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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Manuale di Storia della Chitarra Vol.2 - Gianni Nuti


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No, purtroppo!

 

Ma ne parlò bene dicendo che la chitarra è un "clavecin expressif" e l'Homenaje che De Falla dedico al grande compositore francese ha segnato, di fatto, il Novecento chitarristico.

 

Approfitto per chiedere ad Angelo Gilardino se si è mai trovata traccia della trascrizione che Segovia suonò all'inizio della sua carriera di un Arabesque di Debussy. O esiste qualche altra trascrizione dell'epoca che presumibilmente Segovia adottò, almeno come punto di partenza, come fece con alcune trascrizioni di Tàrrega?

Ciao.

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No, purtroppo!

 

Ma ne parlò bene dicendo che la chitarra è un "clavecin expressif" e l'Homenaje che De Falla dedico al grande compositore francese ha segnato, di fatto, il Novecento chitarristico.

 

Approfitto per chiedere ad Angelo Gilardino se si è mai trovata traccia della trascrizione che Segovia suonò all'inizio della sua carriera di un Arabesque di Debussy. O esiste qualche altra trascrizione dell'epoca che presumibilmente Segovia adottò, almeno come punto di partenza, come fece con alcune trascrizioni di Tàrrega?

Ciao.

 

Ciao Piero, metti il dito in una delle mie piaghe di ricercatore. La Deuxième Arabesque fu certamente trascritta da Segovia - e non si trattò di un adattamento di trascrizioni altrui, perché egli la eseguì per (ma sarebbe più proprio dire: contro) gli allievi di Tárrega nell'esibizione privata che diede per loro a Valencia, intorno al 1915: è da escludere che, a quell'epoca, qualche altro chitarrista avesse già trascritto il pezzo debussiano per chitarra. Il fatto è che, di quella trascrizione, non è rimasta la benché minima traccia. Che il giovane Segovia potesse essere entrato in possesso dell'edizione, è del tutto plausibile: Durand pubblicò il lavoro nel 1891, e negli anni madrileni precedenti la trasferta a Valencia e a Barcelona, Segovia sicuramente ebbe occasione di ascoltare pianisti (Alfred Cortot, per esempio) che suonavano Debussy. Resta il mistero della sparizione di quel lavoro dal suo repertorio. Forse, lo aveva legato alla brutta esperienza dell'incontro con i tarreghiani, e lo volle rimuovere dalla sua memoria. Era molto sensibile e suscettibile, e quelli dovevano essere proprio dei solenni imbecilli...

 

dralig

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Ciao. Ho ordinato il libro di Nuti e volevo fare una domanda. Ho letto che si parla di C. Debussy e siccome amo questo compositore chiedo ha scritto anche per chitarra??

 

No, purtroppo non lo ha fatto, ma con la sua estetica musicale ha creato le condizioni anche per la rinascita della chitarra. Il libro di Nuti spiega efficacemente l'importanza dell'influsso di Debussy nella musica per chitarra del Novecento.

 

dralig

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...l'incontro con i tarreghiani....

 

dralig

 

Rabbrividiamo.Brrrrrr.

Un episodio ante litteram di X files! :D

 

Non occorre scomodare la metapsichica. L'incontro con i cretini è del tutto normale e, purtroppo, quotidiano.

 

dralig

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Per concludere su questo aspetto e rispondere anche a Cristiano, forse lui non sa che io ho invitato il maestro Gilardino (che poi per motivi personali ha ritenuto di non poter accettare) a partecipare ad una edizione del mio festival di Fiuggi, così come ho fatto con Brouwer, Dyens, Domeniconi proprio perché sono per la pluralità dell’informazione, anche di ciò che non condivido o che non è in linea con il mio pensiero e sentire musicale.

In conclusione tutto mi si può dire ma non che non dia spazio a chi non la pensa come me.

 

Roberto, la mia precisazione era dovuta in risposta ad un mio ipotetico atteggiamento incoerente (rilevato maldestramente) e ciò che dici oltre a non sorprendermi e rendermi felice non fa che confermare ciò che ho detto.

 

Al di là di questo, voglio farti notare come non è affatto raro l'atteggiamento di chi sentendosi distante da un determinato orientamento musicale (ma direi anche culturale in senso lato), debba obbligatoriamente sentirsi attaccato sotto tutti i punti di vista, persino personali; come se, visti i nostri accesi dibattiti in passato, dovremmo per tutta la vita odiarci a morte o passare per incoerenti perché, in altri ambiti, ci si richiama con civiltà.

