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Angelo Gilardino

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  1. Caro Ciccio, io non ho alcun bisogno di leggere scritti altrui - pur essendo un lettore di testi letterari da 58 dei mei 64 anni - per sapere le cose che Lei adesso sta imparando dai libri: io non so quello che Lei dice, io lo sono. Io non amo la musica, perché io sono la musica. Io non ho fatto il musicista, io ho vissuto, e la musica è stata il mio modo di vivere. Il dramma di Chopin io non l'ho scoperto leggendo le sue biografie, l'ho vissuto - sia pure in forma episodicamente diversa - sulla mia pelle, e se l'ho portata fin qui, sana e salva (tra chitarristi!), è perché avevo in me non solo i doni specifici del musicista, ma anche gli anticorpi per rendermi immune da ogni tentativo di omologarmi o di distruggermi. Inoltre, per salvarmi, io non sono mai entrato in sodalizi, club, confraternite, etc., e ho elaborato da solo, con il mio pensiero, le cognizioni che mi hanno permesso di sopravvivere e di diventare - come Lei dice - uomo. Non intendo esprimere giudizi sulle scelte di chi si versa in gruppi, però ci tengo a sottolineare il fatto che, essendo la creazione artistica scelta che dev'essere poi onorata dalla persona singola, con la sua individuale, personalissima opera, la stile di vita che ne discende ben difficilmente potrà identificarsi con quello adottato dai gruppi. Specialmente da quelli che si distinguono per il loro settarismo e per la loro intolleranza nei confronti di chi non fa parte dei loro organici. Quindi, prima di dedurre, da letture molto superficiali di un mio messaggio, che io non ho capito quello che Lei intende, rifletta sul fatto che le scelte salvifiche non sono soltanto quelle proposte dal Suo gruppo. Lei sta parlando con il compositore che ha scritto "Lecons de Ténèbres", un concerto per chitarra e orchestra ispirato alla Settimana Santa, e più precisamente all'Officio delle Tenebre. Sa che cos'è? Si informi, e poi riprendiamo il discorso, se è il caso. dralig
  2. Devo essere in ritardo... Vedi di rimanerci, in quel ritardo. Le eccezioni fanno bene a chi ha dovuto - come maestro di alcune centinaia di allievi - imparare la seguente regola: 1) quando un allievo a vent'anni annuncia qual è la cosa che non farà mai nella vita, quella è la cosa che farà per prima; 2) viceversa, quando un allievo giura su una cosa che farà per prima, quella è la cosa che non farà mai. I signor "sarebbero stati se..." sono, tra gli studenti di discipline artistiche, la categoria più gagliardamente rappresentata. A 20 anni scrivono imitazioni di Rimbaud, e giurano fede all'arte. A 30 anni, contraggono i classici impegni e incominciano a "vedere le cose sotto un altro aspetto". A 40, spiegano ai loro pargoli che cosa "sarebbero stati se...". Eccezioni ce ne sono - ma cos' poche da non dover nemmeno invocare la regola. Ogni mille persone che passano per un conservatorio, due sono artisti. Se sbaglio, è per eccesso. dralig
  3. Propositi nobilissimi. Enunciarli a vent'anni è una cosa, realizzarli in seguito è tutt'altra cosa. Non è difficile sottoscrivere grandi progetti. La cosa davvero difficile è attuarli coerentemente ogni giorno, nella piccolezza (apparente) della quotidianità, dove ben poche persone, tra quante hanno giurato fede a un ideale, riescono a individuare i modi per mantenere le promesse fatte a se stessi e agli altri. A vent'anni, tutti novelli Arthur Rimbaud. A trenta, si incomincia a "valutare" anche "altri aspetti della vita". E a quarant'anni, ecco, se si tolgono, dal numero dei partenti, gli imboscati che si trascinano penosamente in un impieguccio didattico, gli imprenditori di lezionifici, gli accasciati routiniers che, con quindici pezzi imparati in gioventù, mandano avanti una spettrale attività concertistica che trasmette, agli ascoltatori, il più agghiacciante nulla - tutti ex- Rimbaud che avevano giurato vent'anni prima di voler dare il loro sangue agli ideali più alti e ai progetti di vita più ricolmi di senso - quanti restano, capaci di rinnovarsi quotidianamente nel "cimento dell'armonia e dell'inventione"? dralig
