Il manico della chitarra non è un oggetto rigido (né idealmente né realmente): esso è approssimabile con una molla, la cui posizione a riposo (o freccia) è frutto del controbilanciamento delle corde, che a loro volta sono sei mille. Questa natura è tenuta in considerazione da ogni liutaio a modo proprio.

    Ridurre così pesantemente la tensione delle corde porta a pesanti squilibri nel bilanciamento delle rigidezze degli elementi dello strumento, squilibri che, se protratto nel tempo, possono portare a danni permanenti.

     

    Esistono corde a tensione più bassa: se la tensione è un problema, ci si rivolga verso quella soluzione che riduce la trazione delle corde di pochi N.

    Ha poi idea di quanto le corde, accordate una quarta sotto, sbatacchierebbero e di quanti armonici verrebbero ad essere attenuati? Al di là degli aspetti strutturali, il risultato sarebbe esteticamente inascoltabili.

     

    Questo è solo il mio parere personale, ma non consiglierei mai questo metodo a un mio allievo.

     

    EB

     

     

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  16. Scusatemi, vorrei capire meglio i termini della scomparsa della chitarra.

    Si tratta di una scomparsa in un momento preciso o di una sua assoluta mancanza nella storia?

    Perché nel secondo caso, a meno di non ricadere in un paradosso temporale deterministico, la chitarra sarebbe cancellata dalla storia, quindi noi non la conosceremmmo, pertanto non ne potremmo sentire la mancanza così come non la sentiamo per l'atrigonio monòcoro.

    Se, invece, dovesse sparire in un preciso momento storico, il paradosso sarebbe di natura indeterministica in ragione della massa delle centinaia di migliaia di chitarre presenti al mondo: uno squilibrio simile porterebbe alla presenza di sacche di vuoto spugnoso nell'intero tessuto dell'universo "Terra"; quindi, per l'estensione inversa del Principio di esclusione di Pauli e per la legge di conservazione della massa, quelle sacche dovrebbero essere colmate con lo spostamento di porzioni di materia, osteggiato tuttavia dal principio di Lavoisier. La reazione a catena innescata sarebbe tale da creare pesanti squilibri nelle relazioni gravitazionali che partirebbero da un riassestamento del pianeta, dalla crosta al nucleo per espandersi prima ai corpi celesti vicini portando poi a un annichilamento dell'intero cosmo. Quindi anche in questo caso non avremmo modo di sentire la mancanza dello strumento, in quanto il nostro universo collasserebbe in pochi istanti, a meno di alterazioni relativistiche nella percezione del tempo durante la trasformazione entropica…

     

    Mmmh… interessante...

    • Like 3
  17. Brano del 1956, quasi sconosciuto anche nel circolo della chitarra. Eseguito in Australia in occasione delle celebrazioni del 750-esimo anniversario della nascita di Dante Alighieri, celebrazioni volute e organizzate in giugno dalle Dante Alighieri Society d'Australia.

     

    Voce: Minie Minarelli

    Chitarra: Ermanno Brignolo

     

    Registrazione dal vivo: 12 giugno 2015, St. Joseph Church, Edgecliff (Sydney, NSW)

     

  18. Salve a tutti!Vorrei un consiglio sulle corde da montare sulla mia chitarra!

    Fino a un anno fa usavo sempre le Hannabach busta viola medium Hard tension, ma ultimamente non le ho sentite più come una volta :( e sicome non costano poco non mi va di riprenderle!Io ho una chitarra Bernabè mod.10 di cedro.Sto diventando matta a decifrare quale sia ora la muta che possa andare bene.Ho provato le Savarez rosse alliance ma dopo un po'il suono squillante mi innervosisce e i bassi sono troppo morbidi per me.Ho provato le D'Addario EJ46 e non vanno bene.Le La Bella 2001 medium hard tension non sarebbero male,ma hanno poca intensità sonora.Ora ho messo le HannaBach blu silver special,ma non mi fanno impazzire.

    Cosa mi consigliate?Rimanendo però su tensioni Medium hard tension?Ho visto che ci sono anche le LUTHIER concert silver dark 35.Qualcuno sa come sono?E delle Aranjuez silver 400 e gold 600 cosa ne pensate?Grazie a tutti quelli che mi risponderanno!Ciao. [smilie=emoticon_111.gif]

     

    Che cosa non ti convince più delle Hannabach blu? Che caratteristiche timbriche desideri ottenere? Che tipo di cavata hai? Che repertorio intendi suonare?

  19. Cari amici e colleghi,

     

    condivido con voi la registrazione live di questa rara esecuzione del concerto "Musique de cour" scritto da Alexandre Tansman su temi di Robert de Visée.

    Purtroppo la videocamera ha avuto un problema tecnico in alcuni punti, ma l'audio è integrale. La registrazione è stata effettuata nell'ultima sessione del progetto "The Andrés Segoiva Archive", durante il concerto conclusivo.

     

    Chitarra: Ermanno Brignolo

    Direttore: Paolo Ferrara

    Orchestra del conservatorio di Alessandria

    Live recording, editing e post-produzione: Me.To. Recording Studio

     

  20. Giusto per dire un nome famoso, Andrea Tacchi costruisce (anche) chitarre con piano armonico tripartito: due parti in cedro e una in abete. Lui chiama questi modelli Coclea Thucea.

    Non è il solo, ovviamente, a realizzare piani compositi: alcuni costruttori sfruttano le diverse caratteristiche dei legni per creare piani armonici "stratificati", vale a dire con uno strato in cedro e l'altro in abete (doppia tavola). Mi viene in mente l'esempio di Fritz Mueller, canadese, ma so che non è il solo.

     

    I risultati possono essere considerevoli, a patto di saper maneggiare i materiali come si deve.

