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Angelo Gilardino

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  1. Un componente della mia famiglia, infatti, appena conseguita la laurea bocconiana con certi risultati, fu ammesso senza problemi all'Università di Harvard dove, ancor prima di conseguire il PH D - cioè il più alto titolo esistente - aveva già offerte di lavoro da varie università che lo "prenotavano". Due mesi dopo la laurea, era già in cattedra alla McGill di Montreal. In Italia, sarebbe riuscito a malapena a insegnare in un liceo, e forse avrebbe dovuto accontentarsi di una scuola media. dralig
  2. Gentile maestro, la prego di volere evitare questo genere di affermazioni anche se corrispondenti alla realtà. Potrebbero causare discussioni di stampo politico. Obbedisco, Giulio, non senza far notare che è impossibile anche soltanto esporre il contenuto di una riforma senza implicare un riferimento al legislatore che l'ha varata, cioè a un governo, espressione di una maggioranza politica. Politicamente, io sono suppergiù un babbuino, e non parteggio. Come docente, invece, ho sentito il bisogno di darmela a gambe dal conservatorio non appena è entrata in fase d'attuazione la riforma e, pur continuando a babbuineggiare (politicamente), ho dovuto rendermi conto della situazione e di chi l'aveva creata. Converrà che c'è da rimanere allibiti. Comunque, ha ragione, ho sconfinato. dralig
  3. Non è allo scopo di suscitare raccapriccio nei giovani chitarristi che leggono questi messaggi, ma credo che si debba dir loro la verità. La graduatoria del concorso 1991 non è ancora esaurita, viene scorsa parallelamente a una graduatoria di un successivo concorso riservato per titoli ed esami, e quando queste due graduatorie saranno state esaurite (nel giro di qualche anno), non ci saranno più nomine a tempo indeterminato - cioè posti di ruolo - ma solo nomine a tempo determinato, rinnovabili alla scadenza, da assegnare ai vincitori di un nuovo concorso. Questa bella novità non è stata introdotta dal governo Berlusconi, ma dal precedente governo di centro-sinistra, quello i cui esponenti oggi pontificano contro la precarietà dei posti di lavoro. dralig
  4. E' un risultato strepitoso per un compositore vero? Voglio dire..... avere concertisti che suonano la propria musica in tutto il mondo registrano cd.... Io evito di strepitare (alla mia età non starebbe bene), ma indubbiamente è molto bello ascoltare le proprie composizioni suonate da interpreti di alto lignaggio. dralig
  5. Solo con alcuni. Essendo la musica pubblicata, vengo informato delle esecuzioni e delle registrazioni solo grazie alla cortesia di quegli interpreti che si danno la pena di informarmene. dralig
  6. Mai scrivere elenchi a memoria. Ecco che, nel menzionare gli interpreti del "Colloquio con Andrés Segovia" ho lasciato fuori Luigi Attademo - che lo eseguì in diretta da Radio 3 nel corso di un'intervista - e Piero Bonaguri, che ha inciso il pezzo in un CD del catalogo Pocci. Bravo Dralig, stai andando spedito (verso l'Alzheimer). dralig
  7. Nel caso di un'opera d'arte, la forma deriva dall'emozione. Nel caso di un lavoro accademico, la forma è un modello pre-esistente, un canone, e imitarlo significa comprendere che cos'è la forma (non crearne una vera). Nel caso di qualcosa che pretende di essere opera d'arte, ma che non giunge a esserlo, perché l'artista è fasullo o perché, pur essendo autentico, in una certa occasione fallisce (capita spesso), la forma non è niente. dralig
