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Nuovi CD di musica del XX e del XXI secolo

Rientro economico per fare carriera. Unico pensiero?


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Suonare la chitarra è il mio (piacevolissimo) lavoro, per cui non riesco a scindere l'aspetto artistico dal rientro economico. Il “fallimento” lavorativo avverrebbe per me se con la chitarra non riuscissi a mantenermi.

 

Dopo questo preambolo, devo dire che so bene che oggi la condizione di chi si occupa di musica e arte è particolare, esistendo due eccessi: un mondo “commerciale” dove sembra imperare e vendere benissimo il brutto o l'insulso e, d'altra parte, un mondo "creativo" che spesso pare aver perso quasi totalmente la funzione del proprio operare in termini di un “bene” per tutti, riconoscibile come tale..

 

E sinceramente non saprei quale dei due eccessi sia peggio.

 

Per conto mio preferisco scommettere sulla frase di Dostoevski citata dal Papa nel suo recente discorso agli artisti - vado a memoria e non letteralmente -“l'umanità potrebbe sopravvivere senza molte cose, ma non senza la bellezza”.

 

Scommettere su questo vuol dire per me anche sperare di offrire un buon "prodotto" artistico e che questo venga riconosciuto come tale, rendendo così anche possibile - perchè utile - il mio lavoro. Un po' come il produttore di un vino che cerca di farlo buono, non artefatto, e magari contribuire così al primato del "made in Italy" per la qualità del suo prodotto...potendo di conseguenza anche mantenersi con il suo lavoro.

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Suonare la chitarra è il mio (piacevolissimo) lavoro, per cui non riesco a scindere l'aspetto artistico dal rientro economico. Il “fallimento” lavorativo avverrebbe per me se con la chitarra non riuscissi a mantenermi.

 

Dopo questo preambolo, devo dire che so bene che oggi la condizione di chi si occupa di musica e arte è particolare, esistendo due eccessi: un mondo “commerciale” dove sembra imperare e vendere benissimo il brutto o l'insulso e, d'altra parte, un mondo "creativo" che spesso pare aver perso quasi totalmente la funzione del proprio operare in termini di un “bene” per tutti, riconoscibile come tale..

 

E sinceramente non saprei quale dei due eccessi sia peggio.

 

Per conto mio preferisco scommettere sulla frase di Dostoevski citata dal Papa nel suo recente discorso agli artisti - vado a memoria e non letteralmente -“l'umanità potrebbe sopravvivere senza molte cose, ma non senza la bellezza”.

 

Scommettere su questo vuol dire per me anche sperare di offrire un buon "prodotto" artistico e che questo venga riconosciuto come tale, rendendo così anche possibile - perchè utile - il mio lavoro. Un po' come il produttore di un vino che cerca di farlo buono, non artefatto, e magari contribuire così al primato del "made in Italy" per la qualità del suo prodotto...potendo di conseguenza anche mantenersi con il suo lavoro.

 

Il compito dell'artista è quello di creare la sua opera (in questo senso, l'interprete di musica è un creatore a pieno titolo) nel modo più accurato e corrispondente alle sue esigenze e alle sue ispirazioni: non vedo come sia possibile che in tali esigenze e in tali ispirazioni possa smarrirsi quella che tu chiami "la funzione del proprio operare in termini di un bene per tutti". Questo potrebbe verificarsi solo se l'artista perdesse la sua dimensione umana e quindi la sua naturale aspirazione a comunicare.

 

L'idea di una bellezza che non viva in funzione della salvezza dell'essere umano, ma della sua perdizione, è essenzialmente diabolica: se mi permetti una parentesi letteraria, mi richiamo al dialogo tra il demonio e il compositore Adrian Leverkuhn, narrato da Thomas Mann in "Doctor Faustus". Tra gli argomenti usati dal tentatore per guadagnare a sé il geniale musicista e farne una sua preda, c'è proprio l' idea di un'arte posta fuori dalle contigenze della storia e della sfera dell'umano, una sorta di opera assoluta immune da tutti i legami con il tempo. E' a quella che Adrian finisce per sacrificare la sua vita, accettando il patto che lo porterà a comporre le sue opere diaboliche. Ebbene, il colloquio tra "il visitatore" e Leverkuhn (a Palestrina) non è altro che la riscrittura - letterariamente molto amplificata, ma sostanzialmente identica - del colloquio tra "il visitatore" stesso, in altre vesti, e Ivan Karamazov, raccontato da Dostoevskij ne "I fratelli Karamazov": lo scopo del demonio è sempre lo stesso, distogliere i poteri del genio da obiettivi umani, volgerli verso la negazione nichilista. Papa Ratzinger, fine teologo, sa perfettamente tutto ciò, ed è per questo che ha ricordato Dostoevskij, il quale disse, per l'esattezza: la bellezza salverà il mondo. Lo dice la massima autorità religiosa, ma l'hanno detto, prima di lui, Dostoevskij e altri scrittori e pensatori.

 

dralig

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Grazie per le citazioni; in effetti nel recente discorso agli artisti c'è qualche richiamo al pericolo di una "finta" bellezza:

 

"Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull'altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell'oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L'autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l'Altro, verso l'Oltre da sé.".

Ho anche ritrovato la citazione di Dostoevski che mi aveva colpito:

"L'espressione di Dostoevskij che sto per citare è senz'altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: "L'umanità può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui".

 

Il testo integrale del discorso è qui:

http://www.zenit.org/article-20434?l=italian

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Grazie per le citazioni; in effetti nel recente discorso agli artisti c'è qualche richiamo al pericolo di una "finta" bellezza:

 

"Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull'altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell'oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L'autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l'Altro, verso l'Oltre da sé.".

Ho anche ritrovato la citazione di Dostoevski che mi aveva colpito:

"L'espressione di Dostoevskij che sto per citare è senz'altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: "L'umanità può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui".

 

Il testo integrale del discorso è qui:

http://www.zenit.org/article-20434?l=italian

 

La frase "La bellezza salverà il mondo" è attribuita al principe Miskyn, protagonista de "L'idiota", dai suoi interlocutori: ossia, non è mai riferita come sua in un discorso diretto ma, parlando con lui, qualcuno gli dice: "Voi principe avete detto che la ballezza salverà il mondo". Come molti assunti dostoevsijani, anche questo rimbalza nelle opere del grande scrittore russo con insistenza. Il fatto che Papa Ratzinger si richiami a Dostoevskij nel suo discorso agli artisti è di per sé significativo: il pontefice ha perfettamente compreso la potenza dell'intuizione dostoevskijana, non solo riguardo alla funzione salvifica della bellezza, ma anche per quanto si riferisce alla sua tremenda e ingannevole ambiguità, cioè all'esistenza di una bellezza che conduce al nulla.

 

Chi volesse approfondire, può incominciare da uno scritto di Andrea Oppo, per fortuna riportato on line:

 

http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_1/20.htm

 

nel quale sono riportati i passi dostoevskijani "sensibili" al tema. La lettura renderà chiaro anche il pensiero di Papa Ratzinger, i cui scritti e i cui discorsi sono sempre molto più complessi di quanto la loro discorsività piana e scorrevole possa far pensare.

 

dralig

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