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mi sembra più "uno, nessuno, centomila", invertendo il gioco delle parti però, dato che qui si sentono tutti profondi conoscitori della storia della musica, oltre che compositori...a volte indossano una maschera e a volte un'altra...siete in grado? Scrivetelo voi un manuale. Io studio, continuo a studiare chitarra come continuo a studiare composizione; qui mi sembra che tutti sappiano chi è Gervasio, quando in realtà nessuno ha mai letto un suo lavoro. Un paio di mesi fa si parlò dei suoi lavori per chitarra e nessuno se n'è infischiato, ora tutti insorgono allo scandalo. Qui non c'è nessun conflitto di interessi dato che non v'è nessuna legge che sancisce l'utilizzo di questo libro di testo come referenza sulla storia della chitarra; non c'è nessun tipo di problema dato che in un libero mercato io compro e prendo quello che voglio, dunque posso infischiarmene del libro se non mi sembra abbastanza scientifico o poco serio nella trattazione. Il problema si porrebbe qualora recasse danno alla chitarra nella storia della musica, ma mi sembra che questo non sia il caso, per cui 6 pagine di discussioni mi sembrano davvero tante.

 

Vado a scrivere.

Francesco


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mi sembra più "uno, nessuno, centomila", invertendo il gioco delle parti però, dato che qui si sentono tutti profondi conoscitori della storia della musica, oltre che compositori...a volte indossano una maschera e a volte un'altra...siete in grado? Scrivetelo voi un manuale. Io studio, continuo a studiare chitarra come continuo a studiare composizione; qui mi sembra che tutti sappiano chi è Gervasio, quando in realtà nessuno ha mai letto un suo lavoro. Un paio di mesi fa si parlò dei suoi lavori per chitarra e nessuno se n'è infischiato, ora tutti insorgono allo scandalo. Qui non c'è nessun conflitto di interessi dato che non v'è nessuna legge che sancisce l'utilizzo di questo libro di testo come referenza sulla storia della chitarra; non c'è nessun tipo di problema dato che in un libero mercato io compro e prendo quello che voglio, dunque posso infischiarmene del libro se non mi sembra abbastanza scientifico o poco serio nella trattazione. Il problema si porrebbe qualora recasse danno alla chitarra nella storia della musica, ma mi sembra che questo non sia il caso, per cui 6 pagine di discussioni mi sembrano davvero tante.

 

Vado a scrivere.

Francesco

 

Sono d'accordo sulla prima parte ma non sull'inutilità attribuita alla discussione; la discussione in sé è difficile si renda inutile a meno che non giri intorno ad un tema definibile tale e, con tutta franchezza, non mi sembra proprio il caso di questo thread.

Gianni Nuti ha previsto questa e molte altre accese discussioni che si svilupperanno attorno alla pubblicazione e trovo che sia invece molto utile anche per chi non sa chi è stato Gervasio entrare in contatto (traumaticamente?) con un mondo dove la chitarra si spoglia di Granados e Albéniz e veste i suoi panni con Scott, Ghedini, Desderi eccetera.

A questo aggiunga un dettaglio essenziale che non le sarà sfuggito, Francesco: certe 'sparate' rendono bene l'idea dell'interlocutore e questo non può che far bene ai futuri scambi di idee.


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mi sembra più "uno, nessuno, centomila", invertendo il gioco delle parti però, dato che qui si sentono tutti profondi conoscitori della storia della musica, oltre che compositori...a volte indossano una maschera e a volte un'altra...siete in grado? Scrivetelo voi un manuale. Io studio, continuo a studiare chitarra come continuo a studiare composizione; qui mi sembra che tutti sappiano chi è Gervasio, quando in realtà nessuno ha mai letto un suo lavoro. Un paio di mesi fa si parlò dei suoi lavori per chitarra e nessuno se n'è infischiato, ora tutti insorgono allo scandalo. Qui non c'è nessun conflitto di interessi dato che non v'è nessuna legge che sancisce l'utilizzo di questo libro di testo come referenza sulla storia della chitarra; non c'è nessun tipo di problema dato che in un libero mercato io compro e prendo quello che voglio, dunque posso infischiarmene del libro se non mi sembra abbastanza scientifico o poco serio nella trattazione. Il problema si porrebbe qualora recasse danno alla chitarra nella storia della musica, ma mi sembra che questo non sia il caso, per cui 6 pagine di discussioni mi sembrano davvero tante.