  8. Un compositore che non abbia seguitato e non seguiti strade già percorse da altri non ha da aspettarsi molto dagli interpreti suoi contemporanei. E' questa una regola ampiamente convalidata dalla storia, alla quale non faccio eccezione. Ma i giovani concertisti, che hanno trenta, quaranta anni meno di me, sono miei contemporanei solo di sghimbescio. E quindi non è così strano che si occupino risolutamente - a maniche rimboccate - della musica di un autore che, per loro, appartiene al passato, anche se prossimo e non remoto. Questa premessa introduce il mio plauso calorosissimo ai giovani maestri che recentemente si sono cimentati nella registrazione discografica di miei lavori. So bene che non si tratta di imprese di poco conto, e che richiedono un impegno estremo! Chi sono? Anzitutto, Cristiano Porqueddu, che sta incidendo l'intero corpus degli "Studi di virtuosità e di trascendenza": i primi due, dei cinque CD programmati, sono già in distribuzione, e il terzo sta per uscire: ne ho ascoltata l'anteprima, e Cristiano ha fatto un gran buon lavoro, in tutti i sensi. Nel mentre, il chitarrista romano Angelo Colone ha pubblicato la sua gagliarda incisione del concerto per chitarra e orchestra "Lecons de Ténèbres" e, per fare buon peso, ci ha aggiunto una selezione di Studi. Sono dischi monografici, questi, e un'altra monografia sta per uscire - è questione di giorni - dedicata ai miei lavori per chitarra sola del triennio 2002-2004 dal prode Giulio Tampalini, che ha divorato la "Sonata Mediterranea", la "Sonata del Guadalquivir", il "Tritpico de las visiones" e la Sonatina intitolata "Catskill Pond" spianando tutte le difficoltà come se non esistessero e lanciandosi nel suo vivace colorismo con felice entusiasmo. Ha inciso anche il "Colloquio con Andrés Segovia", virando decisamente in direzione raveliana, il che mi ha fatto molto piacere. Questo brano, che sta diventando il mio pezzo più "famoso" - lo eseguono molti concertisti, da Zigante a Illarionov e Carlos Perez - è stato inciso in CD anche da Martha Masters, in un recital che verrà pubblicato nella prossima estate negli USA. A proposito di recitals, avrete ascoltato il CD di Fabio Federico, con programma di Studi da concerto di diverse epoche. I miei, che ha scelto, li fa da padrone, ci si trova benissimo! Devo ora avvertirvi dell'imminente pubblicazione dell'esordio discografico di un giovane, straordinario chitarrista. Si chiama Alberto Mesirca, avrà 21 anni al massimo. Ha inciso musiche di autori consacrati, da lui scelte per la loro forza spirituale e per il loro misticismo, e vi ha incluso anche brani nuovi, come i miei pezzi a ispirazione religiosa, intitolati "Annunciazione" e "Ikonostas". dralig
  9. Nemmeno io in questo caso nutro intenti polemici, anche se considero la polemica un formidabile strumento culturale, naturalmente quando è condita di stima personale e di grande rispetto per le opinioni altrui. Io non credo che si debba trasmettere agli allievi solo ciò che si è imparato, ma ciò che esiste e che si ha il dovere di imparare di continuo, aggiornando le proprie conoscenze. Negli anni 1950-1970 (convenzionali, solo per dare un'idea) era normale lavorare gli Studi di Sor nell'edizione di Segovia, semplicemente perché non esistevano le ristampe delle edizioni d'epoca e le edizioni critiche: da 20-30 anni a questa parte, l'editoria chitarristica ha fatto prodigi, mettendo a disposizione di tutti i testi originali, e il colpo di grazia l'ha dato Internet, con la collocazione on line di moltissime riproduzioni di edizioni d'epoca, disponibili gratuitamente. Essendo questa la realtà, non esiste più il benché minimo motivo per servirsi dell'edizione Segovia, che è semplicemente zeppa di errori. Anch'io ho imparato i 20 Studi nell'edizione Segovia - negli anni Cinquanta - ma subito mi sono dato da fare per cercarne altre, e quando trovai l'edizione Dobrauz, con i testi originali, nel 1958, misi da parte Segovia e incominciai a leggere Sor. Mi dispiace dirlo, ma anche solo il mantenere la selezione segoviana (pur abbandonando l'edizione) è uno sbaglio, perché Sor ha scritto altri Studi magnifici, e non c'è nessuna giustificazione nell'escluderli dai programmi solo perché Segovia non li scelse. Meno che mai oggi, quando sappiamo che Segovia lavorò a sua volta su una selezione. Non ho mai sostenuto che il lavorare a