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Leggo sul "Sole 24 Ore" ed altri quotidiani come, tra gli ultimi atti del decaduto governo, ci sia stato quello di promulgare una legge che allunga il periodo di percepimento del diritto d'autore da 50 a 70 anni. La notizia non può che colmarci di gioia al pensiero che i nostri pronipoti,nella prima infanzia, godranno dell'acquisto di qualche gelato in più, memori dei propri avi, che avranno reso possibile l'acquisto con i proventi dell'"opera dell'ingegno" . Avi che nel frattempo, giovani o attempati che oggi siano, non riescono - il più delle volte - a regalarsi neanche un'automobilina di seconda mano per girare in città, con quei proventi, e non è certo con l'emozione di un tempo che riceve il fatidico "rendiconto" la cui veridicità gli è sempre stato impossibile accertare. Il diritto sulla carta stampata è crollato (tutti disponiamo nella stampante casalinga di una efficace fotocopiatrice) e, soprattutto per i maestri più giovani, è incomprensibile l'acquisto di quanto rinvenibile e quindi da poter fotocopiare fotocopiare ( poi però si lamentano se gli editori non ne accettano i lavori). Il diritto di esecuzione è poi semplicemente ridicolo. Non solo, ma chi organizza si preoccupa, per prima cosa, di come fare ad evaderlo (un autogol, spesso) e le Società preposte - che però pretendono sia loro elargita una quota annua non proporzionale ai cespiti- non si curano di essere beffate, introitando somme ingenti dai quorum della discgrafia di largo consumo, della musica applicata e dall'emittente radiotelevisiva "di stato", che però - al pari delle grandi organizzazioni - spesso non paga (ed io mi chiedo come faccia) Provate a fare ricorso e viaccorgerete di come stiate perdendo tempo. C'è poi la recente "regola del minuto" e quella del "numero dei posti"; nel frattempo, ci si avvoltola nell'espressione "cultura" ( quanto mi dà fastidio, questa parola). E allora? Allora dirò che i musicisti se la sono andata a cercare, forti magari del (poco) denaro ricavato dall'insegnamento e delle gratificazioni provenienti da piccoli ambienti che nulla hanno a che fare con quanto sopra. C'è anche chi, come me, non ha il diritto di lamentarsi più di tanto, sia pure consapevole che apparternere ad un ambiente di "sfigati" non è davvero cosa esaltante. Ma il Consiglio dei Ministri ha idea di tutte queste cose?
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15 Febbraio, Mario Gangi
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Chi era Frate Cassio da Velletri?
graf ha risposto a Angelo Gilardino nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
"...in ambito più elevato, fra gi altri, quel frate Gentili, detto 'Frà Cassio da Velletri'; con i loro soprannnomi (il suo e quello del Sor Capanna* ) hanno alimentato una tradizione di scherzose citazioni ancor oggi 'liberatorie' ". ( C.Carfagna-M.Greci, Chitarra Storia e Immagini, Roma s.d. -ma è 2000- Fratelli Palombi Ed. pag. 200) *Pietro Capanna fu, assieme ad Alfredo Del Pelo (che però era meno "spinto") il più famoso stornellatore romano dell'Otto-Novecento. -
Se ne è andato Pino Briasco
graf ha risposto a Giorgio Signorile nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Ho appreso la notizia telefonicamente ed il mio dispiacere ha rasentato il dolore. Dolore per la scomparsa di un amico della vecchia guardia che avevo perso di vista, sino al momento in cui ci incontrammo durante un convegno di Alessandria. Era, come un tempo, sempre entusiasta e sorridente. Ed ora... Ciao, Pino! -
Chi era Frate Cassio da Velletri?
