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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

La "Rosa Bianca"...


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Nell' estate del 1942 e nel Febbraio 1943 alcuni studenti della facoltà di medicina di Monaco di Baviera distribuiscono volantini firmati "Rosa Bianca" che incitano alla resistenza contro Hitler e chiedono libertà per il popolo tedesco. Perchè rischiano la vita? Che cosa li unisce? Da dove nasce in loro il coraggio e il giudizio?...La "Rosa Bianca" non è innanzitutto un gruppo di resistenza, quanto un gruppo di persone unite da una profonda amicizia: Alexander Schmorell, Sophie Scholl, Hans Scholl, Willi Graf, Kurt Huber, Christoph Probst, Traute Lafrenz e altri.

 

Volevo portare all'attenzione questo pezzo di storia che purtroppo non è conosciuto nemmeno dai professori di Storia, ma soprattutto far notare l'umanità che muoveva queste persone, la grandezza umana che li faceva muovere ogni singolo passo...e vorrei riportare alcune frasi che spero ci facciano riflettere sul perchè fare musica, sul perchè ne vale la pena, sul perchè vale la pena studiare con fatica la musica.

 

Scrive Sophie Scholl ad una sua amica nel Gennaio del 1942:

 

"Parlando della fame dell'anima e del cibo che potrebbe saziare tale fame, arrivammo a parlare anche della musica; d'altra parte c'era una studentessa di musica fra noi! Può la musica placare la fame dell'anima? Può l'anima essere nutrita da qualcosa che nasce dall'anima stessa? Sarebbe come se un corpo si formasse a partire solo da se stesso. Una parola, di cui l'anima non fa esperienza, è una parola morta; e un sentimento che non è il grembo di un pensiero, è inutile. La musica però rende il cuore tenero: ne mette in ordine la confusione, ne scioglie l'irrigidimento e crea così un presupposto affinchè lo Spirito agisca nell'anima, dopo aver bussato invano alle sue porte ben serrate. Si, zitta zitta e senza violenza, la musica apre le porte dell'anima. Ora sono aperte! Ora ella è pronta ad accogliere. Questo è l'effetto ultimo che la musica ha su di me, che me la rende necessaria in questa vita."

 

Scrive ancora in una lettera alla sorella Inge:

 

"La percezione di una vocazione o di qualcosa di simile non ce l'ho. Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini. Passando attraverso ciò che è più profondo. Voglio provare a lavorare su di me. E' difficilissimo."

 

...per me, per meno di questo, non vale la pena perdere la propria vita per qualcosa, per la musica. Io non ci sto a fare musica per meno di questo che dice sopra Sophie. Spero che nei musicisti ci sia ancora la percezione di portare una cosa che apre l'uomo al divino, che spalanca l'anima a ciò che la sovrasta e che desidera.

 

Vi saluto, con affetto.

Francesco

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"La percezione di una vocazione o di qualcosa di simile non ce l'ho. Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini. Passando attraverso ciò che è più profondo. Voglio provare a lavorare su di me. E' difficilissimo."

 

...per me, per meno di questo, non vale la pena perdere la propria vita per qualcosa, per la musica. Io non ci sto a fare musica per meno di questo che dice sopra Sophie. Spero che nei musicisti ci sia ancora la percezione di portare una cosa che apre l'uomo al divino, che spalanca l'anima a ciò che la sovrasta e che desidera.

 

Vi saluto, con affetto.

Francesco

 

Propositi nobilissimi. Enunciarli a vent'anni è una cosa, realizzarli in seguito è tutt'altra cosa. Non è difficile sottoscrivere grandi progetti. La cosa davvero difficile è attuarli coerentemente ogni giorno, nella piccolezza (apparente) della quotidianità, dove ben poche persone, tra quante hanno giurato fede a un ideale, riescono a individuare i modi per mantenere le promesse fatte a se stessi e agli altri. A vent'anni, tutti novelli Arthur Rimbaud. A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita". E a quarant'anni, ecco, se si tolgono, dal numero dei partenti, gli imboscati che si trascinano penosamente in un impieguccio didattico, gli imprenditori di lezionifici, gli accasciati routiniers che, con quindici pezzi imparati in gioventù, mandano avanti una spettrale attività concertistica che trasmette, agli ascoltatori, il più agghiacciante nulla - tutti ex- Rimbaud che avevano giurato vent'anni prima di voler dare il loro sangue agli ideali più alti e ai progetti di vita più ricolmi di senso - quanti restano, capaci di rinnovarsi quotidianamente nel "cimento dell'armonia e dell'inventione"?