  4. Non credo che abbia importanza stabilire qual è il pezzo più difficile, anche perché è difficilissimo stabilire criteri omogenei per misurare i vari tipi di difficoltà. Ad esempio, "Les arbres rouges" è un pezzo relativamente facile da decifrare (anche se è scritto su due pentagrammi), ma richiede al chitarrista prestazioni tecniche al di là, molto al di là, della capacità media dei concertisti. D'altra parte, si trovano pezzi non altrettanto difficili per le dita, che però mettono a dura prova le capacità di lettura, scansione ritmica e memorizzazione. In questo senso, il pezzo più complesso che io abbia mai visto è "KurzeSchatten" di Bryan Ferneyhough. dralig
  5. Può darsi che all'interno della cassa si sia "scollata" una catena, e non è da escludere che il legnetto instabile reagisca al fa diesis del cantino producendo una frizione contro il legno della tavola al quale è sospeso. Può anche darsi che qualcosa - un pezzetto di carta o altro- sia caduto dentro la buca, si sia impigliato da qualche parte, e reagisca. Una buona pulita all'interno della cassa e tutto si sistema. Prenda una manciata di riso da cucina, la inumidisca e la getti dentro la cassa. Lasci seccare bene è poi faccia uscire il riso dalla buca scuotendo (moderatamente e senza violenza) lo strumento, fino a che l'ultimo chicco non sarà fuoruscito. E' anche possibile che l'inconveniente sia causato dal fatto che, fermando la prima corda sul 14° tasto, la corda medesima sia libera di vibrare nella porzione dal capotasto alla 14ma barretta, per una imperfezione o per una deformazione delle barrette precedenti. Questo potrebbe causare un'instabilità della corda che, vibrando nella porzione in cui dovrebbe star ferma, produce un re diesis (una terza sotto il fa diesis reale). La sesta corda a vuoto produce un armonico udibile, sol diesis (pari alla nota reale del cantino, quarto tasto), e se la quinta sol diesis-re diesis non è esatta, si potrebbe verificare un lieve battimento. E' molto improbabile, ma succede di tutto... dralig dralig
  6. E' difetto se si esamina la composizione dal punto di vista di un compositore come Mosso. Duarte non si è preoccupato di studiare a fondo il carattere delle melodie, le ha semplicemente considerate come materiali, e ha creato intorno ad esse un contesto armonico o contrappuntistico cromatico che tende non a commentarle per quello che intrinsecamente sono, bensì per presentarle in una luce aliena. Ci riesce. Mosso, musicologo oltre che compositore, considera un atteggiamento di questo genere alla stregua di una profanazione, di una scorciatoia volgare e facilona, e tratta invece le melodie inserendole in uno sfondo armonico e contrappuntistico diatonico-modale che evoca non soltanto l'origine di queste canzoni, ma anche il mondo sonoriale che costituì il loro ambiente primario: ne "I tre Prinsi" c'è una sezione intermedia che evoca le improvvisazioni dei suonatori di ghironda, i campanacci delle mucche ne "La Pastora e il lupo" sono evocati con accordi modali duri e primitivi ottenuti sui bassi, mentre in "Verdolin verdolineto" è chiarissima l'evocazione dello scacciapensieri. dralig
  7. Si, l'ho conosciuto, anzi ne approfitto per una aprire piccola parentesi di carattere personale. Quando, nel 1981, decisi di chiudere la mia carriera concertistica, essendo quella la fonte primaria di sostentamento, avevo deciso che, da allora in poi, la musica sarebbe diventata la mia occupazione elettiva - mi sarei dedicato alla composizione - ma non più il mio lavoro. Infatti, a 40 anni, non avevo mai cercato un'occupazione come insegnante e avevo soltanto, nell'insegnamento, incarichi onorari e non remunerativi. Ero quindi in procinto di entrare nel giornalismo - non mi mancavano le possibilità di lavoro nel settore -, quando mi telefonò Carlo Mosso, allora direttore del Conservatorio di Alessandria, e mi domandò se rispondesse al vero la notizia che mi ero ritirato dai concerti. Gliela confermai, e lui mi rispose che avrebbe voluto avermi nel suo conservatorio come docente. Non era nei miei piani ma, tuttavia, accolsi il suo invito di presentare le carte, anzi fu lui ad aiutarmi nella burocrazia, dove certamente mi sarei perso. Nell'autunno, avevo ottenuto la nomina e, invece di andare a lavorare per un quotidiano, incominciai la mia carriera ufficiale di docente: in vita mia, ho inoltrato una sola domanda - quella che lui compilò per me, facendomela firmare - e, ricevuta la nomina, rimasi nello stesso conservatorio fino a quando, due anni fa, decisi di chiudere anche la carriera di docente e di tenere