fini di sostentamento obblighi a lavorare male. L'edizione di Segovia degli Studi di Sor non è attendibile non perché Segovia l'abbia preparata a fini di guadagno (cosa del tutto lecita), ma perché non poté lavorare in condizioni tali da permettere di preparare una buona edizione. Tutto lì. Stravinskij lavorò tutta la vita su commissione, non solo per l'Histoire, il fatto è che ai suoi committenti consegnava dei lavori molto ben rifiniti. Secondo me è giusto il contrario, cioè far imparare gli Studi sul testo originale e poi, agli studenti interessati alla ricerca, far svolgere le comparazioni con le varie edizioni revisionate (non c'è mica solo quella di Segovia, si incomincia da Coste...). Questo li condurrebbe a rendersi conto del fatto che Sor non aveva bisogno di revisioni, ma di maggior rispetto. Se uno sa leggere, forse si merita di imparare l'Infinito nella lezione il cui testo recita "l'ermo colle", non "l'ermo collo" o "l'ermo calle". Certo. Ci sono parecchie edizioni argentine di cose di Segovia risalenti agli anni Venti, e non tutte sono state poi ristampate altrove. Per esempio, c'è una bellissima composizione di José Maria Franco, che Segovia aveva in repertorio, e che è rimasta sepolta in un'edizione bonoarense ormai introvabile. dralig dralig
  10. "Possedere" il linguaggio altrui come nozione, come sapere, come artigianato, implica - ricorro a un'espressione tipica dei miei allievi, non senza mitigarla un tantino - "farsi il mazzo" per impossessarsene. Dopodiché uno ha il diritto di farsi un linguaggio proprio. E questo richiede di farsi il mazzo un'altra volta. Sono stato chiaro? dralig
  11. Sgomenti un corno. Lì è arrivato lui? Bene, da lì si riparte, e non si scrive nemmeno una nota senza specchiarsi nel suo magistero. Ha capito, aedo? La partita da giocare è una sola, quella. Si penta e righi dritto, altrimenti guai a Lei. dralig
  12. ...anche se è impossibile ascoltare l'epilogo senza pensare a Madama Butterfly...Castelnuovo-Tedesco amava molto Puccini, e ogni tanto... C'è una fuga ne "Les guitares bien temperées" che rievoca un motivo di "Turandot"...e altre cose decisamente pucciniane. dralig
  13. Perspicuo tutto quello che ha scritto riguardo il Secondo Concerto, aedo, ma forse questa Sua valutazione del ruolo della chitarra può trarre in inganno e far supporre che l'ìimpegno del solista sia inferiore a quello richiesto nel primo Concerto. Non è così - il chitarrista ha un daffare superiore. E' il risalto solistico che si ridimensiona, perché l'orchestra, oltre ad ispessirsi, lavora di più, e quindi il chitarrista non la fa da padrone... dralig
  14. Si eserciti con tutte le combinazioni che Le permettono di eseguire le note alla velocità richiesta dal carattere del pezzo e poi scelga quella che Le riesce più facile e spontanea. Ciascuno di noi dispone di combinazioni digitali favorevoli e contrarie. Bisogna studiare quelle che non ci riescono facilmente e suonare con quelle che ci vengono bene. dralig
  15. Caro Piero, lo studente dovrebbe essere guidato dall'insegnante - e dal medesimo caldamente esortato - allo studio dei testi, non delle loro manipolazioni. La vicenda di Segovia e degli studi di Sor ormai è un fatto storico, e non sarà male ricordarlo agli studenti che ci leggono. Segovia, nel 1937, si stabilì a Montevideo, in Uruguay, dove visse per nove anni, nel corso dei quali - almeno fino al 1943 - vide la sua attività concertistica gravemente depauperata a causa degli eventi bellici e del boicottaggio decretato contro di lui dagli agenti di concerti statunitensi. Si ritrovò quindi nella necessità di sostituire una parte considerevole dei suoi introiti con attività sostitutive, e fu in quella situazione di emergenza che concepì il fascicolo delle scale e la revisione degli Studi di Sor. Non aveva a disposizione una biblioteca musicale con urtext, ma solo i volumi che poteva reperire nei negozi latino-americani o che i chitarristi