 

dralig

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A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita".

 

Devo essere in ritardo...

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A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita".

 

Devo essere in ritardo...

 

 

Vedi di rimanerci, in quel ritardo. Le eccezioni fanno bene a chi ha dovuto - come maestro di alcune centinaia di allievi - imparare la seguente regola: 1) quando un allievo a vent'anni annuncia qual è la cosa che non farà mai nella vita, quella è la cosa che farà per prima; 2) viceversa, quando un allievo giura su una cosa che farà per prima, quella è la cosa che non farà mai.

 

I signor "sarebbero stati se..." sono, tra gli studenti di discipline artistiche, la categoria più gagliardamente rappresentata. A 20 anni scrivono imitazioni di Rimbaud, e giurano fede all'arte. A 30 anni, contraggono i classici impegni e incominciano a "vedere le cose sotto un altro aspetto". A 40, spiegano ai loro pargoli che cosa "sarebbero stati se...". Eccezioni ce ne sono - ma cos' poche da non dover nemmeno invocare la regola. Ogni mille persone che passano per un conservatorio, due sono artisti. Se sbaglio, è per eccesso.

 

dralig

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Maestro Gilardino, io ho trovato un luogo in cui vengo continuamente richiamato al significato di quello che faccio, che si chiama Comunione e Liberazione, ma la cosa che più mi colpisce è che nemmeno Lei (e di questo me ne rammarico) è riuscito a cogliere le frasi più vere dei cosiddetti "propositi" che animano un'artista: "Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini." Questo è la questione! essere uomini! cioè essere della razza umana! non so se riesco a spiegarmi...essere sempre tesi a cercare il senso delle cose nella realtà, come lo faceva Leopardi o Boudelair. Stupirsi mentre si suona Chopin del dramma che lui aveva: scrive in una lettera "Cosa succede? Questa sera nemmeno la musica attutisce il dolore che mi tormenta, non riesco a comporre". Spero di essere stato chiaro, perchè non è semplice esprimere certe cose.

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Questa storia di Rimbaud andrebbe ridimensionata: a vent'anni aveva già smesso di scrivere poesie.

Stava in Africa, invece, a trafficare in armi e in chissà cos'altro ancora; forse ad annegare i deliri emozionali vissuti con Verlaine.

Farà comunque in tempo a rimpatrare a Marsiglia per morire di cancrena in un letto pulcioso.

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Questa storia di Rimbaud andrebbe ridimensionata: a vent'anni aveva già smesso di scrivere poesie.

Stava in Africa, invece, a trafficare in armi e in chissà cos'altro ancora; forse ad annegare i deliri emozionali vissuti con Verlaine.

Farà comunque in tempo a rimpatrare a Marsiglia per morire di cancrena in un letto pulcioso.

 

Aedo, ma vuoi dire che Rimbaud non è stato un grande poeta e che gli sta bene di essere schiattato in un letto pulcioso?

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Maestro Gilardino, io ho trovato un luogo in cui vengo continuamente richiamato al significato di quello che faccio, che si chiama Comunione e Liberazione, ma la cosa che più mi colpisce è che nemmeno Lei (e di questo me ne rammarico) è riuscito a cogliere le frasi più vere dei cosiddetti "propositi" che animano un'artista: "Ma se si vuole diventare artisti, bisogna prima di tutto diventare uomini." Questo è la questione! essere uomini! cioè essere della razza umana! non so se riesco a spiegarmi...essere sempre tesi a cercare il senso delle cose nella realtà, come lo faceva Leopardi o Boudelair. Stupirsi mentre si suona Chopin del dramma che lui aveva: scrive in una lettera "Cosa succede? Questa sera nemmeno la musica attutisce il dolore che mi tormenta, non riesco a comporre". Spero di essere stato chiaro, perchè non è semplice esprimere certe cose.