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La scelta di affidare la recensione a Luigi non è stata affatto dettata dal “confronto” scaturito su questo forum, ma semplicemente dal fatto che nutro nei suoi riguardi una profonda stima oltre che una lunga amicizia.

Amicizia nata ai tempi in cui lui frequentava il Conservatorio di Santa Cecilia, anche se non siamo stati in classe insieme perché, ahimè, sono molto più “vecchio” di lui.

 

Per quello che riguarda la recensione sono sicuro che Luigi saprà fare un ottimo lavoro. Non abbiamo comunque certo paura di querele per diffamazione, diritto di cronaca e diritto di critica sono entrambi emanazioni dell’articolo 21 della costituzione.

 

Conosco la costituzione a memoria da quando avevo otto anni, e non ho mai commesso in vita mia un singolo illecito. L'idea di una "querela preventiva" l'ha vaneggiata il Suo collaboratore, cercando - con tratto assai goffo - di attribuirmela, mentre chiunque abbia letto il mio messaggio - o abbia voglia di rileggerlo - può constatare che io mi riferivo in modo chiaro e inequivocabile alla recensione della compianta collaboratrice di "Chitarre", 20 anni fa: ogni riferimento al presente e al futuro è frutto della malizia capziosa del Suo collaboratore, e La prego di non associarsi a lui nell'attribuirmi intenzioni stupide.

 

 

 

 

Il diritto di critica, che è quello che si riferisce al nostro caso, non poggia fra l’altro assolutamente sull’obiettività.

Non è finalizzato ad informare, ma a stimolare un dibattito. Partendo non dalla realtà obiettiva ma da un punto di vista, si basa su valutazioni soggettive, fatte per essere accolte o contrastate, ma comunque dibattute.

Il diritto di critica è forse la più genuina e significativa delle libertà contenute nell’art. 21 Cost., poiché il diritto di cronaca non deriva solo da una libertà, ma anche dal dovere di informare la collettività su fatti di interesse pubblico, e da questo dovere si trova ad essere inevitabilmente limitato. Sarebbe invece controproducente se si vincolasse il diritto di critica alla “verità” o alla “continenza formale” che si esige nella cronaca, perché non stimolerebbe alcun dibattito.

Il diritto di critica non è informazione, ma eventualmente legittimo attacco.

 

 

Nulla da obiettare: la Sua conversione dalla strenua difesa della "maggior obiettività" del Suo trattato al diritto di critica soggettiva è repentina quanto esemplare. Il diritto di critica è vincolato alla verità nel senso che non può affermare il falso dimostrabile come tale - per esempio, nel mio diritto di critica io non posso accusarLa di aver scritto un libro di cui Lei non è l'autore, altrimenti Lei mi può chiamare in giudizio e io debbo risarcirLa - e alla "continenza formale" nel senso che io posso criticare la Sua arte di interprete, ma non posso ingiuriarLa sul piano personale, altrimenti Lei mi manda in galera (e, se ciò io avessi fatto, meriterei di andarci). La costituzione garantisce i diritti fondamentali della persona ma non concede a chiunque di fare qualunque cosa. La costituzione è un quadro all'interno del quale vigono i codici, quello penale e quello civile, e per incappare nei rigori dell'uno e dell'altro non occorre infrangere la carta costituzionale.

 

 

Luigi ha comunque un diploma di chitarra oltre ad una laurea in Storia della musica, quindi credo che, sotto questo punto di vista, abbia tutte le “carte” assolutamente in regola.

 

 

 

Io non ho minimamente questionato le Sue scelte di Tizio e di Caio quali autori delle recensioni delle quali Lei è responsabile: sono fatti Suoi, e non mi riguardano. Ho fatto osservare - ed è tutt'altra cosa: Lei forse non la comprende, ma molti lettori di questo forum si - il modo con il quale Lei conferisce tali incarichi, con decreto e investitura pubblici, con esibizione (sempre pubblica) del fatto che il recensore verrà retribuito e non senza l'omissione del fatto che, mentre consacra il recensore, si trova in aeroporto, pronto a intraprendere una tournée nelle impervie zone dell'Italia del Sud. Senza commenti. Non erano necessari.