     

    EB

  21. Mi chiedevo fino a che punto un musicista può scegliere la musica che suona liberamente

    E se non è compresa?

    Mi sento di fare due considerazioni su questo punto.

    La prima si rivolge alla scelta del pubblico, quella che tanti oggi amano chiamare target. Come un attore Shakespeariano non può sperare di farsi applaudire recitando in lingua originale di fronte a un pubblico che non conosce la lingua, così un interprete dovrà necessariamente rivolgersi a un uditorio che possa comprendere il linguaggio specifico, o che abbia intenzione di farlo. Piaccia o no, la musica non è per tutti, e prima o poi dovremo iniziare a fare i conti con questo aspetto. (Preciso: essa è rivolta a tutti, ma il livello di accettazione e comprensione del messaggio varia, e molto, da persona a persona)

    La seconda, invece, va all'interprete. In ambiti internazionali - penso a un consesso di scienziati, ad esempio - trovano lavoro persone che sono in grado di decifrare un linguaggio sconosciuto ai loro clienti e tradurlo in tempo reale in modo da consentire a quegli stessi clienti di capire a fondo il messaggio. Queste figure si chiamano anche loro interpreti, e sono vincolati da un codice etico che precisa regole ferree per evitare di distorcere i messaggi originali e tradurre al meglio. L'interprete musicista non ha un ruolo diverso: egli deve tradurre in modo limpido e trasparente un messaggio (spartito) che ai suoi clienti (pubblico) non è comprensibile.

    Per concludere su questo esempio, lei immagini di essere un traduttore simultaneo dal russo all'italiano, invitato a lavorare in una conferenza di fisici teorici sulle possibili soluzioni numeriche delle equazioni di Maxwell applicate ai campi variabili. Lei, se è competente in materia, opererà una traduzione impeccabile, e qusto è l'unico strumento su cui ha controllo. Se il pubblico, però, sarà composto da filosofi kantiani che non hanno idea di cosa sia un campo magnetico, la sua traduzione potrà anche essere la migliore della galassia, ma il suo messaggio non sarà compreso da nessuno. Viceversa, se lei non sarà in grado di far capire a un pubblico di fisici teorici le argomentazioni del relatore russo, la colpa sarà soltanto sua.

  22. Io,come tanti,considero i primi 20 anni dell'800 un periodo irripetibile per la chitarra e spero che su questo non mi possa dare che ragione dopo aver fatto questo semplice ragionamento.Nel libro su Giuliani di Marco Riboni a pag.85 l'autore documenta un concerto in cui viene eseguita per la prima volta, la Sinfonia n.4,un concerto per pf. e Orch. e l'Overture Coriolano di Beethoven,nello stesso concerto,certamente sarà stato presente anche Beethoven;Mauro Giuliani suonò l'op.30;mi dica se si è più ripetuto un concerto così.oggi questo sarebbe una cosa miracolosa.Le stagioni concertistiche dei Teatri italiani, la chit. è totalmente assente;credo,che in Italia,nell'87 solo Segovia fece un concerto al Conservatorio Verdi di Milano.Julian Bream nei primi anni 70 ha suonato vicino a dove abito io,a Figline Valdardo,invece che,come sarebbe stato più logico, al Comunale o alla Pergola di Firenze.Per me un'interpretete deve spaziare su tutto il repertorio della chit. ma chi ha detto che un chitarrista deve essere settario; infine, smettere di lamentarsi che non ha opere di Mozart, Beethoven,Chopin ecc.Il punto debole della chitarra classica sono state le troppe trascrizioni;bisogna suonare la letteratura originale,altrimenti è meglio cambiare strumento.

    Il suo intervento mi risulta un po' confuso, ma il senso è chiaro e lo condivido per la maggior parte.

    Non ho voglia - mi scusi - di tornare sulle questioni dell'Ottocento come età dell'oro: non mi va di addentrarmi in paragoni tra ciò che era e ciò che è. Io continuo ad essere convinto che dopo il 1830 la chitarra sia pressoché scomparsa e che la sua rinascita e la sua reale apoteosi sia giunta solo nel XX secolo. Ben inteso, nello stesso secolo, la chitarra - meglio: i suoi esecutori - è tornata ad essere relegata a strumento di basso rango, soprattutto quando, morto Segovia, molti impresari si sono categoricamente rifiutati di avere che fare con altri chitarristi.

    Personalmente, io non do molto peso all'ampiezza cronologica di un programma da concerto: piuttosto, mi colpisce la struttura formale che forma il programma stesso. Rifuggo come la peste i programmi d'esame da diploma che partono con le Diferencias sobre Guardame las vacas, passano per il Grand Solo di Sor, la Sonatina di Torroba, due studi di HVL e finiscono con Piazzolla e/o Dyens. Ben vengano i programmi à travers les siècles, ma siano concepiti con un criterio solido. Criterio che, tuttavia, può anche restringere il campo senza per questo perdere di validità (mi verrebbe da aggiungere un anzi, ma lo tengo solo tra parentesi...)

    Quanto al repertorio dei grandi, quella che dice è una cosa che io non ho mai scritto. Io non mi lamento in alcun modo per l'assenza di brani a sei corde scritti da Beethoven o altri. La constato, prendo atto, e cerco altrove pagine importanti del nostro repertorio. E quando le trovo, le leggo, le studio, le registro e le porto in concerto, consapevole che il mio modo di suonare sia più consono a pagine quali il Nocturnal di Britten o la Sonatina di MCT anziché le Fantasie di Sor o le Sonatine di Giuliani. Se questo mi rende, agli occhi di chicchessia, un interprete scadente, ne diverrò consapevole, me ne farò un ragione e continuerò, comunque, per la strada che credo mi sia più congeniale e coerente.

     

    EB

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