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Frédéric Zigante

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  1. No, no! Non mi è sembrato che a pag .12 del volume dei preludi ci sia un pezzo in do maggiore presentato come Preludio n.11 di Tárrega e che invece io conosco come tema (seguito da variazioni) della Fantasia op.7 di Fernando Sor pubblicata da Pleyel a Parigi nel 1814. Era proprio lui...
  2. No. Si è semplicemente risposto ad una sollecitazione di un lettore del forum. L'argomento che l'edizione Berben ha il pregio di essere "il lavoro italiano più completo che esista sul chitarrista spagnolo" è, permettimi, irrilevante. In musicologia contano i contenuti non la nazionalità del curatore e dell'editore. L'edizione è stata pubblicata tra il 1971 e il 1979 in un periodo in cui certamente l'accesso alle fonti era possibile e .... mi fermo qui accogliendo l'invito di Dralig. Chi vuol conoscere Tárrega e il suo universo chitarristico ha, per fortuna, a disposizione l’edizione Reprints of early editions in due volumi curata da Rafael Andia e Javier Quevedo per la Chanterelle. La musica di Tárrega non necessita di alcuna revisione in effetti.
  3. Nuova luce? Guardi che è tutto chiarissimo. Preludio n. 11: è il tema della Fantasia op.7 di Sor. Preludio n.17: è la sezione centrale della Canzonetta di Mendelssohn, Quartetto op 12 n.1, peraltro presente nel Vol. IV (trascrizioni) per intero. Preludio n. 14: sono due frammentini della fuga BWV 1001 di Bach. E ho citato solo tre casi più eclatanti…
  4. No, nessuna idea. Presumo che una volta pronto e approvato, mancano solo i tempi tecnici di stampa e distribuzione del volume. Il mio lavoro su questo terzo volume finisce qui e passo dunque al quarto volume: Choros n.1, Simple e Valsa-Concerto.
  5. Diventa difficile, se non impossibile, discutere quando non si usa la stessa lingua. Il verbo dimenticare è di uso comunissimo e di significato largamente condiviso. Se tu continui ad usarlo con il "tuo" personale significato che è solo nella tua testa ovviamente non ha molto senso continuare a discutere sull'argomento. Ho anche qualche dubbio sul tuo utilizzo della parola "dolo", ma lasciamo perdere. Il processo alle intenzioni dequalifica chi lo fa, non chi lo subisce. A proposito di uso improprio della lingua: nel libro non è analizzato nessun brano né di Terzi nè di nessun altro. L'analisi per un musicista professionista è un'altra cosa.
  6. Caro sempre anonimo gg ( ex Lp), Io non ho bisogno di giustificarmi, visto che non sono l'autore del libro. E neanche mi preme giustificare il lavoro di Gianni Nuti. Osservo piuttosto. Roberto Fabbri parla di "dimenticanza" e la dimenticanza in questione in questo manuale non c'è. Lei scrive che bisognerebbe piuttosto domandarsi il "perchè" di certe scelte (quali? "dimenticarsi" di Gangi e Carfagna per caso?): il perchè delle scelte è ampiamente riportato nel Prologo che apre il libro. Si può non condividere le scelte di Nuti o condividerle solo in parte, ma il criterio non è né occultato né difficile da comprendere. Se poi Lei si riferisce al fatto che nel libro di Nuti si trova traccia del suo percorso formativo, del suo bagaglio culturale, delle suoi gusti, delle sue passioni e delle sue scelte artistiche, le pongo questa semplice domanda: potrebbe essere diversamente?
  7. Cari amici, All’inizio di novembre 2009 ho dato la mia approvazione definitiva alla nuova edizione delle Douze Études di HVL. Il numero di catalogo previsto è DF 15722. Contrariamente a quanto avvenuto per la Suite Populaire Brésilenne e per i Cinq Préludes – che sono edizioni pratiche - si tratta qui di una vera e propria edizione critica basata su sette fonti . Il volume sarà introdotto da una ampia prefazione ( in tre lingue : francese, inglese e italiano) che ricostruisce minuziosamente la genesi delle Études e la vicissitudini che portano ad avere oggi a disposizione differenti versioni degli stessi brani. Il testo musicale sarà seguito da una quarantina di pagine di apparato critico con numerosi esempi musicali. Gli studi presentati saranno 13 in quanto l’ Étude n.10 viene proposta in due stesure : quella del 1928 e quella del 1953. L’intero testo musicale è diteggiato secondo le precise indicazioni dello stesso Villa-Lobos e io mio sono limitato a completare queste indicazioni laddove vi erano passaggi lacunosi.
