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Come eseguire lo "staccato"?


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passano anche a suonare facendo sovrapporre molti suoni per via delle posizioni della sinistra, questo purtroppo succede per via della notazione chitarristica che a differenza di quella pianistica, ad esempio in un arpeggio con basso albertino il pianista articola sollevando le dita (salvo l'inserimento del pedale di risonanza) mentre un chitarrista mantiene la posizione anche se, può operare con la chiarezza del tocco, la nitidezza dell'attacco.

 

Prendo alla lettera il problema descritto.

Si tratta di un problema da affrontare da due principali angolazioni.

La prima è quella primaria della conoscenza dello strumento. Al di là della sua idiomaticità è opportuno prendere atto, al momento della scrittura, della sua grammatica espressiva. Evitare ostinati sul FA, I tasto 6a corda con melodie in 12a posizione, per fare un esempio estremo. Il lavoro del compositore per chitarra, insomma.

 

La seconda è quella di un approccio musicale che si solleva dallo strumento; conoscete meglio di me i vantaggi tratti da una lettura musicale in senso lato e non chitarristica. Mi ritrovo spesso a suggerire una lettura della musica scritta osservando il segno, senza trasformarlo in suono. E' da questo approccio che moltissime idee interpretative nascono letteralmente dal nulla e durate, sovrapposizioni e in genere tutte le problematiche legate alla tenuta del suono sono risolte dalla mente che chiede un risultato.

 

 

Infatti Cristiano è proprio il "gesto" che descrivi che per assurdo il chitarrista deve sviluppare da subito mentre il pianista spesso se lo pone per strada. Infatti io ho la tendenza a vedere la musica prima di prendere lo strumento, mi trovi perfettamente d'accordo, poi la sfida è di tramutare in gesti sonori ciò che spesso la notazione nasconde non potendo evidenziare totalmente il contenuto.

 

m

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Inviato

 

ah ok...però, quello che evidenziavo, è la verità del contrario...cioè che spesso è il chitarrista a non rispettare la vera durata di ciò che è scritto. E questo per me è un problema di tecnica e di aderenza al testo musicale.

 

Dobbiamo chiarire. C'è una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di tipo deficitario, e una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di esuberanza idiomatica. Nel primo caso - ed è tipico in molti chitarristi dalla cultura polifonica limitata - note che dovrebbero essere tenute dalla mano sinistra per tutto il loro valore scritto, vengono abbandonate in anticipo per disattenzione, sciatteria mentale, insufficiente capacità della mano sinistra, etc. Nel secondo caso, tipico degli arpeggi su accordi da prendere con una "posizione" delle dita della mano sinistra, le note vengono tenute oltre il loro valore scritto, fino a che non è necessario abbandonare la posizione. Mentre nel primo caso l'esecutore è da deplorare, nel secondo caso fa benissimo a tenere i suoni di tutta la posizione e a lasciarli mescolare, perché questa è una delle ricchezze specifiche del lessico sonoro dello strumento, e sarebbe stolto sopprimerlo, e improbo chiedere al compositore di annotare le durate reali dei suoni lasciati vibrare: ne risulterebbe una scrittura illeggibile.

 

Non ha senso il paragone con il pianista che, eseguendo lo stesso arpeggio, non lascia vibrare le singole note oltre la durata scritta. La tecnica e l'idioma sonoro dei due strumenti sono totalmente diversi, e ciò che risulta naturale per un pianista può risultare assai difficoltoso per un chitarrista(e viceversa). L'aderenza al testo musicale implica comportamenti diversi da parte di diversi strumentisti, non conduce invariabilmente agli stessi esiti sonori.

 

Il caso di arpeggi con le note in successione sostitutiva è, nel lessico della chitarra, possibile (si veda ad esempio lo Studio n. 2 di HVL), ma minoritario rispetto a quello dell'arpeggio ad accumulo di suoni.

 

dralig

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