graf ha risposto a Angelo Gilardino nella discussione Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Quanto scritto da Zacchero è molto interessante e ne fatto volentieri lettura. Vorrei però conoscere la data della venuta in Italia del frate, e come mai "Il Plettro" pubblicasse suoi lavori per chitarra anteriormente al 1937, tanto che Prat ne fu informato. Per ultimo: se era organista-pianista è verosimile che abbia lasciato qualcosa di scritto per il proprio strumento. L'archivio vaticano non è inaccessibile e la ricerca di un volenteroso dovrebba in tal caso dare risultati certi. P.S.= la citazione liberatoria che Monicelli mette in bocca a Gassman la si sentiva sin da bambini anche negli ambienti romaneschi più umili ed era diffusa assai prima della seconda grande guerra. Parola mia! -
Era del 1916, Arnoldo Foà, veramente un "grande" (quanto si abusa di questa parola!) del '900. Le ultime volte che lo rincontrai furono quando feci con lui un viaggio in treno ( andava alla natìa Ferrara ) e subito dopo, nel 2005, quando recitò nel "Messia" di Haendel (lui che non credeva) assiemme alla mia ex allieva Milena Vukotic. Da ragazzetto non avrei mai pensato di familiarizzare con quell'attore per me così sacrale; tramite fu Mario Gangi, che aveva sette anni meno di lui. Più di Trovaioli, Luttazzi, Simonetti e tanti altri le cui immagini e la cui opera musicale sono custodite nelle teche della RAI, egli mi incuteva soggezione e rispetto, forse perchè ero incline ad identificarlo con il personaggio cui aveva dato per ultimo immagine e voce, una voce eccezionale. Una volta conosciutolo, però, ogni disagio sparì; e si che io ero più giovane di venticinque anni! Ciò che mi affascinò più di tutto fu però il suo lavoro di lettore ( dicitore era la parola in voga ) con i commenti chitarristici di Gangi. Sia che preparassero una registrazione che uno spettacolo, i due mi parevano divertirsi un mondo, anche delle cose più drammatiche; ed in realtà così era, pur essendo ambedue meticolosissimi nella preparazione dei tempi e delle pause, dei volumi e dei respiri. Molto imparavo allora da questi moderni "artisti di un tempo", forse rendendomene i conto solo più tardi e forse solamente in parte. Ad esempio, i puntualissimi manoscritti per Lorca sono ancora in mio possesso, donatimi da Gangi perché li rielaborassi (pensate un pò) nei concerti per voce e chitarra che periodicamente tenevo assieme ad Ileana Ghione. A parte il lato professionale, non potrò mai dimenticare la simpatia e la giocosa schiettezza che animava Arnoldo "sic et naturaliter". Un uomo intelligente e generoso, privo di spocchia (non ne aveva bisogno, per farsi valere), amante della vita e delle Arti. Un addio commosso.
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Natale è passato da un pezzo e nessuno ha contraccambiato questo augurio. Del resto, sembra che quasi nessuno abbia gradito anche il "buon anno" p.v. che avevo voluto porre in coda al mio off-topic sull'esternazione, rapidamente archiviato dallo spostamento di altro rgomento, avente come soggetto l'attività R. Fabbri ( perché sia stato spostato non lo so ). Anche se il mio intervento è stato in evidenza per poche ore, mi viene da pensare che il mio augurio non sia stato gradito da alcuno ed allora mi aggancio qui per riformularlo, "mutatis temporibus", alla cortesia di Domenico Scaminante.
