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graf

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  1. No....Si...........Ni! Sono sempre stato un .... "guaribile" ottimista. Quindi anche l'ottimismo in proposito non può essere "sfacciato" C.
  2. A me non piace la severita; preferisco la competenza. I tempi sono cambiati, caro Rms. Se però il mio amico Dralig dice il vero ( e come!), i danni sono rimasti. Non sono infatti cose di centinaia di anni fa, ma solo di pochi decenni or sono. D'altra parte, allora, il corso di chitarra era pressoché unico ( almeno in Italia ) mentre oggi se ne contano a centinaia Chissà perché? C
  3. Lo ricordo anch'io, Angelo: la piazza era quella di Milano e l'autore della gaffe è scomparso da tempo. Per anni, a Roma, ci abbiamo scherzato sopra, ed anche noi due ne abbiamo riso durante i memorabili pranzi "segreti" da Miscia, in Ancona. L'eliminazione del concerto fu un assurdo; come, prima c'era, e poi, una volta istituita la "scuola", non più? Era scritto "accennare sullo strumento" e "dimostrare di conoscere...", poi nemmeno quello. Anche al corso settennale di una volta c'era chi lo faceva fare. Gli insegnamenti di chitarra erano tre in tutta Italia, però, e soltanto noi a Napoli lo praticavamo (io feci naturalmente quello di Castelnuovo T). La musica d'insieme veniva demandata alla ludicità di qualche insegnante che, magari, voleva essere accompagnato al suo mandolino o altro, nel migliore dei casi. Coloro della nostra generazione che avevano frequentato per qualche anno i conservatori scrissero ( e ancora lo fanno )"diplomato al ...." senza aver sostenuto alcun esame, né di armonia complementare ( materia utile a seconda di chi la insegna e che ci si teneva tanto a definire "cultura musicale generale") né di storia della musica, quando non di solfeggio.... e forse di chitarra. Non eravamo, noi chitarristi, ammessi agli esami di licenza e così io - da interno - sostenni come arpista privatista quello "ramo canto" e, dopo aver studiato l'armonia seriamente, non dovetti realizzare il basso e me la cavai con un poco onorevole "sette", pur avendo sostenuto bene l'intiero esame. Al contrario, Luigi Ronga mi fece leggere una partitura (non al piano) prima di assegnarmi la tesi di laurea. I miei "colleghi" insistevano con il "concerto" di Vivaldi, che hanno sostenuto fino alla fine per il triennio e biennio; novità questa forse lungimirante ma che non ha tenuto conto della scarsa (o nulla) preparazione di molti insegnanti;più d'uno ha finito poi per mercanteggiare sulle ore "pagate" e persino di introdurre colà uno scambismo sulla pelle altrui. Guadagnare denaro non è cosa ignobile, ma... Marchese ha ragione. Vale! Carlo
  4. Credo a priori che Domenico abbia immaginato bene, anche se dovrei fare una ricerca tra le mie carte sia per gli estensori del "programma dell'albergo" che per i componenti della spedizione ministeriale. Dralig sa che avevamo nemici (più che avversari) non soltanto per mercimonio ma anche per posizioni che se fossero state serie si sarebbero potute definire... "ideologiche". C.
