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Alfredo Franco

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  1. Cahier des chansons anciennes Cosa può voler dire, oggi e all'interno della letteratura chitarristica, ri-appropriarsi di un semplice ed antico canto popolare? I precedenti, nel frattempo fattisi classici, non mancano: da Llobet a Mosso, la chitarra ha trovato nella canzone popolare un'inesauribile fonte da cui attingere materiale da declinare in estetiche esemplari. Nel mio caso si è trattato di ascoltare, semplicemente, quelle arcaiche melodie dei secoli XVII e XVIII, e di lasciarmi portare, indietro, nel tempo. Non ho cercato quindi, un vestito con cui agghindare il corpo scarno ed essenziale di questi canti di area piemontese-occitana, al contrario ho volutamente fatto a meno di ogni possibile orpello seducente, cercando di rimanere lì, poveramente tra povere melodie, tra patate di montagna sottratte alla neve e camini scuriti e mai abbastanza accesi. Le 12 “canzoni” qui proposte sono il frutto di una ricerca interiore, condotta sul carattere modale o pseudo tale di queste melodie, trattate in siffatta maniera anche quando, nel caso di brani più recenti, il loro carattere era palesemente tonale. A volte ho usato piccoli frammenti di derivazione tematica con funzione introduttiva o riassuntiva, o per brevi sviluppi episodici. Nessuna dichiarazione d'intenti ideologica dunque, solamente la declinazione di una poetica scarna ed essenziale il più possibile. Marcello Rivelli Musicista e interprete raffinato, totalmente immerso nelle ricerca del mondo sonoro che compenetra il repertorio per chitarra classica al fine di captare, attraverso una paziente e lunga ricerca, la vera natura di questo strumento... Uno strumento «"sapiente", seppur con molte limitazioni, ma anche con molte vastità e profondità sconosciute, che dispone di una ricchezza di suoni da essere in grado di abbracciare tutto ciò che è posseduto da un moderno “strumentario” musicale: occorre soltanto, per poterlo notare, mettersi in quiete.. attendere.. ed escludere ogni rumore... >> (H. W. Henze). La sua formazione musicale, iniziata con lo studio specifico per chitarra con i maestri Filippo Rizzuto, Griselda Ponce de Leon, Lucio Matarazzo e Angelo Gilardino, si è ampliata, oltre che nel percorso ordinario (diplomi, corsi di perfezionamento, master, concorsi, attività concertistica, registrazioni), anche nello studio delle discipline musicali, quali la teoria delle forme, l’armonia, il contrappunto, la lettura della partitura (organo/pianoforte), la musica corale e la direzione di coro, la composizione...: percorsi di viaggio fondamentali per aiutare a penetrare e svelare il mistero del “segno musicale” contenuto nelle partiture per trasformarlo in quel “gesto-sonoro” a cui la chitarra presta la sua voce.. dalle note di copertina del cd. Tracklist 1 Le roi écrit une lettre 2 Un beau dimanche 3 Complainte de Michelin 4 Il était une bergère 5 Me promenant le long du rivage 6 Joseph vendu par ses frères 7 Son son 8 La passion 9 Je suis le libre berger 10 Complainte du juif errant 11 La prise de Mantoue 12 Baron Letron Chi ne desiderasse una copia tradizionale può contattare anche Marcello Rivelli: marcellorivelli@alice.it
  2. che delirio...
  3. Me gusta mucho.
  4. grazie Fabio, pensi di andare? se ce la faccio non mi spaicerebbe fare un salto.
  5. Dagli de Falla, Britten e Martin.
  6. Penso che è un lavoro di cui non conosco una registrazione che gli renda giustizia. Come le altre fantasie Chiedo scusa per l'off topic. Nel mio modesto ragionare su questo tipo di cose mi rendo conto che la chitarra occupa uno spazio molto particolare se rapportato a quello del pianoforte. A differenza di questo, infatti, la cui somma letteratura ottocentesca è stata ed è continuamente riproposta in una sterminata mole di interpretazioni, da altissime ad superflue, si assiste ancora ad una presenza discografica tutt'altro che esaustiva. Nel caso specifico delle Fantasie di Sor, ad esempio, esistono delle registrazioni secondo me molto buone (mi vengono in mente le opp. 7 e 30 suonate da Bream, le opp. 52, 56, 58 suonate da Starobin, le opp. 30 e 40 suonate da Sollscher), ma è allo stesso tempo vero che non esiste una ridondanza di proposte discografiche di altà qualità. Per la fortuna del chitarrista intelligente e desideroso di trovare un'identità riconoscibile (per una volta guardiamo l'altro lato della medaglia), credo che ci sia ancora molto da fare, anche in questo corpus della letteratura chitarristica.