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L'esternazione è tra quanto ravvisato dal filosofo tedesco Schopenhauer per comunicare con il mondo, i cui mali vengano mitigati dalla compassione. Detta così, non si vede cosa c'entri la Musica ma, a ben vedere, se la consideriamo un mezzo di comunicazione o comunque di espressione, ne facciamo nostro l'assunto che essa rivesta un carattere universale. E' pur vero che tra l'esternare ed il comunicare ( nonché tra queste due azioni e l' esprimersi ) passa una certa differenza, ma l'atto mediato di 'ascoltare' e persino quello mediante di 'creare' Musica sono riconducibili a quanto si è affermato. E' poi ben noto che, nei tipi della vita, esistono animi più inclini degli altri ad esternare, diventando suscettibili di esser presi soltanto per superficiali o 'buontemponi' (se portati a considerazioni umoristiche o ironiche) per deboli o 'piagnoni' (se desiderosi di comunicare i propri disagi i o dissensi). Più particolarmente, il mondo di oggi (che vuole l'uomo risoluto e privo di dubbi) crea l'immagine dicotomica di un "io" interiore tutt'altro che aderente alla sua immagine esteriore. Un esempio tragicomico è quello del concertista che si "emoziona" ( ma senza darlo a vedere) qualche battuta prima dell'assolo in un brano da camera, pur sapendolo ampiamente alla propria portata; o del solista che, sul più bello, si mette a pensare che il rubinetto della cucina perde acqua. Quella che sto scrivendo, in fondo, costituisce anch'essa un'esternazione, e lo stesso pensatore ottocentesco (che privilegiava la Musica come rappresentazione avulsa dalla volonta', per dirla alla buona) sarebbe forse d'accordo con me. Ripiegandoci pertanto dentro e fuori di noi stessi potremmo ulteriormente migliorarci nel 2014. Buon Anno a tutti (dico tutti), perciò!
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Per carità,James, non ho nulla da eccepire (anche se per natura anch'io - ottimista d'istinto - tendo da ultimo a dare l'impressione di essere un "pontifex" pessimista e piagnucolante). Argomenti, invece, mi sembra che Lei ne abbia più dì uno, e immagino che il suo supponibile bilinguismo l'aiuti molto a farsi delle idee. Il sottoscritto argomentava però della inopportuna sottomissione della lingua italiana ad espressioni altrui, fermamente convinto che dal linguaggio si passi al costume ed all'offuscamento della piccola storia. Il Cànada di oggi era il Canadà di una volta e Mòntreal non è che uno dei tanti Montrèal ( Monreal,Montereale, Monreale, Monterrey etc); ma questo afferisce ai toponimi, non alla Musica. I Romani si fortificarono imbevendosi della cultura dei Greci, ma li avevano prima sottomessi! Il pensiero elladico, magari sicilianizzato, ha così influenzato persino la poetica e il pensiero dei Padri della Chiesa! E questo non ci è dispiaciuto. Pure i Goti di Asterix (!), che non temevano le armi romane, erano impauriti all'idea che Cesare facesse rapire i loro bambini e li restituisse imbevuti di latiinità e romanità (*. La mia non vuol essere una crociata contro la lingua inglese (anzi...), ma un tentativo di recupero del nostro idioma. Formulo comunque il mio apprezzamento per come Lei conosce l'italiano; magari conoscessi io le altre lingue come conosce la nostra! (*non ho vergogna a dirlo ma, oltre alla Musica, all'enigmistica ed ai libri e romanzi storico-filosofici, ho sempre avuto il gusto della lettura dei fumetti "classici". Un francofono, oltre a leggere di Gargantua o a meditare su Baudelaire, dovrebbe andare in brodo di giuggiole quando un fumetto dissacratore come quello di Asterix recita "il sont fous ces Romains" oppure quando il pirata nero cita "non licet omnibus adire Corinthum" ed altre classicità. Ora sto leggendo nuovamente un vecchio testo di Aldo Ferrabino (che fu mio professore alla Sapienza) dal titolo "L'essenza del Romanesimo" (si trova su "AbeBooks"). Forse il mio intervento così pedante è stato provocato dalla sua rilettura. Mi spiace comunque se,anziché esternare, ho dato l'impressione di voler pontificare.
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Ricambio e rilancio conj gli nauguri di Natale. P.S.= ho ripetuto un intervento nel tentativo di correggere un errore: sine nobilitatem = sine nobilitate. Mi dispiace!