  8. Il fatto è che il Manuale prende in esame la letteratura chitarristica del Novecento, non le "scuole chitarristiche". Dove sarebbe la "dimenticanza"? Caro Frederic la "dimenticanza" l'ho ampliamente spiegata prima. Qui ho fatto riferimento alla "scuola di Santa Cecilia" unicamente in funzione di "sinonimo" dei compositori "dimenticati" che sono appunto i referenti di quella scuola: Mario Gangi e Carlo Carfagna. Quindi la dimenticanza non è da riferirsi alla scuola ma ai sudetti compositori. Roberto Fabbri Per i lettori che non avessero letto il libro di Gianni Nuti , ecco le voci “Gangi” e “Carfagna “ complete GANGI Mario (1923) Chitarrista romano, didatta insigne e interprete distinto, si è manifestato anche in campo compositivo con una serie di pezzi per chitarra sola, per due e tre chitarre, e soprattutto con una significativa collezione di 22 studi che, raccolti nel terzo ed ultimo volume del suo Metodo per chitarra, costituiscono uno degli apporti più importanti al repertorio didattico del novecento italiano. CARFAGNA Carlo (1940) Chitarrista allievo di Mario Gangi (e , insieme a lui, fondatore della scuola chitarristica di “Santa Cecilia” a Roma), è anche compositore di brani per chitarra sola nei quali la componente ludica, improntata al divertimento settecentesco, sembra far velo a una maggiore capacità di scavo e di riflessione musicale. Ha scritto anche musica di insieme con chitarra concertante. Mario Gangi è anche menzionato nella voce PORRINO : … Si interessò alla chitarra revisionando il Concerto op.30 di Mauro Giuliani per quelle che furono le prime registrazioni moderne dell’opera e , soprattutto, scrisse nel 1953 il Concerto dell’Argentarola per chitarra e orchestra ( eseguito sotto la sua direzione e con Mario Gangi quale solista), uno dei più bei concerti chitarristici del 900. Ripeto dunque la domanda: dov’è la dimenticanza? Oltre a contare quante battute sono state dedicate ai due maestri in questione, hai dato pure un’occhiata a quanto scritto su Mario Gangi? Oltre a non aver dimenticato né lui né la sua Scuola mi pare che la valutazione espressa da Nuti sia più che positiva. E per quanto riguarda il M° Carfagna la valutazione espressa da Nuti può anche non essere condivisa ma non si può certo accusarlo di averlo “dimenticato”. Per essere dimenticato doveva proprio non essere menzionato nel Manuale.
  9. Il fatto è che il Manuale prende in esame la letteratura chitarristica del Novecento, non le "scuole chitarristiche". Dove sarebbe la "dimenticanza"?
  10. Siamo messi molto peggio! La notizia circola con tutti i dettagli da più di un mese e ovviamente nessuno degli interessati ha ritenuto di dover intervenire per dare una spiegazione. Ma occorre davvero una spiegazione? Tutto gratis cosa può significare? che nessuno può trovarvi il suo privatissimo interesse....
  11. In effetti a volte una stroncatura è l'origine di molti successi.
  12. Il suo nome lo conoscono tutti meno io, evidentemente. E continuo ad ignorarlo malgrado la mia osservazione: spero non me ne vorrà se non l'ho riconosciuta dalle iniziali. Non ho scritto che il Suo orientamento debba essere a tutti gli effetti favorevole all'autore. E anche qualora fosse favorevolissimo varrebbe la stessa mia osservazione. Dal momento che Lei ha già espresso pubblicamente il suo orientamento sul libro, affidarLe questo incarico significa da parte della rivista dichiare apertamente che la direzione vuole pubblicare una recensione che abbia un certo orientamento (favorevole o sfavorevole che sia.) Affidare poi l'ìncarico attraverso in messagio su un News Group significa dire chiaramente ai lettori: su questa rivista verrà pubblicata una recensione non favorevole. Al posto Suo, io non acceterei preso dal forte dubbio che l'incarico mi derivi, più che dalla mia autorevolezza in materia e come recensore, dalla mia posizione già pubblicamente espressa, diventando così strumento di una battaglia di parte. Può darsi che Lei non colga questo aspetto oppure che lo viva come un onore.
  13. Mi permetto di suggerirLe di ripensarci. Non depone a favore della Sua serietà (professionale? ) il fatto che Lei accetti l'incarico sapendo che viene scelto perchè ha già espresso, in totale anonimato per quanto ne sò, un orientamento non favorevole sul libro su un news group. E ancora meno depone a favore della serietà della direzione della rivista che eventualmente vorrà pubblicare la Sua recensione. Quanto alla Bibliografia, se leggesse un pò più attentamente il libro, magari incluse le note a pié di pagina, capirebbe perchè nessuno Le ha risposto.