 

 

 

 

Il maestro Gilardino per onestà deve ammettere che con la mia gestione, c’è sempre stata pluralità. Tant’è che nel quarto numero dell’allegato Chitarre Classica del dicembre 1997, di cui io ero direttore, al maestro dedicai un ampio articolo (cosa che non feci ad esempio con Carlo Carfagna perché quest’ultimo, curando una rubrica all’interno della rivista stessa, pensava che non fosse il caso che io gli dedicassi anche un articolo!). Al maestro Gilardino ho dedicato anche uno spazio (pag. 539) nel libro edito dalla “Editori Riuniti” dal titolo “Grande Enciclopedia della Chitarra e dei Chitarristi” di cui ho curato la storiografia classica e le biografie di tutti i chitarristi classici. Ultimamente su questo forum si è aperta anche una discussione sul fatto che io avessi pubblicato l’articolo di una recensione di un concerto con le sue musiche!

 

 

 

Non ho nulla de osservare, al riguardo. Come Lei, che è attivo nel mondo della musica in veste professionale, ben sa, un autore deve solo preoccuparsi di scrivere le Sue opere e, se può, di pubblicarle. Il resto, lo fanno gli altri: l'autore, dopo aver pubblicato le sue opere, e per il fatto stesso di averle pubblicate, deve accettare pacificamente anche il fatto che la sua opera debba e possa essere oggetto di attenzioni da parte di tutti: interpreti, ascoltatori, critici, operatori musicali, etc., e ciò indipendentemente dal fatto che tali attenzioni possano risultargli, sul piano personale, gradite o no. Personalmente, rispetto qualunque giudizio o opinione venga espresso sulla mia opera, positivo e negativo che sia: fa parte del gioco, e ci sono avvezzo da una vita. L'unica cosa che esigo - e sulla quale non transigo - è che non si dica, a mio riguardo, il falso oggettivo e che, nel criticare il mio lavoro, non si faccia mai ricorso all'ingiuria personale. Detto questo, sfido chiunque a citare un solo episodio nel quale io abbia reagito a una critica al mio lavoro. Se ho preso la penna in difesa di qualcuno o di qualcosa, ebbene il qualcuno non ero io e il qualcosa non era il mio lavoro. La discussione di questo thread non fa eccezione.

 

Per concludere, maestro Fabbri, aspetto sempre - e con me aspettano i lettori - che Lei porti fatti a sostegno della Sua affermazione, secondo la quale io"come al solito" uso "due pesi e due misure". Siccome non si tratta di un'affermazione lieve, l'ho invitata ad asseverarla con degli esempi probanti: li aspetto - a evitare che si delinei, in me e nei lettori, il pensiero che sparare accuse e poi sottrarsi alla richiesta di provarle sia un esempio del criterio con il quale Lei intende esercitare il diritto di critica tutelato dalla Costituzione.

 

AG

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La scelta di affidare la recensione a Luigi non è stata affatto dettata dal “confronto” scaturito su questo forum, ma semplicemente dal fatto che nutro nei suoi riguardi una profonda stima oltre che una lunga amicizia.

Amicizia nata ai tempi in cui lui frequentava il Conservatorio di Santa Cecilia, anche se non siamo stati in classe insieme perché, ahimè, sono molto più “vecchio” di lui.

 

Lei è libero di stimare chi vuole, figurarsi, ma qui si parla di recensire un manuale di storia della chitarra su una rivista specializzata quale la Sua si pone d'essere. Ora da ipotetico lettore della Sua rivista le faccio una domanda: secondo Lei l'aver studiato chitarra in un conservatorio statale, avere un diploma di strumento, è indice di una adeguata cultura musicale? Io vedo molti miei colleghi (non solo chitarristi) che non sanno concatenare senza fare errori due accordi, che non sanno chi sia Faurè (non dico Koechlin, Faurè!!). Ecco, io non so nella fattispecie le conoscenze tecniche musicali e storiche di gigi, ma se dovessi affidarmi come unico criterio a mia disposizione di giudizio delle sue conoscenze a quello che ho letto, ovvero che ha studiato chitarra nelle "stanze" (bello, suona poetico) del Conservatorio che ha visto uscire grandi artisti, ebbene Le dico che non darei un centesimo per un articolo del genere. Non ho altro da aggiungere.

 

Francesco

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La ringrazio del consiglio, ma converrà con me che nonostante abbia la colpa di essere ancora giovane, Lei non è autorizzato a chiamarmi "ragazzo". Se questo voleva essere un modo per riportarmi al mio "posto" (che più che altro è un modo comodo per Lei di attribuirsi una autorevolezza nei miei confronti), sappia che io al mio posto ci torno, semplicemente perchè ho detto tutto quello che dovevo dire, non una parola di meno. Ah, le chiedo un favore, mi tolga l'attenuante della giovane età.

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