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E' così, James; i ceppi linguistici sono tanti, ma principali rimangono quelli studiati dalla filologia germanica e da quella romanza. La prima studia lingue complesse come il tedesco (che ancor oggi conserva i "casi" e i nomi neutri di latina memoria ), la seconda (area romanza, da "romanice loqui") le lingue neolatine tra cui la nostra. L'essenzialità della lingua inglese è derivata dai dialetti britannici e dall'influenza latina (non dimentichiamo che il famoso "vallo" di Adriano da "vallum" è divenuto wall, muro) e l'idioma si è frammentarizzato per ragioni etnico-politiche. Cosi' lo scozzese è, specie nella pronuncia, diverso dalla lingua ufficiale, e parimente l'irlamdese etc. L'eleganza di una lingua non dipende dal suo contenuto ... estetico, ma da un complesso di fattori che sarebbe lungo spiegare; il parere della fillologia è pressoché concorde in merito anche se ad ognuno "piace" maggiormente ciò che ben conosce. Personalmente, ad esempio, a me piace anche il castigliano, ma non come il provenzale; anche se trovo di interesse "acustico" le lingue ugro-finniche di cui non capisco un'ette. Questo intendevo, ma ciascuno può sposare la tesi che vuole, magari argomentando e non ponendo maliziose particelle interrogative. Non credo poi che la lingua inglese, se non fosse efficace, avrebbe la diffusione universale che ha. In proposito, mi viene in mente una frase dell'umorista i J.K. Jerome: "la lingua inglese è la più diffusa nel mondo stante l'incapacità di un inglese di imparare un'altra lingua". Apprezzo molto chi non si prende troppo sul serio.
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Ce ne sono di belle, come lasciate intendere entrambi, per poca conoscenza del lessico o per puro amore dello snob ( il latino sine nobilitatem il cui significa fu traslato. Del resto, la lingua ottocentessca dell'Otto-Novecento afferente la cultura fu il francese ( quas imetà di "Guerra e pace" di Tolstoi è scritto in tale idioma, ad esempio) mentre la scienza e lecnica hanno poi incoronato l'inglese, meno elegante ma più essenziale e quindi efficace, complice la sua meno evoluta attitudine sintattica. Le parole invece sono rimaste neolatine: tra quelle citate, "location" (locus), "convention" ( da convenio), chitarra (cithara), competition (competitor).... Con action poi andiamo addirittura in Grecia antica (ago=ago latino=fare, agire) e così via. E' pur vero che spesso la dicitura straniera è d'obbligo e buffe mi sembrano perciò le forzature 'autarchiche' che appaiono in altre lingue (esempio calzante lo spagnolo "compiutador(a)" o il francese "ordinateur", che fatalmente stanno divendo desueti a favore della generalizzazione in "compiuter", calcolatore elettronico che prese nome anch'esso dal latino computare. Tutto ciò è divertente ma cela una trappola etica; vi ricordate dell'esame di latino del marchesino Eufemio che, dovendo tradurre "esercito distrutto", si esibì con "exercitus lardi"? Ebbene, lui si che ebbe il premio! P:S: "action" sarebbe la 'suonabilità' dello strumento e si rifà all'altezza delle corde sulla tastiera. Confesso che anche per me ha costituito un significato ignoto, sino a quando non ci siamo accinti alla compilazione di un "glossario" per la Storia della Chitarra della Carish, di cui stiamo curando ora la nuova edizione. Colgo l'occasione per salutare Carlo Defranceschi e mi piace fargli sapere che, oltre a parecchi latinismi, il dialetto ciociaro conserva fonemi e parole austro-francesi.