  14. Mi permetto di dubitare che Miguel Abloniz nel 1951 (Suite in la - Berben), Mario Gangi nel 1960 (Balletto- Berben), Abel Fleury nel 1954 (Suite in la- Ricordi americana) Josè de Azpiazu nel 1958 (Suite in la - Ricordi) e Rafael Andia nel 1982 (Ouverture et Ballet - Transatlantiques) non fossero al corrente del fatto che certamente i brani non erano di Silvius Leopold Weiss e probabilmente erano di Manuel Ponce. Andrés Segovia si era lasciato sfuggire più di un accenno sull'argomento ai suoi corsi a Siena e le voci giravano...Ma continuare ad attribuire questi brani a Weiss consentiva di pubblicarli liberamente mentre attribuirli a Ponce significava dover riconoscere agli eredi di Ponce i diritti d'autore.
  15. http://www.pietroichino.it/?p=5967 Sul sito di Pietro Ichino si troverà anche la risposta della Segretaria dell UNAMS, Dora Liguori. Da questo articolo prende spunto anche un gruppo su facebook: http://www.facebook.com/group.php?gid=176297163983&ref=mf
  16. Nel programma ministeriale c'è solo scritto che il candidato deve aver curato la trascrizione dall'intavolatura. Da nessuna parte è specificato che l'intavolatura in questione non possa essere già stata trascritta e pubblicata da qualcun altro. E neanche che un facsimile dell'intavolatuta debba essere consegnato alla commissione. La prova in effetti è mal formulata e nulla può garantire che l'eventuale manoscritto in notazione moderna presentato dal candidato non sia in realtà copiato da una trascrizione disponibile in commercio o su internet. In questo sito si possono acquistare riproduzioni in facsimile di parte importante della letteratura liutistica e chitarristica in intavolatura. Le riproduzioni sono per libri interi e non per singoli brani. Consiglio di munirsi sempre dell'intero libro poichè la maggior parte dei libri contiene le istruzioni ( d'epoca) per interpretare correttamente i segni dell'intavolatura, istruzioni senza le quali si possono prendono granchi imbarazzanti. www.minkoff-editions.com
  17. Masaru Kohno (e non Khono) non ha mai messo in commercio modelli "scadenti" e neanche versioni "da studio". I vari numeri 20 (concert) - 30 (Professional con fasce di palissandro indiano) - 30j (Professional con fasce di palissandro Rio) - 50 (Special) e 80 (Maestro) sono semplicemente nomi e numeri che indicano progetti differenti. Fior di chitarristi come Betho Davezac e Vladimir Mikulka hanno inciso disco e fatto concerti con il modello 20.
  18. E' il terzo movimento del "Triptico" riunito da Lauro nel 1978. Il Triptico era stato richiesto da Andrés Segovia che ne è il dedicatario. Edizioni Universal nella serie diretta da John W.Duarte.
  19. Sottoscrivo il parere di Dralig e aggiungo: dopo averti avuto come autore "pagante" per quale motivo l'editore in questione dovrebbe pagarti per le eventuali prossime pubblicazioni? A che pro dunque? La storia è piena di editori poco propensi al rischio imprenditoriale pagato poi a caro prezzo: Ricordi non ritenne di accogliere il Concierto de Aranjuez di Rodrigo nel 1940...
  20. Dai per scontato che quello che Julian Bream ha inciso su disco sia quello che lui ha effetivamente suonato, la qual cosa non è affatto vera. Bream ha suonato in pubblico molto repertorio che non ha mai inciso. In un intervista fatta in occasione dell'uscita del disco con la Sonata di MCT, Bream raccontò pure come in gioventù avesse suonato diverse volte la Sonata di MCT per poi abbandonarla perchè gli sembrava troppo romantica (cito a memoria). Bream ha suonato anche Ponce per esempio (Sonata classica, Sonatina Meridionale) o Ginastera, ma non li ha mai incisi. Lo stesso discorso vale per Segovia: suonò tanto la Suite op.133 di MCT anche se non ne curò la revisione e non la incise: si trova nei suoi programmi dalla fine degli anni '50 al 1972. Quanto ai duetti: la musica di MCT, malgrado la scrittura neoclassica e la sua felice comunicativa, non è affatto facile da suonare in termini interpretativi. Per fare musica "difficile" in due bisogna avere voglia di impegnarsi in due.... quindi non mi stupisce che il duo formato da Bream e Williams lo abbia ignorato visto che si dedicavano quasi esclusivamente a trascrizioni di facile presa sul pubblico.
