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comunicare è nel mio caso parlare del mio mondo agli altri, usando un linguaggio, il mio, che, riferendomi allo scritto in questione, è anche ascoltabile, nel senso di accessibile a tutti.

Secondo me non è un problema di difficoltà di approccio al linguaggio, non solo almeno, ma di autorevolezza e sincerità dell'artista nel proporlo.

La musica comunque è comunicazione, ma io parto da presupposti differenti dai tuoi credo, parto dal tentativo di diffusione della musica innanzitutto come elemento didattico-sociale, di crescita umana, non posso permettermi di partire da altro essendo io innanzitutto un insegnante. Per un "compositore puro" forse è diverso


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Inviato

Grazie per la precisazione. La querelle sul neoromanticismo me l'ero persa...il che potrebbe anche indurre ad una riflessione sul peso specifico di questo tipo di cose.

 

In ogni caso, penso che oggi, parlare di cose vecchie e cose nuove avendo come pietra di paragone qualcosa che inevitabilmente deriva da qualcos'altro (che si tratti di Scarlatti o di Ligeti è esteticamente indifferente), sia un falso problema. Il nuovo che va verso il nuovo non esiste, e mi piacerebbe che almeno questo fosse percepito come un dato culturale assodato.

 

Dopodichè, propendo anche io per un pensiero musicale che non ha nelle sue componenti fondanti il pubblico...però credo che sia qualcosa che riguarda la qualità della proposta. Giuliani pensava al pubblico, Chopin no. Tuttavia non si può certo affermare che Giuliani ci abbia lasciato musicaccia di serie b o c...come si è a lungo pensato.


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Inviato
comunicare è nel mio caso parlare del mio mondo agli altri, usando un linguaggio, il mio, che, riferendomi allo scritto in questione, è anche ascoltabile, nel senso di accessibile a tutti.

Secondo me non è un problema di difficoltà di approccio al linguaggio, non solo almeno, ma di autorevolezza e sincerità dell'artista nel proporlo.

La musica comunque è comunicazione, ma io parto da presupposti differenti dai tuoi credo, parto dal tentativo di diffusione della musica innanzitutto come elemento didattico-sociale, di crescita umana, non posso permettermi di partire da altro essendo io innanzitutto un insegnante. Per un "compositore puro" forse è diverso

 

Un compositore - se è autentico - immagina, ricerca, trova quello che prima non aveva trovato. Costruisce qualcosa di "nuovo" - non nel senso che non abbia radici nella storia, ma che non ne rappresenti un inutile rigurgito o - nella migliore delle ipotesi - una furba iterazione.

 

Facendo ciò, sa benissimo che crea - senza volerlo deliberatamente - un "problema di comunicazione" nei confronti di un ascolto basato sulla pretesa del confort, della mancanza di impegno a comprendere: la stragrande maggioranza degli ascoltatori crede convintamente che la musica le debba essere servita come un piatto pronto, come un apparecchio di facile uso che ridurrà ulteriormente la fatica in qualunque occupazione, come un divertimento.

 

Davanti a ciò, che fa il compositore? Rinuncia a scrivere quello che ha immaginato e trovato per non molestare il crasso e supino benessere di una massa di ascoltatori il cui comprendonio musicale è livellato dalla televisione e dalla muzak? Si banalizza per non irritare il pubblico?

 

Pane e cipolle, per chi si ribella e fa quel che sa fare e come farlo? Rinuncio alle cipolle e dimezzo il pane. Se non basta, tiro le cuoia per fame: la vergogna di essere l'autore di certe musiche del repertorio chitarristico oggi corrente (se mai le avessi scritte io) mi ucciderebbe molto più crudelmente della mancanza di cibo.

 

dralig

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