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In questa mattinata, se non piovosa almeno plumbea, sto girovagando sul web e, come mi capita in certi casi, leggo qua e là notizie, titoli e discussioni anche di questo forum, tanto per tenermi aggiornato o per lo meno informato quanto al "non tutto ma di tutto". Orbene, oggi (non so perché) mi è capitato di considerare quanto si sia perduto o dissennatamente sperperato del patrimonio costitiuto dalla nostra povera lingua, quella italiana, una volta considerata la più atta a fornire testi da musicare e tale da influenzare le produzioni drammatiche e musicali; penso a Metastasio, a Calzabigi, a Illica e a decine di altri autori. Oggi è per me sintomatico e persino apprezzabile l'autore che di tanto in tanto titoli un suo scritto (o brano o opera) in lingua diversa dalla nostra, visto che siamo contemporanei a noi stessi e subiamo gli effetti della cosiddetta globalizzazione. Farne una riserva mentale no, però, specie per la definizione di eventi o cose di corrente amminastrazione. Lo trovo assurdo (non dirò ridicolo), quando ci sono termini più consoni in italiano. In gioventù, era impensabile -almeno negli anni '50- che noi si acquistasse unj 45 giri nonj cantato in anglo-americano, e poi la storia ci ha dato ragione fino alla comparsa di "canzoni" cantate nella nostra lingua che io ritengo veri e propri "chefs d'oeuvre" (eccolo là!). Impensabile era poi chiamare "pellicola" un film o "barra di mescita" un bar; e così via. Di cosa mi dolgo, dunque? Orbene, le mie ascendenze ciociare, come quelle di Gaio Mario, San Tom maso, Petrassi e De Sica, per citare i più noti, si ribellano quando leggono (è solo un esempio, per carità) definizioni del tipo "Cassino Guitar Competition" o "location" del Fiuggi-festival ed altre amenità di questo tipo che fanno sorridere chi conosce leoperose cittadine ed il rude dialetto dei suoi abitanti. (segue) Il pensiero è quindi questo: se il dialetto ciociaro è ben vivo, perché la lngua italiana sta per morire (in certe occasioni) se non è addirittura morta? Il mio argomentare non ha voluto toccare altre situazioni regionali o titolazioni, per non essere tacciato di disfattismo autarchico, ciò che assolutamente non mi appartiene. L'esterofilia non produce frutti che negativi (mi viene in mente quel post su quel che pensano di noi in Austria); gli antichi Romani conquistarono il mondo imponendo la propria cultura per il tramite della lingua, come poi avrebbero fat to gli anglofoni. A noi non devono interessare territori di conquista, ma la salvaguardia dell'espressione si. Altrimenti ci troveremo schiavi senza speranza, frequentando soltanto nel "sermo familiaris" la nostra maniera di espressionei. Con una lingua morta, Dio non voglia!
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Sospesi i diplomi del vecchio ordinamento del 2013?
graf ha risposto a Cristiano Porqueddu nella discussione Leggi e musica
Per la verità, le cose non stavano (e non stanno) precisamente così. I vari decenni passati quale "ispettore" ministeriale, affiancando quelli professionisti, mi hanno fornito un'esperienza ineludibile: leggere una circolare (che non è legge) è cosa noiosa ma necessariamente bisognosa di un background di diritto amministrativo. Nel frattempo il "ministerone" cambiava nome più volte, si sdoppiava, si ricomponeva, si frammentarizzava ulteriormente, si dilaniava in nuove direzioni generali (alcune delle quali inutili ma necessarie a creare altri supermanager) e così via. Intanto i collegi di docenti (per lo più poco acculturati) e le assemblee degli studenti giocavano (e giocano tuttora) agli amministrativisti, trastullandosi con citazioni, numeri di leggi e circolari magari in contraddizione tra di loro; riscuotendo il penserioso assenso di chi magari non aveva idea di cosa si parlasse. Come ho già scritto, però, tiriamo a campare ( primum vivere, deinde philosophare ). -
Sospesi i diplomi del vecchio ordinamento del 2013?
graf ha risposto a Cristiano Porqueddu nella discussione Leggi e musica
L'umiliazione purtroppo se la sono cercata, e non sempre per necessità; non si può esultare perché i media ci hanno fatto vedere la copertina dell'ultimo disco di *** in cui magari il tizio -che di musica poco ne sa- viene presentato come poeta, arrangiatore, compositore e magari direttore di un'orchestra di professionisti (seguirà poi l' intervista nella migliore fascia oraria). Quanto ai Conservatori, concordo che siano i peggiori nemici dei licei musicali. Gli insegnanti fanno a pugni per adire essi stessi i corsi preaccademici (la sola denominazione mi appare kafkiana) in modo da non permettere di far "entrare" chi lo meriterebbe....almeno per tirare avanti. Per quanto concerne la professione,oggi i diritti d'autore non si pagano, i contributi a chi suona men che mai. Salvo che... Non proseguo perché potrei essere noioso: esprimendo delle riflessioni, mi piacerebbe essere seguito. Altrimenti, meglio tirare a campare come ora si sta facendo . Che brutto campare, però! -
Sospesi i diplomi del vecchio ordinamento del 2013?