soltanto qualche masterclass. Mosso era un musicista di grande cultura e di estrema raffinatezza. Conosceva a fondo la musica di tutte le epoche, con predilezione per gli autori antichi, da Perotinus a Frescobaldi, e aveva anche una notevole cultura letteraria. Scrisse le "Tre Canzoni Piemontesi" per un moto di reazione nei riguardi della "Suite Piemontese" di Duarte, che lui giudicava orrenda, e per dimostrare come vanno trattate le melodie popolari. Invece dell'"orripilante travestimento" che ne aveva fatto il compositore inglese, lui, Mosso, creò sfondi ritmico-armonici e contrappuntistici, attenendosi alla natura diatonico-modale delle melodie. Io diedi poi un assetto chitarristico alle sue realizzazioni. Se vuole, può ascoltare in CD un'ottima esecuzione dei brani in questione da parte di Gianluca Barbero (Map records). dralig
  8. Non abbiamo inventato niente. Avendo iniziato contemporaneamente lo studio della chitarra e del violoncello, è risultato ovvio per me adoperare la stessa impostazione su entrambre le tastiere e, mentre era evidente che quella violoncellistica funzionava a meraviglia anche per la chitarra, quella "chitarristica" dell'epoca non funzionava né per la chitarra né, tanto meno, per il cello. Quindi, al diavolo l'impostazione "classica", con l'asse centrale della mano perpendicolare alle corde e il polso flesso verso l'esterno: due modi sicuri per suonare con sforzo enorme, o per non suonare affatto... dralig
  9. E' come dice Lei, Kokiss, io ho "designato", adoperato e insegnato la mano sinistra con un asse centrale non perpendicolare, ma inclinato, rispetto alle corde, e Lei ha letto correttamente quello che intendo e che è ormai pratica corrente di centinaia di concertisti. Forse Ciccio Matera ha guardato come modelli, tra le fotografie che io ho incluso, quelle che mostrano come "non" si deve tenere la mano sinistra. dralig
  10. Carissimo Piero, per essere in pace con se stessi la prima cosa è darsi da mangiare con una certa generosità. I misfatti di cui dobbiamo occuparci quotidianamente sono quasi sempre perpetrati da questi maniaci della linea e delle diete, divorati dal loro stesso metabolismo. dralig
  11. Magari l'integrale (o forse era l'integrale fino a qualche anno fa....), attendo ansiosamente che qualcuno registri gli ultimi lavori ritrovati nell'archivio di Segovia. La Passacaglia in particolare..... MP Ho promesso a Frédéric di fare l'orchestrazione del concerto di Tansman intitolato "Omaggio a de Falla", del quale esiste solo la parte di chitarra e la riduzione pianistica della partitura (che non fu mai scritta). Credo che aspetti questo lavoro per fare un altro CD tansmaniano come quello che ha già inciso - un concerto e dei pezzi solistici. dralig
  12. Ha ragione aedo, ma Le assicuro che non c'era intento spregiativo nel mio uso del termine pretessa. E' che, usando pastora, mi viene in mente il lupo. Da piemontese, Lei capirà... dralig
  13. Preamboli a parte, vorrei congratuarmi con il M° Gilardino per la scoperta ed ovviamente chiedere se si può sapere qualcosa in più sui pezzi in questione... e su cos'altro avesse per le mani il chitarrista David Norton (manoscritti di Segovia?). David Norton è un chitarrista di Salt Lake City, USA (città dei mormoni, difatti la moglie di David è una pretessa). Ebbene, qualche anno fa ebbe l'incarico di fare un'expertise su dei manoscritti di Segovia, di proprietà degli eredi della di lui seconda moglie, la pianista Paquita Madriguera. Segovia visse nella casa della Madriguera a Montevideo, per una decina d'anni, poi, quando il matrimonio si sciolse, andò a New York e lasciò a Montevideo un po' di carte - non un lascito paragonabile a quello della Fondazione di Linares, ma insomma pur sempre un bel dossier. Quegli eredi intendevano mettere all'asta il materiale, e così fecero, con una sessione da Sotheby, a Londra. David fu autorizzato a fotocopiare alcuni pezzi, prima di conferirli all'asta. Poiché è un uomo molto intelligente, e sapeva che la sua expertise aveva dei limiti, mi interpellò a titolo personale - non come direttore della Fondazione - per avere dei chiarimenti, che io gli fornii. Recentemente, mi ha mandato altre fotocopie, sempre provenienti dal materiale dell'asta, con alcuni pezzi inediti di Segovia e due pezzi che lui stesso aveva già segnalato come "diversi". Io li ho letti e ho concluso - se pur scritti dalla mano di Segovia - erano di Ponce. Li ho passati a un amico che stimo, senza dirgli nulla, e lui mi ha chiamato per annunciarmi che, secondo lui, i pezzi erano di...Ponce. A questo punto, io l'ho annunciato urbi et orbi. Adesso, non muoverò un dito. Aspetterò. Ecco tutto. dralig