locali gli prestavano. Così, dovette basare la sua revisione degli Studi di Sor non sulle edizioni pubblicate durante la vita dell'autore, ma su quello che trovava: è evidente che si servì dell'appendice al Metodo per chitarra Sor-Coste, appendice nella quale si trova la maggior parte dei 20 Studi da lui selezionati, ai quali aggiunse alcuni (pochi) Studi il cui testo gli fu dato da Attilio Rapat o da Abel Carlevaro. Quindi, Segovia non ebbe - al'epoca in cui preparò l'edizione dei 20 Studi - un accesso a tutta l'opera didattica di Sor in edizione primaria, ma accesso a delle selezioni, dalle quali trasse il materiale che poi riordinò. Basterebbe questo a collocare una volta per tutte il volume Sor-Segovia nella posizione che gli compete: un lavoro svolto utilitaristicamente da Segovia in condizioni sfavorevoli. Se poi aggiungiamo il fatto che Segovia lavorava da solo, senza un editor che lo aiutasse a mettere a punto i suoi manoscritti e a correggere le bozze, in quadro è completo. E' un'edizione sfortunata, da mettere rispettosamente da parte, insieme agli errori che contiene. Per comprendere l'estetica segoviana a fondo, abbiamo le sue edizioni primarie delle musiche di cui fu il mallevadore, le sue stesse composizioni e i suoi dischi. La musica di Sor, comunque la vogliamo interpretare, ha valori propri ed autonomi, che richiedono di essere compresi e studiati in quanto tali, per quello che sono, e non attraverso i filtri dei revisori. Nemmeno se i revisori si chiamano Segovia. dralig
  16. Bisogna distinguere il genere dalla forma. Tema e variazioni, rondo, minuetto, sonata, sono definizioni che si riferiscono alla forma del pezzo. Il titolo Studio invece indica un genere di composizione con finalità didattiche (concetto il cui significato si può estendere), genere all'interno del quale si possono dare forme molto differenti: dal continuo alla forma tripartita alle forme episodiche, non escluso il tema con variazioni. Mentre Sor predilige la forma unitaria - con un solo modello di scrittura per ciascun studio - e spesso la attua attraverso il continuo, Villa-Lobos le adopera quasi tutte (continua, ternaria, episodica, tema e variazione). Se devo essere sincero non sono per nulla d'accordo con te: il genere (o meglio sotto-categoria) a cui appartiene una composizione non credo che da solo sia sufficiente a conferirgli un certo carattere, così netto e preciso da richiedere un certo tipo di approccio anziché un altro. Inoltre un atteggiamento "interpretativo" autentico credo che se ne infischi altamente di queste distinzioni: se al chitarrista X il passaggio suonasse "meglio" (per comodità possiamo assumere in questo caso per "meglio" la pronuncia che si pensa conferisca l'alternanza di p-i) con una diteggiatura diversa credo che non solo potrebbe farlo, ma dovrebbe essere obbligato a farlo. Credo che l'unico modo per "depauperare" un brano sia solo suonarlo male: se un brano subisce tale sorte solo dal cambio di 2 dita significa che probabilmente é già povero di suo e l'unico interesse che può avere é solo legato ad un misero espediente meccanico. Per citare ancora il M° Saggese, ricordo che ha scritto di fare il tremolo, spesso, alternando p-m (se non erro)...suonare così il Recuerdos é "depauperarlo"? Se lo suona bene (e ne sono convinto) non credo assolutamente. Poi obiettivamente non capisco perché sostituire una diteggiatura estremamente complessa come quella dello studio #1 di HVL con p-m possa andare bene e sostituire la diteggiatura di una misera quartina invece ci dovrebbe portare a cambiare nome allo studio. Mi sembra una contraddizione difficilmente giustificabile. Propongo un test: vengano postati 4 esecuzioni con diteggiature diverse da qualcuno dei grandi chitarristi che scrivono qui, difficilmente si percepirà la differenza. Ho ascoltato il M° Catemario suonare questo studio, usando esattamente una diteggiatura "da tremolo": p-a-m-i (se non ricordo