graf ha risposto a Cristiano Porqueddu nella discussione Leggi e musica
Sono d'accordissimo con E.Brignolo sul fatto che le cose non quadrano, anche se di anacronistico trovo molti corsi nuovi che non portano a nulla. Ogni norma amministrativa può modificare gli status passati, ma solo se non reca danno agl interessati, e la legge fondamentale dello Stato non ammette comunque retroattività. Quanto alla domanda di C.Porqueddu, la risposta mi viene spontanea: la tanto invocata 'autonomia' dei Conservatori ( assoggettata peraltro a regole di comodo ineludibili) ha creato mostruose clientele facendo leva sul " tre più due" (mi fa ridere, dal momento che proprio le università voglio abbandonarlo) e sulla storia della "laurea" in strumento, coniugata ad un sistema di reclutamento del corpo docente a dir poco dissennato. Per non parlare della volontà di far cassa artatamente, in modo da ridistribuire il denaro - e sproporzionatamente- a chi, pur docente ( si fa per dire), si presta a far da spalla formando le classi, stilando gli orari, assegnando le aule, compilando i moduli e organizzando manifestazioni spesso a solo scopo di scambio (sempre finalizzato al denaro). In tutto questo, sono assenti le esigenze di chi dovrebbe essere al primo posto: l'ignaro studente. E' così che il professorucoio Pincopallo, se compiacente, diviene per lui il Genio della lampada. -
I corsi Pre-Accademici in conservatorio non sono legali?
una discussione ha risposto a graf in Leggi e musica
Mi dispiace molto del malessere intervenuto e sono lieto della pronta ripresa. Il grande filosofo Hegel disse che la reale verità si colloca nel passaggio tra l'essere ed il non essere, ciò che lui chiamava 'divenire'. Così influenzo' il pensiero letterario, artistico e soprattutto politico. In sostanza, lo poneva in atto tra una tesi e un'antitesi.Basta pensare, in musica, al piano e al forte. Nulla di male pertanto a confrontarsi, anche chiarendo il proprio pensiero con decisione, purché con garbo. Un saluto, perciò. -
I corsi Pre-Accademici in conservatorio non sono legali?
una discussione ha risposto a graf in Leggi e musica
Ecco perché non ci capiamo. -
I corsi Pre-Accademici in conservatorio non sono legali?
una discussione ha risposto a graf in Leggi e musica
Pregherei Iervolino di rileggere con attenzione il mio intervento; in esso non si parla di Scuola Media (qui assunta a simbolo di purezza) ma di direttori e docenti ai corsi preaccademici e agli istuituzionali nonché di "dovute eccezioni". Altro che uscire fuori tema! Trovo piuttosto arrogante la sua richiesta finale, almeno come è formulata, e gli ricordo che ognuno di noi ha subìto dei colpi (diretti o indiretti) dalla sorte; salvo che la maggior parte si tiene metastasianamente i dolori e i dispiaceri dentro l'animo. Disse il saggio latino: "video bona proboque, deteriora sequor" (chi ha orecchie per intendere....) Il mio pensiero non si sposta comunque di una virgola e, potendo pettegolmente avallarlo citando nomi e fatti, caritatelvomente non lo faccio. Limitiamoci a quello che disse un importante uomo politico: "a parlar male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca"! -
I corsi Pre-Accademici in conservatorio non sono legali?