 

Vado a scrivere.

Francesco

 

Per la verità, qui non c'è stata alcuna discussione. Aprire una discussione su un libro di storia (dedicato a qualunque argomento) comporta necessariamente e primariamente - oltre ad aver letto attentamente il libro in questione - il riferirsi all'impostazione metodologica adottata dall'autore: la si accetta - e allora si passa al grado successivo, cioè si valuta il modo con cui tale impostazione è stata attuata nella trattazione specifica - o la si contesta - e allora si debbono portare argomenti per dimostrare la debolezza dei fondamenti adottati dall'autore. Il libro di Nuti propone una lettura della storia della chitarra non in senso cronologico-lineare, o in senso nazionalistico-culturale, cioè, in sostanza, una lista di personaggi e di fatti da elencare "oggettivamente" (di oggettivo, beninteso, possono esserci soltanto i dati anagrafici, i titoli e le date di pubblicazione delle opere: a questo scopo, provvede egregiamente il catalogo Pocci che, d'altra parte, non si pone come libro di storia), ma in senso estetico, cioè individuando, nel Novecento chitarristico, le linee portanti del repertorio creato dagli autori. Una volta stabilite tali linee - ed è quello che l'autore fa con estrema chiarezza nella parte introduttiva - è stata operata una scelta di compositori e di opere ritenute particolarmente efficaci e significative, non in un quadro "assoluto" di valori che nessuno oggi è in grado di stabilire "oggettivamente" (il Novecento deve ancora trovare un assetto critico ai livelli massimi, quelli degli Schoenberg e degli Stravinskij, figuriamoci quelli dei compositori-chitarristi!), ma per la loro forza esemplificativa delle tendenze individuate dall'autore.

 

E' questa la scommessa di Nuti: gli studenti di musica, quelli dei conservatori riformati, che scrivono tesi di laurea, sono interessati a una storia della chitarra scritta in chiave estetica e non come un elenco di autori e di opere? E' una scommessa coraggiosa, alla quale partecipa un editore altrettanto coraggioso.

 

Se questa impostazione risulterà valida o meno, lo giudicheranno i lettori, è ovvio, ma soltanto, tra loro, quelli che hanno interesse a comprendere e a valutare i fenomeni storici ad di là della cronaca spicciola, o peggio del pettegolezzo: in altre parole, i tipi che abbiamo visto all'opera in questo thread, agli effetti del "successo" (intendo, con tale termine, il conseguimento degli obiettivi comuni all'autore e agli editori) del volume, non contano niente, semplicemente perché non hanno capito niente. Teoricamente, potrebbe anche darsi che l'impostazione, in sé valida, non abbia trovato una realizzazione sufficientemente forte e argomentata: credo che un autore serio qual è Nuti sia sinceramente interessato (e il suo messaggio ne è prova) a prendere in considerazione rilievi che si appuntino su "come" egli ha realizzato i suoi presupposti. In questo senso egli ha inteso aprire una discussione, non per dar voce a chi è solo capace di volgari insinuazioni e di laide chiacchiere.

 

dralig


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Però è “geograficamente” giustificabile al punto che anche una parte della nostra penisola è stata “dimenticata” perché la "selezione", come affermato nella prefazione del libro è stata fatta verso “…compositori che…la nostra storia personale…hanno portato a scegliere…” ?

 

Quanto ha quindi influito la “storia personale” sull’oggettività storica?

Non è forse dovere di chi scrive un testo del genere documentarsi e cercare di approfondire anche quelle situazioni a lui “geograficamente e sensibilmente” lontane?