  7. Penso che è un lavoro di cui non conosco una registrazione che gli renda giustizia.
  8. Non ancora. In tempi relativamente brevi dovrebbe esserlo però...con la registrazione delle musiche che compongono il "Cahier des chansons anciennes"....porta pazienza.
  9. Bellissimo suono. Bella interpretazione, atipica...decisamente "tedesca" rispetto allo sbrodolamento che capita di ascoltare su questo studio. Complimenti.
  10. Caro Dralig, ciò che posso dire è che, se si ha l'occasione di guardare all'italia da un paese civile, da uno dei tanti che ci sono in Europa ad esempio, tutto ciò che è descritto nell'articolo salta agli occhi in maniera ancora più impietosa. Buona anno a venire.
  11. Uno dei concerti di Haydn per due lire fu trascritto e registrato tempo fa da Alexandre Lagoya con la English Chamber Orchestra diretta da Jean Pierre Rampal. Qui il primo tempo: Non so nulla della qualità e della modalità della trascrizione...nello stesso disco è presente il Concerto il La maggiore di Carulli, arrangiato nonchè infarcito di un tempo centrale...quindi non sarei stupito se il concerto di Haydn fosse una riscrittura libera e fantasiosa...d'altronde erano tempi in cui nell'universo chitarristico, la parola filologia (che oggi, a volte, è diventata un semplice diktat stilistico) era una parola tra le altre. Quanto a Mozart bisogna dire che è il compositore pro-marketing, e suo malgrado, per ecellenza. Tutti ascoltano volentieri dieci minuti di Mozart...la mole di merchandising culturale spacciata in occasione dell'ultimo anniversario della nascita (2006), lo dimostra; niente a che vedere con i pur gettonati Chopin o Schumann. In Austria, come contrappasso situazionista, fu persino istituita una zona demozartizzata...mi pare.
  12. http://guitarra.artepulsado.com/ questo, ad esempio.
  13. Nello specifico, non so se esistano altre integrali, oltre a quella da te citata. Quello che so é che esistono ancora delle lacune eclatanti nella registrazione di certa letteratura chitarristica. Di Mosso, ad esempio, conosco solo l'integrale di Ficco e le Tre canzoni piemontesi di Rivelli. Di Bettinelli nulla...mai potuto ascoltare il suo concerto per chitarra...
  14. Vorrà dire che qualcuno dovrà supplire a questa carenza di attenzione. Mi sembra una pregevole idea.
  15. Te li indicherei volentieri...ma ero amaramente ironico.
  16. Certo...ce ne saranno almeno una dozzina a cui attingere. I nuovi mostri sacri dello strumento hanno registrato Farkas in lungo e in largo...lui come Mosso o Bettinelli.
  17. Quando studiavo chitarra classica mi ritrovavo, sovente, con il pensiero vagante in luoghi che, con cio' che stavo suonando, avevano chissà quale recondito e subconscio legame...per fortuna nel corso degli anni sono riuscito a risolvere il problema, semplicemente lasciando perdere lo strumento e suonando la testa. Nel mio caso era proprio il pezzo di legno a distrarmi! Ora mi diverto tanto, il cervello uno se lo porta sempre appresso (si...o forse dovrebbe...)senza occupare le mani, ed inoltre ha già una sua custodia, sicura e funzionale.
