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Si perchè una casa editrice è un ente commerciale!

 

Roberto Fabbri

 

E' strano che corra la necessità di precisarlo. E' evidente!

Gli editori svolgono un ruolo sociale importante, ma... caspita, con le vendite mandano avanti la baracca, quindi è giusto (e doveroso) essere sensibili anche a questa esigenza.

Certo, apprezzo di piu' gli editori che credono nei "giovani", che investono non solo nel prodotto facile, che fanno anche cultura; ma non biasimo gli altri.

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In realtà spero proprio che il direttore editoriale legga. Perchè certamente il discorso economico lo sottintendo e mi auguro che continui ad essere un sottinteso, o almeno un secondo discorso rispetto al resto. Non tutte le case editrici credo pensino di vendere 20.000 copie di un libro di chitarra, a quanto ne so qualche centinaio è sufficiente a coprire le spese,il resto, almeno per qualche casa, è soddisfazione nel proporre cose nuove, scommessa sull'intelligenza propria e dei "clienti"...insomma mestiere vecchio tipo. Lo so, non è commerciale questo ragionamento, ma ho capito che non lo faccio solo io. Altrimenti certe musiche proprio non si troverebbero e uscirebbero solo metodi con cd allegati: non credo che certi autori pur conosciuti e amati vendano decine di migliaia di copie delle loro pubblicazioni (a proposito, una curiosità per Gilardino: lei ha idea di quanto vende? le interessa?) Saluti


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i (a proposito, una curiosità per Gilardino: lei ha idea di quanto vende? le interessa?) Saluti

 

Questo tipo di calcolo - indipendentemente dall'attenzione che io posso prestargli - è, oggi, del tutto superato per quanto riguarda la musica destinata alla pubblica esecuzione in concerto, e rimane valido solamente per le pubblicazioni a carattere didattico.

 

Mi spiego. Con l'avvento delle fotocopiatrici, si è verificato un calo drastico nella vendita della musica stampata. E' un fatto che solo uno studio interdisciplinare potrebbe spiegare, ma è innegabile che non soltanto mariuoli e profittatori fotocopiano invece di comperare: lo fanno anche persone per ogni altro verso correttissime, e lo fanno senza addurre spiegazioni, né agli altri né a se stessi. Se a ciò si aggiungono altri fattori, quali l'endemica incapacità di orientamento dei chitarristi (che non sanno valutare la qualità di un brano e quindi non sono in grado di operare delle scelte), la sovraproduzione di musica offerta dagli editori (incrementata grazie anche alle pubblicazioni autofinanziate), la non sempre agevole reperibilità, etc., si fa presto a concludere che, oggi, e ancor più in futuro, i compositori e i loro editori sanno di non poter fare affidamento sugli introiti della vendita di copie stampate. E' ovvio che se ne vendano tuttora, ma non in misura paragonabile a quella dell'epoca pre-fotocopie.

 

E allora, perché stampare e pubblicare? Perché, se pur fotocopiata e piratata su Internet, la musica seguita a produrre introiti - a volte anche ragguardevoli - provenienti dalle esecuzioni pubbliche e dalla registrazioni: introiti rispetto ai quali quelli della carta stampata sono relativamente poca cosa. Gli autori che sanno di poter puntare sulla qualità della loro musica, ormai sono disposti a rinunciare ai diritti cartacei pur di avere la certezza che le loro opere stampate giungono nelle mani degli esecutori potenzialmente in grado di interpretarle. E, in questo senso, il lavoro svolto da un editore che abbia un indirizzario clienti ricco e aggiornato e un servizio di spedizioni efficiente, cioè ramificato in tutto il mondo, è fondamentale.