 

Caro Ciccio, io non ho alcun bisogno di leggere scritti altrui - pur essendo un lettore di testi letterari da 58 dei mei 64 anni - per sapere le cose che Lei adesso sta imparando dai libri: io non so quello che Lei dice, io lo sono. Io non amo la musica, perché io sono la musica. Io non ho fatto il musicista, io ho vissuto, e la musica è stata il mio modo di vivere.

Il dramma di Chopin io non l'ho scoperto leggendo le sue biografie, l'ho vissuto - sia pure in forma episodicamente diversa - sulla mia pelle, e se l'ho portata fin qui, sana e salva (tra chitarristi!), è perché avevo in me non solo i doni specifici del musicista, ma anche gli anticorpi per rendermi immune da ogni tentativo di omologarmi o di distruggermi. Inoltre, per salvarmi, io non sono mai entrato in sodalizi, club, confraternite, etc., e ho elaborato da solo, con il mio pensiero, le cognizioni che mi hanno permesso di sopravvivere e di diventare - come Lei dice - uomo. Non intendo esprimere giudizi sulle scelte di chi si versa in gruppi, però ci tengo a sottolineare il fatto che, essendo la creazione artistica scelta che dev'essere poi onorata dalla persona singola, con la sua individuale, personalissima opera, la stile di vita che ne discende ben difficilmente potrà identificarsi con quello adottato dai gruppi. Specialmente da quelli che si distinguono per il loro settarismo e per la loro intolleranza nei confronti di chi non fa parte dei loro organici.

 

Quindi, prima di dedurre, da letture molto superficiali di un mio messaggio, che io non ho capito quello che Lei intende, rifletta sul fatto che le scelte salvifiche non sono soltanto quelle proposte dal Suo gruppo.

Lei sta parlando con il compositore che ha scritto "Lecons de Ténèbres", un concerto per chitarra e orchestra ispirato alla Settimana Santa, e più precisamente all'Officio delle Tenebre. Sa che cos'è? Si informi, e poi riprendiamo il discorso, se è il caso.

 

dralig

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Questa storia di Rimbaud andrebbe ridimensionata: a vent'anni aveva già smesso di scrivere poesie.

Stava in Africa, invece, a trafficare in armi e in chissà cos'altro ancora; forse ad annegare i deliri emozionali vissuti con Verlaine.

Farà comunque in tempo a rimpatrare a Marsiglia per morire di cancrena in un letto pulcioso.

 

Si aggiorni, aedo. La storia di Rimbaud è già stata, come Lei dice, "ridimensionata", nel senso che è stata studiata alla luce dei fatti e raccontata con serenità ed equilibrio dai suoi biografi, che non sono né mitomani né pervertiti. Il fatto che abbia smesso di scrivere poesie giovanissimo - e del resto è morto a 37 anni - non toglie che quelle che ha scritto rimangano tra le cose più alte e più belle che, nel secolo XIX, una mente poetica abbia mai pensato. Che sia morto di cancro in un letto di Marsiglia - non pulcioso, era un letto di ospedale - è cosa tristissima, ma non triste quanto il fatto che qualcuno, oggi, glielo possa ascrivere a colpa, ingiuriosamente, stante il fatto che morire giovani di malattia dovrebbe suscitare nei nostri simili la pietas, non il livore, e stante il fatto che chiunque di noi si può ammalare di cancro, o d'altro, e morirne, nessuno escluso, senza per questo meritare l'astio dei posteri. Quanto ai suoi "deliri emozionali" con Verlaine, la lettura di una buona biografia La metterebbe in condizioni di evitare toni vagamente omofobi: Verlaine e Rimbaud vissero una storia d'amore difficile e tormentata, non diversa da quelle delle coppie normali che hanno forti contrasti: nulla di eccezionale, se non il fatto che quei due erano tra i massimi poeti del loro tempo. E che cosa cercasse Rimbaud, quando abbandonò il suo amico, è ben manifesto in una sua affermazione degna di lui: "Basta con le poesie! Bisogna essere la verità in un'anima e in un corpo". Pensi, aedo, se una simile massima venisse fatta propria da tutte le mezze tacche che ci opprimono con le loro musiche!

 

dralig

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