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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Pagare per pubblicare?


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Bene, allora qualcuno che ne ha un pò di voglia mi può spiegare cosa è il new-age musicale?

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Bene, allora qualcuno che ne ha un pò di voglia mi può spiegare cosa è il new-age musicale?

 

http://www.internetbookshop.it/reparto/mnew/new-age-contemporanea.html

 

Adesso capisco cosa intendeva Umberto Eco. Sono pienamente d'accordo.

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  • 1 mese dopo...

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Ad un compositore che vuole farsi conoscere conviene o no pagare (perchè ho visto che è praticamente così che si fa) per farsi pubblicare? Dico, pagare nel senso di "contributo" per la stampa :D ...che ne dite? pur credendo nei miei lavori sono un pò timoroso, per parlar bene, della cosa, anche se mi rendo conto che, in fondo, si parla pur sempre di commercio. Resto in attesa :idea:

 

L'argomento sembra in effetti molto interessante.

Personalmente credo che il rapporto tra un editore ed un suo autore sia principalmente e soprattutto un rapporto di stima reciproca.

Quando un autore affida una sua composizione ad un editore spera di trovare in lui qualcuno che promuova la sua opera e non una semplice tipografia disposta a fronte di un pagamento a stampare qualsiasi prodotto. Ciò che dovrebbe distinguere una casa editrice è prima di tutto la serietà e la qualità proponendo al pubblico opere che siano il frutto di una scelta musicale e non di un semplice accordo finanziario.

Per questo non riesco ad accettare come ovvia una possibile differenza tra una grande ed affermata Casa Editrice ed una piccola o media.

Quando una composizione viene pubblicata dovrebbe trasformarsi in un progetto comune tra editore ed autore dove entrambi, artefici del destino dell'opera, si trovino a lavorare insieme con ogni mezzo per il suo successo.

Quando questo non avviene si scopre di aver dato vita ad un semplice numero di catalogo, nascosto in un archivio lontano utile solo per un eventuale punteggio artistico.

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Caro Giorgio,

ti posso dire della mia esperienza personale in altro campo, altrettanto non popolare della musica, ossia la riflessione sul linguaggio. Ho pubblicato - senza mai pagare - con editori piccoli, medi e grandi (nell'ordine di citazione). Spesso, soprattutto con gli editori storici, è necessario ben presentare il vantaggio della pubblicazione. Anche gli editori hanno le loro motivazioni, che non sono obbligatoriamente solo di natura economica, ma anche di prestigio, di copertura di carenze del panorama editoriale, di appeal accademico o scolastico.

Trovo che pagare sia come non pubblicare per davvero. La pubblicazione è già un dialogo (fondato su qualche forma di persuasione artistica o scientifica), soprattutto se non venisse garantita una adeguata distribuzione, che è l'elemento che fa davvero la differenza. Gli editori sono tanti, in Italia, nel Mondo. In genere, se ci si impegna a sufficienza e il proprio lavoro è interessante, si trova chi si prende il rischio (oggi con la tecnologia digitale per molti piccoli editori questo rischio è davvero minimo). Tra l'altro nella valutazione e scelta dell'editore è anche necessario preoccuparsi di come e quanto si impegna a promuovere la pubblicazione e farla arrivare nei luoghi più appropriati (recensioni, fiere, librerie...in modo capillare, internet...). Non conviene proprio pubblicare con un editore che non si carichi di questo tipo di lavoro perché, come è capitato a molti miei colleghi, l'opera poi finisce muta in un magazzino e nessuno oltre l'autore è a conoscenza della sua esistenza.

Il mio ultimo editore (Laterza), di cui sono per ovvie ragioni molto soddisfatta, non solamente non ha chiesto una lira (un euro), ma mi ha fornito un cospicuo numero di copie che ha provveduto anche a spedire in tutto il mondo per me. Continua a fornirmele, non solo con lo sconto autore, ma scalandole dai diritti :D .

Ci sono alcune rarissime eccezioni a questo panorama...ma io non mi prenderei il rischio di essere una di queste...

Ciao,

Isabella

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a mio modesto avviso,se il prodotto (di qualsiasi natura) è valido,il mercato lo "accetta"

vale in quasi tutti i campi,

la qualità viene sempre fuori e l'editore,nonostante la crisi, non esita un minuto...

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a mio modesto avviso,se il prodotto (di qualsiasi natura) è valido,il mercato lo "accetta"

vale in quasi tutti i campi,

la qualità viene sempre fuori e l'editore,nonostante la crisi, non esita un minuto...

 

Amiamo pensare che sia così, e io lo credo, ma so che, per farsi conoscere e apprezzare nella giusta misura, l'arte prende molto tempo. Se si tratta di composizioni, il loro autore non deve avere fretta e farà bene a preventivare di assistere al riconoscimento della sua opera dall'alto dei cieli (se li raggiungerà). Per quanto riguarda invece gli interpreti, che la musica se la portano addosso, intus et in cute, i tempi sono più stretti, bisogna essere riconosciuti in vita, nonostante il fatto che le registrazioni garantiscano ormai una forma di sopravvivenza anche dell'arte di chi suona.

 

Gli editori oggi sono piuttosto disorientati. Tendono a rinchiudersi nei loto gusci, dove sopravvivono senza troppe illusioni e, soprattutto, con scarsissime prospettive per il futuro. I continui passaggi di proprietà di alcune grandi case editrici, verificatisi in tempi recenti, testimoniano chiaramente la tendenza, da parte dei proprietari, a convertire i pacchetti azionari di maggioranza in capitali da investire altrove...

 

dralig

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Certo che parlare di arte in termini di prodotto...brrrrrr...

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Nel frattempo il mio ehm prodotto è stato "comprato" da una casa editrice, contratto firmato ecc ecc . Si tratta della Ut Orpheus, persone degne e non ci sono stati discorsi di soldi e scambi vari. Sto ammattendo un pò nel ritrascrivere i pezzi con finale, come avrete capito da altri post, ma il gioco vale e bisogna giocare no? Un saluto

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Grazie Fabio. Si, è una casa molto seria, mi ha impressionato la quantità e la qualità dei lavori che producono. Forse è vero che alla fine la qualità paga... :D

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A me sembra però che tu Roberto voglia sempre metterla sul commercio. Io scrivo per diletto, vivrei anche senza, almeno economicamente, e desidero pubblicare per mettere dei punti fermi nel mio lavoro, una specie di paletto che mi dice "sono arrivato qui" e da lì ripartire. Vendere più o meno non mi interessa neanche tanto, infatti non ho accettato certi compromessi con importanti case che però chiedevano, forse giustamente, un ehm contributo. Quando si scrive non bisogna davvero pensare al momento della vendita sennò è finito tutto! Lascio questo pensiero ai canzonettari, a me non interessa, e non solo a me vedo...

Ed è per questo motivo che non comprendo la frase "fine a se stessa": una composizione non può per natura essere fine a se stessa: ci rappresenta, è parte di noi, del nostro mondo. La preoccupazione mia era legata al voler pubblicare i miei lavori ma rispettando un senso di etica che deve sottintendere a tutto e quindi non "svendendomi" solo per denaro (frase da cantautore neh). Altrimenti non farei questo lavoro.

Ciao

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