  18. Segnalo questa mostra. Anche se non esaustiva (dato il business che ruota intorno all'artista non credo sia possibile realizzarne una che si possa definire tale), ha comunque il merito di proporre una panoramica piuttosto onnicomprensiva dei diversi momenti stilistici del pittore. Ovviamente è presente anche un certo numero di...chitarre... http://www.swissinfo.ch/ita/rubriche/primo_piano/Omaggio_a_Picasso_nel_giubileo_del_Kunsthaus_.html?cid=28541644
  19. Se non vado farneticando mi pare che anche i "Quatre pièces brèves" di Martin suscitarono poco interesse da parte di Segovia. Si trattava anche in questo caso di un lavoro strumentalmente "a posto" nella stesura del compositore? (tralasciando il discorso sull'estetica di Martin). Tra l'altro, peccato...le poche volte che Segovia ha osato spingersi un po' oltre, penso ad esempio alla Suite compostelana o alla Fantasia-Sonata di Manen, non ha certo sfigurato...
  20. Non mi pare proprio, anzi Segovia sottolinea il valore musicale unito a quello strumentale , dicendo che ramente si trovano uniti e fa gli esempi di Chopin e Scarlatti. La frase sulla diteggiatura poi esplicita molto chiaramente il parere di Segovia sulla scrittura per chitarra di Villa-Lobos. «Voici douze "Études" écrites avec amour pour la guitare par le génial compositeur brésilien Heitor Villa-Lobos. Elles comportent, en même temps, des formules d'une efficacité surprenante pour le developpement de la technique des deux mains et des beautés musicales "désintéressées", sans but pédagogique, valeurs esthétiques permanentes des morceaux de concert. Peu nombreux sont, dans l'histoire des instruments, les Maîtres ayant réuni dans leurs "Études", ces deux qualités. Les noms de Scarlatti et de Chopin viennent immédiatement à l'esprit. Tous deux atteignent leurs buts didactiques sans qu'il y ai un soupçon d'aridité, ni de monotonie et si le pianiste attentif observe, avec reconnaissance, la flexibilité, la vigueur et l'indèpendance que ces morceaux impriment à ses doigts, l'artiste qui les déchifre ou les écoute, admire la noblesse, le génie, la grâce et l'émotion poétique qui s'exhalent généreusemment d'eux. Villa-Lobos a fait cadeau à l'histoire de la guitare des fruits de son talent, aussi vigoureux et savoureux que ceux de Scarlatti et de Chopin. Je n’ai voulu modifier aucun des doigtés que Villa-Lobos a indiqués pour l’exécution de ses morceaux. Il connaît parfaitement la guitare et, s’il a choisi telle corde ou tel doigté pour faire resortir des phrases déterminées, nous devons obéir strictement à ses désirs, même au prix de nous soumettre à de plus grands efforts d’ordre technique. Je ne veut pas terminer cette brève note sans remercier publiquement l’illustre Maître de l’honneur qu’il m’a fait en me dédiant ces Études » Eccola in Italiano per chi non pratica il francese: «Ecco dodici Études scritte con amore per la chitarra dal geniale compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos. Esse presentano, allo stesso tempo, delle formule di un’efficacia sorprendente per lo sviluppo della tecnica delle due mani, e delle bellezze musicali disinteressate, senza finalità pedagogiche, valori estetici permanenti dei brani da concerto. Pochi sono stati, nella storia degli strumenti, i Maestri che hanno riunito nei loro studi queste due qualità. I nomi di Scarlatti e Chopin vengono immediatamente in mente. Entrambi conseguono le loro finalità didattiche senza che vi sia il minimo sospetto di aridità né di monotonia, e se il pianista attento osserva, con riconoscenza, la flessibilità, il vigore e l’indipendenza che questi brani imprimono alle dita, l’artista che li legge o li ascolta ammira la nobiltà, il genio, la grazia e l’emozione poetica che generosamente sprigionano. Villa-Lobos ha fatto dono alla storia della chitarra dei frutti del suo talento, altrettanto vigorosi e saporiti di quelli di Scarlatti e Chopin. Non ho voluto modificare nessuna diteggiatura indicata da Villa-Lobos per l’esecuzione dei suoi brani. Egli conosce perfettamente la chitarra, e se ha scelto una data corda o una determinata diteggiatura per far risaltare una certa frase, noi dobbiamo obbedire rigorosamente ai suoi desideri, anche a costo di sottometterci a maggiori sforzi di ordine tecnico. Non voglio terminare questa breve nota senza ringraziare pubblicamente l’illustre Maestro per l’onore che mi ha fatto dedicandomi queste Études.» Bene. Abbiamo appurato che la pensiamo in maniera diversa, perchè proprio quell'ultima frase mi fa pensare che il rapporto tra Segovia e questi studi fosse poco confacente alla sua estetica...qui, Segovia, in qualità di revisore della composizione non potè metterci nulla di suo, nemmeno a livello di diteggiatura, come invece fece, almeno, con la scelta dei famosi 20 studi di Sor. Il che, poi, riflettendoci ulteriormente, mi fa pensare a quanto possa aver influito questo particolare momento del rapporto compositore-composizione-revisore-interprete nella definizione del repertorio...suo, ma non solo. Ho la sensazione che verso una composizione che non necessitava la sua opera di revisore, provasse poco interesse a priori.