  14. Si, l'ho orchestrato - e ci ho pure aggiunto parecchie cose mie. Se vuole, vada sul mio sito e nell'area MP3 potrà ascoltare dei file audio con le mie orchestrazioni della musica di Tarrega. Con la musica, qualchevolta mi diverto, così in quella suite potrà sentire Tarrega orchestrato alla francese, alla viennese, alla napoletana e alla russo-ispanica. Proprio oggi ho terminato una versione per flauto, viola e chitarra di "Recuerdos de la Alhambra". Che vuol farci? dralig
  15. Nell'orchestrarlo, io l'ho trattato come un pezzo di Mozart. dralig
  16. Guardi Aedo che Tarrega bazzicava antologie pianistiche di autori romantici, e da lì viene la Mazurka in sol. Giuro che è di Tarrega, del miglior Tarrega. dralig
  17. Il CD con le Greeting Cards di Castelnuovo-Tedesco è davvero eccezionale. dralig
  18. Ciao Matanya, perché non fai una breve diversione in Italia? Non vorrai mica manciare cipo tetesco per qvattro ciorni. dralig
  19. Grazie dell'apprezzamento per la mia musica. "La casa delle ombre" è un pezzo che deriva dai ricordi d'infanzia. Abitavo con la mia famiglia in una cascina del vercellese e avevamo tantissime stanze con grandi finestre. Sulle pareti delle stanze gli alberi proiettavano le loro ombre mobili, e si formavano delle scene. Passavo ore a osservarle, specialmente di notte. Mi affascinavano specialmente le ombre gettate dal passaggio lento degli uccelli notturni: il gufo, l'allocco, il barbagianni, la civetta... dralig
  20. Infgatti, non so che cosa rispondere. Io la musica l'ho scritta e, grazie al cielo, non è rimasta nel cassetto: è tutta pubblicata e incominciano anche a suonarla piuttosto spesso e - i più audaci, come Porqueddu, Tampalini e altri - a registrarla. Sono loro, adesso, che guidano le danze, gli interpreti: è il loro momento, e ho l'impressione che cosa da dire ne abbiano molte più di me. Cedo il passo. A loro e agli ascoltatori. dralig dralig
  21. ...respiro europeo? Lei seguiti a respirare come ha fatto finora, degnissimo Fabio, e non si faccia intimorire dai respiri europei. dralig
  22. Vediamo che cosa dice la Garzantina: Gilardino Angelo (Vercelli, 1941) chitarrista e compositore. Concertista di musica del Novecento, dal 1981 si è dedicato completamente alla didattica e alla composizione. Rinnovatore del linguaggio chitarristico, ha innestato sull'eredità di Villa-Lobos una raffinata tradizione postghediniana e un respiro europeo. (segue un elenco sommario delle opere). ------- Non ho motivo di dissentire, quindi per il momento terrei la sintesi dell'enciclopedia Garzanti come buona. Poi, si vedrà. dralig
  23. Da un ragazzo 64enne c'è poco da aspettarsi ottimismo. Realismo, si, se la vita è stata spesa bene (il realismo non esclude la capacità di sognare, anzi la esalta). Non credo che l'umanità sia in una fase di regressione antropologica, quindi il genio è sempre presente, e non c'è bisogno di aspettare il futuro, però le sue manifestazioni appaiono chiare ai posteri, non ai contemporanei. Quindi, oggi è comunemente percepilto e compreso il genio manifesto nell'opera di artisti relativamente lontani nel tempo, mentre molti nostri contemporanei stentano tuttora a cogliere il genio nell'opera di artisti della prima metà del Novecento - figurarsi il presente! E questa è una questione. Il fatto che, insieme alle manifestazioni (difficili da cogliere) del genio creatore, nel presente si dispieghi anche quantità enorme di stupidità, volgarità, scellerata tracotanza (i Greci la chiamavano "hybris"), e che tutto ciò imperversi nei mezzi di comunicazione di massa, è altra questione: la misteriosa volontà che permette al grano e al loglio di crescere nello stesso campo e che fa scendere la pioggia sui buoni e sui malvagi è al di là della nostra comprensione e del nostro controllo. Ciascuno di noi è una goccia nell'oceano, e può decidere se essere una goccia pulita o una goccia sporca. Nient'altro. Nella valle di Giosafat, saremo tra i giudicati, non tra i giudici. E' bene non dimenticarlo mai. dralig
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