  21. Sarebbe anche ora che i chitarristi smettesero di qualificare il loro repertorio del '900 in base al dedicatario.... Io non ho mai sentito parlare di repertorio rubinsteniano, E' come se l'estetica dell'interprete destinatario fosse più importante dell'estetica dell'autore dell'opera. Forse sarebbe ora di ricollocare gli interpreti al loro posto: ciòè non al posto dell'opera o dell'autore. Sono d'accordo con te, Frédéric, ma è innegabile l'impronta della personalità artistica (e non solo!) di Segovia nel repertorio che lui stesso ha preferito ed interpretato. Ma veramente Segovia sceglieva di suonare solo ciò che serviva ai suoi fini e uniformava tutto con una specie di "verniciatura" (magnifico suono, colori, fraseggio nobile ed enfatico) che alla fine fa sembrare tutto appartenente alla stessa estetica. Ed è così. Ma quella è l'estetica di Segovia, non quella degli autori. Segovia non era minimamente interessato, nelle sue interpretazioni, a mettere in rilievo le peculiarità stilistiche dei vari Turina, Tansman o Castelnuovo-Tedesco come , d'altra parte, non era minimamente interessato alle distinzioni stilistiche che potevano esserci tra De Visée , Roncalli Bach o Sor. Tuttavia, spartito alla mano, mi riesce molto difficile trovare un tratto stilistico comune tra Tansman, Moreno -Torroba e Castelnuovo-Tedesco: lo trovo se penso ai dischi di Segovia. Oltrettutto alcuni autori che si definiscono comunemente "segoviani" hanno scritto musiche che Segovia non avrebbe mai suonato. Non me lo vedo Segovia alle prese con il Choro n.8 di Villa-Lobos o Stele di Tansman. Un discorso a parte può essere fatto solo per Manuel Ponce per il quale la partecipazione di Segovia alla creazione della musica aveva quasi i connotati di realizzazione a quattro mani. Ma per tutti gli altri autori io questa sovraposizione di estetiche non riesco a vederla. Ciò che resisteva alla "vernicatura" di Segovia veniva accantonato e lo troviamo in gran parte oggi nella collana Berben Segovia Archives.
  22. Sarebbe anche ora che i chitarristi smettesero di qualificare il loro repertorio del '900 in base al dedicatario.... Io non ho mai sentito parlare di repertorio rubinsteniano, E' come se l'estetica dell'interprete destinatario fosse più importante dell'estetica dell'autore dell'opera. Forse sarebbe ora di ricollocare gli interpreti al loro posto: ciòè non al posto dell'opera o dell'autore.
  23. Veramente non è così. Williams ha inciso due volte il Concerto op.99 di MCT, Le variazioni e fuga sulla Folia, la Sonatina meridional, Thème varié et Finale, 12 Préludes , Concerto, Canzoni messicane ed altre opere minori di Ponce, Sonatina , Suite Castellana ed altri pezzi di Moreno-Torroba, brani di Turina, Tansman, i Preludi, alcuni studi e il Concerto di Villa-Lobos.
  24. Ah sì? Un genio dovrebbe essere capace di riconoscere il talento altrui, senza sentire il bisogno di sovrapporvi il suo... Tu te la compreresti la Gioconda di Leonardo con i baffi aggiunti da Dalì? O preferiresti averla senza i baffi? Eppure Dalì è un genio....
  25. Esistono tre edizioni di Invocacion y danza, in ordine revisionate da Renata Tarrago, Alirio Diaz, Pepe Romero (quest'ultima più volte ristampata con significative modifiche). Quella di Alirio Diaz è indubbiamente più scorrevole delle altre ma a mio avviso contiene semplicazioni non necessarie ed in alcuni casi inaccettabili se si conosce il testo originale. Avevo recensito sul Fronimo nel 1993 quella di Pepe Romero facendo un dettagliato resoconto delle differenze con l'edizione (allora suonata da tutti) di Alirio Diaz. Purtroppo Diaz introduce alcune modifiche, per esempio l'accentuazione nel Polo, che non hanno alcuna ragione di essere. Victoria Rodrigo, nel suo libro sul marito Joaquin, narra che quando l'autore venne invitato a partecipare al Concorso di Radio France da Robert Vidal (che ne era il produtore), ritirò fuori un vecchio pezzo scritto per Regino Sainz de la Maza anni prima e mai eseguito. Infatti, secondo me, si sente che è un pezzo che non può risalire agli anni '60 quando Rodrigo aveva da un pezzo esaurito ogni ispirazione e si limitava fare l'imitazione di se stesso. Nota a margine: Ah! come erano seri i concorsi di una volta....
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