 

Personalmente, alimento una partita di giro: tutto quello che incasso in diritti cartacei, lo spendo per mandare la musica a quei chitarristi che stimo e che so capaci di comprendere e di far comprendere ai loro allievi quello che scrivo. Non potrei mai fare una cosa del genere da solo: non ne ho la capacità, l'attrezzatura, la voglia e il tempo. Credo che molti altri autori facciano suppergiù la stessa cosa. Naturalmente, tutto ciò è basato su un rapporto fiduciario con l'editore, e sulla certezza che, nello stesso modo in cui io mi scanno per dare il meglio di me nelle mie composizioni, lo stesso fa l'editore per la parte che lo riguarda. E' il caso di precisare che le vendite cartacee degli "Studi di virtuosità e di trascendenza" superano di 20 volte quelle delle partiture dei miei Concerti per chitarra e orchestra? Mi pare ovvio. Il fatto è che io non ho scritto i Concerti per guadagnare, ma perché avvertivo l'imperativa esigenza di scriverli, e perché ritenevo di poter fare qualcosa di diverso da "Aranjuez" e dai concerti di repertorio.

 

Altro è il discorso riguardante le edizioni di metodi, esercizi e studi, i cui contenuti non sono destinati alle esecuzioni pubbliche e alle registrazioni, e che quindi non producono royalties, ma solo diritti provenienti dalla vendita delle copie stampate. Lì, tocca agli editori darsi d'attorno con la distribuzione e con la pubblicità, altrimenti è partita persa in partenza, e senza appello.

 

dralig


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Ecco Angelo è esattamente ciò che speravo di sentire. C'è, ci deve essere in chi scrive un' " imperativa esigenza di scrivere" al di là di ogni altra cosa. Concordo che una cosa è scrivere il metodo con canzoni e cd-senza assolutamente svilire la cosa- un'altro è una composizione dedicata al concertista, almeno per ciò che concerne il possibile guadagno offerto dalla vendita cartacea. Ma i "metodi" si vendono ancora? a me sembra strano, almeno per quelli nuovi, capisco comprare la storia della chitarra cioè il Carulli, ma altre cose...alla fine non c'è mica niente di nuovo. Ma questa è un'altra cosa, saluti


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Ecco Angelo è esattamente ciò che speravo di sentire. C'è, ci deve essere in chi scrive un' " imperativa esigenza di scrivere" al di là di ogni altra cosa. Concordo che una cosa è scrivere il metodo con canzoni e cd-senza assolutamente svilire la cosa- un'altro è una composizione dedicata al concertista, almeno per ciò che concerne il possibile guadagno offerto dalla vendita cartacea. Ma i "metodi" si vendono ancora? a me sembra strano, almeno per quelli nuovi, capisco comprare la storia della chitarra cioè il Carulli, ma altre cose...alla fine non c'è mica niente di nuovo. Ma questa è un'altra cosa, saluti

 

Si, i metodi si vendono ancora. E in misura abbastanza indipendente dalla loro qualità, sia musicale che didattica. Le "prime lezioni" del Sagreras hanno fruttato, agli eredi del compositore, una fortuna, e non v'è chi, conoscendo l'armonia e le problematiche relative alla formazione del gusto musicale dei principianti, non veda le pecche del lavoro, davvero modesto e, per certi versi, diseducativo.

 

dralig


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Sì, ho scritto una robina sull'ultimo Guitart dove ho parlato, anche se non in modo approfondito, delle pecche tecniche e didattiche proprio di quel metodo...


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Il fatto è che io non ho scritto i Concerti per guadagnare, ma perché avvertivo l'imperativa esigenza di scriverli, e perché ritenevo di poter fare qualcosa di diverso da "Aranjuez" e dai concerti di repertorio.

 

dralig


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Che bello il Sagreras,il mio primo libro!molto utile!


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Cos'hai trovato di particolarmente utile? Credi che sia meglio impostare la mano sinistra come propone, in modo fisso, accordale, già alle prime lezioni, e pensi che le soluzioni armoniche proposte siano utili o forse fuorvianti....o pensi che invece....parliamone, non limitiamoci a fare dichiarazioni d'affetto, quelle riserviamole ai professori o a Cameron Diaz...


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tutto il repertorio chitarristico è impostato in questa maniera...(a già vero,tranne la musica contemporanea)

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