una discussione ha risposto a graf in Leggi e musica
Anche se fuori dalla mischia, mi piace esternare il mio pensiero; e non solo sui corsi preaccademici, che hanno rafforzato il compito degli elemosinieri di Stato (con l'istituzione del privato ben pagante nel pubblico) ma anche il rapporto poteruccio direttoriale-docente elettore. Il fraintendimento di una falsa democrazia ha creato dei mostri (ricordate Goya?). Pur di essere eletto o rieletto direttore, il docente di turno si adoprerà a concedere privilegi, cariche, piccole occasioni di guadagno ai suoi accoliti ed ai lecchini del suo entourage. Mi si potrebbe obiettare che si è preso a modello l'Università! Ed ecco la rivincita di povere nullità frustrate e mal pagate, con docenti poco alfabetizzati che si accapigliano sull'interpretazione dei commi o si vendono per avere qualche ora in più; oppure essere nominati a questi famosi preaccademici (cercando di svolgere le lezioni in una SMIM sotto casa e scolarizzando,spesso, dilettanti in età compresa tra i dodici e i sessant'anni). Docenti ( si fa per dire) che corrono a procurarsi i benefici della 104 onde adire l'istituzione più "comoda" o per far 'scattare' una graduatoria di casa del diavolo stilata da autonomie talmente autonome che finiscono per influire a mille chilometri di distanza. C'è poi la pia illusione, da parte del turlupinato studente, di "laurearsi" in qualcosa presso questi aggiornati carrozzoni. E non si vuole capire che così non è...ma questo già tante volte è stato detto. Non voglio continuare perché uno scriptum troppo lungo potrebbe disturbare ma vorrei sottolineare che la mia è stata solo una analisi concisa, che ovviamente avrebbe dovuto contemplare parecchie dovute eccezioni. Penso però che, così continuando, i Conservatori non avranno più ragion d'essere e (come la RAI , l'Alitalia e molti altri beni-carrozzone) avranno a sparire, relegati ormai tra i beni elemosinieri di un passato chiamato progresso. Figuriamoci i parzialmente legali corsi preaccademici, allora... -
Grossa delusione, quasi una presa in giro!
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Registrazione del concerto per chitarra e orchestra di Roman Vlad
graf ha risposto a alezocco nella discussione Altre discussioni sui CD per chitarra
Capito per caso su questo post e penso di poter rispondere: "si", esiste, e l'ho ascoltata, molto giovane, su un registratore Grunding a casa di Mario Gangi, che l'aveva allora suonata al Festival di Donaueschingen. Per quanto io abbia viaggiato, per due anni, in macchina con Roman Vlad tra Roma e Perugia (dove egli insegnava composizione) non abbiamo mai parlato (o quasi) di quella composizione. Pur avendo continuato ad incontrare il Maestro occasionalmente, dimenticai (nel 2000) di inserire quel titolo nell'elenco delle composizioni moderne per chitarra e orchestra, del che lui rise comprensivo quando glielo ebbi a dire. Non ho mai visto quella partitura (mia omissione) ma credo che essa sia, assieme a quel nastro, nelle cose lasciate da Gangi stesso; o può darsi che Alessio Vlad ne sappia qualcosa. , -
Il ritorno di "Carosello" sulla rete ammiraglia relevisiva non può che rimandarmi all'autore delle musiche, uno dei musicisti (quelli veri) che più hanno influito sul mio essere di musicista. Di Raffaele Gervasio ho gia detto e scritto, capito solamente -credo- da chi, non soltanto a parole, si occupa di musica e della componente imprescindibile dall'aspetto chitarristico. Non sono riuscito, ad esempio, ad ottenere una recensione (anche sulle riviste più seguite) del corposo "catalogo" delle sue opere (che catalogo solamente non è, visti gli interventi musicali che vi compaiono). Per quel che riguarda la chitarra, nonché i suoi eventi e costumi, il mio contributo, sollecitato dai curatori e dalla famiglia, può essere considerato un tributo storico di facile lettura. Tornando alle musiche di "Carosello" (una piccola perla di strumentazione), esse sono solo il decollo della minore contribuzione di quella che chiamiamo musica applicata, mai morte nel tempo, come lo sono quelle della "Settimana Incom" o dei "Canti che hanno fatto l'Italia" (RCA- F.Ferrara) per proseguire con le musiche del film "Carosello napoletano" con cui R.Gervasio ebbe la Palma d'oro a Cannes e moltri altri "stacchi", tra i quali i titoli di testa e di coda dei telegiornali. Quel musicista - indissolubilmente legato a Nino Rota- fu presente pure con un' importante produzione da camera, anche con chitarra (dal che traggo motivo di orgoglio essendo stato il suo strumentista di riferimento). La riflessione da fare è questa: anche se la TV (il moderno leviatano) ci ammannisce come 'geniale' l'opera musicale (mi piange il cuore ad usare tale parola) di chi ( grazie a mode ed imposizioni, "vende" e "rende") il buono del passato, prima o poi, ritorna. Attorno ad esso si costruirà una rinnovata immagine; vedremo, quando, vedremo come, vedremo perché..