 

 

Il documentarsi e l'approfondire non fanno forse parte della storia personale di ogni studioso? In quale modo l'attingere alla propria storia personale esclude che si possa, con ciò, essere documentati e, nel proprio scrivere, profondi? L'avere quale sorgente di sapere la propria storia personale implica che si debba per forza essere poco documentati e superficiali? Quanto all'oggettività storica, nessun filosofo o scienziato oggi accamperebbe la pretesa di incarnarla. Lei, caro maestro Fabbri, ha scritto un libro di storia della chitarra. Ritiene di aver raggiunto, nella sua rappresentazione della storia dello strumento, l'oggettività? Il catalogo Pocci comprende, per il solo Novecento, alcune decine di migliaia di composizioni: per essere oggettivi nel riferirne in sede storica, è imprescindibile averle lette e studiate tutte. Lei lo ha fatto? E se non lo ha fatto, a che cos'altro ha attinto, se non alla sua storia personale (di concertista, di studioso, di ricercatore, etc.)?

 

 

 

E’ comunque “strano” che autori che affollano gli odierni programmi da concerto siano stati nel libro “liquidati” con poche righe. Che non sia stato dedicato loro un approfondimento, fosse anche solo per capire perché questi autori siano così suonati, a differenza di altri, nel testo ampiamente citati, che non hanno invece nessuno tipo di riscontro concertistico.

 

 

Secondo Lei il giudizio di qualità su autori e opere si deve formulare a partire dalle scelte dei concertisti? Dato e non concesso che quello che Lei afferma sia vero, chi è lo storico della chitarra? La pizia dei chitarristi e l'eco dei loro gusti? Se, nel 1940, qualcuno avesse scritto in un libro di storia della chitarra che Barrios era un compositore geniale, l'avrebbe fatto senza il minimo supporto dei chitarristi di allora, che ignoravano il maestro paraguayano e la sua opera. Avrebbe per questo dovuto essere rimproverato di non essersi attenuto alle indicazioni dei gusti correnti? Non è lo storico qualcuno che cerca la verità al di là delle parvenze e delle mode? Il lavoro per chitarra di Frank Martin non ha avuto "nessun tipo di riscontro concertistico" per 30 anni, e la "Sonata" di Antonio José per 60 anni: nel frattempo, si suonavano brani di cui è oggi caritatevole non dire nulla. Che cosa avrebbe dovuto fare, lo storico che già allora fosse stato capace di distinguere il grano dalla paglia, dedicare tre righe alle "Quatre Pièces Brèves" perché ignorate dai chitarristi e dieci pagine ai Valzer Venezuelani di Lauro? Se i concertisti vogliono che le loro scelte siano rispettate - ed è fuori di dubbio che ne abbiano pieno diritto - imparino a rispettare le scelte di chi non crede, come loro, che Rachmaninov sia migliore di Bartok. Si tengano la larga messe di applausi, successi, notorietà, denaro, che perviene loro, ma non pretendano che gli storici prendano a modello la loro arte.

 

 

E qui verrei all’ultima osservazione: la Storia della chitarra la fanno i compositori o i chitarristi?

 

Credo che sarebbe stato più corretto titolare il libro “Manuale Di Storia Della Composizione per Chitarra”, certo anche a questa affermazione gli autori potrebbero rispondermi: Noi non abbiamo scritto “Manuale Della Storia Della Chitarra E Dei Chitarristi” quindi questi sono automaticamente esclusi…

 

Certo mi chiedo, cosa sarebbero i compositori (naturalmente quelli non chitarristi o che non hanno più una militanza concertistica) senza coloro che suonano la loro musica?

 

Assolutamente nulla, le loro opere resterebbero “lettera morta”. Il compositore ha assoluto bisogno dell’interprete che quindi, a mio modesto parere, non va relegato su un piano “secondario”.

 

Ricordiamoci che sono stati gli interpreti come Segovia (qui naturalmente e ovviamente ampiamente trattato) che hanno dato linfa vitale ad uno strumento “assopito”.

Ricordiamoci anche che, in tempi più recenti, chitarristi come Jhon Williams (in questo testo appena citato) hanno decretato il successo di autori come Dodgson, Domeniconi, Koshkin e tanti altri.

 

La mie sono semplici riflessioni, lo sforzo editoriale della Berben è encomiabile, e al giorno d’oggi non è facile trovare un editore disposto ad investire su lavori così di settore. La veste grafica del libro è eccellente come anche gli argomenti che si è deciso di affrontare sono stati curati con attenzione.

 

Il mio intervento spero quindi possa contribuire ad una riflessione costruttiva auspicando che, in una prossima edizione, possano trovare la loro collocazione anche quei compositori lontani dalla “sensibilità” degli autori e che questi ultimi decidano di integrare il testo con una appendice dedicata ai “grandi esclusi”: i concertisti.