  5. Roba incredibile! Io credevo tu fossi impegnato altrove (come credettero di me alla riunione ministeriale). I concetti fondamentali ( l'assurdità di relegare l'opera didattica di Sor ai soli 20 studi, la questione delle intavolature etc.) ci erano comuni sin dalle prime "battaglie", che improvvisamente ci fecero smettere coloro che gettarono benzina sul fuoco. Paghi ma non domi... Ti scriverò una E mail per quella cosa di Porrino, o ti telefonerò. Una riflessione, però: se alcune (poche) cose ci sono sfuggite, figuriamoci cosa ne sanno i più giovani e quelli che non lo sono più tanto. Ti domando ( e domando a tutti ): sono interessati a queste pagine a dir poco storiche? O ne hanno noia perché - anche in età verde - non possono apparire più di tanto? Absit iniuria verbis... Carlo
  6. Ad integrazione di quanto hai affermato, caro Angelo, ricordo (a memoria storica) che le riunioni furono due: la prima ( che chiamerò informale ) avvenne nella hall di un albergo adiacente il Colosseo; a questa io intervenni sollecitato da mezzo mondo. Fu lì che venne partorito il programma, che escluse molte cose (compresa l'op 38) ....." tanto poi si vedrà e comunque ci sarà un programma interno". Portammo un mucchio di programmi soprattutto europei: tutti si rifacevano alla valorizzazione del patrimonio nazionale, specie contemporaneo (rissa sul significato della parola). Feci notare che si poteva conseguire l'istituendo diploma eludendo completamente la letteratura chitarristica italiana (esame finale ); fu aggiunto soltanto un "preferibilmente" al punto 1 e. Inoltre la dicitura della seconda prova iniziava con "Interpretazione ed esecuzione 'sulla chitarra'......". "E dove se nò?" Mi fu detto detto che era "meglio specificare"... Tu non intervenisti... come anche io non intevenni alla seconda riunione, perché questa si tenne ufficialmente al Ministero con rappresentanti "di tutta Italia" (quattro gatti) ed io fui escluso perché c'era Gangi. Questi non amava "il programma dell'albergo" (così lo chiamava ), stilato in sua assenza, e mi riferì che quello "passò" rapidamente ai voti, anche perché i ministeriali avevano fretta e promisero cambiamenti una volta trasformato il "corso" in "scuola" ( leggi diploma, quello che inorgoglisce taluni giovani - e spesso preparati ma rissosi- galletti di oggi che pensano di aver costruito il proprio futuro da soli). E' tutt'altra storia che quella di "Candido" di volteriana memoria... e noi non siamo "il buon selvaggio"! Carlo P.S.= Il programma fu promulgato sulla G.U. della Repubblica Italiana il 14.12.1984 (ministro Falcucci).
  7. Vero, Rms: il Fisher, in una edizione Feltrinelli degli anni Sessanta, diceva che è da ritenersi valida qualsiasi trascrizione il cui contenuto faccia apparire come un originale. E' superfluo quindi riferirsi alla questione chitarra-liuto, pianoforte-clavicembalo - arpa,o ai "quadri di un'esposizione",alle sonate di Ponce e via dicendo. Nel precedente ordinamento istituzionale, oltre ad uno studio sul "tremolo", era prevista l'esecuzione di una trascrizione (sono passati circa trentacinque anni). In una maxiriunione dei docenti di Conservatorio, costituita per stilare un nuovo programma (quello vigente oggi, che salvaguardò preminenti interessi editoriali) furono abolite entrambe le cose. Votammo per il mantenimento soltanto in due: oltre a me si espresse a favore Alvaro Company, fiorentino, che non aveva certamente al riguardo interessi editoriali e che prese coraggiosamente i "puristi" (sic) a male parole. Perdemmo. Personalmente, penso sia lecita una trascrizione ispirata alla poetica fisheriana: dipende cosa si sceglie e come la si fa. Ho però dubbi che qualcuno, trascrivendo, possa sbalordirci con un meraviglioso "jeux interdits" per flicorno baritono. C.C.
  8. Non penso affatto che la chitarra (grazie a Dio) sia così tenuta in poca considerazione. Per quanto riguarda i dischi, proliferano quelli fatti in casa o comunque non appoggiati dalla grande distribuzione, che poi è quella che conta. Spesso la loro qualità è messa in discussione o comunque rivolta al principio di "Cicero pro domo sua". E' anche chiaro che quello che manca è la domanda, tanto è vero che chi ha posto il problema era entrato per acquistare un disco di Pollini e non un disco di chitarra.
  9. Per questo geniale quanto sgrammaticato e sconosciuto Fernando: grazie per il "loro"! Carlo Carfagna
  10. Sono d'accordo con il Brignolo. Tra una registrazione ed un concerto c'è la stessa differenza che esiste tra il cinema (senza nulla togliergli) ed il teatro; oltre al... bello della diretta.
  11. Con tutto il rispetto (perché poi?) per un premio Nobel, quella prosa poetica non mi piace. Oltretutto, dopo aver invitato alla stringatezza, perché impiegare quasi trenta righe per esprimere un concetto non da tutti condivisibile? A mio parere, conta di più l'osservazione fatta già in passato che ognuno scrive quello che vuole senza tema di contestazioni (bugie e omissioni a parte). Anche in questo caso il curriculum serve: a far incavolare gli addetti ai lavori!