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Ricevo or ora una E-mail dal M° Ada Gentile che mi comunica la scomparsa di Irma Ravinale, già Direttore dei Conservatorio di"San Pietro a Majella" di Napoli (ciità in cui era nata) e di "Santa Cecilia a Roma (dal 1989 al 2000). Di origine piemontese, aveva, tra gli altri, studiato con il famoso armonista De Ninno e con Stockhausen e Petrassi. Si era molto interessata alla chitarra, per cui aveva pubblicato pezzi con Bèrben e Ricordi (tra cui "Improvvisazione" e "Sombras", brani cui la mia trascorsa carriera fu molto legata (un festival a Venezia, esecuzione RAI e pubblicazione). Ha scritto anche "Jontly" per due chitarre, di cui quasi trent'anni or sono faci la prima all'Accademia di Musica contemporanea con Stefano Cardi. Da Mario Gangi invece ascoltai il concerto per chitarra e orchestra e quello per viola, chitarra e orchestra. Per il "Trio di Roma", di cui facevo parte, scrisse una partitura a flauto, viola e chitarra che suonammo in tutta Europa, facendo discutere i musicofili, allora (come oggi) divisi in due fazioni di linguaggio. Considerata una "lady di ferro" nella direzione degli Istituti, fu insignita di varie onoreficenze e nominata Accademica di Santa Cecilia. Fu l'ultimo Direttore ad essere nominato per concorso. Ricordo il suo duplice essere: gran polso ufficialmente ma doti umane in amicizia, specie quando mi "spiegava" i suoi pezzi, ascoltandomi qua e là. Un aiuto inaspettato mi venne anche quando, come docente, riuscì a compenetrare una mia lunga e terribile fase depressiva. I funerali si terranno mercoledì 10 alle ore 11 nella Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo, ma stavolta non potrò suonare per lei.
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Molti, molti soldi, e tutto lo sconforto musicale possibile. Oltre ai compensi pattuiti,, cifre rilevanti arrivano dai testi ( e non soltalto da quelli delle cosiddette canzoni, ma anche dei derivanti dai dialoghi e dall'indotto). Incassano due volte (proventi diretti più diritti riconosciuti dall'eurovisione, più tardivi). Inutile parlare della dappochezza dei contenuti musicali , pur supportati dall'opera .poco costosa. di veri professionisti, dei play-back, dei testi farciti di ovvietà, delle stonazioni di chi canta (senza voce), del contorno imbastito a beneficio dei discografici, degli autori (come si fa a scrivere una canzone in cinque?) e di una massa di gente condiscendente ma forse incolpevole. Poi ci dicono che la Ri-tv è in forte passivo. E non tocchiamo il tasto della pubblicità! Parlano di "tradizione": ma dove? Parlano di Modugno, ma come ( quando giovanissimo lo conobbi era già famoso ma possedeva una 500 giardinetta)? Non ci si vergogna ad 'esportare' questa cosa? Per anni e decenni, il festival non l'ho più seguito, ma la curiosità infine mi ha vinto.Il risultatio è che adesso soltantoi un pò di consapevolezza evita di farmi vergognare per aver intrapreso la "carriera" del musicista ( o come diavolo volete chiamalai).