 

Roberto Fabbri

 

 

 

 

Questa mi sembra una riflessione molto seria. . Osserviamo insieme i vari trattati di storia della musica esistenti - anche solo in lingua italiana. E' fuori di dubbio che i loro autori hanno preso in considerazione soprattutto - se non esclusivamente - i compositori: anche riferendosi alla storia recente, nessun autore oggi scrive, in una storia della musica, un capitolo dedicato a Rubinstein a fronte dell'immancabile capitolo dedicato a Stravinskij. Una storiografia dell'interpretazione musicale esiste certamente, ma al momento non si integra con la storia della musica: se ci interessa un'esegesi dei maggiori pianisti del Novecento, dobbiamo leggere, per esempio, i bellissimi libri di Piero Rattalino, ma non la storia della musica della Utet, nella quale troveremmo ben poche risposte alle nostre attese. Credo che una storia dell'interpretazione chitarristica sia importante e utile, ma non credo che il non averla inclusa in un libro di storia della chitarra del Novecento sia ascrivibile a colpa dell'autore, che ha operato una scelta - quella di trattare della musica e non degli interpreti: non ha nemmeno escluso di poterlo fare, o che altri lo faccia. E' uscito un libro di storia della chitarra, non la nuova Costituzione del Regno delle Seicorde.

 

dralig


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Come al solito Maestro lei usa due pesi e due misure. .

 

Non so a quale mio "solito" Lei si riferisca ma, per poterlo fare, deve per forza essere un mio "solito" lettore: non Le sarà dunque difficile portare qualche esempio della parzialità dei miei giudizi - o anche, più modestamente, delle mie opinioni - in cui sia riscontrabile quello che Lei afferma, cioè il mio uso di due pesi e due misure. Aspetto e - ne sono certo - aspettano anche i lettori di questo thread.

 

 

Io si, credo che la Storia Della Chitarra scritta insieme a Carlo Carfagna e Michele Greci per la Carisch, sia più oggettiva rispetto al Manuale di Nuti.

 

 

Come esempio di oggettività, il Suo è davvero notevole: di grande finezza e modestia. Se la Sua "oggettività" è così evidente, e indiscutibilmente superiore rispetto a quella mostrata da altri autori, perché si preoccupa tanto di sottolinearla? Crede che i lettori, in atto e in potenza, siano degli sprovveduti da indirizzare con mementi e precetti sulla retta via e da preservare da cattivi consiglieri? Teme che la Sua "oggettività" possa passare inosservata? Se io mi sentissi - come Lei - forte di una mia "oggettività" (dalla quale, Gliene do certezza, mi sento ben distante) - non spenderei una sola parola a favore della sua evidenza, e aspetterei i riconoscimenti unanimi. Men che mai mi spenderei nel tentativo di sminuire l'opera altrui che, priva del sommo valore dell'"oggettività", non può rappresentare alcuna minaccia per la mia. Perché infierire sui meno bravi, sui "meno oggettivi"? Non sono mica Maramaldo...

 

 

Questo anche perchè si tratta sopratutto di una storia strumentale ed iconografica in cui il novecento e i contemporanei non hanno gran parte ma, ciononostante lei (forse inobiettivamente) è stato definito a pag. 38 personaggio di ruolo primario.

 

 

Veda di mettersi d'accordo con sé stesso: o è obiettivo o non lo è. Io non mi aspetto giudizi "oggettivi": mi accontento del fatto - mi creda, davvero raro - che i miei lettori sappiano leggere. Quanto al mio ruolo, vede, la complessità dei giudizi che ne decretano o ne negano l'importanza, o addirittura la primarietà, è così immensa - nel presente e nella prospettiva del futuro - da rendere davvero futile ogni mia (per fortuna, non esistente) suscettibilità al riguardo. Il compito di un autore è creare le sue opere e, se gli è possibile, pubblicarle. Il resto lo fanno gli altri: sono e saranno così tanti, che rendere l'orecchio e aguzzare la vista per quel che dice o scrive uno di loro, è come occuparsi del mare con un cucchiaino da caffè.