male), e non credo che non andasse bene, al contrario. I singhiozzi nel tremolo li fanno quelli che non lo sanno fare. Anche qui, bisogna distinguere. La prima cosa da fare è leggere lo Studio come l'autore lo ha concepito e scritto. Se l'urtext è a portata di mano, la prima cosa da fare è accantonare le revisioni e leggere il testo primario con estrema cura e attenzione, comprese le didascalie, le quali spesso rendono chiaro il proposito dell'autore. Una volta capita la concezione dello Studio, il lettore può servirsene a fini differenti. Se è uno studente e deve imparare o migliorare le sue prestazioni nelle tecniche specifiche studiate (appunto) dallo studio, dovrà esercitarsi con quelle. Se invece non ha nulla da imparare dallo studio in questione, e ciò nonostante il medesimo lo attrae dal punto di vista estetico, per i suoi valori musicali, sarà liberissimo di cercare le diteggiature più adatte a rendere manifesti quei valori che ha individuato, e dei quali può darsi che sia il rivelatore, al di là del pensiero del compositore medesimo. In questo caso, non abbiamo più un uso didattico, ma un uso artistico dello studio. Porqueddu ieri, in un suo messaggio, ammetteva che, in un determinato passaggio di uno dei miei Studi, aveva accettato la diteggiatura dell'autore, cosa che non fa quasi mai. Che fa l'autore? Coda tra le gambe e zitto: altrimenti gli interpreti gli possono dire: prova tu a suonare le cose che hai scritto. Quindi, c'è un solo punto uguale per tutti, studenti e concertisti: primo, leggere quello che l'autore ha scritto. Poi, ciascuno va per la sua strada. Stando attenti a imboccare quella giusta. dralig
  17. Occorre verificare qual è la natura del problema. Per fare questo, esegua il seguente controllo: ampliando la traiettoria del dito al massimo delle sue possibilità (cioè partendo da molto distante) faccia scendere il dito verso la corda - mantenendo la sua flessione naturale - il più lentamente possibile; quando è prossimo al contatto con la corda, lo eviti e superi la corda spingendo il dito all'interno della mano. Tutto ciò molto, molto lentamente. Vedrà qual è il comportamento del dito. Se rimane stabile durante tutta la traiettoria ampliata, vuol dire che è a posto; se invece trema, o "cede" aumentando la flessione (artiglio) o l'estensione (lingotto), potrà vedere "al rallentatore" esattamente come cede, e correggere lo specifico errore. dralig
  18. E' permesso, verso la fine della quartina, socchiudere rapidamente le palpebre e lanciare una fugace sbirciatina al leggio, solo per informarsi pedestremente sul contenuto della battuta successiva - per poi subito ritornare - beninteso - al buio pesto? dralig
  19. E' un auspicio che formulano anche gli autori di metodi nei riguardi dei loro futuri lettori. dralig
  20. Errore di stampa. Trattasi di sol, non di la. Quinta corda a vuoto. dralig
  21. ...o di pensare che esistano siffatti iperrealisti, quando in realtà sono comparsi solo alla nostra immaginazione. Infatti, a voler guardare bene quello che io ho scritto, vi si ritrova solo un'esortazione a leggere la didascalia dettata da Sor, non a genuflettersi al suo contenuto. Poiché di tante e svariate diteggiature si raccontava, meno che di quella dell'autore, non mi è sembrato eccessivamente zelante il ricordare che esisteva, e che il leggerla avrebbe portato a comprendere il modo con cui fu divisata: una diteggiatura in doppia fase binaria (pipi: spero di non ricevere reprimende dalla squadra del buon costume), coerentemente applicata a due coppie perfettamente uguali di biscrome anacrusiche). Diteggiabilissime altrimenti, senza bisogno di avventarsi contro alcun tribunale inquisitorio. dralig
  22. Avete letto, o pargoli, la didascalia dettata da don Fernando per questo suo studio? Guardate di non contrariarlo, perché gli salta facilmente la mosca al naso, e se si arrabbia sono guai. dralig
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