  12. Il discorso, mi sembra, si è alquanto discostato dall'originale.
  13. Infatti il duo Amadeus ha un retroterra imprenditoriale di gran mole e pratica scambi anche a livello.
  14. Non è necessario concepire lo studio accademico come una tortura. Personalmente ho iniziato a suonare (male) il pianoforte fino ad esibirmi al piano-bar. Ogni volta che volevo fare sul serio ricominciava il tormentone delle unghie. Quello che più serve, secondo me, è conoscere bene l'armonia, poi il resto. Per un sedicenne dovrebbe essere un divertimento. Molti della vecchia guardia ne saprebbero molto di più se non avessero avuto inculcato il senso della sacralità di quegli studi. Questo per lo studio della composizione. Fare il compositore, poi, beh, quello è un altro paio di maniche! Non si dimentichi infine che, con gli anni, verrà in aiuto la "sapienza" pratica!
  15. E' evidente che si tratta di 1822; non gettiamo croci addosso ad un dito che è andato a premere un centi metro più in là...
  16. E' vero; comprendere Vedova è difficile ma - è questo il succo delle arti - rimane fondamentale il momento della condivisione o, meglio ancora, della sensazione personale. L'impatto filosofico in musica è contingente; non ricordo in quale sede ho detto di singolari impostazioni dei grandi del passato, che io però condivido: come fossero principianti, mi sono sentito dire "perché mi ci piaceva" (Petrassi), "così funziona" (Gervasio), "va un pò meglio" (Bucchi), "ma quanto mi piace" (Rota) e così via. "Découpages", poi, offre per caso un esempio che ci riporta al tema: nell'ultimo tempo (la danza pressoché modale della capra Amaltea, nutrice di Giove) ci sono nella coda finale dei mordenti che ho segnato tra parentesi; è stato il mio ex studente Damiano che, leggendo, li ha introdotti, cosicché sono stati aggiunti perché quando li suonerà non sia tacciato di inaderenza al testo. Buffo, no? Qui a Roma non troviamo ancora i suoi serpenti, forse in letargo per il caldo micidiale. Anche io sono curioso di sapere come la pensano gli altri. Cordialità C.Carf
  17. Il problema degli abbellimenti è un ....non problema! Semmai un caso conoscitivo e di filologia musicale, poiché filtrabile attraverso l'assimilazione di testi specifici che, esaminandone origini, autori, prassi esecutive e quant'altro, conduce l'autore ad una proposta tale da rendere più gradevole l'ascolto. Il nome italiano di "fioritura" e quelli europei che contengono la radice "agr" privilegiano il concetto di piacevolezza. Ecco perché, caro Tortora, ci procurano più di un grattacapo, stante la soggettività della piacevolezza stessa. Così gli autori antichi, barocchi, classici etc. hanno spesso indicato come volessero fossero risolti, confermando l'inesistenza "specifica" di quanto li riguardasse, a confronto di una più generale regola (che però io chiamerei convenzione) che li sottraesse al dover scrivere per esteso (nel senso di già risolto) quanto desideravano fosse suonato. La casistica è varia e spesso conviene consultare dei testi in modo da non creare incoerenze nell'ambito dello stesso testo. Non mi meraviglio perciò che i professori composizione abbiano bocciato il testo di Leo (che peraltro non è uno specialista) Un aneddoto; tanti anni fa il celebre Guido Agosti (quello si che era uno specialista!) tenne una conferenza sugli abbellimenti nella Sala Accademica del Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Dopo una lunga esposizione coronata da esempi, chiese se qualcuno degli astanti avesse domande da fare. Uno studente di organo e composizione organistica gli chiese, di fronte a casistiche così circostanziate, come si dovesse eseguire in caso di dubbio o di mancanza di regola. Egli, mentre raccoglieva i fogli sul tavolo, se ne uscì: "Beh...Come vi suona meglio". Nessuno avrebbe voluto più eseguire un abbellimento in vita sua! Carlo Carfagna
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