 

Un obiettività che non ho mai riscontrato in altri scritti e men che mai nel libro di Nuti, dove a un personaggio come Mario Gangi non solo non è dedicato un ampio capitolo, ma nel dizionarietto che segue non è citato nemmeno il nome di una composizione eccezion fatta per i 22 studi.

Al contrario, di alcuni personaggi dei quali per carità cristiana non faccio il nome, vengono invece fatti i nomi se non dedicati specificatamente dei capitoli (naturalmentre non così lunghi e ricchi di esempi come il suo).

Non credo comunque che Nuti la consegnerà con questo testo alla storia della chitarra meglio di come fa il modesto libro edito dalla Carisch.

 

 

A consegnarmi (eventualmente) alla storia della chitarra sono e saranno le cose che ho scritto io, non quello che ne scrivono gli altri. Come diceva Vincent van Gogh: noi possiamo parlare solo con i nostri quadri.

 

dralig


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Un obiettività che non ho mai riscontrato in altri scritti e men che mai nel libro di Nuti, dove a un personaggio come Mario Gangi non solo non è dedicato un ampio capitolo, ma nel dizionarietto che segue non è citato nemmeno il nome di una composizione eccezion fatta per i 22 studi.

Al contrario, di alcuni personaggi dei quali per carità cristiana non faccio il nome, vengono invece fatti i nomi se non dedicati specificatamente dei capitoli (naturalmentre non così lunghi e ricchi di esempi come il suo).

.

 

 

Non Le sarà difficile segnalare ai lettori quali sono i libri di storia della chitarra pubblicati in qualunque lingua e in qualunque parte del mondo (a parte il Suo e quello dei Suoi coautori, "naturalmente",) nei quali la figura e l'opera di Mario Gangi sono presentate con un rilievo maggiore di quello riservatoLe dal manuale di Nuti. Autori e titoli, per favore. Io porto un solo esempio: il manuale di storia della chitarra più diffuso al mondo - non ne sostengo il valore, mi riferisco solo a un dato "oggettivo", cioè numerico, del quale anche Lei, per la Sua conoscenza dell'editoria, è certamente informato - è il volumetto "A Concise History of the Classic Guitar" di Graham Wade, pubblicato da Mel Bay. Scritto in inglese, è una sorta di bignamino della chitarra letto in tutto il mondo English speaking, quindi dall'Australia all'Islanda. Mi dedica un'intera pagina (178) e non menziona (me ne rammarico) il nome del maestro Gangi. L'autore non è nemmeno da lontano un mio amico, anzi, ci stiamo - come si dice - cordialmente antipatici. Vuole per cortesia informare tutti i lettori - e anche me - delle iniziative che Lei avrà certamente e "oggettivamente" assunto per protestare contro tale omissione? Non mi sfiora la mente, infatti, il sospetto che Lei, subito sollecito - a poche settimane dalla pubblicazione - nel deplorare il fatto che Nuti riservi così poco spazio al maestro romano, abbia lasciato passare sotto silenzio il fatto - ben più rilevante, data la diffusione universale del libro - che Wade, storico di Segovia e di Bream, ne ignori l'esistenza tout court.

 

 

dralig


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Le posizioni di Gilardino e Fabbri appaiono chiarissime.

Il libro di Nuti personalmente lo considero un'occasione mancata e continuo a preferirgli il 2° Volume uscito negli anni '90 e scritto dal M°Gilardino, che in quest'opera appare come il vertice dei compositori per chitarra (è l'ultimo autore a comparire nella lista ed è colui al quale sono state dedicate più pagine!).

E comunque, come dice giustamente Fabbri, il prof. Nuti dovrebbe spiegarci il perchè della mancanza di una BIBLIOGRAFIA nel suddetto volume....

In soldoni: è un romanzo o un'opera scientifica, 'sto benedetto manuale???

 

Cordialità

 

LP


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Le posizioni di Gilardino e Fabbri appaiono chiarissime.

Il libro di Nuti personalmente lo considero un'occasione mancata e continuo a preferirgli il 2° Volume uscito negli anni '90 e scritto dal M°Gilardino, che in quest'opera appare come il vertice dei compositori per chitarra (è l'ultimo autore a comparire nella lista ed è colui al quale sono state dedicate più pagine!).