  21. Scusa Piero ma, questa lapalissiana e condivisibile constatazione mi pare cozzi la realtà della (micro)storia chitarristica. I Douze etudes di HVL sembrarono a Segovia qualcosa di chitarristicamente insuonabile...alcuni, addirittura, penso ad esempio al n. 10 dovettero apparirgli, nell'alveo della sua rassicurante e confortevole estetica, qualcosa di mostruoso...alla luce di questa constatazione cosa dovrebbero fare oggi i chitarristi? Non suonarli? Ovviamente no... Non esiste alcuna prova di questa opinione di Segovia sulle Douze Etudes e anzi la prefazione dell'edizione Eschig del 1953 smentisce ampiamente questo fatto. D'altra parte nella prefazione della nuova edizione ho potuto documentare come Segovia li studio' tutti con assiduita' per diversi anni e ne presento' in concerto almeno quattro ( 1, 7, 8, e 11). Sono alcuni "storici" della chitarra che hanno fatto certe affermazioni sugli studi di Villa-Lobos definendoli perfino "antichitarristici".Tutto si puo' dire di questi brani salvo che sono "antichitarristici". D'altra parte anche in assenza di documenti come si puo' pensare che Segovia di fronte ad un'opera come le Douze Etudes potesse averli trovati "insuonabili"? Era il piu' grande chittarista della sua epoca, aveva una tecnica strumentale tale da consentigli in pochi mesi di suonare brani come la Sonata op.77 di Castelnuovo-Tedesco o la Fantasia -Sonata di Manen e secondo Lei si sarebbe fatto intimorire dalle Douze Etudes? Non verosimile. Grazie della puntualizzazione. Nella storia della chitarra effettivamente circola un po' di tutto. Le mie perplessità, tuttavia, non possono essere fugate in maniera esaustiva se, tralasciando gli aspetti di ricerca storiografica, mi "limito" a guardare ai Douze Etudes dal punto di vista strettamente musicale/strimentale. Che non si tratti di un lavoro riconducibile all'estetica segoviana mi pare lo si possa dire senza fraintendimenti. Non mi riferisco alle capacità tecniche di Segovia, sulle quali non ho dubbi nè alcun tipo di interesse, quanto al fatto che una certa idea di scrittura per chitarra, innovativa, costruita sulla "scoperta" della posizione fissa che corre lungo la tastiera entrando in combinazione con le corde a vuoto abbia dato un risultato molto lontano, e secondo me inconciliabile, con la scrittura sostanzialmente tradizionale degli altri compositori che per Segovia scrissero pagine di alto valore. Questo mi fa pensare che, di conseguenza, l'attestazione di stima scritta da Segovia nella prefazione dei Douze Etudes abbia un po' il valore di un riconoscimento al compositore Villa Lobos, piu' che al risultato chitarristico da lui conseguito in quest'opera.
  22. Scusa Piero ma, questa lapalissiana e condivisibile constatazione mi pare cozzi la realtà della (micro)storia chitarristica. I Douze etudes di HVL sembrarono a Segovia qualcosa di chitarristicamente insuonabile...alcuni, addirittura, penso ad esempio al n. 10 dovettero apparirgli, nell'alveo della sua rassicurante e confortevole estetica, qualcosa di mostruoso...alla luce di questa constatazione cosa dovrebbero fare oggi i chitarristi? Non suonarli? Ovviamente no...
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