E comunque, come dice giustamente Fabbri, il prof. Nuti dovrebbe spiegarci il perchè della mancanza di una BIBLIOGRAFIA nel suddetto volume....

In soldoni: è un romanzo o un'opera scientifica, 'sto benedetto manuale???

 

Cordialità

 

LP

 

Se Lei lo avesse letto - e non si fosse limitato a un frettoloso conteggio del numero di pagine dedicate a Tizio piuttosto che a Caio - avrebbe preso atto del proposito dell'autore, che non si è mai sognato di scrivere e di presentare il suo volume né come un'opera scientifica né come un romanzo. Basta leggere le prime tre pagine per rendersene conto.

 

Scusi, a chi si riferisce quando usa il termine "spiegarci"? Lei parla a nome di una collettività? Chi rappresenta? Una corte di giustizia? Un partito? Una categoria di utenti? E perché l'autore "dovrebbe" spiegarvi? E' sottoposto a un interrogatorio in cui "voi" siete gli inquirenti? Indossate, "voi", qualche veste che vi intitoli a esigere, dall'autore di un libro, giustificazioni sul suo operato? Siete qualcosa di più di semplici lettori che hanno acquistato un volume? Questo vi dà il diritto di criticarlo, ma non certo quello di sottoporre l'autore a una serie di domande alle quale egli "dovrebbe" rispondere: lo farà se ne avrà voglia, non perché "dovrebbe". "Voi" non siete una una polizia politica, anche se vi comportate un po' peggio della Gestapo (almeno, quella leggeva i documenti, prima di interrogare chi li aveva scritti).

 

Infine, dato, e non concesso (non c'è nulla nel libro che affermi qualcosa del genere), che l'autore mi consideri "il vertice dei compositori", perché Le dà tanto fastidio? Non Le è sufficiente il Suo dissenso? Non riesce ad ammettere che altri possa considerare la mia opera diversamente da come la considera Lei? E che lo manifesti? Che cosa vuole, che altri mi facciano piccolo piccolo, per la Sua pace e per quella dei Suoi compari?

 

Il volume che Lei seguita a preferire al nuovo manuale di Nuti era obsoleto: necessitava di un sostanziale rifacimento di tutta la parte riguardante l'apporto segoviano al repertorio del Novecento storico - apporto che risultava ben diverso dopo i ritrovamenti nell'archivio di Linares - e di un poderoso aggiornamento della musica scritta negli ultimi tre decenni. Dato il ruolo che la storia della chitarra mi ha riservato in questi frangenti (i trenta volumi della collezione "The Andrés Segovia Archive" li ho pubblicati io, non uno dei convenuti che oggi esigono spiegazioni), ho ritenuto corretto (la deontologia professionale non è per me una locuzione, ed evito il conflitto di interessi istintivamente, senza nemmeno bisogno di pensarci) declinare le pressanti richieste dell'editore, nei cui scaffali il "mio" vecchio manuale era venuto a mancare per esaurimento delle copie. E' stata ovviamente un'iniziativa del direttore delle Edizioni Bèrben quella di cercare un altro autore. Lo ha individuato, ha creduto nel suo lavoro, ha speso tempo, denaro e cure editoriali infinite per colmare quello che, nel suo catalogo, avvertiva come un vuoto. A "voi" il libro non piace? C'è troppo spazio per Gilardino e troppo poco per Gangi e Carfagna? Benissimo: se questo è un errore storico, il tempo e i lettori ne faranno giustizia. In fondo, le opere di tutti questi autori sono pubblicate: chiunque può leggerle e valutarle, dunque, qual è il problema? "Oggettivamente", come direbbe Roberto Fabbri, proprio nessuno. "Soggettivamente", lo state creando "voi", con le vostre ossessioni.

 

dralig


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...sulla Bibliografia nessuna risposta all'orizzonte.....

Caro Maestro Gilardino, mi sembra che se la stia prendendo un po' troppo per un libro di cui non ha scritto nemmeno una riga....

Ah, dimenticavo....è il difensore d'ufficio del prof. Gianni Nuti....

 

cordialmente

 

lp


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Accetto l'incarico....da questo momento sono costretto a sospendere ogni parere al riguardo....

 

Cordialmente

 

gg

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